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LE ADDICIONS ALLE ORDENACIÓNS DE LA CORT

Le Ordenacións de la Cort di Pietro IV, la cui risonanza è testimoniata dalle numerose copie pervenuteci, ebbero piena validità giuridica e applicazione per due secoli, rimanendo in vigore fino al regno di Ferdinando II il Cattolico il Cattolico (1479-1516) e sino alla creazione, agli inizi del XVI secolo, dei Consigli di Castiglia, d’Aragona e delle Indie151.

La popolarità e il prestigio delle Ordenacións de la Cort di Pietro IV durò ancora per molto tempo. Nel 1559 il principe Carlo delle Asturie, figlio di Filippo II re di Spagna (1556-1598), per poterle capire e apprezzare meglio, ordinava che venissero tradotte in castigliano e affidava questo incarico al protonotaio del Regno Michele Clemente. Tre anni dopo il Clemente inviava al principe l’opera tradotta, accompagnandola con una lettera ed unendo ad essa il testo delle Ordenacións sul quale aveva tradotto la versione dal catalano al castigliano152.

151 Per un inquadramento storico generale del periodo di questo sovrano si veda OLIVA

A.M.-SCHENA O., La Sardegna e il Mediterraneo all’epoca di Ferdinando il Cattolico, in

«Acta curiarum Regni Sardinie», I Parlamenti dei viceré Giovanni Dusay e Ferdinando

Girón de Rebolledo, Cagliari 1998, pp. 38-52. Sull’unificazione nazionale spagnola cfr.

FROSIO M.L., La Spagna potenza mondiale. L’età dei re Cattolici, Milano 1980. ELLIOT J.H,

La Spagna imperiale 1469-1776, Bologna 1982. HILLGARTH J.N., Los reyes católicos 1474-

1516, in Los reinos hispánicos, voll. III, 3, Barcelona-Buenos Aires-México 1984. PÉREZ J.,

Isabel y Fernando. Los reyes Católicos, Madrid 1988. ESTEBAN E.S., Del Mediterráneo de la

Corona de Aragón al Atlántico de la monarquía hispánica, La Mediterrània de la

Corona d’Aragó, segles XIII-XVI, VII Centenari de la sentència arbitral de Torrellas, 1304- 2004, XVIII Congrés d’Història de la Corona d’Aragó, (València, 9-14 setembre 2004), II voll., I, València 2005, pp. 43-64.

152 CARRERAS Y CANDI F., Ordenanzas para la Casa y Corte de los reys de Aragón (siglos XIII-XIV), in «Cultura Española», 1906, II, pp. 327-338.

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Nel corso degli anni Le Ordenacións de la Cort subirono delle modifiche e al primitivo corpus di ordinamenti del 1344153 si aggiunsero le cosiddette Additiones o Addicions, nuove disposizioni dirette agli ufficiali dei servizi palatini, facenti capo al maggiordomo, al camerlengo, al cancelliere e al maestro razionale. Questi uffici, che erano già stati compiutamente regolamentati nelle Ordenacións de la Cort, subirono nelle Addicions alcuni mutamenti e ampliamenti154 che andarono ad integrare e completare le primitive disposizioni.

Le Addicions talvolta dispongono qualche variante nel numero degli ufficiali assunti a Corte per lo svolgimento di un determinato servizio, oppure si delineano come liste di salari, liste di assegnazione delle candele, prescrizioni inerenti al vestiario degli ufficiali o norme sull’equipaggiamento che erano tenuti ad avere sia i cavalli che i cavalieri.

Altre disposizioni legislative ci documentano compiutamente sulla creazione di nuovi uffici, come quella del protonotaio guardasigilli istituito nel 1355155, che sostituiva il notaio tinent los segells o quella che regolamentava le mansioni del luogotenente del protonotaio156.

Più spesso le Addicions sono delle vere e proprie ordinanze che regolavano i compiti degli ufficiali che operavano nel Palacium regio e per i quali le circostanze rendevano necessaria una nuova normativa.

153 Le Ordenacions emanate nel 1344, incominciarono ad avere applicazione pratica e

a diventare un codice legislativo di uso “corrente” solo dopo il 1356, cfr. SCHENA O., Le

“Leges Palatinae” di Giacomo III di Maiorca alla corte di Pietro IV d’Aragona. Il manoscritto 959 (olim D 158) della Biblioteca Nacional di Madrid, in “Der Sache dienlich gemäß dem Stande passend”. Zeremoniel und symbolische KommuniKation in der Handschrift der “Leges Palatinae”, (Trier, 10-12 ottobre 2008), in corso di stampa. Cfr.

