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2.1 - Premessa

Le previsioni della spesa pensionistica recepiscono la stima dei risultati di Contabilità Nazionale per l’anno 2018, pubblicati dall’Istat in sede di notifica il 1 marzo scorso, e i dati di previsione per gli anni 2019-2022 inglobati nel Documento di Economia e Finanza del 2019 (DEF 2019)37. Tali previsioni scontano l’incremento degli importi di pensione conseguente all’indicizzazione ai prezzi, nonché l’effetto imputabile all’avvicendamento fra le pensioni cessate nell’anno e quelle di nuova decorrenza38

.

Per il medio-lungo periodo, le previsioni sono state effettuate coerentemente con le ipotesi del quadro macroeconomico e demografico sottostante agli scenari descritti nel capitolo 1. Pur confermandone completamente le dinamiche, le previsioni della spesa pensionistica in rapporto al PIL presentate di seguito differiscono lievemente da quelle pubblicate nel DEF 2019 a seguito di un aggiornamento del database sottostante che è stato recentemente arricchito con i dati relativi al montante contributivo messi a disposizione dall’INPS.

Il quadro normativo istituzionale di riferimento è rappresentato dalla legislazione vigente a marzo 201939.

Le previsioni tengono pertanto conto, per l’anno 2019 e successivi, degli interventi normativi contenuti nella Legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) e, soprattutto, delle misure in ambito pensionistico previste dal DL 4/2019, convertito con L 26/201940

, le quali

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Per una descrizione delle previsioni di breve periodo, si veda Ministero dell’economia e delle finanze (2019), Sez. II - Analisi e tendenze della Finanza pubblica, § III.2.

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Si tratta del cosiddetto effetto “rinnovo”, il quale è ulteriormente scomponibile nell’effetto “numero”, rappresentato dal saldo tra pensioni di nuova decorrenza e pensioni cessate, e nell’effetto “importo”, riconducibile al differenziale nei relativi valori medi. Inoltre, le previsioni recepiscono gli effetti finanziari conseguenti alla rideterminazione degli importi di pensione sulla base dei supplementi di contribuzione maturati successivamente alla liquidazione della prestazione, ovvero al ricalcolo della medesima, a cui si aggiunge l’eventuale modificazione della quota di arretrati rispetto a quella implicita nella spesa dell’anno precedente. Gli arretrati, infatti, rappresentano, per loro natura, una spesa “una tantum”, per cui contribuiscono ad aumentare la spesa solo nell’anno di erogazione.

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Le previsioni della spesa pensionistica sono elaborate nel presupposto che, come già ipotizzato nella Nota tecnico-illustrativa (NTI) alla legge di bilancio 2017, nel DEF 2017, nel DEF 2018 e nel DEF 2019, l’istituto dell’anticipo finanziario a garanzia pensionistica (c.d. APE di mercato) sia qualificato e classificato in Contabilità Nazionale quale prestito e non come trasferimento monetario diretto a famiglie. Inoltre, sempre come evidenziato nella NTI alla legge di bilancio 2017, nel DEF 2017, nel DEF 2018, e infine, nel DEF 2019, la previsione della spesa pensionistica non include gli oneri relativi all’indennità c.d. APE sociale, in quanto tale istituto non si sostanzia in una prestazione pensionistica ma in un’indennità assistenziale, comunque registrata nell’ambito della complessiva spesa per prestazioni sociali in denaro (D62) delle pubbliche amministrazioni.

