L ' O P E E A E L'UOMO
I. — Del conte Gian Francesco Galeani-Napione di Coc-conato, «uomo di forte tempra e di abiti costumati e mo-« desti» (1), è nota la vasta cultura nel campo delle lettere e della politica, la fertile attività nei più disparati saggi sto-rici e letterari, politici e militari.
Dell'opera di lui specificamente ci parlarono Lorenzo Mar-tini (2) e più recentemente Leonilda Fusani (3), contribuendo a tramandarci i momenti più caratteristici del suo versati-lissimo ingegno, della sua fervidissima attività, della sua pro-digiosa fecondità di scrittore.
Appassionato difensore della cultura e della lingua ita-liana contro le invadenze linguistiche, artistiche e sociali di
(1) A. MANNO, Scrittori Subalpini (Bibliografia manoscritta), n. 6990, nella Biblioteca di S. M . in Torino.
(2) Vita del conte Gian Francesco Napione, Torino, G. Bocca, 1836. (3) Gian Francesco Galeani Napione di Gocconato - Passerano, To-rino, Baravalle e Falconieri, J907.
Francia (1) — per cui non poteva perdonare al Denina di aver scritto per i tedeschi in lingua francese, mentre doveva farlo se mai in lingua tedesca o meglio in italiano (2), — vivace propugnatore della feconda e virile fusione della virtù delle armi con quella delle lettere (3), fervido difensore fin dal 1791 di una Confederazione generale di tutti gli stati ita-liani per proteggere il paese dai danni incalcolabili di una invasione straniera (4) — unico mezzo affinchè l'Italia
po-(1) Chiamava ad esempio, il Napione, il Denina « l'abate prus-<i siano » avendo questi scritto in tedesco sui rivolgimenti germanici.
C f r . MARTINI, op. cit., p. 196 e F. DANEO, Piccolo Panteon
Subal-pino, ossia Vite scelte di piemontesi illustri narrate alla gioventù,
Torino, Steffenone, 1858, voi. I, p. 165 sgg. Cfr. pure più avanti a p. 32. Forse l'unica volta che scrisse in francese fu nel 1794, quando stilò un rapido progetto — dopo quello del 1791 — su la necessaria unione delle potenze italiane contro la Francia. Forse usò questa lingua — osserva la Fusani — per farsi meglio comprendere da tutti.
C f r . F U S A N I , op. cit., p . 19.
(2) Recensione all'opera del DENINA : La Prusse littéraire sous
Fré-déric II ecc., tomo I, Berlin, 1790, in « Biblioteca oltremontana »,
1790, voi. V I I I , p. 151. Lo scritto non è neppure firmato con la so-lita e nota sigla C. N. (Conte Napione), ma si desume essere suo non solo dal contesto e dai riferimenti alle opere del Davanzati, del Broggia, del Neri particolarmente ricordati dal Napione nei suoi scritti, e non solo da espliciti riferimenti ad altra opera sua prece-dente raccolta nei ((Piemontesi illustri» (tomo IV, «Cronisti Piemon-ti tesi », pp. 164 e 177; cit. nella « Bibl. oltremontana », 1790, voi. XI, p. 143, nota **), ma dal fatto che l'estratto venne poi dal Napione stesso ristampato nel 1816 a Pisa. Cfr. Estratti ragionati di varie
opere di grido, scritti e pubblicati in diversi tempi, ora raccolti e
ri-veduti e corretti dall'autore, Pisa, Nicolò Capurro, 1816, tomo II,
p. 59. Anche il MARTINI, nella Vita, c'indica come opera del Napione l'estratto della Prusse littéraire del DENINA : cfr. p. 229.
