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PDEs del secondo ordine

  3∂u ∂x + 2 ∂u ∂y = 0, u(x, 0) = sin x. (1.7) Essendo F (−2x + 3y) la soluzione generale, dobbiamo imporre che

F (−2x) = sin x, ossia che risulti

F (t) = sin  −t 2  , t = −2x.

Da cui, posto t = −2x + 3y, la soluzione del problema (1.7) `e u(x, y) = sin −12(−2x + 3y) = sin x − 3

2y , come `e immediato verificare per sostituzione diretta.

L’estensione di questo problema alle PDEs di ordine n ≥ 2, oltre che di difficilissima soluzione, ha scarso interesse applicativo. Per questo motivo, nel seguito, per tali equazioni faremo riferimento soltanto ad altri tipi di condizioni. Passiamo ora alla descrizione dei metodi analitici pi`u comunemente usati nella risoluzione esatta delle PDEs lineari del secondo ordine, che rappresenta l’argomento fondamentale del capitolo. Per la loro descrizione `e indispensabile fare ricorso alle serie di Fourier e alle propriet`a spettrali tipiche dei problemi di Sturm-Liouville. Le definizioni, propriet`a e risultati sulle serie di Fourier e sui problemi di Sturm-Liouville, funzionali alla illustrazione dei metodi sulle PDEs, sono contenuti nel Capitolo 3.

1.2 PDEs del secondo ordine

Una PDE del secondo ordine `e definita lineare quando in essa la u e le sue de-rivate parziali del primo e del secondo ordine compaiono linearmente. Nel caso le variabili indipendenti siano due, essa `e rappresentabile nel modo seguente:

a11(x, y)uxx+ a12(x, y)uxy + a22(x, y)uyy

+ b1(x, y)ux+ b2(x, y)uy+ c(x, y)u = f (x, y), (1.8) dove i coefficienti a11(x, y), . . . , c(x, y) e il termine noto f (x, y) rappresentano funzioni che, per semplicit`a, supponiamo continue in un assegnato dominio Ω del piano xy. In essa, come usuale, ux = ∂u∂x, uy = ∂u∂y, uxx = ∂x2u2, uxy = ∂x∂y2u e uyy = ∂y2u2. L’equazione `e detta omogenea se f (x, y) = 0 in Ω.

Per le equazioni del tipo (1.8) il problema di Cauchy consiste nel richiedere che la u e la sua derivata normale ∂u∂n assumano valori prefissati lungo i punti di una curva γ definita nel dominio Ω dell’equazione differenziale. L’imposizione di questa condizione induce tre situazioni, sostanzialmente diverse, a seconda che il discriminante

∆(x, y) = a12(x, y)2− 4a11(x, y)a22(x, y), (x, y) ∈ Ω, (1.9) sia negativo, uguale a zero o positivo. Nel primo caso (∆ < 0) l’equazione `

e detta di tipo ellittico, nel secondo caso (∆ = 0) di tipo parabolico e, nel terzo caso (∆ > 0), di tipo iperbolico. Essa `e detta di tipo misto se, in un subdominio di Ω `e di un tipo e in un altro di tipo diverso.

Se i coefficienti delle derivate di secondo ordine sono costanti, la classi-ficazione `e la stessa in tutti i punti del dominio Ω. Diversamente essa pu`o dipendere dal punto del dominio, come nel seguente esempio di Tricomi:

y

2u ∂x2 +

2u ∂y2 = 0.

In questo caso, essendo a11(x, y) = y, a12(x, y) = 0, a22(x, y) = 1 e ∆(x, y) = A12(x, y)2− 4 a11(x, h)b21(x, y) = −4y.

Di conseguenza l’equazione `e ellittica per y > 0, parabolica per y = 0 e iperbolica per y < 0. Se il dominio contiene valori di y > 0 e y 6= 0, l’equazione `

e di tipo misto. Se ovunque in Ω, `e y > 0, l’equazione `e di tipo ellittico in Ω, se `e y = 0, `e di tipo parabolico ed `e di tipo iperbolico se y < 0.

