• Non ci sono risultati.

Capitolo 4. Proposta di metodo per le fasi analitica e strategica

4.1 Contributi multidisciplinari per una prospettiva interdisciplinare

La difficoltà di integrazione tra prospettive e approcci disciplinari diversi, ha costituito una delle ragioni dell’inadeguatezza delle risposte messe in campo dalla pianificazione territoriale ai cambiamenti cui vanno incontro le città contemporanee.

Il terreno “molle” della resilienza, necessita della solidità fornita da letture settoriali integrabili in una prospettiva olistica. Una pianificazione urbana sensibile alla questione della gestione degli allagamenti urbani ed alle politiche e pratiche per il drenaggio urbano sostenibile, non potrà che avvalersi di strumenti analitico-interpretativi propri delle scienze idrologiche ed idrauliche, che possano integrarsi a quelli tradizionalmente usati dalla disciplina e supportare le decisioni strategiche alla base dei suoi strumenti di controllo e organizzazione spaziale (i Piani).

In generale, il graduale passaggio dal primo sommario approccio alla realtà fino alla fase ultima di scelta si compie attraverso la concatenazione di tre momenti: conoscere, comprendere, giudicare ed interpretare permettono, una volta acquisiti, elencati e classificati dati oggettivi, di spiegarli ed interpretarli per elaborarli, individuando rapporti e mutue relazioni tra i fenomeni in atto, speculando anche su scenari di futuro e giungendo alle scelte spaziali. Dovendo operare su contesti complessi ed eterogenei, dove i problemi possono non prevedere soluzioni univoche, occorre coordinare e combinare operazioni su vari fronti (Holford, 1950) attraverso il percorso deduttivo che si svolge lungo lo spazio logico- temporale che intercorre tra la conoscenza e l’intervento, cioè, tra l’analisi e il Piano (Astengo, 1966).

In particolare, il processo di analisi, dove più si concentra il focus di questa ricerca, si sostanzia di contributi multidisciplinari ed è sviluppato grazie ad apparati teorici specifici, rivendicando il rigore scientifico. Il processo di sintesi, rispetto al quale le discussioni proposte in seno a questo lavoro costituiscono un primo punto di partenza, si configura come raccolta, confronto e valutazione di relazioni, possibilità e conflitti posti in

| Pag.

64

luce dall’indagine, e resta frutto dell’interpretazione soggettiva (Keeble, 1952).

Il contributo offerto dall’impiego di strumenti analitici prestati da materie specialistiche, aiuta le strategie e le scelte di pianificazione ad essere più efficienti e rispondenti rispetto alle domande e agli interessi sociali, ma è anche utile a produrre politiche su base scientifica (Lawson et al., 2014). D’altronde, il passaggio dalla dimensione della “multidisciplinarietà” a quella della “interdisciplinarietà” avviene quando la giustapposizione di conoscenze, informazioni e metodi, con una loro propria identità, si trasforma in integrazione e interazione proattiva, per le quali la collaborazione tra gli attori ed il lavoro congiunto sono condizioni necessarie ma non sufficienti (Klein, 2010).

4.2 Articolazione della proposta metodologica

La metodologia proposta è stata costruita per essere flessibilmente applicata rispetto a due indirizzi principali di obiettivi, che derivano dalle questioni teorico-concettuali descritte nei capitoli precedenti:

-La valutazione della compatibilità idraulica delle trasformazioni

previste dal Piano Regolatore (A)

-La valutazione del profilo di risposta dei sistemi urbani agli eventi di pioggia e del contributo fornito dai sistemi di drenaggio urbano sostenibile alla sua modificazione (B)

Infatti, se è vero da una parte che il rispetto del principio di invarianza idraulica è condizione irrinunciabile per trasformazioni resilienti del territorio (par. 2.2.3), valutare come esso possa combinarsi con le scelte strategiche e progettuali previste dal Piano Regolatore è un obiettivo fondamentale da perseguire, per garantire la compatibilità di quest’ultimo con gli assetti idraulici ed idrologici del territorio. Ciò, soprattutto, se si considera che norme e regolamenti hanno imposto agli strumenti regolatori di scala comunale di recepire l’istanza, prescrivendo la condizione di invarianza idraulica e possibilmente idrologica per tutte le trasformazioni del territorio in grado di modificare il regime idraulico esistente, anche mediante l’applicazione dei metodi del drenaggio urbano sostenibile (PGRA Sicilia, 2016).