(3) Per il Napione la virtù guerriera non si dissocia da quella
della conoscenza scientifica e dal culto delle lettere. Più volte nei suoi scritti è variamente sostenuta questa tesi, ma specialmente nell'Elogio
di Giovanni Boterà, abate di S. Michele della Chiusa e precettore
de' Principi di Savoia, figliuoli del duca Carlo Emanuele 1, in «
Pie-ci montesi illustri », Torino, Briolo, 1781-1787, tomo I, annotaz. XXIV, p. 305 sgg.
tesse riacquistare la sua perduta personalità — (progetto ri-preso dal Sauli ma fallito dopo la restaurazione durante il Ministero Yallesa) (1), egli dovette sottostare ai nuovi domi-natori, l'alleanza coi quali era pur sempre preferibile a quella con l'Austria.
Ne ammirarono gli invasori l'illibatezza e fierezza di ca-rattere, la probità dei costumi, l'amore grandissimo verso la Patria anche nei momenti men facili a difenderne il patri-monio spirituale, e il ferace ingegno ; tanto che da Napoleone stesso egli ebbe il riconoscimento della sua integrità e delle sue doti spirituali e fu insignito della Legion d'onore (2).
La severità tradizionale di carattere non lo portavano ad indulgere con soverchia simpatia alle nuove idee che all'epoca della restaurazione si agitavano in Piemonte pur tra i dispa-rati giudizi dei laudatores temporis adi. Non lo si poteva del tutto biasimare se nella sua vecchiaia quasi cercava una differenza a favore dei «distruttori dell'impero romano» nei confronti dei « distruttori moderni », i « liberali francesi » ! Il che non poteva certo piacere al Santarosa (3), al Pellico e alla redazione del Conciliatore, giornale di breve esistenza in Milano, al quale il parallelo « f r a i barbari antichi e
mo-(1) Reminiscenze della propria vita. Commentario del conte
Lu-dovico Sauli d'igliano, a cura di Giuseppe Ottolenghi, in: «
Biblio-« teca Storica del Risorgimento Italiano », Roma, Albrighi, Segati, 1908, voi. I, p. 38.
( 2 ) MARTINI, op. cit., parte I, paragr. X V I I I , p. 19.
(3) Immeritato certo mi sembra il giudizio di Santorre di Santa-rosa allorquando rispondendo al N. che gli aveva obiettato di aver troppo « succhiato » nei libri francesi lo qualifica «letterato italiano» ma non « cittadino italiano ». Stravagante poi mi sembra l'asserzione di aver sentito «parlare d'Italia vilissimamente» dal Napione ! Credo piuttosto, a giustificazione di questa frase, che, data la diver-sità d'interpretazione ideologica del divenire del sommo bene, la Pa-tria, nel pensiero del Napione e in quel di Santorre di Santarosa, quest'ultimo non avesse ben compreso il primo il quale continuava ad essere convinto della preferenza della monarchia assoluta. Cfr.
SANTORRE DI SANTAROSA, Belle speranze degli Italiani, con prefazione e documenti inediti di Adolfo Colombo, Milano, « Risorgimento », 1920,
« derni », letto nella R. Accademia delle Scienze di Torino nel 1817, non poteva esser certo ben accetto ! (1)
In ogni suo pensare assolutista illuminato, a disagio sem-pre con le nuove generazioni e mal comsem-preso dalla vecchia nobiltà, nè incoraggiato certo dalla nuova sorta dai traffici, fu sempre forte tuttavia del suo amore grandissimo per la Patria, per il suo Piemonte, per l'Italia, per Casa Savoia. Non può sorprendere l'atteggiamento suo alla restaurazione allorquando, ripresa la vita attiva, almeno sotto veste acca-demica, si sentiva legato a certe ricordanze del passato, seb-bene contrario a coloro che malamente consigliavano il So-vrano in quel puerile « ritorno all'antico », onde di lui si diceva, alla restaurazione, che pensava troppo all'antica, mentre prima sembrava che pensasse troppo alla moderna (2).