Per le equazioni di tipo ellittico, il problema di Cauchy ha pochissima importanza, mentre sono di grande importanza i problemi detti di Dirichlet e di Neumann, il cui significato verr`a precisato nel seguito.

Per quelle di tipo parabolico, interessa pochissimo il problema di Cauchy e interessa molto, come vedremo nel seguito, il problema di propagazione non vibratoria.

In quelle di tipo iperbolico, il problema di Cauchy `e di qualche interes-se applicativo, anche interes-se quello che maggiormente interessa `e quello detto di propagazione vibratoria, il cui significato verr`a chiarito nel seguito.

Nelle applicazioni, le equazioni ellittiche rappresentano modelli di tipo sta-zionario a differenza di quelli parabolici, che rappresentano modelli evolutivi di prima specie, e di quelli iperbolici, che rappresentano problemi evolutivi di seconda specie.

Una PDE del secondo ordine, in due variabili, `e definita debolmente non-lineare quando in essa la u non compare linearmente, a differenza delle sue

derivate parziali che compaiono tutte linearmente. Essa `e dunque del tipo a11(x, y)uxx+ a12(x, y)uxy + a22(x, y)uyy

+ b1(x, y)ux+ b2(x, y)uy + c(x, y; u) = f (x, y) con c(x, y; u) nonlineare in u.

Esempio 1.4 L’equazione seguente (

uxx+ uyy+ (exsin y)ux+ (eysin x)uy− (x + y)2u5 = xy cos xy, −π ≤ x ≤ π, −π

2 ≤ y ≤ π 2, `

e pertanto un esempio di PDE debolmente non lineare. L’equazione `e det-ta fortemente nonlineare, quando la nonlinearit`a riguarda almeno una delle derivate parziali della u.

La trattazione proposta, anche se fondamentalmente riferita alle PDEs del secondo ordine in due variabili, pu`o estendersi (in modo del tutto naturale) ai modelli in pi`u variabili. Allo scopo di rendere concreta questa affermazione, nel seguito verranno considerati alcuni esempi di PDE in tre variabili. La generalizzazione formale a Rn risulta sostanzialmente immediata, una volta precisata l’estensione dal caso 2D a quello 3D.

I problemi applicativi governati da PDEs sono innumerevoli. Essi riguar-dono soprattutto la Fisica, la Chimica, la Biologia e la generalit`a dei settori dell’Ingegneria. I modelli differenziali di tipo ordinario e alle derivate parziali rappresentano infatti la maggior parte dei modelli matematici di reale interesse applicativo.

Tra di essi, una prima distinzione riguarda i problemi di tipo stazionario da quelli di tipo evolutivo, tra i quali una ulteriore distinzione riguarda quelli di primo ordine e di seconda ordine.

A titolo esemplicativo, ci soffermiamo ora su tre classici problemi fisici la cui modellizzazione matematica conduce a tre PDEs, rispettivamente di tipo ellittico, parabolico e iperbolico,

Esempi:

(10) Caso ellittico (equazione di Laplace): ∂2u

∂x2 +

2u

∂y2 = 0, (x, y) ∈ Ω.

Tale equazione pu`o rappresentare la conservazione di un flusso in assenza di sorgenti e di scarichi, come la temperatura in un dominio Ω in condi-zioni stazionarie, dunque indipendenti dal tempo, oppure un potenziale gravitazionale o elettrostatico in Ω, in condizioni stazionarie.

(100) Caso ellittico (equazione di Poisson): ∂2u ∂x2 + 2u ∂y2 = − 1ρ(x, y), (x, y) ∈ Ω.

Tale equazione pu`o rappresentare la conservazione di un flusso in presen-za di una sorgente, come in elettrostatica, fluidodinamica e gravitazione Newtoniana.

(2) Caso parabolico (equazione del calore): ∂u ∂t = k2u ∂x2, k = K σµ = conducibilit`a termica calore specifico × densit`a.

