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Capitolo I. Parziale specializzazione nel cam po del credito industriale a lunga e a media sca­ denza in Italia e suo tramonto (1863-1893)

I. Le c o n d i z i o n i d e l m e r c a t o d e i c a p i t a l i a g l i a l b o r i DELLA VITA NAZIONALE.

Le condizioni, nelle quali il credito indiretto accordato alle imprese industriali per la costituzione o per l’amplia- mento degli impianti di produzione (accompagnato o meno con assunzione, da parte del mutuante, di titoli emessi dalle imprese accreditate) si trovò ad essere esercitato in Italia nel primo periodo della vita nazionale, non erano brillanti. Infatti non solo il margine per la formazione di risparmio era esiguo, ma forte era la concorrenza esercitata sullo scarso risparmio disponibile da altri tipi di impieghi.

Per quanto riguarda la scarsezza della formazione di risparmio basterà tener presente che il reddito medio per abitante era in Italia, a quell’epoca, notevolmente basso in confronto di quello riscontrato in altri paesi d’Europa: nel decennio 1860-1869 il reddito medio per abitante era in Francia 2,64 volte superiore e in Inghilterra 4,16 volte superiore a quello esistente in Italia (1). Inoltre era notevolissima la

(9 Cfr. F. Co p p o l a D’Anna: Popolazione, reddito e finanze pubbliche dell’Italia

parte di tale reddito che risultava spesa in beni di consumo:

Anni Reddito Reddito

consumato risparmiato (9

i8 6i- ’ 65 9 8 ,6 % i ,4%

i866-’ 70 9 6 ,4 % 3,6%

i87i-’75 9 6 % 4 %

i8 7 6 -’ 8o 9 6 % 4 %

Per quanto riguarda la concorrenza esercitata sull’esiguo risparmio disponibile da altri tipi di impiego occorre por mente ai prestiti pubblici e all’acquisto dei beni rustici ed urbani ex demaniali o dell’asse ecclesiastico. In effetti tra il 1860 e il 1870, sotto la pressione delle crescenti spese pub­ bliche (originate dalla seconda e dalla terza guerra di indi- pendenza e dalle opere pubbliche) insufficientemente fron­ teggiate dalle imposte vigenti, il debito pubblico salì in

Italia da 2439 a 8265 milioni di lire ossia aumentò di circa il 239%, mentre ad accrescerne ulteriormente l’allettamento per il risparmiatore lo Stato praticò scarti notevoli rispetto al valore nominale, tanto è vero che il primo prestito fu emesso nel 1861 a L. 70.50, il secondo nel 1863 a L. 71, il terzo nel 1865 a L. 66 per ogni 100 lire di nominale (2): il saggio d’interesse sui titoli del debito pubblico raggiunse perciò nel 1867 il 9,38%. È vero che anche il risparmio straniero partecipò alla sottoscrizione dei titoli del debito pubblico italiano, ma si trattò di una partecipazione infe­

riore a quella del risparmio nazionale come è provato dal fatto che, pur nell’epoca di maggiore partecipazione dello estero in tale campo ossia nel primo decennio

dall’unifica-(') Indagine statistica sullo sviluppo del reddito nazionale dell'Italia dal 1861 al 1956, in «Annali di Statistica», Serie V i l i , voi. IX, Roma, i 957> PaS- 42- (2) F. Co p p o l a D ’Anna: Popolazione, reddito cit., pagg. 118 e 117.

