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La riuscita dei passatelli – piatto piuttosto semplice quanto agli in- gredienti e non troppo laborioso – dipende tutta dalla manualità dell’azdora, che dovrà preparare un impasto della giusta consistenza e utilizzare l’apposito strumento – e’ fër, il ferro – con mano ferma, così da ottenere cilindretti il più possibile compatti e lunghi. E’ fër è un utensile di forma rotonda e concava, con fori, dotato di due manici laterali per potere schiacciare con forza sull’impasto, fino a farne fuoriuscire i passatelli, così chiamati proprio perché passano attraverso i buchi dello strumento. Nel secondo dopoguerra l’uten- sile è stato progressivamente sostituito dallo schiacciapatate, come testimonia Luigina:

Adesso usiamo lo schiacciapatate, ma una volta usavano l’arnese apposta, e ci volevano dei bei muscoli per muoverlo sull’impasto.

Un tempo i passatelli erano la minestra delle occasioni speciali e delle feste solenni, e in particolare della Pasqua, giorno in cui erano cucinati dalla maggior parte delle famiglie di Forlimpopoli. Ce lo ricordano Adalgisa e Alda:

Mia mamma per Pasqua era abituata a fare passatelli.

I passatelli si facevano tradizionalmente per Pasqua, e anch’io oggi conti- nuo a farli per Pasqua. Cerco di rispettare la tradizione.

Ci potevano essere, oltre alla Pasqua, altre occasioni particolari in cui consumare i passatelli, che, in ogni caso, venivano preparati più spesso dei cappelletti. In casa di Giancarla, per esempio, li si cuci- nava per la Segavecchia, e in casa di Elsa a Pasqua e il primo giorno dell’anno.

Gli ingredienti fondamentali dell’impasto dei passatelli erano – e sono – il pangrattato e il parmigiano, ma la proporzione tra i due

variava notevolmente di casa in casa. Influivano i gusti personali, le tradizioni familiari e soprattutto le condizioni economiche. Dicia- mo che chi poteva faceva, salomonicamente, metà e metà. Come la mamma di Maria Grazia:

Lei faceva metà e metà; adesso usano più parmigiano e meno pangrattato, mentre lei metteva la stessa quantità di entrambi. Poi ci va anche un po’ di buccia di limone.

Nelle case dei ricchi prevaleva naturalmente il parmigiano e in quel- le dei poveri il pane. Tonina – che a Forlimpopoli venne ad abita- re ancora bambina, quando i genitori abbandonarono Meldola per strappare il fratello da una brutta compagnia, aprendogli un bar nel centro – così racconta:

I passatelli li facevamo per Pasqua con parmigiano, pangrattato, un po’ di odore di noce moscata e un po’ di limone grattugiato. Mia mamma usava un po’ più di parmigiano e un po’ meno di pane: venivano buoni! Adesso ci mettono anche la farina, ma lei non gliel’ha mai messa. Infine, per formarli, usava l’attrezzo, ché io ce l’ho ancora! Io li faccio come li faceva lei, perché sono cresciuta con mia mamma in cucina e da lei ho imparato tanto.

In casa di Sabande avveniva il contrario:

Per fare i passatelli mi sembra che mia mamma mettesse più pane che parmigiano: due terzi di pane e un terzo di parmigiano. Mia mamma, almeno, faceva così. Ah!, mia mamma metteva anche un pochino di mi- dollo, perché così venivano più teneri. Il brodo era di gallina o cappone e qualche volta anche di manzo.

Lo stesso succedeva in casa di Maria Francesca, che abitava in cam- pagna:

Io il rapporto preciso tra pane e formaggio non me lo ricordo, so però che ci mettevamo più pane che formaggio, perché la “mucchia” del pane era più grande di quella della forma.

La prevalenza del pangrattato è in genere dettata da necessità. C’è però anche chi lo fa per scelta, come Tina che, avendo sempre lavo-

rato come donna di servizio, ha cucinato sia per la sua famiglia che per quelle in cui serviva, accumulando così una solida esperienza:

Io per le dosi dei passatelli mi regolo a occhio; però non faccio metà pan- grattato e metà parmigiano, perché così vengono troppo saporiti e dopo vengono su. Io ci metto un terzo di parmigiano e due terzi di pane.

