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La parabola della nozione di “grande evento” nell’ordinamento italiano

Nel documento L’emergenza nei contratti pubblici (pagine 120-140)

3. La nozione di “grande evento”

3.1. La parabola della nozione di “grande evento” nell’ordinamento italiano

La nozione di “grande evento” ha conosciuto due differenti stagioni nella sua storia ventennale nell’ordinamento italiano.

In una prima fase, inaugurata con il decreto – legge 7 settembre 2001, n. 343396, il legislatore si preoccupa di far rientrare i grandi eventi nell’alveo delle ordinanze di protezione civile. In particolare, l’articolo 5-bis397 del d.l. n. 343/2001, al comma 5 prevede che «le disposizioni di cui all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225398, si applicano anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza»; così facendo la nozione di

“grande evento” fa il suo ingresso nel corpo normativo nazionale con una dignità pari a quella delle ordinanze di protezione civile, con effetti assolutamente controversi, come si vedrà in seguito. In più, a distanza di pochi anni, lo stesso legislatore italiano è di nuovo intervenuto per applicare anche agli interventi all’estero del Dipartimento della protezione civile le regole disciplinate dall’articolo 5 della legge 225/1992 e dall’articolo 5-bis, comma 5 del decreto legge 343/2001399, con il decreto – legge 31 maggio 2005, n. 90400.

396 «Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività

di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile», pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 210 del 10 settembre 2001. Decreto convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 novembre 2001, n. 401, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 262 del 10 novembre 2001.

397 Rubricato «Disposizioni concernenti il Dipartimento della protezione civile».

398 Articolo 5 - «Stato di emergenza e potere di ordinanza», commi 1 e 2: «1. Al verificarsi degli eventi di

cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti.

2. Per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico. Le ordinanze sono emanate di concerto, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, con il Ministro dell'economia e delle finanze».

399 Fermo restando le competenze in materia di cooperazione del Ministero degli affari esteri. Così il

comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge 90/2005, rubricato «Disciplina e potenziamento del Dipartimento della protezione civile».

400 «Disposizioni urgenti in materia di protezione civile», pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31

maggio 2005. Decreto legge convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 176 del 30 luglio 2005.

121 Nei primi cinque anni del nuovo millennio, quindi, si è assistito alla creazione giuridica di un particolare strumento consegnato nelle mani del potere esecutivo. Strumento con caratteristiche mutuate dalle ordinanze emergenziali, ma con scopi radicalmente differenti.

Da qui in avanti si verificherà un utilizzo massiccio di grandi eventi fino ai primi mesi del 2012, quando viene pubblicata la legge 24 marzo 2012, n. 27401, con la quale si abroga – con l’articolo 40-bis – il comma 5 dell’articolo 5-bis del d.l. n. 343/2001402. Particolarmente significativa la collocazione dell’articolo 40-bis all’interno del decreto – legge 24 gennaio 2012, n. 1; esso infatti si trova nel Titolo I, dedicato alla «Concorrenza», al Capo VIII – «Altre liberalizzazioni». L’interpretazione che ne deriva, infatti, può essere articolata su due livelli: da una parte, il Titolo I – «Concorrenza», nel contesto generale di maggiore competitività nazionale che è la ratio della norma, denota come il legislatore del 2012 abbia considerato i grandi eventi un ostacolo alla libera concorrenza nel mercato italiano403; dall’altra parte, la rubrica «Altre

liberalizzazioni» del Capo VIII ben evidenzia la forte “presa pubblica” sui grandi

eventi, fonte anch’essa, probabilmente, di inefficienze e maggiori costi rispetto ad una gestione più orientata al privato.

La nuova ottica contenuta nel d.l. n. 1/2012 rappresenta l’atto finale di quella che potrebbe essere considerata la seconda fase della parabola della nozione di “grande evento”.

Un percorso tracciato da dottrina e giurisprudenza, atto a segnalare numerose criticità legate all’utilizzo, via via sempre più massiccio, delle ordinanze di protezione civile, comprendenti ormai dal 2001 anche i grandi eventi.

401 «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, recante

disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 71 del 24 marzo 2012 – Supplemento ordinario n. 53.