zione, gli interessi sui titoli pubblici italiani pagati all’estero ammontarono a 848 milioni di lire contro ben 1748 milioni di lire pagati all’interno (x). Dall’altro canto lo Stato alienò ai privati fra il 1860 e il 1900 beni di varia natura per com­ plessivi 2.068,25 milioni di lire (2); ben 575 mila ettari pas­ sarono — in seguito alla sola liquidazione dell’asse ecclesia­ stico — in proprietà di privati nel periodo 1867-1880. La riprova dell’esigua disponibilità di risparmio nazionale per gli investimenti — dovuta sia alla scarsità dell’accumula­ zione sia all’attrazione esercitata dall’acquisto di titoli pub­ blici e di beni demaniali ed ecclesiastici — è data dal fatto che nel primo quinquennio della vita dell’ Italia una l’inde­ bitamento netto con l’estero prevaleva fortemente di fronte al risparmio interno nel finanziamento degli investimenti (3). (*) Cfr. E. Co r b i n o: «Annali dell’economia italiana», I voi., pag. 255. Il Luz- zatto, poi, ritiene che la partecipazione straniera alla sottoscrizione di titoli pub­ blici italiani, desunta dal luogo del pagamento degli interessi, risulta maggiore di quanto fosse in realtà perchè, dopo la proclamazione del corso forzoso nel 1866, molti possessori italiani di Rendita incassavano le cedole dei loro titoli a Londra o a Parigi allo scopo di fruire della differenza del cambio, che arrivò fino al 15% (G. Lu z z a t t o: L ’economia italiana nel primo decennio dell’unità italiana, in «Rassegna Storica del Risorgimento», 1957, pag. 270).

(2) Cfr. A. Pl e b a n o: Quarant’anni della Finanza Italiana, in « Riforma Sociale »,

190 3 , p a g . 68.

(3) Valgono all’uopo le seguenti cifre ricavate dalla già citata Indagine sullo svi­

luppo del reddito nazionale dell’Italia dal ¡861 al 1956 (in « Annali di statistica »,

1957» Pag- 264):

Investimenti lordi (milioni di lire correnti)

Fonti di finanziamenti Anni Impieghi

risparmio ammorta­menti netto con l’esteroindebitamento

1861-’65 789 56 408 325

Ma la direzione preferita dagli investitori stranieri era una direzione affatto particolare. Non che si trattasse della dire­ zione verso quegli investimenti che gli odierni teorici dello sviluppo economico chiamano « geografici » ossia verso inve­ stimenti che risultano vantaggiosi soltanto per l’economia del paese investitore in quanto diretti a porre in essere o a poten­ ziare fonti di approvvigionamento di materie prime per i paesi industrializzati e quindi suscitare il moltiplicatore degli investi­ menti soltanto o quasi soltanto nel paese esportatore di rispar­ mi (x) . La povertà del sottosuolo italiano e la scarsità di colture utilizzabili a fini industriali riducevano in Italia a ben poche le occasioni di « investimenti geografici » ; qualche esempio di essi si trova soltanto nell’interesse che capitali inglesi presero per il commercio di esportazione dalla Sicilia e dalla Sardegna, interesse che si concretizzò nella costituzione, nel 1863, del- l’Anglo-Italian Bank con un capitale di 1 milione di sterline. La direzione in cui affluirono principalmente i risparmi stranieri investiti in Italia nei primi anni dell’unità politica fu quella della costruzione del « capitale fisso sociale »: opere pubbliche (attraverso la sottoscrizione di ingenti importi di titoli del debito pubblico italiano) e poi ferrovie, acquedotti, trasporti urbani, officine del gas costituite sempre sotto forma di società per azioni. Le imprese direttamente produttive attirarono scar­ samente i risparmi stranieri nei primi anni dell’unità politica perchè a quelle imprese mancava la possibilità di attrarre il risparmio nelle forme che, quali le azioni e le obbligazioni, permettono quel rapido ed agevole disinvestimento che il risparmio proveniente dall’estero predilige in particolar modo. (*) (*) Cfr. per esempio H. W. Si n g e r: The distribution o f gains between investing and

borrowing countries, in «American Econ. R ev.», maggio 1950, supplemento.