D’altro canto, qualsiasi strategia urbanistica che voglia integrare la gestione del rischio nelle dinamiche di organizzazione dello spazio e nella costruzione di politiche locali di mitigazione ed adattamento, dovrebbe partire da una analisi della resilienza specifica dei sistemi urbani considerati nel Piano, ad una scala di dettaglio opportuna, e valutare quanto il ricorso a misure come i sistemi urbani di drenaggio sostenibile possa contribuire a migliorare la risposta dei suddetti sistemi agli eventi di pioggia.

In generale, comunque venga poi declinata, la metodologia proposta si articola in tre fasi cardinali:

- La definizione di scenari da esaminare e comparare

- La selezione del modello di simulazione degli scenari

L’interpretazione dei risultati ottenuti viene poi effettuata in termini utili agli scopi della pianificazione e, in particolare, alla definizione delle politiche e delle azioni di Piano.

Il primo indirizzo di applicazione metodologica (A), si basa sull’analisi del sistema urbano nello scenario dello stato di fatto e nello scenario di progetto previsto dal Piano Regolatore. Il risultato di tale analisi è leggibile attraverso un indicatore semplice di invarianza idraulica che restituisce il confronto dei valori assunti dalla variabile scelta per descrivere la risposta idraulica del sistema, nei due scenari di riferimento (par.4.5).

Il secondo indirizzo di applicazione metodologica (B), analizza il sistema urbano nello scenario dello stato di fatto basandosi, stavolta, su un insieme di variabili, scelte per descrivere la sua risposta agli eventi di pioggia non più in termini soltanto idraulici ma, anche, di resilienza specifica, indagata sotto alcuni aspetti tramite indicatori scelti opportunamente. Inoltre, la costruzione di scenari di integrazione di SuDS nel sistema urbano, da confrontare con lo scenario dello stato di fatto, permette di analizzare le

performance delle misure considerate in termini di variazioni delle variabili

descrittive della risposta del sistema, e di valutare, contestualmente, quali siano gli effetti di potenziali scelte progettuali sugli indicatori usati per descrivere gli aspetti di resilienza specifica di interesse (par.4.7).

In tutti i casi, la simulazione degli scenari (scenari di stato di fatto, di progetto di Piano, di integrazione di SuDS) passa dalla loro completa descrizione attraverso analisi urbano-territoriali indispensabili ai fini della definizione dei parametri di input da usare nella fase di modellazione.

Il modello selezionato per simulare gli scenari è il medesimo ma viene applicato a diversi livelli e scale di dettaglio, coerentemente con gli indirizzi (A) e (B).

Nel primo caso, infine, la metodologia si completa con l’applicazione del principio di invarianza idraulica alle trasformazioni urbane, imponendo che queste ultime compensino gli impatti generati sul regime di deflusso, e permettendo la definizione di “oneri” di restrizione al rilascio delle portate, attribuibili proporzionalmente alle esternalità negative prodotte dalle trasformazioni stesse, nell’ambito del sottobacino di influenza.

Nel secondo caso, la metodologia conduce all’individuazione di criteri utili alla definizione della norma di Piano e delle scelte di politiche locali che la giustifichino.

La scelta di divaricare la metodologia è dipesa dalla volontà di tradurre gli “indirizzi di ricerca” in “azioni di ricerca”, cioè di perseguire esiti concreti degli studi elaborati che fossero integrabili nei processi di Piano; ciò ancor di più nella prospettiva di accostarsi a reali processi di pianificazione in itinere, in un contesto dove l’inadeguatezza dell’assetto normativo della legislazione regionale ha contribuito a mortificare lo strumento regolatore, costringendolo, di fatto, nella incapacità di concepire strategie e modalità di attuazione delle trasformazioni urbane efficaci rispetto alla riposta alle questioni introdotte.

Infatti, contestualmente allo sviluppo della ricerca, si è potuto seguire da vicino il reale processo di revisione di due strumenti regolatori, rispettivamente il Piano Regolatore Generale per le città di Catania e quello

| Pag.

66

per la città di Avola, in Sicilia. Ciò ha permesso di attribuire alla ricerca anche carattere “laboratoriale” con l’obiettivo di portare gli studi teorici effettuati, le alternative di applicazione di nuove metodologie e le discussioni generate in seno agli studi, sul tavolo del processo decisionale.

In particolare, con riferimento al caso di Catania, gli step metodologici consentono di pervenire alla definizione di oneri/misure di compensazione delle trasformazioni previste dallo strumento di piano, da assumere quali ”dotazioni urbane obbligatorie” ai fini di espansioni urbane idraulicamente compatibili (indirizzo metodologico A).