402

Articolo 40-bis, l. n. 27/2012 – «Misure per la trasparenza nella gestione dei grandi eventi», comma unico. Di seguito il testo dell’articolo: «All'articolo 5-bis del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, il comma 5 è abrogato».

403

Tesi già da tempo sostenuta sia dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture (AVCP), sia da esponenti politici. Questi ultimi, in particolare, a seguito delle note vicende giudiziarie legate all’assegnazione di appalti da parte della protezione civile al verificarsi del terremoto del 6 aprile 2009 in Abruzzo. Vedi Atto di Sindacato Ispettivo n. 1-00244 del 24 febbraio 2010 e DUILIO L., «Sulle ordinanze di protezione civile – Il Parlamento di fronte alle procedure, alle strutture e ai poteri dell’amministrazione dell’emergenza», studio pubblicato in allegato al resoconto della seduta del Comitato per la legislazione del 23 novembre 2010.

122 Dall’assenza dei presupposti per l’utilizzo delle ordinanze in deroga a disposizioni vigenti già segnalata, scaturisce, infatti, una seconda criticità legata ad una indebita estensione della possibilità di utilizzare, da parte dell’esecutivo, poteri extra

ordinem.

Inoltre, suscitano molte perplessità tanto la mancata “tipizzazione” a livello giuridico del concetto di grande evento, quanto, sul piano dell’iter procedimentale, il fatto che la dichiarazione di “grande evento” sembri spettare al solo Presidente del Consiglio dei Ministri e non al Governo nella sua collegialità404.

È utile, ai fini dell’analisi qui proposta, approfondire i profili di criticità sopra richiamati.

Nonostante i fondamenti formalizzati dalla copiosa giurisprudenza, la legge 24 febbraio 1992, n. 225 di costituzione della protezione civile ha sin da subito lasciato spazio ad un’incertezza interpretativa legata all’individuazione di criteri oggettivi per la definizione degli “altri eventi” che sarebbero rientrati nella competenza del Dipartimento di protezione civile in base alla lettera c) dell’articolo 2405.

Proprio l’interpretazione estensiva della formulazione originaria dell’articolo 2 ha permesso il progressivo dilatarsi del perimetro dei poteri d’eccezione, nonostante gli interventi dottrinali che richiedevano l’individuazione dei presupposti legittimanti l’attribuzione dei poteri in deroga «in termini tassativi senza generici richiami ad “altri

eventi”, ma stabilendo il tipo di fatto emergenziale che consente l’attivazione del potere di ordinanza; lasciando alla decretazione d’urgenza la funzione costituzionale di fronteggiare le emergenze innominate»406. Tale perimetro, infatti, prima ancora del

404

Così come si evince dal testo del primo capoverso del comma 1 dell’articolo 5 - «Competenze del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile» del d.l. n. 343/2001: «1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero il Ministro dell'interno da lui delegato, determina le politiche di protezione civile, detiene i poteri di ordinanza in materia di protezione civile, promuove e coordina le attività delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni, degli enti pubblici nazionali e territoriali e di ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale, finalizzate alla tutela dell'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri grandi eventi, che determinino situazioni di grave rischio,salvo quanto previsto dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112».

405 Rubricato «Tipologie degli eventi ed ambiti di competenza». Si tratta di «calamità naturali, catastrofi

o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari» (lett. c), art. 2, l. n. 225/92).

123 decreto – legge 7 settembre 2001, n. 343, era stato sufficientemente allargato per farvi rientrare accadimenti con peculiarità poco aderenti ai presupposti precedentemente richiamati407; emergenze “improprie” che hanno provocato una «progressiva

traslitterazione di senso che ha condotto ad ampliare progressivamente la possibilità di uso straordinario dei poteri»408.

Questa prassi, inoltre, è stata in larga misura resa possibile dal self – restraint della magistratura amministrativa, la quale non ha mai ritenuto opportuno censurare dichiarazioni di “stato di emergenza” disposte dal Consiglio dei Ministri409. In tal modo, si è iniziato a compromettere il tentativo di definizione di un modello di riferimento per l’utilizzo delle ordinanze in situazioni di emergenza attuato dal legislatore del 1992 con la legge n. 225.