Vedi anche T. Ba l o g h: International Equilibrium and U. S. private investment, in «Bulletin of the Oxford University», agosto

1951-Purtroppo una parte degli investimenti esteri non giovò allo sviluppo economico del Paese, ma questo è da imputarsi alla direzione in cui si mossero i pubblici poteri in Italia: ci rife­ riamo a quella parte di opere pubbliche costruite non in corrispondenza di effettive possibilità di iniziative produttive specifiche e ai tronchi ferroviari impiantati in zone di scar­ sissimo traffico per i quali lo Stato — che aveva garantito alle Società concessionarie un reddito minimo annuo per ogni km. di linea gestita — fu obbligato a sborsare differenze cospicue. L ’insufficienza del risparmio di fronte al bisogno che ne avver­ tivano le iniziative produttive specifiche fece sì che qualunque istituto bancario il quale riuscisse ad attirarne, sotto una forma od un’altra, una certa quantità fosse esposto alla ten­ tazione di utilizzarlo in qualunque campo dal quale la richie­ sta ne fosse fatta volta a volta con un saggio di compenso maggiore, senza curarsi di far corrispondere la durata del­ l’impiego alla lunghezza del tempo per il quale l’istituto bancario era riuscito a procurarsi la disponibilità del rispar­ mio. D ’altronde, anche se un istituto bancario presceglieva un certo tipo di operazioni attive, esso si vedeva costretto, allorché voleva soddisfare accresciute domande di prestiti, a procurarsi il risparmio occorrente sotto la forma in cui era possibile procurarselo in quel momento, senza poter indu­ giarsi a controllare se il tempo per il quale quel risparmio era ad esso affidato fosse uguale o più breve del tempo per il quale il risparmio stesso era destinato ad investirsi. Deri­ vava da ciò una situazione nella quale « gli istituti di emis­ sione si sono visti esercitare il credito fondiario e le casse di risparmio il credito mobiliare e, in fondo, tutte le banche facevano un po’ di tutto, a seconda che capitava » (*).

(!) M . Pa n t a l e o n i: La caduta della Società Generale di Credito Mobiliare Italiana, in « Giornale degli Economisti», 1895, ristampato in «Studi storici d’Economia», Bologna, 1936, pag. 218.

2 . Su g g e s t i v i e s e m p i s t r a n i e r i i n t e m a d i c r e d i t o m o b i l i a r e.

V i fu, però, una parziale applicazione del principio della specializzazione nel campo del credito mobiliare e ciò avvenne soprattutto per la suggestione esercitata su banchieri italiani da quanto si praticava, in quel torno di tempo, all’estero. Invero l’Europa nord-occidentale si era, fin dagli anni suc­ cessivi al 1840, immersa nella febbre delle costruzioni ferro­ viarie. La rete ferroviaria passa infatti, tra il 1848 e il 1870, in Francia da 3083 a 20.189 km messi in esercizio, in Ger­ mania da 6044 a 19.575, in Gran Bretagna da 10.653 a 24’999’ in Belgio da 851 a 2997. Il capitale impiegato in Europa nelle costruzioni ferroviarie crebbe da 850 milioni di franchi dell’epoca nel periodo i84i-’50 a 2000 milioni nel i85i-’6o e a 2400 milioni nel 1861-’ 70. Le costruzioni ferroviarie, a loro volta, avevano provocato un ingente sviluppo delle indu­ strie meccanica e siderurgica. Era poi sopravvenuta, con la crescente urbanizzazione provocata dallo sviluppo industriale, la spinta all’impianto e all’espansione di linee di trasporto urbane, di acquedotti, di officine del gas, di ferrovie vicinali. L ’espansione di tanti e così vari rami della produzione indu­ striale aveva dato luogo, per l’enorme connesso fabbisogno di capitali, al sorgere di numerose società per azioni, i cui titoli avevano creato un mercato al quale accorrevano copiosi i risparmi, allettati non solo dai saggi di rendimento relati­ vamente elevati ma anche dalla prospettiva di fruttuosi sbalzi delle quotazioni. Infatti il decennio i840-’50 fu contrasse­ gnato da una febbrile speculazione al rialzo nelle Borse europee, speculazione che se da una parte diede luogo alla fine a note­ voli perdite per gli incauti — quando la costruzione di molte delle ferrovie progettate dovette essere sospesa — dall’altro