CARRERAS Y CANDI F., Ordenanzas, para la Casa y Corte de los reyes de Aragón, in

«Cultura Española», Madrid 1906, II.

154 L’ufficio degli uscieri e portieri fu, sin dai primi anni dopo l’emanazione delle Ordenacions de la Cort, oggetto di svariate modifiche e ampliamenti.

155 Cfr. CASULA F.C., Il documento regio cit., p.23. SCHENA O., Le leggi palatine cit., p. 36. 156 La prima attestazione di questo ufficiale si trova nel capitolo Declaració e satisfacció de scrivans e capellans emanato a Montsó, 15 marzo 1362.

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Nel 1351 con l’Ordenació feta sobre los lits que són tenguts de dar les Aljames als officials de Casa del senyor rey157, furono definite alcune

disposizioni atte a regolamentare e rendere più agevoli i viaggi effettuati dal sovrano, il quale in tali occasioni era immancabilmente accompagnato dal suo seguito158.

Nel 1353 vennero promulgate a Valenza due nuove disposizioni relative alla cerimonia per l’incoronazione e la consacrazione dei reali d’Aragona. Con tali disposizioni il sovrano modificava ufficialmente la procedura dell’importante cerimonia conferendole un profondo significato simbolico: il re in persona doveva prendere e porre sul proprio capo la corona, senza che nessuno, né arcivescovo, né principe, né alcun altro, potesse intervenire. In questo modo Pietro IV voleva ribadire come il sovrano venisse investito del potere temporale direttamente da Dio, senza l’aiuto di nessun intermediario, quale voleva essere la Chiesa159. Inoltre, sempre il re in persona doveva porre la corona sul capo della regina e consegnarle lo scettro e la sfera, simboli della regalità. Il potere temporale pertanto rimaneva nettamente distinto dal

157 Le Aljames, le comunità ebraiche, erano tenute a mettere a disposizione degli

ufficiali un certo numero di letti.

158 La Corte era itinerante e si spostava da un luogo all’altro del territorio della Corona

al seguito del suo re. Lo scopo di questi spostamenti era quello di controllare direttamente lo stato economico, politico e giuridico dei regni della Confederazione e di avere un contatto diretto con i sudditi; in questo modo il sovrano poteva verificare personalmente la situazione interna di ciascun regno. Il corteo percorreva, dunque, il territorio della Catalogna e del Valenzano a cavallo, sui carri, a piedi o sui muli, e nella capitale di ciascun regno, c’era un palazzo regio che ospitava il re e il suo folto seguito; cfr. SCHENA O., Le leggi palatine cit., p. 181. SCHENA O., “Le Leges Palatinae” di

Giacomo III di Maiorca alla Corte di Pietro IV d’Aragona cit.

Notizie sulla Corte itinerante in Sardegna si trovano in D’ARIENZO L., La Cancelleria di

Pietro IV d’Aragona nell’assedio di Alghero del 1354, in «Archivio Storico Sardo», vo.

XXXII, 1981, pp. 144-145; MELONI G., Genova e Aragona all'epoca di Pietro il

Cerimonioso, vol. II, (1355-1360), Padova 1976.

159 PALACIOS MARTIN B., La Coronación de los reyes de Aragón (1204-1410), València

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potere spirituale ed il sovrano, per volontà di Dio, veniva ad incarnare il potere assoluto160.

Espressione della volontà sovrana di Pietro IV è la Ordenaciò publica de tot en tot servadora, dedicata alla titolazione che spettava alle persone di diverso rango e alla loro posizione a Corte. Secondo gli ordini impartiti dal sovrano, solamente un’esigua schiera di persone poteva indossare indumenti pregiati come le pellicce, rigorosamente bianche e grigie, e abiti di seta intessuti con filamenti d’oro e d’argento: tra questi privilegiati figurano i cavalieri, i chierici, i cittadini onorati, il vicecancelliere, il maestro razionale, il tesoriere, lo scrivano dei conti, il protonotaio tinent los segells, i consiglieri di alta estrazione, il tesoriere ed il notaio che aveva in consegna i sigilli della regina.

A Valenza, nel 1369161, venne emanata l’Ordenació de offici de senescalia che contiene una serie di prescrizioni che descrivono le innumerevoli mansioni svolte dal senescalco, il quale operava nell’ambito prettamente militare.

Spettava al senescalco, accompagnato dagli ufficiali giudiziari e dallo scrivano dei conti, effettuare la valutazione dei cavalli prima del viaggio, scegliere il luogo in cui l’esercito doveva sostare e accamparsi quanto più vicino possibile alla tenda del re.

