Le politiche per la famiglia
6. Un patto per il futuro
Persistono ancora oggi forti diseguaglianze nelle con-dizioni di benessere legate, oltre che al territorio, al livello di istruzione, al genere e alle generazioni. In particolare, i giovani risultano come si è detto am-piamente sfavoriti nel mercato del lavoro e in termini di benessere economico, e si trovano più frequente-mente in condizioni di povertà assoluta. Gli svantaggi delle donne rispetto al mercato del lavoro e alla quali-tà dell’occupazione sono ancora notevoli, anche in re-lazione al loro forte impegno nelle attività di cura; la conciliazione fra tempi di vita e lavoro è in questi casi più difficile e sollecita la necessità di politiche specifi-che volte a rimuovere, o quanto meno ridurre, i fatto-ri di svantaggio.
Si prospetta più che mai attuale l’affermazione, che risale a circa un trentennio fa, secondo cui “in pre-senza di una Pubblica Amministrazione che impiega gran parte delle risorse destinate alla politica sociale per sostenere i lavoratori già occupati […] resta in vita un modello italiano che si è rilevato di grande utilità per le imprese, le quali hanno potuto avvantaggiar-si di una ridotta conflittualità scaricando i costi socia-li della ristrutturazione sullo Stato e, soprattutto, sulle famiglie” (Martini 1988, 117).
Le famiglie con figli a carico restano, dunque, l’a-nello debole di un sistema che fa ricadere sulle fami-glie gran parte del costo sociale sia della formazione del capitale umano, sia dei ritardi della sua successiva valorizzazione all’interno del mondo produttivo.
Ci sono tuttavia diverse esperienze internaziona-li e alcune esperienze locainternaziona-li nel nostro Paese che di-mostrano che si può agire efficacemente per ridurre il carico sulle famiglie e contribuire a creare le condizio-ni per migliorare il benessere investendo sul futuro. Vari enti locali – per lo più a livello comunale – hanno creato delle Agenzie per la famiglia (o simili), Consul-te di associazioni familiari con reali poConsul-teri, oltre quelli puramente consultivi, ovvero altri Organismi che pro-muovono un insieme integrato e coordinato di quel-lo che è stato definito family mainstreaming come risposta ai problemi demografici. In tal senso la Pro-vincia di Bolzano può essere additata come un mo-dello fra i più interessanti. Essa ha saputo dar vita a un insieme coerente e organico di politiche orientate alla famiglia come soggetto sociale. Sono stati attua-ti intervenattua-ti di sostegno ai progetattua-ti di vita delle fami-glie in tutte le loro fasi, messe in atto misure di
conci-3 Piano nazionale sulla famiglia < https://bit.ly/conci-38p0XKy >
liazione famiglia-lavoro e di coordinamento dei tempi del territorio, incoraggiato l’associazionismo familia-re, con una serie ben mirata di strumenti organizza-tivi e finanziari. La citiamo come un esempio che, in casa nostra, indica una strada positiva verso un futu-ro possibile.
E gli effetti sembrano apprezzabili (grafico 4). Ad esempio, se si considera la fase di denatalità dell’ul-timo decennio si nota come la forte contrazione dei primi figli interessa tutte le aree del Paese, con l’uni-ca signifil’uni-cativa eccezione della provincia autonoma di Bolzano (+4,9%).
La tendenza regressiva si può dunque contrasta-re, ma per farlo occorre innanzitutto cambiare le con-dizioni di contesto entro cui maturano le scelte ripro-duttive. E occorre farlo in fretta, senza illudersi che esistano aiuti esterni e magiche soluzioni.