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Attuativo di quanto previsto dalla legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) in termini di relativa programmazione finanziaria. La legge di Bilancio n.145/2018 al comma 256 ha istituito il “Fondo per la revisione del sistema pensionistico anticipato e per incentivare l’assunzione di lavoratori giovani” la cui dotazione a regime è di 7000 milioni l’anno a partire dal 2024. I maggiori oneri che conseguono dalle disposizioni in ambito previdenziale del DL n.4/2019 hanno trovato copertura mediante il sostanziale azzeramento della dotazione dell’autorizzazione di spesa in esame fino al 2023. Negli anni seguenti, residuano a normativa vigente nella predetta autorizzazione di spesa delle somme crescenti fino a raggiungere un livello di

Previsioni aggiornate al 2018

esercitano un impatto significativo sulle proiezioni di spesa. Le previsioni scontano la revisione dei coefficienti di trasformazione in funzione della variazione delle probabilità di morte, in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente. La revisione è stata attuata con periodicità triennale, a decorrere dal 2013, e biennale dal 202141. Con analoga periodicità, è stato applicato l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento in funzione delle variazioni della speranza di vita ad eccezione del canale di pensionamento anticipato indipendente dai requisiti di età anagrafica in quanto, a seguito delle misure introdotte con il DL 4/2019 convertito con L 26/2019, il relativo requisito di anzianità contributiva necessario per accedere al pensionamento ,per il periodo 2019-2026, è stabilito non venga adeguato alle variazioni dell’aspettativa di vita e resti costante al livello previsto per il 201842. In ogni caso per i soggetti che maturano i requisiti dal 2019 per tale tipologia di pensionamento anticipato è previsto in via strutturale che il trattamento pensionistico decorra trascorsi tre mesi dalla data di maturazione dei relativi requisiti.

Data la rilevanza dei suddetti automatismi e la significatività delle innovazioni normative introdotte con il DL 4/2019 convertito con L 26/2019, il Box 2.1 fornisce, rispettivamente, un approfondimento relativo alla sostenibilità finanziaria e all’adeguatezza delle prestazioni che vengono garantite attraverso l’operatività dei meccanismi di adeguamento alla speranza di vita dei requisiti di pensionamento e dei coefficienti di trasformazione. La legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019) ha previsto anche una revisione del sistema di indicizzazione per gli anni 2019-2021.

Per una trattazione organica degli aspetti qualificanti del quadro normativo-istituzionale del sistema pensionistico pubblico, integrato con gli interventi legislativi adottati fino a marzo 2019, si rinvia all’appendice 1.

2.2 - Lo scenario nazionale base

L’evoluzione storica e la proiezione di medio-lungo periodo del rapporto fra spesa pensionistica e PIL, ottenuta sulla base delle ipotesi dello scenario nazionale, è rappresentata graficamente nella figura 2.1.

Gli andamenti passati e attesi del rapporto tra spesa per pensioni e PIL sono il risultato dell’interazione fra le componenti demografiche e macroeconomiche, analizzate nel capitolo 1, e il quadro normativo-istituzionale vigente. Con riferimento al lungo processo

circa 4 miliardi annui dal 2028. In questa sede tali stanziamenti residui non ancora normativamente definiti non sono attribuiti a interventi strutturali specifici in ambito pensionistico

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Nello specifico, la L 247/2007 (art. 1, commi 14 e 15) ha potenziato la procedura di revisione dei coefficienti di trasformazione riducendo la periodicità della revisione da decennale a triennale e semplificando il procedimento originariamente previsto dalla L 335/1995 riconducendolo interamente nella sfera dell’azione amministrativa. Il successivo DL 201/2011 (convertito con la L 214/2011), confermando tale ultima impostazione, ha ridotto la periodicità della revisione da triennale a biennale a partire dal 2021 (Appendice 1, lettera B.1). In occasione della revisione del 2013, è stata inoltre disposta l’estensione dei coefficienti fino a 70 anni, rispetto alla fascia di età 57-65 precedentemente prevista, ulteriormente estesa all’età di 71 anni come previsto dalla normativa vigente nell’ambito della revisione avente decorrenza dal 1° gennaio 2019. Per la formula di calcolo e l’aggiornamento dei coefficienti, si veda l’appendice 1, lettera B.1.