Quando il sovrano decideva di combattere in campo, egli era tenuto ad uscire per primo dalle file e a rimanere, in ogni caso, in prima linea.

160 Le due ordinanza sono state trascritte e studiate nell’opera recentemente

pubblicata da GIMENO BLAY F.M.-GOZALBO D.-TRENCHS ODENA J., Ordenacions de la Casa i

Cort de Pere el Cerimonios, València 2009.

161 Nel 1368 Pietro IV organizzò una spedizione militare in Sardegna, contro Mariano IV

d’Arborea, al comando di Pietro Martínez de Luna. Il Martínez sbarcato a Castel di Cagliari si diresse subito contro Oristano. L’assedio durò poche settimane, perché in aiuto di Mariano IV arrivò Ugone che impegnò l’esercito catalano-aragonese nei pressi di S’Anna, mentre Mariano IV, attaccava i nemici alle spalle. Per l’esercito catalano- aragonese fu una totale sconfitta; lo stesso de Luna morì in battaglia. Cfr. CASULA F.C.,

La Sardegna aragonese cit., pp.376-378. SCHENA O., Le leggi palatine cit., p. 19. MELONI

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Seguono alcune ordinanze concernenti l’ufficio del conestabile; quest’incarico, attinente anch’esso alla sfera militare, era destinato al figlio del re, il quale doveva necessariamente essere insignito del titolo di cavaliere.

Il sovrano stabilì anche di conformare la senescalia di Catalogna162 al suddetto ufficio e pertanto l’ufficio di senescalco sarà d’ora in avanti chiamato ufficio di conestabile.

Nell’ordinanza vengono enumerati una molteplicità di compiti pertinenti al conestabile, che analogamente al senescalco operava nell’ambito militare; doveva individuare il luogo adatto per la raccolta e la sosta della compagnie, offrire ponderati consigli al re; inoltre, era suo preciso dovere visionare personalmente tutte le compagnie, sia dei cavalieri che dei fanti.

Quando il conestabile entrava in territorio nemico, doveva avvalersi dell’aiuto di guide163; provvedere all’allestimento della guardia addetta alla sorveglianza dell’accampamento e infliggere esemplari punizioni a coloro che senza sua autorizzazione se ne allontanavano; in nessun caso al conestabile era permesso allontanarsi dall’esercito.

Quando veniva occupato un luogo nemico, il re comunicava all’ufficiale in questione se esso doveva essere distrutto o semplicemente presidiato. Nella prima ipotesi, alcuni uomini erano incaricati di distruggere e appiccare fuoco, mentre nel secondo caso il conestabile designava le compagnie che dovevano restare nel luogo e ordinava i

162 Il Catalogna operava fino a quel momento un funzionario chiamato “senescalc de

Catalunya”, il quale era anche il maggiordomo del regno di Valenza e ciò sin dai tempi di Pietro II il Grande; cfr. SCHENA O., Le leggi palatine cit., p. 24;CARRERAS Y CANDI

F.,Redreç de la reyal Casa cit..

163 Il termine catalano è “adalits”, esperti conoscitori di una determinata zona e

andavano insieme agli eserciti per mostrare loro il cammino o per segnalare la presenza del nemico; cfr. Diccionari català-valencià-balear, di A.M. ALCOVER I F. DE B. MOLL, in formato elettronico consultabile sul sito http://dcvb.iecat.net/ (d’ora in poi

44 rifornimenti di viveri e armi.

Altre aggiunte e correzioni completano l’opera legislativa di Pietro IV relative alle Ordinanze di corte.

Alla morte di Pietro IV succedette al trono il figlio Giovanni I il Cacciatore (1387-1396), il quale nel 1388 emanò tre nuove ordinanze.

Le disposizioni contenute nell’Ordenació feta per lo senyor rey don Joan en qual manera los officials de sa Casa deven viure e honestament conversar en aquella erano rivolte a tutti coloro che frequentavano abitualmente la Casa reale, affinché evitassero gli ambienti degradati e malsani della prostituzione164. Coloro che non ottemperavano alla proibizione imposta dal re venivano cancellati dal registro degli stipendi e cacciati dalla Corte.

Le “fembres publiques” erano obbligate a riferire i nominativi delle persone che, malgrado il veto, perseveravano nella frequentazione di “certi ambienti”; se trasgredivano, venivano perseguitate e ridotte in esilio, mentre chi dirigeva le case di tolleranza se la cavava semplicemente con il pagamento di una penale di diecimila soldi.