Con riferimento al caso di Avola, gli step metodologici servono alla costruzione del profilo di risposta del sistema urbano nel suo stato di fatto e nell’ipotesi di integrare misure SuDS all’interno del tessuto urbano, valutando gli effetti sulla resilienza specifica del sistema stesso e giovando agli scopi del Piano, soprattutto nell’ottica di costruire visioni e azioni progettuali ai fini della mitigazione del rischio di allagamento.

4.3 Analisi idrologiche, analisi delle piogge e analisi urbane tradizionali

La costruzione di basi descrittive delle forme del territorio e delle sue caratteristiche di idoneità insediativa rispetto le questioni della compatibilità ambientale è un punto di partenza per l’attività di ricerca (Secchi, 2000).

La conoscenza delle dinamiche relative all’uso ed alla copertura del suolo, in particolare, è da sempre strategica per la pianificazione territoriale in quanto consente di leggere lo stato attuale dei luoghi come risultante delle modificazioni intervenute in passato, di monitorare quelle in atto e di prefigurare quelle future. In particolare, ai fini dell’applicazione della metodologia nel campo di questa ricerca, l’analisi degli usi e delle coperture dei suoli assume importanza rispetto alle valutazioni sul rapporto che si instaura tra superfici e precipitazioni nella generazione dei deflussi superficiali.

In particolare, l’analisi di tipo ibrido uso del suolo/copertura del suolo dei sistemi presi in considerazione, nelle condizioni dello stato di fatto, è effettuata sulla base delle Carte Tecniche Regionali (scala 1:10000), incrociando le informazioni fornite dello studio agricolo-forestale di corredo al Piano, con quelle ricavabili dall’interpretazione delle ortofoto satellitari nonché dalle osservazioni dirette in loco, ricavando le categorie di uso del suolo utili alla caratterizzazione dei sistemi urbani oggetto di studio tramite parametri da usare come input nella fase di modellazione afflussi-deflussi (par.4.4.1.1).

Un secondo tipo di analisi utile alle considerazioni sviluppate nella ricerca è l’analisi morfologica del tessuto edilizio che, oltre a consentire una classificazione dei tessuti secondo le categorie tradizionali e relativamente alla nascita degli stessi in funzione dei periodi storici, permette di ricavare informazioni sulle relazioni (indirette) che possono instaurarsi tra morfologia del tessuto urbano e gestione delle acque di precipitazione.

Anche questa analisi è effettuata sulla base delle Carte Tecniche Regionali (scala 1:10000) interpretando le ortofoto satellitari ed effettuando numerose osservazioni dirette in loco.

Se analisi come quelle di uso del suolo, copertura e morfologie urbane possono facilmente essere condotte con riferimento a qualsiasi oggetto spaziale, definendone il confine a partire da delimitazioni anche di tipo amministrativo o altro, la gestione dei deflussi a livello urbano, come extraurbano, si associa inevitabilmente all’identificazione del bacino (catchment) o del sottobacino (sub-catchment) quale elemento spaziale di riferimento per le analisi di tipo idrologico ed idraulico (Nedkov et al., 2012; Nedkov et al., 2015).

Almeno per quel che concerne la delimitazione degli spartiacque dei bacini superficiali, che possono non coincidere con quelli idrogeologici e con quelli fognari, alla tradizionale pratica manuale di analisi e tracciamento dei limiti di bacino e della rete idrografica nell’area sottesa alla sezione di chiusura che lo definisce, possono accoppiarsi approcci più sofisticati, tra cui le funzioni di analisi idrologica messe a disposizione dai software GIS. Tali funzioni permettono di modellare il movimento dei flussi d’acqua sopra una superficie a partire da un modello di elevazione digitale del terreno (DEM-digital elevation model) e di ricavare le linee spartiacque di delimitazione dei bacini imbriferi.

Infine, la definizione della metodologia non può prescindere dall’analisi probabilistica delle piogge, effettuata secondo la comune pratica ingegneristica volta, cioè, alla determinazione delle curve di probabilità pluviometrica (CPP - relazioni tra altezze e durata di pioggia per fissati tempi di ritorno Tr ) da assumere per tutto il territorio considerato omogeneo quando, ovviamente, non già disponibili come dato di partenza. Alla determinazione delle CPP, utilizzando come dati i valori massimi annuali delle altezze di pioggia registrate in intervalli di 1, 3, e 6 ore, si aggiunge l’estrapolazione delle curve per i valori di altezze di pioggia negli intervalli inferiori all’ora, adottando la metodologia proposta da Hershfield & Engman (1981) per l’analisi delle piogge intense.