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L 241/2007, come modificata dall’art. 24 del DL 201/2011 per i requisiti di età per l’accesso al pensionamento di vecchiaia e per l’assegno sociale. Per il requisito contributivo richiesto per il pensionamento anticipato il DL 4/2019 convertito con L 26/2019 prevede che il requisito sia di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne dal 1 gennaio 2019 al 31 dicembre 2026. Si veda l’appendice 1, lettera C.6.

Automatismi del sistema pensionistico

Processo di riforma

di riforma iniziato nel 1992, gli interventi che maggiormente hanno contribuito al contenimento della dinamica del rapporto fra spesa pensionistica e PIL sono43

:

 l’eliminazione della componente reale dell’indicizzazione delle pensioni ed il passaggio ad un sistema di indicizzazione ai soli prezzi;

 l’introduzione del sistema di calcolo contributivo in base al quale le prestazioni risultano, automaticamente, relazionate sia ai contributi pagati che alla speranza di vita del pensionato e dell’eventuale superstite;

 l’innalzamento dei requisiti minimi per l’accesso al pensionamento di vecchiaia ordinario e anticipato;

 l’adeguamento, su base triennale (biennale dal 2021), dei coefficienti di trasformazione e, con medesima periodicità, dei requisiti di accesso al pensionamento in funzione della speranza di vita44

.

Per contro, i recenti interventi del DL 4/2019 convertito in L 26/2019, quali l’introduzione, in via sperimentale per il periodo 2019-2021, di un nuovo canale di pensionamento anticipato per i lavoratori con almeno 62 anni e con un’anzianità contributiva di almeno 38 anni e, per il periodo 2019-2026, il blocco a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne con il mancato adeguamento alla dinamica della speranza di vita del requisito dell’anzianità contributiva per il canale di pensionamento anticipato indipendente dall’età anagrafica, contribuiscono all’aumento dell’incidenza della spesa pensionistica rispetto al PIL.

La crescita del rapporto spesa/PIL registrata nel biennio 2008-2009, vale a dire nella fase acuta della crisi economica, seppure con intensità minore, prosegue anche nel quinquennio successivo, in ragione della dinamica del PIL complessivamente negativa. La significativa riduzione dei livelli di produzione dovuta alla doppia recessione del 2008-2009 e del 2011, ha modificato proporzionalmente il rapporto spesa/PIL che nel 2013 si attesta su un valore più elevato di circa 2,6 punti percentuali rispetto al livello pre-crisi del 2007, passando dal 13,3% al 15,9%. Successivamente, a partire dal 2015, la spesa pensionistica in rapporto al PIL, in presenza di una crescita economica che torna ad essere leggermente positiva, flette gradualmente portandosi al 15,4%, nel 2016. Tale tendenza prosegue fino a raggiungere un minimo del 15,3% nel biennio 2017-2018.

In fase di proiezione, segue un triennio di rapida crescita del rapporto tra spesa pensionistica e PIL dovuto al sensibile aumento del numero di soggetti che accedono al pensionamento anticipato in virtù dei recenti cambiamenti normativi introdotti con la

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In aggiunta agli interventi elencati, occorre segnalare la riforma del pensionamento di invalidità (L 222/1984) e i successivi interventi di razionalizzazione che continuano a produrre i loro effetti in termini di continua e costante riduzione dello stock di pensioni afferenti a tale categoria.

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Tale adeguamento è effettuato attraverso un procedimento che rientra interamente nella sfera di azione amministrativa e che garantisce la certezza delle date prefissate per le future revisioni. Con decorrenza 2013, l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento è stato adottato con decreto direttoriale del 6 dicembre 2011, pubblicato in GU il 13 dicembre 2011 e quello dei coefficienti di trasformazione con decreto direttoriale del 15/05/2012, pubblicato in GU il 24 maggio 2012. Con decorrenza 2016, l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento (ulteriori 4 mesi) è stato adottato con decreto direttoriale del 16 dicembre 2014, pubblicato in GU il 30 dicembre 2014 e quello dei coefficienti di trasformazione con decreto direttoriale del 22 giugno 2015 pubblicato sulla GU n. 154 del 6 luglio 2015. Con decorrenza 2019, l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento (5 mesi ulteriori) è stato adottato con decreto direttoriale del 5 dicembre 2017, pubblicato in GU il 12 dicembre 2017 e quello dei coefficenti di trasformazione con decreto direttoriale del 15 maggio 2018, pubblicato in GU n. 131 dell’8 giugno 2018. In coerenza con il dettato normativo (articolo 12, comma 12-bis, del DL 78/2010, convertito con modificazioni con L 122/2010), tutte le revisioni dei requisiti di accesso al pensionamento sono state adottate almeno dodici mesi prima della decorrenza dell’adeguamento medesimo.