canto richiamò verso gli investimenti a lunga scadenza ingenti masse di risparmi. Lo sviluppo assunto, in così grandi pro­ porzioni, dal mercato dei titoli azionari ed obbligazionari costi­ tuì la premessa per la nascita e l’espansione di istituti bancari che investivano il loro capitale (anch’esso raccolto mediante il lancio di azioni) nella compera di titoli industriali non ancora sufficientemente noti al pubblico dei risparmiatori — permettendo così di nascere a novelle imprese industriali — e rivendevano i titoli ai privati quando lo sviluppo e la noto­ rietà delle imprese, cui quei titoli si riferivano, consentivano di esitarli con guadagno riprendendo al tempo stesso le somme precedentemente investite per ricominciare con nuovi titoli industriali. Insomma erano venute in luce le premesse per l’affermazione di quel particolare tipo di credito che prende il nome di « mobiliare » appunto perchè esercitato princi­ palmente attraverso l’assunzione di valori mobiliari (azioni ed obbligazioni). L ’ Italia, poi, era in modo particolare sotto­ posta alla suggestione esercitata dalla vicina Francia dove « la corsa agli investimenti di capitali in valori mobiliari assume proporzioni grandiose ed impressionanti sotto il se­ condo Impero e specialmente nel quinquennio 1852-1857, che sembra l’età dell’oro del capitalismo finanziario» (*). I risparmi che, grazie al lungo periodo di pace succeduto alla chiu­ sura dell’epopea napoleonica e all’alta propensione al risparmio di larghi strati della sua popolazione, la Francia potè accu­ mulare non solo bastarono per le ingenti costruzioni ferro­ viarie, portuali, edilizie, compiute all’interno del paese ma trasformarono la Francia, all’epoca del II Impero, nel « ban­ chiere dell’universo ». Ciò potè avvenire anche perchè agli (l) G. Lu z z a t t o: Origine ed evoluzione storica delle borse valori, in «Lezioni del Corso di aggiornamento sulle borse valori», Milano, 1958, pag. 29.

antichi banchieri privati che operavano con il denaro pro­ prio e con quello di un ristretto circolo di parenti e di amici si aggiunsero banche costituite sotto forma di società per azioni, che raccolsero masse ingenti di piccoli e decentrati

risparmi impiegandoli non solo all’interno ma anche e

largamente — in sottoscrizione di titoli del debito pubblico di Stati stranieri, in costruzione e gestione di ferrovie all estero, nella costruzione del Canale di Suez.

E appunto in Francia era sorto un grande istituto di credito mobiliare ossia la « Société Générale de Crédit Mobiher » fondata nel 1852 dai francesi Isacco ed Emilio Péreire (della quale però taluni scorgono un precedente nella « Société Générale pour favoriser l’industrie nationale en Belgique », fondata a Bruxelles nel 1832). Lo Statuto del Crédit Mobilier contemplava in prima linea la sottoscrizione e 1 acquisto di azioni e di obbligazioni d’ogni specie di imprese industriali e ogni sorta di commercio in titoli. I fratelli Péreire discen­ devano da una famiglia di ebrei portoghesi emigrati a Bor­ deaux. Venuti a Parigi in giovine età nel 1820 si impiegarono alla Borsa e divennero membri attivi del gruppo che si ispi­ rava alla dottrina di Saint Simon (Isacco fu per un certo tempo tesoriere del gruppo ed Emilio fu uno dei principali collaboratori al « Globe », organo dei Saintsimomam). L ’idea della mobilizzazione del credito e del connubio tra banca e industria, che fu alla base della successiva attività pratica dei fratelli Péreire, data da quell’ epoca. In un primo tempo i due fratelli si appoggiarono, nelle loro concrete iniziative bancarie, a Giacomo Rothschild al quale si associarono nel finanziamento di imprese ferroviarie ma successivamente si distaccarono da lui e, con l’avvento del secondo Impero, si appoggiarono ad Achille Fould, Ministro delle Finanze di Napoleone III. Infatti il 60% circa del capitale iniziale del