Succedeva anche che chi – come Elsa – apparteneva a una famiglia numerosa e di modeste condizioni, non volesse rinunciare, le rare volte che si preparavano i passatelli, al lusso di un po’ di parmigiano in più:

Siccome il pane era molto, molto secco, noi mettevamo un po’ più di forma rispetto al pangrattato. C’era della miseria, ma i passatelli li facevamo due o tre volte all’anno e quindi potevamo permetterci di abbondare un po’ con la forma. Mia nonna li faceva proprio buoni!

Essendo il pane raffermo il principale ingrediente dei passatelli, se li potevano permettere, seppur di rado, anche le famiglie più umili. Come quella di Adalgisa, dove c’erano ben quattordici bocche da sfamare:

Noi gli ingredienti per i passatelli li avevamo quasi tutti in casa. Ave- vamo un bel podere e qualche animale; non ci mancava niente. Il brodo lo facevamo di gallina, aggiungendo quasi sempre un po’ di carne della macelleria.

Per rendere più ricco e morbido l’impasto, le mamme di Virginia e Luigina aggiungevano midollo bovino tritato:

Per fare i passatelli in brodo occorre pangrattato, parmigiano, noce mosca- ta, uova e midollo di bue – chi poteva permetterselo! Noi li facevamo solo per le feste importanti.

Mia mamma mi ha insegnato a farli col midollo. Lei metteva nell’impasto pangrattato, un po’ di formaggio, un uovo ogni persona e circa mezz’etto di midollo comprato dal macellaio, così l’impasto veniva più morbido.

I passatelli vanno cotti e serviti in brodo di carne. La ricetta tradizio- nale non prevede alternative. Come racconta Dina:

In casa mia, per Pasqua, facevamo i passatelli cotti in un brodo di gallina e di carne della macelleria che poi mangiavamo come lesso. In molte case c’era chi il brodo lo faceva solo con la carne di gallina.

I passatelli asciutti, conditi con i sughi più fantasiosi, sono un’inno- vazione recente, nata non nelle famiglie, ma nei ristoranti. Ciò non toglie che qualche azdora, dotata di una particolare vena creativa, abbia sperimentato con successo passatelli non canonici. Come Ro- mana, originaria di Pian di Spino, che ha vissuto un’infanzia molto difficile. Nella sua famiglia, composta da diciassette persone, si pa- tiva la miseria, e quando tornò a casa suo padre, dopo un periodo di lontananza, le cose peggiorarono ulteriormente, perché era un tiranno coi familiari: lavorare, lavorare e ancora lavorare! Ma poi la vita le ha riservato parecchie soddisfazioni: è diventata infermiera e oggi, in pensione, è una delle Mariette di Casa Artusi. Ecco dunque un paio di variazioni sul tema della nostra Marietta Romana:

Adesso ti racconto i passatelli con il burro tartufato e il formaggio di fossa. Questa è una ricetta che non tutti ce l’hanno. Faccio i passatelli, li passo nel formaggio di fossa e li tiro in padella con un po’ di panna – facoltati- va – e burro tartufato. Infine ci metto il formaggio di fossa e li servo. Ci andrebbe anche altra panna, ma io non gliel’ho mai messa, perché dopo diventano troppo pesanti. Nell’impasto dei passatelli molti mettono metà pane e metà parmigiano, ma io – ti dico la verità –li preferisco con più parmigiano che pane, così sono più saporiti! E li faccio duri duri, col pane che io macino fine fine nel Bimby7 – così vengono benissimo e non si rom- pono. Ci metto anche un pugnetto di farina per renderli ancora più sodi. Niente noce moscata, niente spezie.

I passatelli li faccio anche con i fagioli. Li farò anche domani sera, ché una mia amica ha il moroso della figlia a cena e mi ha chiamata a cucinare. Allora: io cuocio i fagioli e li passo: una volta lo facevo col passino, adesso col Bimby. Poi faccio un ragù di scalogno tagliato a gnocchettini, salsa di pomodoro e olio, e passo il tutto nel Bimby, così viene ben amalgama- to. Preparo i passatelli secondo la ricetta classica e li cuocio nel brodo di fagioli, scalogno e salsa. Li cuocio in questo brodino denso e al massimo aggiungo un po’ d’acqua. Devono venire un po’ brodosi, ma non troppo, come se fossero in una cremina.