Rapporto spesa/PIL Periodo 2019-2022 L’impatto di “Quota 100”

LE TENDENZE DI MEDIO-LUNGO PERIODO DEL SISTEMA PENSIONISTICO E SOCIO-SANITARIO – AGGIORNAMENTO 2019

Legge n. 26/2019 secondo i quali, in via sperimentale, per coloro che maturano i requisiti nel periodo 2019-2021, è possibile lasciare il lavoro e pensionarsi in presenza di un’anzianità contributiva di almeno 38 anni e di un’età anagrafica non inferiore a 62 anni (cosiddetta “Quota 100”). Prospettive di crescita economica molto contenute, unitamente a tali innovazioni normative, contribuiscono a far aumentare significativamente il rapporto tra spesa per pensioni e PIL che raggiunge il picco del 15,9% nel 2022.

Negli anni immediatamente successivi il rapporto decresce fino al 15,6% nel 2029. Sottostante a questa dinamica vi è il contributo simultaneo di più fattori di segno contrastante. In particolare, tale andamento è per lo più imputabile alla prosecuzione graduale del processo di innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento e alla contestuale applicazione, pro rata, del sistema di calcolo contributivo. Inoltre, il rafforzamento della crescita economica, supportato sia dall’aumento dei tassi di occupazione sia dalla dinamica della produttività, contribuisce a ridurre il rapporto tra spesa pensionistica e PIL. Tuttavia, il dispiegarsi dei primi effetti negativi della transizione demografica dovuta al pensionamento delle coorti del baby boom, unitamente alle recenti misure adottate nel DL 4/2019 convertito con L 26/2019 che, per il periodo 2019-2026 prevedono la disapplicazione per il canale di pensionamento anticipato indipendente dall’età anagrafica degli adeguamenti all’aspettativa di vita dei requisiti di anzianità contributiva, sono fattori che agiscono in senso opposto, limitando la riduzione del rapporto tra spesa pensionistica e PIL.

Nei quindici anni successivi (2030-2044), il rapporto fra spesa pensionistica e PIL riprende a crescere, dapprima con più intensità e poi in maniera più graduale, fino a raggiugere il picco di 16,1% nel 2044, a causa dell’aumento del numero di pensioni.

Tale incremento dipende sia dalle generazioni del baby boom che transitano dalla fase attiva a quella di quiescenza, sia dal progressivo innalzamento della speranza di vita. Quest’ultimo effetto risulta contrastato dai più elevati requisiti minimi di accesso al pensionamento correlati all’evoluzione della sopravvivenza, che si applicano sia al regime misto che a quello contributivo. Oltre ai noti fattori demografici, l’incremento del numero di pensioni è favorito dalla cessazione dell’effetto di contenimento prodotto dal calo dimensionale delle pensioni di invalidità. Nonostante la contrazione della popolazione in età di lavoro, l’aumento dei tassi di occupazione produce una sostanziale costanza del numero di occupati.

Il deterioramento del rapporto demografico risulta solo in parte compensato dalla riduzione della dinamica della pensione media rispetto a quella della produttività (Fig. 2.2.b), che consegue al completamento della fase di transizione verso il sistema di calcolo contributivo. In questi anni, infatti, hanno accesso al pensionamento le ultime coorti di assicurati assoggettati al regime misto e le prime coorti di assicurati integralmente assoggettati al sistema contributivo, i cui importi di pensione risultano pienamente influenzati dalla revisione dei coefficienti di trasformazione.