L'emendamento Que no sia fet compte a officials de Casa del senyor rey qui tingua offici reyal local è indirizzato agli ufficiali che detenevano un ufficio regio locale e stabiliva che non venisse loro pagato lo stipendio della Casa reale qualora il reddito proveniente dall’incarico svolto fosse superiore.

L’ultima ordinanza, Ordenació feta per lo dit senyor rey sobre la prioritat dels officials de sa Casa, disponeva che la priorità dei funzionari di Corte

164 Il sovrano adduceva come motivazione il dovere all’osservanza di un modello

irreprensibile di comportamento e di una morale degni della maestà reale; egli non poteva consentire che lo stile di vita dei suoi dipendenti andasse ad intaccare e affievolire il prestigio della sua Corte, rinomata per i ricevimenti, i balli, i concerti e le battute di caccia.Cfr. TASIS R., Joan I, el rey caçador i music, Barcelona 1959; TASIS- MARCA R., Pere el Cerimonios i els seus fills, Barcelona 1957, pp. 174-176.

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fosse stabilita in rapporto agli anni di servizio prestati e non sulla base dell’ordine dei nominativi contenuti nella “carta dei conti”.

La Pragmatica que—l senyor rey don Joan stant duch feu en la Cort de la declaració per lo rey en Pere pare seu ab sa letra a ell feta sobre la prioritat dels officis de sa Casa trova riscontro in una lettera che Pietro IV inviò allo stesso Giovanni I quando ancora era duca. La missiva contiene una Declaració del Cerimonioso circa le modalità di assunzione degli ufficiali palatini, le quali dovevano avvenire tenendo conto dell’anzianità di servizio. Giovanni I riprese quindi il tema trattato del genitore nella lettera regia, limitandosi ad aggiungere come tocco personale la parabola evangelica delle “vergini savie e delle vergini stolte”165, dalla quale dovevano trarre esempio i dipendenti.

Giovanni I nelle sue ordinanze non affrontò il tema della caccia, sua grande passione, per la quale gli fu giustamente attribuito il titolo di “Cacciatore” dopo la sua tragica morte conseguenza di un incidente di caccia o più verosimilmente di un attentato alla sua persona per una congiura di Corte. L’argomento fu invece trattato sia da suo padre Pietro IV166che da suo fratello Martino il Vecchio (1396-1410) che gli succedette al trono.

A differenza di Pietro IV, che modificò alcune sue ordinanze secondo la necessità, Martino I suddivise coerentemente le sue Addicions in conformità al genere degli argomenti discussi.

Una prima serie di disposizioni è dedicata agli emolumenti dovuti agli ufficiali della Corte, dipendenti dai quattro grandi funzionari: il maggiordomo, il camerlengo, il cancelliere e il maestro razionale.

In linea di massima le Addicions di Martino il Vecchio mettono in luce,

165 Dal Vangelo secondo Matteo, cap. 25.

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rispetto al passato, la grande superiorità numerica dei funzionari presenti a Corte: questo monarca infatti decretò la creazione di alcuni ruoli non previsti dalle ordinanze dei sovrani che lo precedettero. Benché non vi sia nessun esplicito accenno ai doveri e alle competenze di ciascun nuovo ufficiale, in quanto essi sono citati esclusivamente nelle liste degli stipendi, i loro compiti sono facilmente deducibili attraverso il significato stesso della loro denominazione: cosicché è chiaramente intuibile l’attività svolta dal calzolaio, dal pellicciaio, dal trombettiere, dall’impastatore e dal procuratore dei poveri.

Un secondo gruppo di Addicions trattano dell’organizzazione della Cappella e delle cerimonie che in essa venivano celebrate.

Gli emendamenti relativi agli ordinamenti della Cappella palatina possiedono un’interessante peculiarità: essi non furono emessi da Martino I, bensì dai cappellani stessi, che però necessitavano dell’imprescindibile consenso del sovrano per poterli mettere per iscritto. Questa procedura trova facilmente una spiegazione: era infatti consuetudine, durante la celebrazione della messa, elargire delle offerte pecuniarie, calcolate sulla base del reddito degli appartenenti alle diverse fasce sociali. Sorsero tuttavia parecchi dubbi, che poterono essere soddisfatti grazie all’interessamento dei cappellani. Pertanto vennero stabilite varie tariffe, il cui importo differiva anche a seconda del prestigio dell’officiante; si illustrò il modo in cui le offerte dovevano essere spartite tra il personale della Cappella167 e si stabilirono somme diverse in relazione al tipo di cerimonia celebrata168.