Tipicamente la u(x, t) rappresenta la temperatura in un punto x di un intervallo [a, b] all’istante t, con 0 ≤ t ≤ T .

(3) Caso iperbolico (equazione delle onde): (30) Corda vibrante ∂2u ∂t2 = a2 2u ∂x2, a2 = τ µ = tensione densit`a .

In genere la u(x, t) rappresenta la tensione all’istante t (0 ≤ t ≤ T ) di una corda in un punto x di un intervallo [a, b].

(300) Vibrazioni trasversali di una trave ∂2u ∂t2 = c2 2u ∂x2, c2 = e µ = elasticit`a densit`a .

In questo caso la u(x, t) indica la vibrazione della sezione trasver-sale di una trave in un punto x di un intervallo [a, b] all’istante t (deflessione rispetto ad una posizione iniziale).

Nel caso di una PDE lineare in n variabili (n ≥ 2) indicata, come usuale, con ∂Ω la frontiera di riferimento e con [0, T ] l’intervallo temporale di riferi-mento nei modelli evolutivi, i modelli differenziali di rifeririferi-mento, per i quali `

e facile dare le condizioni che assicurano l’esistenza e l’unicit`a della soluzione sono i seguenti:

(a) Modello ellittico      − n X i,j=1 ∂ ∂xi  aij ∂u ∂xj  + a0u = f, x ∈ Ω ⊂ Rn, u = ϕ, su ∂Ω.

(b) Modello parabolico            ∂u ∂t − n X i,j=1 ∂ ∂xi  aij ∂u ∂xj  + a0u = f, (x, t) ∈ Ω × [0, T ], u = ϕ, su ∂Ω × [0, T ], u(x, 0) = ψ, x ∈ Ω ⊂ Rn. (c) Modello iperbolico                ∂2u ∂t2n X i,j=1 ∂ ∂xi  aij ∂u ∂xj  + a0u = f, (x, t) ∈ Ω × [0, T ], u = ϕ, su ∂Ω × [0, T ], u(x, 0) = ψ0, x ∈ Ω ⊂ Rn, ut(x, 0) = ψ1, x ∈ Ω ⊂ Rn.

Le definizioni (a), (b) e (c) introdotte sono valide nell’ipotesi che i coefficienti {aij} e {a0} soddisfino le condizioni di ellitticit`a, ossia che esistano:

(a) un numero α0 tale che a0(x) ≥ α0, qualunque sia x ∈ Ω; (b) una costante positiva α tale che

n X i,j=1 aij(x)ξiξj ≥ αkξk2, per ogni x ∈ Ω e ξ ∈ Rn, essendo kξk =pξ2 1 + . . . + ξ2

n la norma Euclidea del vettore ξ. Da notare che α0 pu`o non essere positivo, a condizione che α + α0 > 0.

Nel caso dell’equazione di Laplace, la condizione di ellitticit`a `e verificata in ogni punto (x1, x2) ∈ R2. Basta infatti osservare che, essendo a11 = a22 = 1 e a12 = a21 = 0, la condizione di ellitticit`a `e ξ2

1 + ξ2

2 ≥ α||ξ||2, ovviamente verificata per ogni ξ = (ξ1, ξ2) ∈ R2 e 0 < α < 1. Nel caso la relazione sia valida per α = 0 e non α > 0, la condizione `e detta di debole ellitticit`a.

Ciascuno dei tre problemi indicati possiede una e una sola soluzione, sotto ipotesi molto generali sui coefficienti {aij, a0}, sulla funzione f in Ω, come anche su quelle assegnate su ∂Ω e su ∂Ω × [0, T ]. Questo `e vero, in particolare, quando l’operatore ellittico

A = − n X i,.=1 ∂ ∂xi  aij ∂xj  + a0(x)

soddisfa le condizioni di ellitticit`a in Ω e la frontiera ∂Ω `e sufficientemente regolare (C1 a tratti). Ipotesi che, nel seguito, supporremo sempre soddisfatta. I problemi modello indicati, in ciascuno dei quali `e assegnata la soluzione su ∂Ω, sono definiti problemi di Dirichlet. Se invece, in luogo della u su ∂Ω, si assegna la derivata normale ∂u∂n, essi sono noti come problemi di Neumann.