4.4 L’approccio modellistico a supporto della disciplina

Nel momento in cui le istanze di corretta gestione e di tutela delle risorse naturali entrano nell’orizzonte di attesa della pianificazione territoriale a tutti i livelli, emerge la questione su come rappresentare la realtà e sulla base di quali modelli la pianificazione debba fondare le giustificazioni alle proprie decisioni. E’ vero, però, che i modelli della pianificazione che sono tendenzialmente votati a prevedere utilmente gli effetti delle scelte spaziali sugli equilibri del territorio, si reggono a loro volta sui modelli di ricerca, tipicamente orientati a descrivere i fenomeni fisici in senso stretto. I modelli servono se ed in quanto aiutano a porre la razionalità alla base delle decisioni e delle scelte di Piano che producono e modificano la realtà in un modo che è inevitabilmente soggettivo, ma anche basato su di un giudizio razionale rispetto alla soluzione di problemi che, per poter essere affrontati

| Pag.

68

con politiche e tecnologie appropriate, occorre siano ben formulati (Pistocchi, 2002).

Se, fino a poco tempo fa, l’urbanista si era avvalso di analisi “esterne” per validare ex-post o al massimo correggere alcuni scenari di piano, oggi ci si aspetta che la pianificazione, servendosi dei molti strumenti di valutazione quantitativa a disposizione, entri nel dettaglio di come la modellistica previsionale e lo studio quantitativo legato alla gestione delle risorse naturali possano diventare euristica integrata alla prassi progettuale, accompagnando la pianificazione ai livelli opportuni. Oggi, la conoscenza è quasi sempre avvicinabile tramite l’impiego di mezzi modellistici ma resta aperta la questione su quali siano le modalità più giuste per mettere questa conoscenza a servizio della razionalità del Piano, come risulta evidente dalle difficoltà di diffondere opportuni sistemi di supporto alle decisioni nella pratica della pianificazione e trovare il dialogo tra il livello della ricerca scientifica e quello della prassi progettuale (Pistocchi, 2002). Quindi, accanto alla scelta del modello più appropriato per risolvere un certo problema di previsione, si pone il più annoso problema di produrre, attraverso la simulazione della realtà, informazioni e classificazioni “a valore aggiunto” che contengano o consentano un giudizio sul territorio, utile alla definizione di scelte spaziali che intervengano a modificare specifiche situazioni, come quelle di rischio. In tal senso, l’esito più significativo cui può farsi utilmente riferimento è la produzione di mappature, carte a valore conoscitivo aggiunto derivato da un assemblaggio consapevole di informazioni, tra cui quelle ambientali, elaborate dai risultati sotto forma di immagini sintetiche. Costituiscono, infatti, una classe eterogenea e interdisciplinare non soltanto limitata ad una rappresentazione tematica del territorio ma, derivando da valutazioni qualitative e quantitative di fenomeni specifici dei luoghi, che risulta realmente orientata al supporto di scelte strategiche e decisionali e concretamente integrabile nel processo di pianificazione.

E’ il caso delle mappe di allagamento, che servono variamente a pianificatori e attori locali per caratterizzare il territorio in funzione del rischio (Kluck, 2010) e ricavarne non soltanto indirizzi vincolistici, ma strategie differenziate e quanto più flessibili rispetto alle realtà locali, fornendo indirizzi per le scelte politiche ma anche aprendo alla collettività i canali di accesso alle informazioni ed alla più facile condivisione delle stesse (Environment Agency, 2003).

Emerge con chiarezza, allora, che il ricorso ai modelli per descrivere la realtà di fenomeni territoriali, soprattutto nel dominio delle questioni ambientali, può arricchire il processo di pianificazione del territorio nel suo complesso: nella fase di conoscenza, essendo strumenti per loro natura di tipo analitico; nella fase di valutazione e interpretazione del territorio, rendendo accessibili contenuti specialistici a professionisti di varie afferenze disciplinari e favorendone la diffusione e lo scambio; nella fase operativa di tipo decisionale e progettuale, indirizzando le scelte strategiche di trasformazione urbana.