E le opere letterarie, artistiche e biografiche di lui, che tanto contribuirono, unitamente a quelle del Balbo e del
(1) Aveva sollevato non poco scalpore la memoria letta alla R. Ac-cademia delle Scienze di Torino (adunanza del 23 marzo 1817) e inti-tolata : Paragone tra la caduta dell' Impero romano e gli evenimenti
del fine dello scorso secolo XVIII, pubblicata in estratto nel 1819,
presso Pietro Giuseppe Pie, a Torino. In essa il Napione stigmatiz-zava l'assalto della nazione francese a diversi stati di ristretti con-fini e di forze inferiori, onde la differenza tra i « barbari antichi » e quelli « moderni » stava solo nel fatto che i barbari moderni « pre-ci tesero di stabilire la democrazia sopra le rovine del governo mo-li narchico » (a carta 15 dell'estratto) giustificando ogni sopruso con idee democratiche. — Avendo energicamente protestato il
Concilia-tore di Milano, il Napione fece uscire una Giunta al paragone tra
la caduta dell'impero romano e gli evenimenti ecc., letta in
adu-nanza del 15 aprile del 1819, in cui ribadisce i precedenti concetti sostenendo che « la barbarie de' settentrionali antichi conquistatori « era più scusabile che non quella de' barbari moderni... » (a carta 26 dell'estratto). — Contribuì a dileguare la cattiva impressione il ne-crologio del conte Sauli, scritto nell'Antologia di Firenze, luglio 1830, n. 115. Cfr. Reminiscenze della propria vita ecc., voi. II, p. 181. Come giustamente osserva la FCTSANI (op. cit„, p. 87 sg.) fu il grande amore per il suo principe che fece perdere qualche volta le staffe all'aristo-cratico conte...
(2) Cfr. la biografia del Napione di P. A. Paravia, in DE
Vernazza, a volgere verso indirizzi più severi la scuola pie-montese, son tutte informate a questo profondo assolutistico, tradizionalistico spirito patriottico che trovava la sua base nella monarchia assoluta, che non poteva e non doveva, come la legge morale, mutare nel tempo. Nella questione della lingua, per la quale molto operò, si sente tutto il suo entu-siasmo, la sua viva passione per l'Italia contro le invadenze e gli inquinamenti stranieri (1).
Proclamare a pieni polmoni l'italianità del Piemonte in momenti delicatissimi fu per lui, che non appartenne alla schiera di coloro che seguirono la nuova bandiera, di grande conforto ; servì il suo Principe con animo virile e tutta l'opera sua politica e letteraria è permeata di questo grande amore per l'Italia, per il Piemonte come parte d'Italia (2), per le cose nostre, le nostre arti, i nostri ingegni, per le virtù di nostra terra. Ogni atto che cozzasse contro i suoi austeri sen-timenti tradizionalistici sì ma non troppo, se raffrontati con i principi dominanti degli ultimi anni del sec. XVIII, era da lui visto con diffidenza, poiché temeva nel fatto nuovo lo strumento tribunizio di chi voleva mettersi in vista, e sol per questo, quando facevan difetto i sentimenti di purezza e lealtà politica. E tanto poteva pensare lui che non correva dietro alle fiaccole della gloria e degli onori, che dopo aver raggiunto alti incarichi primieramente ambiti, quasi poi se ne rammaricava non riconoscendo in se stesso il tempera-mento adatto a seguire la faraggine disordinata e il turbine
(1) Fu vivacemente criticato per aver preferito la lingua italiana a quella latina: la verità è che, pur essendo un innamorato della lingua dei padri (tradusse per diletto le Tusculane di Cicerone e vari passi di Tacito e si dedicò pure alla traduzione in versi sciolti dei libri II, IV e IX del l'Eneide), ai fini della cultura nazionale pre-feriva l'italiano, lingua vivente che non doveva nell'educazione lette-raria posporsi alla lingua morta. Non è che volle « sbandire », come più d'uno disse, il latino, lo voleva, negli studi, riservato all'Uni-versità. Cfr. MARTINI, op. cit., pp. 90, 92, 120.
