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norma, si pone una parziale deroga alla disciplina generale in tema di offerta al pubblico, tipizzando la fattispecie dell’offerta realizzata attraverso portali d

equity crowdfunding. A completare il quadro, l’art. 30 d.l. 179/2012 inserisce due

nuovi commi all’art. 1 t.u.f., rispettivamente il comma 5 -novies, recante la

definizione di “portale per la raccolta di capitali per le start-up innovative”, e il

comma 5 -decies, sulla definizione di “start-up innovativa”

182

.

Infatti, in origine la disciplina dell’equity crowdfunding italiana, a differenza di

quella d’oltreoceano, ha carattere elitario: destinataria è la sola start-up innovativa

183

.

179 Esprime perplessità sulla tecnica legislativa VISENTINI, Appunti sulle nuove regole per il finanziamento delle P.M.I. e start up innovative, in Regole e mercato, a cura di Rispoli Farina,

Sciarrone Alibrandi e Tonelli, Torino, 2017, II, pp. 274 ss.

180 Secondo Annunziata la norma è “ambiguamente collocata” nel Titolo III, relativo alla disciplina

dell’attività di gestione del risparmio collettivo, mentre sarebbe stata corretta una sua collocazione prossima all’art 22 t.u.f., relativo all’attività di ricezione e trasmissione di ordini, rispetto alla quale sono applicabili le condizioni di esenzione facoltativa alla mifid: cfr. ANNUNZIATA, La disciplina

del mercato mobiliare9, Torino, 2017, p. 22.

181 Secondo un’opinione si tratta di una riserva di attività di carattere “eterogeneo”: VITALI, Equity

crowdfunding: la nuova frontiera della raccolta del capitale di rischio, in Riv. soc., 2014, p. 371.

182 Nella versione del t.u.f., aggiornata all’entrata in vigore del d.l. 179/2012, l’art. 1, co. 5 -novies,

recitava quanto segue: «per “portale per la raccolta di capitali per le start-up innovative” si intende una piattaforma online che abbia come finalità esclusiva la facilitazione della raccolta di capitale di rischio da parte delle start-up innovative, comprese le start-up a vocazione sociale»; secondo l’art. 1, co. 5 -decies: «Per “start-up innovativa” si intende la società definita dall’articolo 25, comma 2, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179».

183 «Il problema che la norma primaria vuole affrontare è costituito dalla scarsità di canali per la

raccolta di fondi da parte di soggetti imprenditoriali di nuova costituzione caratterizzati da uno specifico profilo rischio/rendimento, che incorpora un alto tasso di mortalità ma anche la possibilità di ritorni elevati in caso di successo di iniziative basate su prodotti e tecnologie

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Come si evince dalla lettura dell’art. 25 del d.l. 179/2012, «l’impresa start-up

innovativa», è «la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, di

diritto italiano ovvero una Societas Europaea, residente in Italia ai sensi

dell’articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.

917, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su

un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione […]».

Invero, non siamo alla presenza di un nuovo modello societario: quella di start up

innovativa è una qualità ulteriore ed aggiuntiva che può essere vestita da una

qualsiasi società di capitali, se «b) è costituita e svolge attività d’impresa da non

più di quarantotto mesi; c) ha la sede principale dei propri affari e interessi in

Italia; d) a partire dal secondo anno di attività della start-up innovativa, il totale

del valore della produzione annua, così come risultante dall’ultimo bilancio

approvato entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio, non è superiore a 5 milioni

di euro; e) non distribuisce, e non ha distribuito, utili; f) ha, quale oggetto sociale

esclusivo o prevalente, lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di

prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico

184

; g) non è stata costituita

innovativi»: CONSOB, Relazione sull’attività di analisi d’impatto della regolamentazione (AIR) e

sugli esiti della procedura di consultazione, 2013, 3, disponibile all’indirizzo

http://www.governo.it/sites/governo.it/files/air_telematico.pdf. Le start-up innovative sono considerate come soggetti non solvibili, c.d. unbanked. In verità, il concetto di start-up innovativa era già noto al nostro ordinamento. Infatti, nel d.m. 27 marzo 2008, n. 87, l’art. 2, co. 4, lett. l),

“Regime di aiuti in favore di ricerca, sviluppo e innovazione”, si definisce la “nuova impresa innovatrice”, ma è una definizione limitata al riconoscimento di vantaggi di carattere fiscale. Il

concetto di start-up è mutuato dalla letteratura economica, e solo con il passaggio normativo del Decreto Crescita -bis assume piena dignità di categoria giuridica. Il processo della nascita di un’idea innovativa si sostanzia nel passaggio attraverso quattro fasi differenti per “tasso di sviluppo del fatturato”, “intensità del capitale” e “capacità di autofinanziamento”, che influenzano il fabbisogno finanziario dell'impresa. La prima fase – seed – coincide con l’insogere dell’idea innovativa, ed è pertanto caratterizzata da un alto tasso di incertezza, ma il fabbisogno finanziario è limitato alle sole spese di valutazione del progetto. La seconda fase – start-up – vede l’idea innovativa presentata al mercato mediante l’avvio dell’attività d’impresa, e l’incertezza legata alla probabilità di successo comporta un aumento del fabbisogno finanziario iniziale data l’assenza di ricavi provenienti dalle vendite. La terza – early growth – è la fase di espansione. Il fabbisogno finanziario rimane elevato per mantenere o estendere la distribuzione sul mercato, ma contemporaneamente, se i dati delle vendite sono positivi, aumenta gradatamente la capacità di autofinanziamento dell’impresa. Nell’ultima fase – sustained growth – l’impresa si stabilizza sul mercato e si abbassano i profili di rischio operativo, in quanto l’attività è ormai capace di generare risorse economiche che le permettono di svincolarsi dal finanziamento esterno. Cfr. CANOVI, GRASSO e VENTURELLI, Il fabbisogno di capitale di rischio delle PMI innovative in Italia, in

Banca impr. Soc., 2007, pp. 310 ss.

184 Non è fatta chiarezza dalla Relazione al Decreto sulla portata del concetto di innovatività, non

essendovi nemmeno riferimenti utili per poterne delimitare il significato: viene precisato unicamente che l’oggetto sociale, in via prevalente o esclusiva, deve riguardare «lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti e servizi innovativi ad alto valore tecnologico».

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da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di

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