Compromissione proseguita e quanto mai accentuata dall’introduzione nell’ordinamento nazionale del più volte richiamato comma 5, articolo 5-bis del decreto – legge 343 del 2001, attraverso il quale è stato esteso il ricorso al potere di ordinanza con riferimento ai “grandi eventi”.

Per ciò che concerne l’ottica di analisi di questo particolare frangente della ricerca – i presupposti che legittimano l’utilizzo di ordinanze in deroga alla legislazione vigente – il comma 5 tratteggia una netta linea di demarcazione rispetto alle ipotesi fino ad allora considerate ineludibili al fine del corretto uso del potere emergenziale, aprendo alla possibilità di considerare i “grandi eventi” come presupposto sostanziale per dotare l’esecutivo di “capacità derogatorie”.

Il testo del comma 5 rinvia alla norma attributiva del potere di ordinanza410 stabilendo che «le disposizioni di cui all’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225,

407 Il riferimento è, in particolare, all’emergenza rifiuti, all’emergenza traffico e all’emergenza economico

– sociale; interventi i cui connotati di eccezionalità o di imprevedibilità difettano ad origine, ma che gli esecutivi non hanno reputato di poter gestire con le procedure ordinarie, evidentemente considerate inadeguate. Secondo MARAZZITA G., “Il conflitto tra autorità e regole: il caso del potere di ordinanza”, cit., pag. 61, «[…] sembra da evitare il ricorso agli atti amministrativi, sia per accadimenti che non hanno natura straordinaria […], sia per situazioni di conflitto sociale il cui contenimento potrebbe incidere sulle libertà costituzionali […], restringendo quindi l’uso del potere (di ordinanza) alle calamità naturali, ai disastri ambientali, alle emergenze sanitarie».

408 Così AZZARITI G., “L’eccezione e il sovrano. Quando l’emergenza diventa ordinaria

amministrazione”, reperibile alla pagina web lombardia.anpi.it/voghera/corsivi/azzariti.htm.

409 DUILIO L., «Sulle ordinanze di protezione civile», cit., pag. 143. 410

Attraverso una tecnica normativa definita “discutibile” da MARAZZITA G., “Il conflitto tra autorità e regole: il caso del potere di ordinanza”, cit., pag. 30.

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si applicano anche con riferimento alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile […]» e perciò introduce la nozione

di “grande evento”411 concedendole la possibilità di “suscitare” lo stato di eccezione, generalmente fondato su una situazione d’urgenza.

Ancora più caratterizzante è la seconda parte dell’enunciato del comma 5 che perfeziona la base giuridica dei “grandi eventi” considerandoli «[…] diversi da quelli

per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza» emanata dal

Consiglio dei Ministri412.

È facile intuire, a questo punto, come il comma 5 interpreti una concezione palesemente impropria dell’emergenza. La delegittimazione della delibera dello stato d’emergenza come unica condizione fondamentale per l’esercizio del potere di ordinanza, ora affiancata da una mera “dichiarazione di grande evento”, appare infatti come un trapianto di meccanismi, nati per affrontare catastrofi e calamità, nel campo di future situazioni, le quali, pur caratterizzate da una gestione a volte estremamente complessa, sono connotate da presupposti del tutto diversi413.

La dottrina più recente parla addirittura di un «modello para – emergenziale, in

cui si dà vita ad un regime da protezione civile, su presupposti, legali e di fatto, distinti da quelli dell’attività di protezione civile»414.

In sintesi, non più soltanto un peculiare evento di natura straordinaria ed imprevedibile, bensì ogni ipotetico “grande evento” può autorizzare l’utilizzo di ordinanze in deroga alle norme vigenti e la concessione di poteri extra ordinem al Dipartimento della protezione civile. In tutti questi eventi si evidenzia l’assenza dei vari

411 Senza peraltro fornire elementi ulteriori per definire giuridicamente il fenomeno del grande evento. 412

Il disposto del comma 5, art. 5-bis, andrebbe comunque combinato con il citato art. 5 dello stesso d.l. n. 343/2001 nella parte in cui stabilisce che gli interventi del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di protezione civile (tra i quali rientrano anche i “grandi eventi” per effetto dell’art. 5-bis) debbano essere finalizzati «alla tutela dell'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali, da catastrofi e da altri grandi eventi, che determinino situazioni di grave rischio […]». Lettura combinata che, come si vedrà più avanti, sarà raramente presa in considerazione dagli enti organizzatori.