(2) Il N. è tutt'altro che campanilista : parlando del Piemonte egli vede la Patria, e parlando della Patria, vede l'Italia tutta. Cfr. DANEO, Piccolo Panteon Subalpino ecc., p. 167.
degli affari, tanto che da essi risolutamente si allontanava ogni qua! volta sentiva o presagiva l'inevitabile cozzo tra co-scienza ed azione (1).
II. — Per questo il Napione va considerato fra i migliori campioni d'italianità, e, per la sua mente versatilissima in dottrine varie, un complesso ingegno, « irremovibile in quelle «opinioni che in lui erano frutto di lungo studio» (2).
Frutto di «recondita erudizione..., di pazientissime ri-« cerche » sono le sue memorie, che il Sauli stima degne di moltissima lode (3).
Ed era anche il Sauli d'accordo con le idee antiparlamen-tari del Maestro, « quella buon'anima del conte Napione » — che gli fu largo di consigli e di paterno conforto spiri-tuale — quando considerava le costituzioni tanto confacenti agli stomaci piemontesi come la polenta agli inglesi (4), do-vendosi distinguere nell'uso e nei vantaggi del sistema par-lamentare popolo da popolo.
Larga risonanza ebbero i suoi lavori storici, artistici, let-terari e politici ; a grande fama pervenne l'opera sua più insigne : Dell'uso e dei pregi della lingua italiana, stampata nel 1791 ma scritta già dieci anni innanzi, in cui nobilmente eccita gli italiani a scrivere nella propria lingua.
Dei suoi scritti economici, però, ben poco si conosceva, almeno lino a questi ultimi tempi. Le migliori notizie ci
fu-(1) Il 2 agosto 1797 per non firmare un editto contrario alle sue idee e che giudicava dannoso agli interessi del paese, veniva dispen-sato, in seguito a sue dimissioni, da importante carica. Cfr. F U S A N I ,
op. cit., p. 32 sgg. Le ragioni di queste dimissioni le conosceremo più
avanti, commentando il documento che chiarisce le cause di questo dissidio e che ebbi la fortuna di trovare negli Archivi di Stato.
(2) Reminiscenze della propria vita ecc., voi. I.
(3) Reminiscenze della propria vita ecc., voi. I, p. 317. Cfr. pure la cit. « Antologia », voi. XXIX, n. 115, luglio 1830, pp. 118-125.
(4) Reminiscenze della propria vita ecc., voi. I, pp. 180 e 419, in nota.
rono tramandate dal Martini, il quale ebbe, come suo con-temporaneo, notizia degli studi inediti del Napione. Anche il Manno, nella sua bibliografia manoscritta (1), si serve del-l'opera del Martini senza portare all'indagine bibliografica ulteriore luce.
Neppure dal Martini è possibile ricavare riferimenti atti a illustrare più compiutamente il pensiero economico del Nostro. E nemmeno la Fusani ci potè illustrare più ampia-mente l'attività del Napione nel campo dell'economia, e degli studi di finanza. Ella ci parla di dieci memorie già note al Martini stesso, scritte nel 1796, e di quindici nel 1797 in oc-casione del peggioramento della situazione economica e finan-ziaria. Non ci ricorda l'A. neppure il titolo di tali memorie aggiungendo, forse troppo modestamente, che se anche le avesse rintracciate non avrebbe potuto giudicarle (2). Dal che si desume che non ne ebbe visione, mentre il Sauli ne parla come «dell'opera assidua d'un saggio mal compresa ai suoi «tempi e messa in pratica solamente più tardi» (3), il Bian-chi le rammenta con lode (4) e Prospero Balbo e il Petitti le citano come esempio di retto pensare economico. Ohe tali memorie avessero destata l'attenzione delle classi dirigenti e non fossero solo il risultato di elucubrazioni improvvisate di un dilettante lo si rileva non solo dall'alta considerazione in cui erano tenute dal Balbo, che ne trasse materia di studio e di legiferazione, ma anche dalla carica conferitagli, quale riconoscimento degli studi stessi, dal Re, il quale gli affidò la reggenza delle R. Finanze il 21 febbraio 1797, carica
con-ci) Scrittori Subalpini cit., n. 6990.