Crédit Mobilier fu conferito, in eguali importi, dai fratelli Péreire e dalla « Banca Fould ed Oppenheim ». Il Crédit Mobilier partecipò attivamente al finanziamento di costru­ zioni ferroviarie in Francia, in Austria, in Ispagna, di costru­ zioni edilizie a Parigi, di officine del gas illuminante a Parigi e in altre grandi città, dei trasporti urbani (omnibus) a Parigi e a Londra, dei trasporti marittimi (promosse a questo pro­ posito, insieme con lo Stato che fu largo di sovvenzioni, la « Compagnie Générale Transatlantique »). Esso giunse a pagare un dividendo del 30% e, benché aspramente combat­ tuto da altre banche, dominò per molti anni in Francia la Borsa e la Finanza (x). Molti paesi esteri subirono l’influenza dell’esempio — ■ così convincente! — che veniva dalla Francia e il Crédit Mobilier stesso partecipò attivamente alla costi­ tuzione di istituti similari all’estero. Infatti esso prese parte alla formazione, già nell’aprile del 1853, della « Bank fiir Handel und Industrie » che sorse a Darmstadt e fu perciò denominata solitamente « Darmstadter Bank », i cui finan­ ziamenti alle imprese ferroviarie, minerarie e metallurgiche conferirono alla banca stessa una parte di primissimo piano nello sviluppo industriale della Germania dell’epoca. A sua (') Il Gerschenkron, che ha in un suo studio recente indagato profondamente sulle cause dello sviluppo industriale nell’Europa Continentale nel secolo scorso, afferma che l’espansione rapida ed ingente dell’economia industriale francese sotto il Secondo Impero fu dovuta non solo alla politica libero-scambista inau­ gurata da Napoleone III e culminata nel Trattato di commercio Cobden-Chevalier del 1860 — per effetto della quale politica « l’industria francese... fu esposta all’atmosfera stimolante della concorrenza internazionale ed... ottenne conve­ niente accesso alle materie prime industriali di base » — ma anche allo sviluppo della banca industriale sotto Napoleone III, che si riassume nell’opera del Crédit Mobilier e nell’influenza rinnovatrice che cotesto istituto esercitò sull’ambiente bancario francese. (A. Ge r s c h e n k r o n: Economie Backwardness in Historical per-

spective, in «The progress of Underdeveloped areas», The University of Chicago

volta la Banca di Darmstadt servì di modello a tutte le grandi banche che successivamente sorsero e prosperarono in Ger­ mania. Nel 1856, con l’attiva partecipazione dei fratelli Pé- reire, sorse il « Credito Mobiliario Español » che oltre a sottoscrivere e lanciare titoli del debito pubblico finanziò in Ispagna imprese ferroviarie, miniere di ferro e di carbone, raffinerie di zucchero, imprese portuali, l’officina del gas di Madrid, la principale compagnia di Assicurazioni spagnola (ossia il « Phénix Español»). Anche all’iniziativa del Crédit Mobilier fu dovuta la fondazione del « Credito Neerlandese » (Società Generale Commerciale e Industriale di Amsterdam) nel 1863, mentre l’anno prima i fratelli Péreire e altri loro soci del « Crédit Mobilier » avevano concorso con banchieri inglesi e francesi alla costituzione, in Turchia, della Banca Imperiale Ottomana. Anche quando il « Crédit Mobilier » francese non riuscì a vincere ostacoli e rivalità per la costi­ tuzione di istituti similari all’estero, si verificò il fenomeno che gli stessi oppositori suoi adottarono i suoi metodi e le sue vedute, così come accadde in Austria dove i Rothschild — che aspramente rivaleggiarono con i Péreire non solo in Francia ma in tutta Europa per accaparrarsi concessioni ferroviarie, emissioni di prestiti governativi, autorizzazioni a gestire banche — fondarono nel 1856 il « Kreditanstalt für Handel und Geverbe », che ebbe parte decisiva nella costi­ tuzione di imprese ferroviarie, assicuratrici e manifatturiere e rimase per tre quarti di secolo la principale banca au­ striaca (1). Anzi la stessa concorrenza che il Crédit Mobilier (!) « The Crédit Mobilier was from the beginning engaged up a most violent conflict with the representatives of “ old wealth” in French banking, most notably with the Rothschilds ... In the course of this conflict the “ new wealth” succeeded in forcing the “ old wealth” to adopt policies of its opponents. The limitation of old wealth in banking policies to flotations of government loans and