413 A maggior ragione se si considera che la Corte costituzionale ha miratamente interpretato in senso

restrittivo la stessa nozione di stato d’emergenza, esigendo nella sentenza n. 127 del 1995 che quest’ultimo sia «delimitato con riguardo alla qualità e natura degli eventi».

125 presupposti legittimanti i poteri d’ordinanza415 e si palesa, quindi, la forte incongruenza legata al rinvio del comma 5 alla norma attributiva proprio dello stesso potere d’emergenza. In questo modo, il legislatore del 2001 compie un’opera di rilevante portata ampliando il novero dei presupposti sostanziali delle ordinanze contingibili e urgenti ad un ambito innovativo estraneo all’area dell’emergenza; permettendo così un impiego ipertrofico delle «potenzialità derivanti dal mix di “protezione civile” e

“grandi eventi”»416. Potenzialità “pericolose” in considerazione della capacità di derogare ad ogni disposizione vigente del potere d’ordinanza.

Il risultato di quanto fin qui asserito è quindi un’indebita estensione dell’utilizzo dei poteri emergenziali. Tale estensione, però, non sembra tanto il frutto di uno sforzo coerente del legislatore atto a perseguire un obiettivo a lungo termine legato ad una gestione amministrativa dell’emergenza più performante ed efficace – seppur non condivisibile alla luce dei fatti – quanto uno “stratagemma” architettato da una volontà politica finalizzata a violare il sistema di limiti e controlli che presidia l’operato dei governo.

Una prima testimonianza di quanto appena affermato si può rinvenire proprio nel citato d.l. n. 343/2001 laddove, tramite una clausola di abrogazione tacita, viene specificato, all’articolo 6417, che «sono abrogate le disposizioni della legge 24 febbraio

415 In particolare, vedi DUILIO L., «Sulle ordinanze di protezione civile», cit., pag. 145, il quale fa

presente che nei grandi eventi «le funzioni e i poteri di iniziativa, istruttoria e decisione sono apparentemente accentrati in capo alla Presidenza del Consiglio, al Dipartimento della protezione civile e ai commissari nominati; in concreto, tuttavia, si rileva un’intensa attività endoprocedimentale, che precede e segue l’emanazione delle ordinanze, che rivela l’esistenza di ampie (e spesso lunghe) fasi di coinvolgimento, coordinamento e intesa tra autorità e organismi pubblici e privati, molto simile a quanto accade nelle procedure ordinarie. Queste attività, del resto, dimostrano l’effettivo ampio anticipo con cui sono previsti o addirittura programmati gli interventi o gli eventi oggetto delle ordinanze d’emergenza, e come queste siano sovente il frutto di una contrattazione meditata tra le varie autorità ed i diversi livelli di governo interessati». Si aggiunga anche l’osservazione di MARAZZITA G., “Il conflitto tra autorità e regole: il caso del potere di ordinanza”, cit., pag. 33, secondo il quale «al caso dei grandi eventi, oltre alla imprevedibilità, non sono applicabili anche altre due tipiche categorie dell’emergenza pubblica: la prevenzione e la successione cronologica fra fatto emergenziale e stato d’eccezione. Compito dell’autorità, ad ogni livello di governo, è quello di adoperarsi in anticipo per impedire, nei limiti del possibile, che si verifichino fatti straordinari lesivi di interessi, beni e principi giuridicamente tutelarti: ebbene non sarebbe pensabile di adoperarsi per prevenire un grande evento, visto che esso è espressamente voluto e organizzato dalla stessa autorità. Inoltre, mentre in caso di calamità lo stato d’emergenza viene dichiarato dopo l’evento straordinario, nel caso dei grandi eventi l’instaurazione dello speciale regime giuridico precede anche di parecchi anni92 il verificarsi dell’evento da fronteggiare».

416

MORRONE A., “Le ordinanze di necessità e urgenza, tra storia e diritto”, cit., pag. 25.

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1992, n. 225, incompatibili con il presente decreto»; poste le garanzie procedurali e la

tassativa enumerazione dei presupposti dello stato di eccezione contenute nella formulazione originaria della legge di costituzione della protezione civile, da quanto disposto dall’art. 6 del d.l. 343/01 sembra emergere una consapevolezza nell’indebolire, con la nozione di “grande evento”, proprio quei paletti all’uso dei poteri in deroga imposti già dal 1992.