( 2 ) F U S A N I , op. cit., p . 29.
(3) Reminiscenze ecc.
(4) N. BIANCHI, Storia della Monarchia Piemontese, dal 1773
sino al 1861, Torino, Bocca, 1879. Cfr. specialmente il voi. III, passim.
Se ne parlerà più avanti. — Non vedo cenno alcuno di queste erudite ricerche neppure nel recente diligentissimo volume del CALCATERRA a cui farò cenno più avanti: Il nostro imminente risorgimento, S.E.I., Torino, 1935 (voi. I della « Nuova Biblioteca Italiana »). L'A., nel cap. V del volume, pone in particolare evidenza l'opera del Napione come studioso di problemi economici oltre a quelli storici e letterari.
fermata poco dopo, il 1° marzo, in quella di Generale delle Finanze, sebbene per natura e per carattere egli non fosse propenso a questo genere di vita pubblica.
III. — Di gran parte di queste memorie, purtroppo, non si conoscono che i titoli e crediamo non siano tutte del 1796 : alcune devono essere state scritte nel 1797, parte prima e parte durante il suo incarico ministeriale. La fonte infatti più nota, quella del Martini, accenna a quattro memorie scritte nel 1796 su tema indubbiamente importante, tre delle quali riguardanti la triste situazione finanziaria del paese (1). Le altre, in gran parte riferentisi allo stesso impellente pro-blema, sono, secondo il Martini, del 1797 (2). Altre due me-morie sullo stesso argomento abbiamo di lui in data del 1799 e del 1800 (3).
Ohe il problema monetario attirasse a quel tempo l'atten-zione di scrittori e funzionari tanto da invogliare il Napione ad abbandonare le lettere per dedicarsi all'economia, non sorprende allorquando si pensa alle condizioni economiche del paese.
Già in parte le descrisse con profonda cultura Giuseppe Prato (4), il quale, ci pare, fu, se non il primo economista, essendo preceduto dal Cossa, dal Ricca-Salerno e dall'Alberti,
(1) Ecco il titolo delle quattro memorie: 1) Osservazione sopra
una memoria circa all'attuale condizione dei contadini in Italia.
-2) Riflessioni sullo stato attuale delle finanze in Piemonte. - 3) Me-moria intorno al modo di togliere dalla circolazione i biglietti di
credito. - 4) Osservazioni intorno ad una memoria riguardante il
modo di ristabilire le finanze in Piemonte.
(2) Cfr. più avanti p. 12, nota 1, in cui riporto i titoli delle varie memorie. Cfr. pure la bibliografia che ho premesso al testo, in cui è aggiunta la collocazione archivistica o bibliografica.
(3) 1799: Progetto di un banco nazionale per il cambio ed
estin-zione dei biglietti in corso; 1800: Memoria intorno ai pagamenti in
ìnoneta e in biglietti.
(4) Problemi monetari e bancari nei secoli XVII e XVIII, in « Do-li cumenti finanziari degDo-li stati della monarchia piemontese », Torino, S.T.E.N., 1916.
certo il più solerte a porre in evidenza l'opera e la soda pre-parazione economica del Napione al quale facevano corona una eletta schiera di funzionari e studiosi quali Donai idi delle Mallere, Prospero Balbo, il Graneri, il De Maistre, Giuseppe Antonio Petitti di Roréto, G. B. Vasco, per parlare solo dei più importanti (1).