Successivamente, il rapporto scende rapidamente portandosi al 15,3% nel 2050, al 13,8% nel 2060 per chiudere al 13,1% nel 2070, con una decelerazione pressoché costante nell’intero periodo. La decrescita del rapporto tra spesa pensionistica e PIL nell’ultima fase del periodo di previsione (2045-2070), è dovuta principalmente alla progressiva stratificazione delle pensioni liquidate integralmente con il sistema di calcolo contributivo che continua a produrre un contenimento della pensione media rispetto ai livelli retributivi. Tale risultato è favorito anche dall’inversione di tendenza del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati la cui crescita tende ad azzerarsi poco prima del 2050, dove raggiunge il livello massimo del 91,8%, per poi flettere negli anni successivi. Periodo 2030-2044: - transizione demografica - calcolo contributivo Periodo 2045-2070 in L 26/2019 Periodo 2023-2029

La spiegazione di tale andamento è da ricercare nella graduale eliminazione delle generazioni del baby boom e nell’adeguamento alla speranza di vita dei requisiti per la maturazione del diritto alla pensione. In quest’ultima fase, cessa l’effetto incrementativo sull’importo medio di pensione prodotto dall’elevamento dei requisiti minimi di pensionamento degli anni iniziali del periodo di previsione, specie in campo femminile, mentre resta l’effetto indotto dall’automatismo che lega gli stessi requisiti minimi alla speranza di vita.

La previsione corrispondente allo scenario nazionale base differisce da quella della Nota di Aggiornamento del DEF 2018 in quanto recepisce : i) le misure di breve periodo e strutturali previste dal DL 4/2019 convertito con L 26/2019, ii) le variazioni del quadro macroeconomico di breve periodo. Inoltre, le proiezioni dello scenario nazionale differiscono lievemente da quelle presentate nella sezione II del DEF 2019 a seguito di un aggiornamento del database sottostante che è stato recentemente arricchito con i dati relativi al montante contributivo messi a disposizione dall’INPS. Tale aggiornamento dei dati sottostanti costituisce l’unica ragione di differenziazione rispetto alla corrispondente previsione riportata nel DEF 2019.

La figura 2.1 mette a confronto la previsione dello scenario nazionale base prima illustrata (curva continua in grassetto) con la previsione precedente sottostante alla Nota di aggiornamento DEF 2018.

Le differenze della spesa in rapporto al PIL fra la curva in grassetto e la curva sottile continua dipendono dagli effetti indotti dalle ordinarie procedure di aggiornamento dei dati di base, dalle dinamiche macroeconomiche di breve periodo ma soprattutto dagli effetti delle misure previste dal DL 4/2019.

Tra il 2018 e il 2040, lo scostamento medio tra le due curve si attesta su un valore pari a 0,3 punti percentuali di PIL, di cui circa 2/3 derivano dall’impatto finanziario delle misure introdotte con la L 26/2019 mentre la restante quota dipende dal deterioramento delle prospettive macroeconomiche di breve periodo intercorso tra lo scorso settembre, al momento della messa a punto della Nota di Aggiornamento al DEF 2018, e lo scorso aprile in coincidenza con la pubblicazione del DEF 2019. La differenza massima tra le due curve della spesa pensionistica in rapporto al PIL si registra nel 2022 ed è pari a circa 0,7 punti percentuali di cui 0,5 punti (pari al 68% dello scarto) sono imputabili ai maggiori oneri prodotti dagli interventi normativi della L 26/2019 mentre la parte rimanente è il risultato del peggioramento atteso delle proiezioni di crescita. Nel periodo 2040-2070, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL si colloca su un livello leggermente inferiore a quello registrato sulla base delle proiezioni della Nota di Aggiornamento al DEF 2018. Lo scostamento tra le due curve, non supera i due decimi di punto ed è pressoché nullo nell’ultimo quinquennio.