Infine sono definiti di tipo misto quando su una parte di ∂Ω `e assegnata la u e sulla parte complementare la ∂u∂n, oppure se su ∂Ω `e assegnata un’opportuna combinazione lineare di u e ∂u∂n.

Esempi di problemi di Dirichlet, di Neumann e di tipo misto per l’equa-zione di Laplace:          ∂2u ∂x2 + 2u ∂y2 = 0, 0 ≤ x ≤ 5, 0 ≤ y ≤ 3, u(x, 0) = 0, u(x, 3) = 0,

u(0, y) = 0, u(5, y) = f (y),          ∂2u ∂x2 + 2u ∂y2 = 0, 0 ≤ x ≤ 5, 0 ≤ y ≤ 3, uy(x, 0) = 0, uy(x, 3) = 0, ux(0, y) = g(y), ux(5, y) = 0,          ∂2u ∂x2 + 2u ∂y2 = 0, 0 ≤ x ≤ 5, 0 ≤ y ≤ 3, uy(x, 0) = 0, u(x, 3) = 0, ux(0, y) = 0, u(5, y) = f (y),

essendo g(x) una funzione continua sull’intervallo [0, 5] e f (y) una funzione continua sull’intervallo [0, 3].

Esempi di PDEs per le quali `e facile determinare la soluzione generale: • Consideriamo la PDE

2u

∂x∂y = 2x − y.

Integrando ordinatamente rispetto alla x e alla y si ottiene la soluzione generale

u(x, y) = x2y − 12xy2+ F (y) + G(x), con F e G funzioni arbitrarie di classe C1. Le funzioni u1(x, y) = x2y − 12xy2+ 3y4+ sin x − 5 e

u2(x, y) = x2y − 12xy2+ y + cos2x sono invece due soluzioni particolari.

• Consideriamo ora l’equazione di Clairaut u = x∂u ∂x − ∂u ∂x 2 . La soluzione generale `e

u(x, y) = xF (y) − F2(y), F arbitraria di classe C1. Le funzioni u1(x, y) = 1 4x 2 e u2(x, y) = x sin y − sin2y sono due soluzioni particolari.

• Consideriamo ora la PDE

uxy =

2u

∂x∂y = x cos y. La soluzione generale `e

u(x, y) = 12x2sin y + F (y) + G(x), con F e G di classe C1. Le funzioni

u1(x, y) = 1 2x

2

sin y −12y3+ 3x4+ sinh x e

u2(x, y) = 12x2sin y − cosh y + y − cos2x

sono invece due soluzioni particolari, in quanto ottenute particolarizzan-do F (y) e G(x).

La risoluzione analitica delle PDEs `e ottenibile soltanto in casi particola-ri. Per questo motivo, in generale, si ricorre alla sua risoluzione numerica. Quando possibile, la risoluzione analitica `e preferibile sia per l’esattezza dei risultati, sia per la quantit`a e qualit`a di informazioni matematiche e fisiche da essa deducibili. I metodi analitici pi`u utilizzati sono il metodo degli integrali generali e il metodo della separazione delle variabili. Per la loro illustrazione `

e necessario utilizzare i risultati essenziali sulle ODEs (presentati nel Cap. 2) e quelli sulle serie di Fourier e sulle propriet`a spettrali dei problemi di Sturm-Liouville (introdotti nel Cap. 3). Per questi motivi la illustrazione dei metodi analitici delle PDEs `e rinviata al Cap. 4.

