CAPITOLO 5: LE BANCHINE E PONTILI PORTUALI
5.3 S ISTEMI ED OPERE DI ORMEGGIO E DI ACCOSTO
5.3.3 I parabordi o fender
Uno dei rischi principali all’interno di un porto, è la possibilità delle navi di urtare, sia pure con una velocità ridotta contro le strutture di attracco quali banchine, moli fissi o mobili o le varie scogliere poste a protezione del porto stesso. Tali urti possono essere innescati per effetto del vento, per effetto dell’agitazione ondosa o più comunemente per una errata manovra dovuta alla nave stessa od ai rimorchiatori o pilotine di manovra, con conseguenti inevitabili danni sia dello scafo, sia delle murature di accosto, queste ultime vengono dotate di opportuni parabordi, la cui tipologia dipende dalle dimensioni delle imbarcazioni per le quali è previsto l’attracco.
Per dare un’idea delle energie in gioco, dobbiamo ricordare che nei grandi porti si ormeggiano navi con stazze di centinaia di migliaia di tonnellate, e purtroppo sono frequenti eventi di tale portata, basta ricordare la tragedia che si è compiuta nel porto di Genova la sera del 7 maggio 20013, quando la nave Jolly Nero (un mercantile di medie dimensioni da 40.954 tonnellate di stazza lorda) ha urtato la torre di controllo del porto demolendola all’istante causando la morte di 9 persone.
Figura 80 Immagini della torre di controllo del Porto di Genova demolita dalla Jolly Nero
Oppure a Livorno quando un mercantile di 160 m, nel giugno 2013, ha urtato una banchina all’ingresso del porto danneggiando lievemente l’opera e lo scafo, facendo registrare ai sismografi presenti nelle zone limitrofe del porto un terremoto di 2,3 gradi Richter.
I parabordi, comunemente detti fender, non sono altro che elementi elastici, atti ad assorbire le sollecitazioni dovute all’urto delle imbarcazioni, senza riportare danni sia agli scafi dei natanti che alle infrastrutture di attracco. Inoltre devono garantire elevate prestazioni in caso di sollecitazioni frequenti dovute agli effetti del moto ondoso o del vento
135
o a causa di manovre in velocità effettuate da grandi navi da crociera, navi porta contenitori o navi per merci alla rinfusa. I parabordi inoltre sono dotati di un pannello antifrizione a bassissimo coefficiente di attrito necessario per lasciare scorrere gli scafi accompagnandoli nel loro moto fino al parabordo successivo, con lo scopo di non danneggiare la verniciatura degli scafi che costituisce la principale protezione contro la corrosione in ambiente marino. Nei piccoli porti turistici, con attracco delle barche in senso perpendicolare alla bordo delle strutture, ciascun posto barca viene dotato di un parabordo di dimensioni idonee a resistere all’urto di piccole imbarcazioni; invece quando l’attracco avviene di fianco, i parabordi devono essere distanziati tra loro in modo che almeno due di essi ricadano entro la lunghezza dell’imbarcazione.
I parabordi possono essere realizzati in vario modo, per esempio è prassi frequente soprattutto nei piccoli porti utilizzare vecchi copertoni d’auto affiancati e legati tra loro con cavi o funi e disposti in senso parallelo alla struttura di accosto.
In commercio esistono svariate tipologie di parabordi, quelli di più antica concezione sono costituiti da elementi di legname duro ricoperti esternamente con tavole di legno dolce più deformabile come larice e pino; di realizzazione più moderna sono i parabordi costituiti da cilindri di gomma appesi alle opere fisse di attracco e affiancati gli uni agli altri, nei grandi porti commerciali vengono utilizzati fender realizzati con ammortizzatori elastici costituiti da una serie di molle, o con ammortizzatori pneumatici o con strutture realizzate in materiale elastomerico facilmente deformabile e di varia forma.
Si riportano nelle foto seguenti alcuni esempi di fender attualmente in commercio:
136
Figura 82 Cell fenders
Figura 83 Leg fenders
La difficoltà maggiore che si incontra nel dimensionamento di tali apparecchiature stanno nel fatto che le azioni che devono essere assorbite hanno, oltre a una componente normale rispetto alla banchina, anche una componente diretta tangenzialmente, dovuta allo strisciamento longitudinale della nave.
Le azioni agenti sulle attrezzature di ormeggio e da queste trasmesse alle opere di attracco possono essere calcolate. Nei grandi porti gli sforzi di trazione trasmessi alle bitte ed agli anelli dai cavi di ormeggio delle imbarcazioni, per effetto soprattutto del vento sono variabili tra le 50 e 100 t, si riporta successivamente il calcolo dettagliato dell’azione del vento.