Fig. 2.1: spesa pubblica per pensioni - Scenario nazionale base

Spesa in rapporto al PIL e sua scomposizione

2.3 - Analisi dei fattori esplicativi e distributivi

L’obiettivo di questa sezione è quello di fornire informazioni più dettagliate sulle caratteristiche del sistema previdenziale italiano concentrandosi sulle componenti sottostanti alle proiezioni di medio lungo periodo della spesa pensionistica in rapporto al PIL. A questo fine, nel prosieguo vengono presentati i risultati relativi a: i) la scomposizione della spesa pensionistica in sotto-componenti in grado di evidenziare il ruolo delle ipotesi sulla produttività per occupato e della struttura demografica della forza lavoro; ii) la ripartizione della spesa per numero di pensioni e numero di pensionati; iii) un’analisi della spesa per tipologia di prestazione, sesso e comparto e, infine, iv) un’analisi sulla distribuzione di risorse tra popolazione pensionata e popolazione attiva e tra differenti generazioni di pensionati.

Con riferimento alla scomposizione in sotto-componenti della spesa pensionistica in rapporto al PIL, questa può essere rappresentata come il prodotto di due fattori: il rapporto fra pensione media e produttività ed il rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati. Questo secondo rapporto, a sua volta, può essere ulteriormente scomposto nel prodotto di tre indicatori:45

l’indice di dipendenza degli anziani, calcolato sulla popolazione di età fra 20 e 69 anni, l’incidenza del numero di pensioni sulla popolazione anziana (70 anni ed oltre) e il reciproco del rapporto fra il numero di occupati e la popolazione in età di lavoro (fascia di età 20-69 anni).

45

Tradizionalmente, nel calcolo degli indici di dipendenza, la fascia di età della popolazione attiva è compresa fra i 15 e i 64 anni. Tuttavia, in considerazione dei requisiti di pensionamento previsti dalla normativa vigente, il limite superiore della popolazione in età di lavoro è stato elevato da 64 a 69 anni e, coerentemente, il limite inferiore della popolazione anziana è stato incrementato da 65 a 70 anni. Analogamente, in considerazione dell’aumento della scolarità, la fascia inferiore della popolazione in età di lavoro è stata elevata da 15 a 20 anni, con corrispondente rideterminazione del limite superiore della fascia di età dei giovani.

Scomposizione del rapporto spesa/PIL: 12% 13% 14% 15% 16% 17% 18% 2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050 2055 2060 2065 2070 Scenario nazionale base - Nota di Aggiornamento DEF 2018 Scenario nazionale base

La scelta di un’età pari a 70 anni come limite di demarcazione fra popolazione in età di lavoro e popolazione anziana, è motivata dall’evoluzione dei requisiti di accesso al pensionamento previsti dalla normativa vigente. Infatti, il numero di pensioni (pensionati) che, nel lungo periodo, si collocherà al di sopra di tale limite non risulterà sensibilmente influenzato dalla modifica dei requisiti minimi per l’accesso al pensionamento46

né da un’eventuale modificazione delle scelte di pensionamento. Entrambi questi fattori agiranno, invece, sul numero di pensioni (pensionati) con età inferiore ai 70 anni.

Tale scomposizione risulta significativa anche in relazione alla diversa dinamica demografica sottostante alle due fasce di età. Infatti, la popolazione di 70 anni ed oltre è prevista crescere in misura assai rilevante, mentre la popolazione di età compresa fra 55 e 69 anni, in cui si colloca gran parte delle pensioni in pagamento sotto i 70 anni, presenta, nel lungo periodo, un sostanziale allineamento rispetto al livello iniziale. Ciò implica che, a parità di ogni altro fattore esplicativo, le dinamiche demografiche agiscono in maniera molto diversa sui pensionati al di sotto ed al di sopra della soglia dei 70 anni.

È interessante notare come la crescita dell’indice di dipendenza degli anziani

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