Se vogliamo affrontare seriamente il problema dell’insufficiente ricambio generazionale dobbiamo farlo combinando gli strumenti della politica e del-la cultura. Ad esempio, dobbiamo prendere atto che sino ad ora è stata la logica del contrasto alla povertà a dominare le scelte di politica familiare, non il
soste-gno alla natalità. Abbiamo spesso introdotto – anche per oggettive difficoltà di bilancio – soglie di reddito destinate a escludere gran parte delle famiglie da qua-lunque forma di supporto alla genitorialità. Ciò men-tre l’esperienza di altri Paesi ha chiaramente mostrato che l’unica efficace strategia di contrasto alla denata-lità è quella derivante dalla combinazione tra servizi di cura (accessibili), misure di conciliazione tra mater-nità e lavoro e interventi fiscali e di supporto econo-mico, concepiti a favore (anche) della classe media. I circa 200 mila nati in più (con una popolazione pres-soché simile alla nostra) in un Paese come la Francia o la crescita di 100 mila unità registrata in Germania nell’ultimo quinquennio – quando da noi accadeva il contrario – sono la dimostrazione che non è con sus-sidi riservati ai redditi più bassi, di importo modesto e limitati nel tempo che si raddrizzano le tendenze. Oc-corrono risorse nuove ma servono anche capacità (e fantasia) per immaginare soluzioni nuove, o semplice-mente per recuperare e valorizzare quelle indicazioni – tipo alcuni spunti del Piano nazionale sulla famiglia fermo al palo dal 2012 – che possono avviare la cura di questa nostra demografia malata3.
Fonte: Istat, 2019a
Grafico 4
Si tratta di avviare una ‘cura’ che deve partire dal riconoscimento dei giovani come soggetti sociali cui indirizzare politiche specifiche che ne soddisfino i bi-sogni e ne valorizzino il ruolo nella società. È tempo che il nostro Paese accolga i principi ispiratori delle politiche giovanili europee che fanno della partecipa-zione attiva dei giovani alle decisioni e alle attività a li-vello locale e nazionale il punto di forza per la costru-zione di società più democratiche, più solidali e più prospere. Servono politiche atte a favorire lo sviluppo del protagonismo e della cittadinanza attiva tra i gio-vani in modo che abbiano i mezzi e la possibilità per poter intervenire attivamente nelle decisioni, per in-fluenzarle e impegnarsi in attività e iniziative che pos-sano contribuire alla costruzione di una società mi-gliore e al benessere dei territori.
In tal senso gli enti locali possono avere un ruolo di primo piano nella promozione delle politiche giova-nili, contribuendo ad accompagnare i giovani nel per-corso di istruzione e formazione e verso l’autonomia e l’indipendenza. Occorrerà per questo creare un am-biente culturale rispettoso dei giovani in cui valorizza-re le loro energie e le loro aspirazioni al cambiamento, coniugandole con le esigenze dei territori, che vanno resi attrattivi e fonte di opportunità per le nuove ge-nerazioni. Solo così si potrà pensare al futuro in positi-vo e limitare le conseguenze demografiche dell’invec-chiamento e dello spopolamento che già colpiscono e condizionano la qualità della vita in molte significati-ve realtà del nostro Paese.