Essendo le bitte, profondamente ancorate nella struttura delle banchine o dei moli, per il dimensionamento di tali strutture possiamo assumere il carico come uniformemente distribuito per unità di lunghezza, che dipende dall’interasse tra le bitte, oltre che dallo sforzo agente su ognuna, è comunque opportuno maggiorare lo sforzo di un 20% il valore risultante in quanto il carico non è mai distribuito in modo perfettamente uniforme.
137
Come si è detto in precedenza, gli anelli di ormeggio non resistono allo strappo per azioni di tiro così elevate, perciò sono in genere utilizzati solo in condizioni proco gravose. Particolare attenzione deve essere posta alle sollecitazioni trasmesse dal sistema parabordo banchina durante le operazioni di manovra ed attracco di una nave. In particolar modo si studiano gli urti da un punto di vista energetico e di deformazione dei fender. L’energia cinetica di una nave in movimento è pari a:
𝐸 = 1 2 𝑊 𝑔 𝑉 2 Dove:
𝑊 = dislocamento della nave a pieno carico, pari al peso del volume d’acqua spostata dalla carena della nave;
𝑉 = velocità della nave durante le fasi di manovra e di accosto, che dipende dalle dimensioni della nave (è inversamente proporzionale alle massa del natante), e dai limiti di velocità imposti dall’autorità portuale di competenza del porto;
𝑔 = 9.81𝑚
𝑠2 accelerazione di gravità.
Inoltre occorre avere presente che nel calcolo dell’energia posseduta dalla nave bisogna introdurre la così detta massa idrodinamica, ossia la massa dell’acqua attorno alla nave che si viene spinta e trascinata durante il movimento dell’imbarcazione, tale quantità risulta di difficile valutazione perciò in genere a favore di sicurezza si moltiplica la massa di dislocamento della nave per un coefficiente moltiplicativo adimensionale pari ad 1,5.
Si ipotizza che l’energia posseduta dall’insieme nave e massa idrodinamica al momento dell’impatto, sia assorbita per metà dal sistema parabordo-struttura, mentre la restante metà sia in parte assorbito dallo scafo, che si deforma, dal rollio della nave, in parte trasmesso all’acqua ed in parte dissipato per attrito nel contatto scafo-parabordo e per attrito idrodinamico. Perciò si procederà al calcolo delle forze di contatto eguagliando il lavoro e l’energia elastica inglobata dal parabordo durante la sua deformazione, con la metà dell’energia cinetica posseduta dalla nave.
Posto:
𝐹 = sforzo massimo trasmesso dalla nave al sistema parabordo-struttura; 𝛿𝑚𝑎𝑥 = deformazione elastica massima del sistema parabordo-struttura;
138
𝛿 = deformazione generica;
𝑓(𝛿) = sforzo trasmesso corrispondente alla deformazione generica 𝛿; Il lavoro di deformazione prodotto dal sistema parabordo-struttura risulta:
𝐿 = ∫ 𝑓(𝛿) ∙ 𝑑𝛿
𝛿𝑚𝑎𝑥
0
Ipotizzando il comportamento di un fender come un sistema perfettamente lineare e quindi rispondente alla legge di Hook: 𝐹 = 𝑘 ∙ ∆𝑥
Abbiamo che in campo elastico lineare lo sforzo 𝑓(𝛿) corrispondente alla deformazione generica 𝛿 è legato allo sforzo massimo 𝐹 dalla seguente relazione:
𝑓(𝛿) = 𝐹 𝛿 𝛿𝑚𝑎𝑥
Sostituendo lo sforzo generico nell’equazione del lavoro precedentemente scritta otteniamo: 𝐿 = ∫ 𝐹 𝛿 𝛿𝑚𝑎𝑥 ∙ 𝑑𝛿 𝛿𝑚𝑎𝑥 0 =1 2𝐹𝛿𝑚𝑎𝑥
Adesso uguagliando l’energia cinetica effettiva del sistema nave-acqua in movimento, con il lavoro di deformazione del sistema parabordo-struttura, risulta:
𝐸 = 1 2𝐹𝛿𝑚𝑎𝑥 Da cui si ricava: 𝐹 = 𝑊 𝑔 ∙ 𝑉2 𝛿𝑚𝑎𝑥
Si può supporre che l’intera deformazione sia assorbita solamente dal parabordo anche perché la deformazione della muratura o del getto di calcestruzzo sarebbe trascurabile rispetto a quella dell’elemento elastico.
Una volta calcolata la sollecitazione subita dal singolo parabordo, per dimensionare l’opera fissa di ormeggio, si può assumere una forza distribuita per metro lineare, da calcolare in base al valore di 𝐹 determinato ed all’interasse tra i parabordi stessi.
139