foreign-eccitò tra i banchieri francesi e di altre nazioni di Europa fu benefica per lo sviluppo economico del Vecchio Conti­ nente in quanto accelerò ed intensificò l’afflusso dei risparmi verso le industrie e le infrastrutture. E non solo fu, per merito del Crédit Mobilier, accelerata ed intensificata la circola­ zione internazionale dei capitali ma anche quella delle capa­ cità tecniche ed organizzative fu enormemente stimolata poiché il Crédit Mobilier aveva cura di far sì che negli organi direttivi delle imprese industriali e bancarie, da esso promosse all’estero, fossero inclusi — accanto a personalità locali — tecnici ed organizzatori sperimentati in precedenti analoghe iniziative (* 1). Si verificava cioè quel complesso di apporti che l’investimento estero a lungo termine ha sempre rappresentato per i paesi in fase di sviluppo economico e che un recente studioso ha denominato « package deal » ; oltre all’apporto di capitali avvi apporto di nozioni tecniche e di capacità organizzative (2).

e x c h a n g e tra n sa c tio n s c o u ld n o t b e m a in ta in e d in th e face o f th e n e w co m p e tito rs ».

(A. Ge r s c h e n k r o n: Economic Backwardness, c it ., p a g . n ) .

fi) Sulle iniziative e sui meriti del Crédit Mobilier esistono antichi studi quali quelli di M. Ay c a r d (Histoire du Crédit Mobilier, Parigi, 18 67), di J. Pl e n g e

('Gründung und Geschichte des Credit Mobilier, Lipsia, 1904), di J. B. Ve r g e o t

{Le Crédit comme stimulant et régulateur de Vindustrie, Parigi, 19 18 ). Recentemente

i meriti del Crédit Mobilier sono stati riesaminati e posti in luce dal Gerschenkron che conclude il suo approfondito studio con la seguente affermazione: « It was the great eruptive effect of the Pereires that profoundly influenced the history of Continental banking in Europe from the second half of the past century onward»

(A . Ge r s c h e n k r o n: Economic Backwardness, cit., pag. 11) e dal Cameron che conclude così: «In final summary, the Credit Mobilier was a potent force for economic development in the environment in which it existed. Its direct and immediate contributions to the mise en valeur of Europe were considerable; but the indirect and intangible results of its activities were of greater importance and more lasting benefit». (R. E. Ca m e r o n: The Credit Mobilier and the economic

Development oj Europe, in « The Journal of Political Economy», december 19 53 ).

(2) J- M. Hu n t e r: Long term foreign investment and underdeveloped countries, in « The Journal of Political Economy», febbraio 1953.

3. Fondazione e caratteristiche strutturali dei due

ISTITUTI ITALIANI SPECIALIZZATI NEL CREDITO MOBILIARE.

Si capisce quindi perchè fu forte la suggestione dell’esempio francese in Italia. Allorché Domenico Balduino, direttore della «Gassa del Commercio e dell’ Industria» di Torino, propose di ingrandire e sviluppare cotesto istituto fu ai fra­ telli Péreire che ci si rivolse. La « Gassa del Commercio e dellTndustria » di Torino era sorta, in base ad autorizza­ zione data con decreto reale del 23 gennaio 1853, per com­ piere appunto operazioni di credito mobiliare e alla sua costi­ tuzione si era vivamente interessato il conte di Cavour. Il suo capitale inizialmente di 8 milioni di lire (diviso in 16 mila

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