In generale, poi, le valutazioni derivano da dati, indicatori e indici, eterogenei in termini di significato, scala e natura, che possono essere combinati per incoraggiare una struttura dell’informazione utile a misurare

alcune performance delle aree urbane, ma anche a valutare diverse possibili azioni di mitigazione ed adattamento, studiandone le priorità con riferimento a diverse aree nelle città (Berggren, 2008)

A loro volta, gli indicatori possono assolvere a numerose funzioni, aiutando ad intraprendere decisioni e azioni più efficaci semplificando, chiarendo ed aggregando informazioni disponibili ai pianificatori ed ai policy

makers; permettendo di inglobare la conoscenza di fenomeni fisici e sociali

nei processi decisionali ed incoraggiando la diffusione di tecnologie nell’ottica di calibrare il progresso verso obiettivi di resilienza e sviluppo sostenibile; rappresentando un utile strumento per comunicare idee, scambiare riflessioni e costruire gerarchie valoriali (UN,2007).

La Figura 4.1 mostra le relazioni che intercorrono tra modello ed uso di indicatori e le colloca nel quadro generale di impostazione della ricerca. L’input per le simulazioni effettuate tramite l’uso del modello sono i dati climatici, mentre i dati ricavati dalle analisi urbanistiche (in particolare quella di uso e copertura dei suoli) sono considerati costanti in prima battuta (simulazioni degli “scenari zero” o scenari dello stato di fatto) per variare poi secondo le necessità di costruzione degli scenari progettuali (simulazione degli scenari di trasformazione urbana secondo le previsioni di Piano/indirizzo (A) o di integrazione delle misure SuDS/indirizzo (B)). I risultati delle simulazioni possono combinarsi in indicatori che ne permettono l’interpretazione rispetto le domande di ricerca poste (valutazione del livello di compatibilità idraulica delle trasformazioni urbane/ indirizzo (A) o valutazione della variazione di aspetti di resilienza specifica/ indirizzo (B)). In questo modo, si ricavano suggerimenti strategici dalla definizione di misure di mitigazione e adattamento simulate attraverso l’uso di modelli (analisi di scenario) e valutate servendosi degli indicatori, per operare opportuni confronti (Berggren, 2008).

| Pag.

70

Va detto che gli scopi della ricerca esulano dal tentativo di entrare nel dettaglio delle modalità di costruzione di sistemi di supporto alle decisioni che integrino opportunamente gli strumenti modellistici e le varie forme di rappresentazione dei loro risultati. Piuttosto, ne delineano la struttura portante specificando i tre componenti essenziali (Geertman & Stillwell, 2004):

i)il tema-sfida per la pianificazione e i problemi ad esso connessi (valutare la resilienza specifica di sistemi urbani agli allagamenti e come intervenire sulle trasformazioni urbane, tenendo in debito conto una gestione sostenibile del drenaggio urbano);

ii)i modelli di rappresentazione del sistema urbano e le possibilità informative offerte dai risultati (uso del software di modellazione per le trasformazioni afflussi-deflussi e analisi dei risultati attraverso l’uso di semplici indicatori);

iii)la trasformazione dei risultati in informazioni utili alle scelte di pianificazione e al processo di Piano attraverso l’analisi, la previsione e la prescrizione (uso dell’indicazioni dell’analisi scientifica per produrre indirizzi, norme e vincoli di piano, dalle modalità di applicazione del principio di invarianza idraulica alle trasformazioni territoriali e all’integrazione di queste con misure di mitigazione e adattamento, prime fra tutte i SuDS).

Restano riflessioni volutamente non affrontate le questioni relative a quale sia l’uso che dovrebbe farsi del modello e del sistema di supporto alle decisioni in termini politici e come base di discussione e di governo dei conflitti (Pistocchi, 2002).

Figura 4.1|Relazioni interne alla struttura della ricerca tra modelli di simulazione, ambiente di valutazione e possibilità di esplorazione di scenari progettuali per la mitigazione e l’adattamento (adattata da:Berggren, 2008)

4.4.1 Il modello EPA SWMM

Nella prima parte di questa ricerca e più in alto in questo stesso capitolo, si è discussa la convenienza di adottare modelli di simulazione del sistema urbano oggetto di studio e dei processi che lo interessano al fine di analizzare la sua reazione alle sollecitazioni esterne.

In particolare, lo scopo dei modelli di trasformazione afflussi-deflussi è, come ci insegnano gli studi accademico-disciplinari, quello di consentire il calcolo delle caratteristiche più importanti delle onde di piena (portata al colmo, volume totale della piena, forma dell’idrogramma), a partire da precipitazioni estreme statisticamente significative (cfr.4.2) (Becciu & Paoletti, 2010).

Gli scopi e la scala di analisi, di volta in volta, comportano ai fini delle valutazioni, il ricorso ad approcci più o meno semplificati ed un uso di

Documenti correlati