Un terzo gruppo comprende diverse norme relative agli scrivani di mandamento: Martino I dopo aver sancito l’istituzione di ben diciotto

167 Si tratta di Ordenacions faents per los capellans e capella de la Casa del senyor rey. 168 Si tratta dell’Ordenació feta per lo senyor rei sobre los drets de la dita capella;

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scrivani di mandamento regola le norme dell’ufficio.

La quarta parte delle Addicions, oltre a chiarire le mansioni proprie degli ufficiali giudiziari e dei giudici, esponeva tre nuove prescrizioni da rispettare in materia di carcerazione. Un primo decreto imponeva l’impossibilità a procedere nell’azione di annullamento di un arresto o di una condanna se non fossero stati presenti il tesoriere e l’avvocato fiscale.

In base alla seconda norma i prigionieri potevano eventualmente essere ricondotti in libertà solamente previa autorizzazione del re o del Consiglio regio.

Infine, la terza direttiva disponeva che lo scrivano dell’ufficiale giudiziario curasse un registro riportante il numero delle presenze attestate nel carcere. In più, il patrocinio per i più poveri era completamente gratuito, ma la loro effettiva condizione doveva essere inconfutabilmente appurata e confermata tramite testimoni.

Vi è però un parte che sembra prescindere dal principio di suddivisione precedentemente accennato: si tratta dell’Ordenació feta per lo dit senyor rey en favor d’aquells officials qui passaren el serviren in Sicilia dove vengono presi in considerazione gli ufficiali che furono impegnati nell’opera di occupazione e conquista della Sicilia169. Il sovrano, viste e apprezzate le indiscutibili doti di virtù e coraggio caratterizzanti queste

169 Cfr. BOSCOLO A., La politica italiana di Martino il Vecchio, Padova 1963.

Nel 1392 Martino era riuscito a rimettere sul trono di Sicilia la nuora Maria, erede di Federico IV il Semplice, sposata con il figlio Martino il Giovane, suo unico successore al trono. Quando il futuro monarca della Confederazione catalano-aragonese, giunse nella città di Trapani in compagnia della coppia reale, trovò una situazione non proprio favorevole: dovette infatti fronteggiare l’opposizione della nobiltà locale, tutt’altro che lieta di vedere salire al trono i due giovani sposi. Ad un periodo di calma subentrarono ben presto gli atti di rivolta e le lotte civili. Ma con la morte di Giovanni I e l’avvento al potere di Martino I, la situazione iniziò a mutare: il nuovo sovrano riuscì in poco tempo a riportare la pace nell’isola e, prima di partire per la Spagna, procedette alla nomina del Consiglio di reggenza al quale affidò il compito di curare gli interessi del giovane re suo figlio; cfr. CASULA F.C., La Storia di Sardegna, Sassari 1994, p. 430.

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persone, desiderò che essi ottenessero per primi l’iscrizione negli uffici ad essi pertinenti; ciò a discapito delle persone rimaste a Corte, le quali avevano avuto modo di collocare il loro nominativo tra i primi iscritti.

Ferdinando I di Antequera (1412-1416), succeduto al trono a Martino I dopo due anni di interregno, precisò che molte delle Addicions promulgate non avevano valenza di dictatum legislativo, ma si configuravano piuttosto come consuetudini già assimilate e consolidate all’interno della Corte.

Sono da ritenersi alla stregua di vere e proprie ordinanze i capitoli che dissertano sul tema dei doveri religiosi degli ufficiali e la disposizione del 10 agosto 1414 sull’ufficio di mostaçaf, cioè il dipendente addetto al controllo dei pesi e delle misure.

Attraverso “l’Estil de la Cort”, più volte menzionato nelle direttive di Ferdinando I, vennero regolamentati tutti gli affari della Corte.

Spiccano in maniera particolare i capitoli che trattavano dell’equipaggiamento e dei prezzi di trasporto delle navi da guerra: tali costi venivano determinati tenendo conto di due parametri essenziali, cioè la capacità effettiva di ogni nave e il contingente di marinai che a bordo di esse sbrigavano le loro mansioni.

Il sovrano stabilì, altresì, che gli averi degli ufficiali ridotti in prigionia fossero divisi tra gli altri ufficiali. Tale spartizione era consentita solo in due sfortunate circostanze, ossia nell’eventualità che i prigionieri non ottenessero il rilascio da parte dei loro nemici, oppure se non fossero liberati dai loro stessi compagni d’arme entro un giorno.

Per quanto riguarda il comportamento da adottare in occasione dell’occupazione di città nemiche, il re proibì categoricamente la

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