Capitolo 2

RISULTATI ESSENZIALI

SULLE EQUAZIONI

DIFFERENZIALI ORDINARIE

(ODEs)

2.1 Preliminari

In questa sezione vengono illustrati alcuni metodi basilari per la risoluzione analitica delle ODEs e richiamati, molto sinteticamente, alcuni metodi per la loro risoluzione numerica. I metodi analitici richiamati sono utilizzati nella risoluzione analitica delle equazioni a derivate parziali (PDEs) ed `e questo il motivo per cui sono pi`u dettagliati rispetto a quelli numerici. Per ODE di ordine n intendiamo una relazione funzionale tra una variabile indipendente, la funzione incognita e le sue derivate fino all’ordine n. La sua forma generale `

e del tipo

f (x; y, y0, . . . , y(n)) = 0, (2.1) dove x `e la variabile indipendente, y la funzione incognita, y0, . . . , y(n) le sue derivate fino all’ordine n e f una funzione nota. L’equazione

y0+ a(x)y = f (x), a ≤ x ≤ b, (2.2) `

e evidentemente lineare e del primo ordine, mentre l’equazione

y00+ a(x)y0+ b(x)y = f (x), a ≤ x ≤ b, (2.3) `

e lineare del secondo ordine. Pi`u in generale, l’equazione

`

e lineare di ordine n. `

E ben noto che la soluzione generale di una ODE di ordine n dipende da n costanti arbitrarie. Conseguentemente per la sua unicit`a `e necessario assegnare n condizioni linearmente indipendenti: tipicamente n condizioni in a (oppure m in a e n − m in b). Nel caso sia a = −∞ e/o b = +∞ le condizioni assegnate sono di tipo asintotico. Esempi:

(1) y0 = f (x) per a ≤ x ≤ b, y(x) =Raxf (t) dt + c.

(2) y00+ ω2y = 0 per a ≤ x ≤ b, y(x) = c1cos ωx + c2sin ωx.

dove c, c1 e c2 sono costanti arbitrarie. Nell’ipotesi che sia sin ω(b − a) 6= 0, esse possono essere univocamente determinate fissando il valore della y in a per la (2.2) e i valori della y e della y0 in a oppure, in alternativa, i valori di y in a e b. Nel caso della (2.4) le costanti arbitrarie sono n e si parla di problema di Cauchy, nel caso vengono assegnati in a i valori delle y, y0, . . . , y(n−1); di problema agli estremi nel caso vengono (complessivamente) assegnati n valori di y e della sua derivata prima in a e b. E bene ricordare che la (2.2) `` e facilmente risolubile analiticamente. Infatti, indicata con α(x) una primitiva di a(x), molteplicando primo e secondo membro per eα(x) si ottiene l’equazione

d dx e α(x)y = eα(x) f (x), α(x) = Z x a a(t) dt, dalla quale segue immediatamente che

y(x) = e−α(x) Z x a eα(t)f (t) dt + c e−α(x). (2.5) Esempio 2.1 ( y0 − y = cos t, y(0) = 1.

Molteplicando primo e secondo membro per e−t l’equazione diventa (e−ty)0 = e−tcos t =⇒ y(t) = et Z t 0 e−τcos τ dτ + c  , dalla quale, osservato che

Z t 0

e−τcos τ dτ = 1

2e−t(sin t − cos t) + 1 , deriva che

y(t) = 12(sin t − cos t + et) + c et, da cui, richiedendo che y(0) = 1, risulta che

Esempio 2.2 (

y00+ ω2y = 0, a ≤ x ≤ b,

y(a) = α, y(b) = β, con 0 < ω(b − a) < π. Essendo cos ωx e sin ωx soluzioni particolari, la soluzione generale `e

y(x) = c1cos ωx + c2sin ωx.

La soluzione del problema agli estremi viene quindi ottenuta imponendo che c1 e c2 soddisfino il sistema

(

c1cos ωa + c2sin ωa = a,

c1cos ωb + c2sin ωb = b, =⇒     

c1 = α sin ωb − β sin ωa sin ω(b − a) , c2 = β cos ωa − α cos ωb

sin ω(b − a) . Nel caso particolare a = 0, b = 1, α = 1 e β = 0

y(x) = cos ωx − cos ω

sin ω sin ωx.

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