Bibliografia
Blangiardo G.C. (1984), L’evoluzione delle famiglie italiane negli ultimi trent’anni alla luce dei dati di censimento, in Donati P., Scabini E. (a cura di), Le trasformazioni della famiglia italiana, Studi interdisciplinari sulla famiglia n.3, Milano, Vita e Pensiero, pp.15-35
Buzzi C., Cavalli A., De Lillo A. (a cura di) (2007), Rapporto giovani. Sesta indagine dell’Istituto IARD sulla condizione
giova-nile in Italia, Bologna, Il Mulino
Cavalli A., Galland O. (1993), L’allongement de la jeunesse, Arles, Hubert Nissen
Fraboni R., Rosina A. (2018), Transizione alla vita adulta: cambiamenti e persistenze del rapporto genitori-figli, in Marta E., Regalia C. (a cura di), Giovani in transizione e padri di famiglia, Milano, Vita e Pensiero, pp.55-80
Istat (2019a), Natalità e fecondità della popolazione residente, Roma, Istat < https://bit.ly/36lEZq5 > Istat (2019b), Rapporto annuale 2019. La situazione del Paese, Roma, Istat < https://bit.ly/2E1U2t5 > Istat (2018), Il Futuro demografico del Paese, Roma, Istat < https://bit.ly/359AyOX >
Istat (2014), Generazioni a confronto. Come cambiano i percorsi verso la vita adulta, Roma, Istat < https://bit.ly/2sgxFgw > Martini M. (1988), I giovani e il lavoro: la specificità del caso italiano, Studi interdisciplinari sulla famiglia n.7, Milano, Vita
e Pensiero
Scabini E. (1995), Psicologia sociale della famiglia, Torino, Bollati Boringhieri
Gian Carlo Blangiardo
Professore Ordinario di Demografia dal 1994. Ha insegnato presso l’Università degli Studi di Milano e di Milano Bi-cocca dove ha svolto, per più mandati, il ruolo di Direttore del Dipartimento di Statistica. Ha collaborato a numerose Commissioni e gruppi di lavoro in ambito ministeriale e regionale su temi di carattere socio-demografico ed è stato membro della delegazione italiana alla Conferenza internazionale sulla Popolazione organizzata dalle Nazioni Unite a Città del Messico nel 1984 e al Cairo nel 1994. Dal febbraio del 2019 è Presidente dell’Istituto nazionale di Statistica.
1. Introduzione
La crescente diseguaglianza di reddito e ricchezza, in-dividuale e famigliare, verificabile nei Paesi occiden-tali, così come il progressivo invecchiamento della popolazione sono temi che negli ultimi anni hanno at-tirato l’attenzione degli studiosi e dei policy maker. Ne è seguito un ricco dibattito sulle politiche pubbliche, e sulle riforme del welfare, prevalentemente concen-trato sugli effetti delle trasformazioni avvenute nel mercato del lavoro, e quindi su misure quali il reddito di cittadinanza, e, nei Paesi a natalità particolarmente bassa, sul supporto alle famiglie con figli. Minore at-tenzione è stata dedicata – fino a oggi – alla dimensio-ne gedimensio-nerazionale della diseguaglianza. In questo con-tributo si discute di una misura, denominata fondo
per l’accesso alla vita adulta – o dote di cittadinanza – che rientra nella c.d. asset-welfare agenda. Il princi-pale obiettivo di questa misura è il superamento, al-meno parziale, delle differenze che ostacolano l’ugua-glianza delle opportunità, e qui si vuole sottolineare quanto una misura come questa possa essere impor-tante in una società che sta rapidamente invecchian-do. L’analisi parte da alcuni dati sullo squilibrio nel-la distribuzione delle risorse tra generazioni in Italia, sia in termini di ricchezza sia rispetto alle opportuni-tà sul mercato del lavoro. Il terzo paragrafo passa in rassegna le politiche fiscali destinate alle ultime ge-nerazioni in vigore nel nostro Paese, e in particolare il supporto all’ingresso nel mercato del lavoro e per le famiglie con figli. La sintetica descrizione della le-In questo contributo si discute la proposta di un fondo per l’accesso alla vita adulta, o dote di cittadinanza. L’analisi parte da alcuni dati sullo squilibrio nella distribuzione delle risorse tra generazioni in Italia, sia in termini di ricchezza sia rispetto al mercato del lavoro. Segue una sintetica illustrazione delle po-litiche fiscali destinate alle generazioni più giovani attualmente in vigore, e le proposte di riforma. Quindi si illustrano i presupposti teorici della dote di cittadinanza, strumenti simili adottati in altri Paesi – principalmente anglosas-soni – e una proposta molto simile avanzata nel 2007.
This paper recommends a fund for young Italian adults. The first part provides data on the unequal distribution of resources for different gen-erations, both in terms of wealth and the labor market opportunities. It then briefly describes current fiscal policies for the younger generation in Italy, and the reforms that are under debate. Finally, it presents the theoretical basis of the fund, as well as similar measures in use in oth-er, mainly Anglo-Saxon, countries and a very similar proposal present-ed in 2007.