Anche il Prato, non ci pare abbia potuto aver notizia di-retta dei documenti, riè crediamo egli abbia potuto aver sot-tomano i Principi fondamentali della scienza di finanze, di-retti dal Napione al marchese Giuseppe Massimino di Ceva, reggente l'ufficio del controllo generale e consigliere di fi-nanze, opera che il Napione scrisse parafrasando e annotando quella del Salmour del 1749 : Pensamento politico economico sopra il commercio e le finanze, e che venne annotata da Da-miano Priocca. Si accontentò di desumerne i giudizi dal Mar-tini (2) al quale sempre si riferisce, mentre lo scrivente ebbe la fortuna di rintracciare tale saggio tra le inesplorate carte racchiuse nei mazzi del fecondissimo Archivio di Stato di Torino.
Delle centoventisei memorie politiche ed economiche ine-dite, ricordate dal Martini, poco ci è rimasto ; di esse poco più di cinquanta sono strettamente economiche. Solo quattro
(1) Il Sauli nel porre in evidenza la larga cultura economica del Napione, dichiara con forse troppa restrizione, come la scienza eco-nomica fosse « poco nota al presente in Piemonte (dopo la restaura-ti zione, nella prima metà dell' 800), nota ancor meno quarantotto
tt anni fa... ». Cfr. Reminiscenze ecc., voi. I, p. 269. Il giudizio è certamente troppo severo, poiché le scienze economiche, come è ormai dimostrato, se non erano ancora penetrate nel pubblico, tuttavia trovavano feconda eco in non pochi fino a ieri ignorati scrittori e memorialisti della seconda metà del '700. Ma al tempo in cui il Sauli scrive, le dottrine nostre avevano già trovato larga risonanza in vasti strati delle popolazioni piemontesi. Si cfr., ad es., il PRATO, Fatti e dottrine economiche alla vigilia del 1848. L'associazione agraria
su-balpina e Camillo Cavour, in tt Biblioteca di storia italiana recente »,
voi. IX, Torino, Bocca, 1921. Si vedano pure i miei Saggi di politica
economica Carlo Albertina, in « Biblioteca della Soc. Storica
Subal-« pina », voi. CXVIII, Torino, 1930.
ne rintracciò la Fusani senza per altro esporne il conte-nuto (1).
11 primo gruppo di questi studi non pare però corrisponda o sia compreso in quello citato dal Martini, il quale, d'altra parte, non pare ci- abbia trasmesso un elenco bibliografico completo dei manoscritti. Il secondo, sulla miseria dei conta-dini, non trova corrispondenza nel titolo, ma nel soggetto di alcuni altri saggi e probabilmente di quello scritto nel 1778 su la scarsa mercede degli operai di campagna o anche di quello scritto nel 1790 Circa il modo di alleviare ai disordini
(1) L'A. ricorda : A) tre « pareri del conte Napione su questioni « di Economia politica » (quali?...): il primo del 1793 e gli altri due del 1817 trovati nell'archivio privato del conte Balbo; B) il saggio:
Si esamina se la miseria dei contadini provenga dagli affittamenti
o da altri motivi, s. d. ; C) Osservazioni intorno agli editti in
materia di Annona, 11 marzo 1817. Questo saggio doveva essere
particolarmente importante data l'epoca in cui venne scritto : coincide, infatti, con la carestia iniziatasi nel 1816 e terminata nella prima metà dell'anno successivo; cfr. A . FOSSATI, Origini e sviluppi della carestia del 1816-1817 negli Stati Sardi di Terraferma,
Torino, Giappichelli, 1929; D) Annotazioni alla scrittura stampata
in Milano in gennaio 1817, intitolata: Problema: quali siano i mezzi piti spediti più efficaci più economici per alleviare l'attuale miseria
del popolo in Europa. Questa « scrittura » non può essere che il
di-scorso popolare del Gioia comparso appunto in Milano in quell'anno e che rappresenta un'acuta disamina contro ogni sorta di pregiudizi che in quel tempo, quali postumi di inveterate idee, inceppavano il commercio, gli scambi, e la produzione granaria. Il Gioia esamina inoltre in questo dotto studio come debba essere organizzata una po-litica di lavori e di acquisti per diminuire la disoccupazione contro