La motivazione di tale comportamento è stata segnalata, tra gli altri418, da Cassese; il quale ha fatto riferimento «all’abuso o dilatazione dell’emergenza per

rimediare alla lentezza cronica della pubblica amministrazione o per sfuggire a vincoli procedimentali (per esempio l’obbligo di gara per la scelta del contraente)»419. In altre parole i poteri di necessità e urgenza divengono un rapido strumento per occultare limiti intrinseci della politica e dei processi di decisione nel gestire compiti amministrativi assolutamente ordinari, seppur complessi.

L’approfondimento di Cassese circa “l’abuso dell’emergenza”, inoltre, arriva a definire un paradosso quando si nota che il ricorso ai poteri di emergenza avviene nonostante l’assenza dell’emergenza stessa nei grandi eventi. Si era quindi giunti, tanto per legge quanto per prassi, all’utilizzo delle ordinanze di protezione civile non soltanto come mezzo per la gestione (o prevenzione) di catastrofi o calamità naturali420, ma anche come strumento ordinario di regolazione e gestione di una serie atipica e aperta di interventi; consegnando quindi alla valutazione meramente politica del Presidente del Consiglio dei Ministri, che doveva “dichiarare” il grande evento, l’uso potenzialmente generalizzato dei poteri straordinari.

418

De multis, MARAZZITA G., “Il conflitto tra autorità e regole: il caso del potere di ordinanza”, cit.; MORRONE A., “Le ordinanze di necessità e urgenza, tra storia e diritto”, cit.. Molto incisivo, in tal senso, anche AZZARITI G., “L’eccezione e il sovrano…”, cit., che scrive: «il Governo trova un comodo strumento per “fare”, senza controlli e senza confronti: estraneo il Capo dello Stato alla decisione del Consiglio dei Ministri nel dichiarare l’emergenza, escluso il passaggio parlamentare e il confronto con le opposizioni che la nostra Costituzione prevede in ogni ipotesi, persino nei casi straordinari di necessità e d’urgenza in cui il Governo adotta decreti legge.[…]. Giunti a questo punto è chiaro che non ci si trova dinanzi a semplici abusi (sempre che siano effettivamente accertati dall’autorità giudiziaria competente), bensì di fronte ad un sistema di governo in via di formazione, che tende ad affermare l’assolutezza del potere. Fuori dallo stato di diritto e dai suoi vincoli, entro una cultura del fare che non può arrestarsi per rispettare le regole, ma che ambisce solo al risultato».

419 Così in CASSESE S., “I paradossi dell’emergenza”, in Aipda, Il diritto amministrativo

dell’emergenza, Milano, Giuffrè, 2005, pag. 223.

127 Alle critiche della scienza giuridica hanno, però, fatto da contraltare le asserzioni del direttore del Dipartimento della Protezione Civile421 in occasione della risposta del Governo ad interpellanza urgente, avvenuta in data 15 aprile 2010422. Questi, infatti, ha spiegato che «un grande evento, nonostante l’attivazione di un’adeguata pianificazione

in grado di assicurare, per quanto possibile, condizioni di adeguata tutela della pubblica e privata incolumità, costituisce comunque una situazione straordinaria, potenzialmente in grado di generare stravolgimenti nel sistema ordinario con la probabilità di accrescere i rischi connessi allo svolgimento della vita di relazione che, in tali occasioni, possono essere solo parzialmente prevedibili e prevenibili».

In sintesi, le “proporzioni” del grande evento sono sempre tali da rendere inadeguati i sistemi ordinari di pubblica amministrazione. Tale ammissione, però, non può essere accettata proprio per le circostante prima delineate; in particolare per la mancanza del presupposto emergenziale. Gli istituti emergenziali, infatti, implicano l’inosservanza del principio di separazione dei poteri – incidendo di conseguenza sulla stessa garanzia delle libertà – a fronte soltanto di un accaduto non ordinario che pone in pericolo beni e principi costituzionalmente riconosciuti. Al contrario, il grande evento è un accadimento sociale, con caratteristiche specifiche, lungi dal poter essere considerato

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