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LA PERCEZIONE DEI COSTI È frequente, in sede di colloquio di selezione, che la donna si senta

tasso di occupazione

2.2 LA PERCEZIONE DEI COSTI È frequente, in sede di colloquio di selezione, che la donna si senta

chiedere la propria situazione familiare e se dunque prospetta di avere figli. La sola idea di maternità ha dunque l’effetto di fermare l’inserimento/avanzamento di molte donne che, sempre più e sempre meglio, hanno investito nella loro istruzione e nella loro preparazione professionale.

Ne emerge un’ottica negativa da parte dell’azienda verso la maternità, percepita solo come un vero e proprio costo oltre che una limitazione per la carriera femminile. I datori di lavoro associano il periodo di assenza ad un momento di difficoltà organizzativa per la sostituzione di competenze oltre che ad un aumento dei costi. Tuttavia considerando i bassi tassi di natalità che caratterizzano il nostro paese, risulta difficile pensare che le organizzazioni non siano in grado di gestire la maternità delle proprie collaboratrici e ci si chiede dunque su quali convinzioni si fondano tali stereotipi.

L’osservatorio sul Diversity Management della SDA Bocconi47 ha condotto una ricerca sui costi della maternità per le aziende e per le lavoratrici, con il tentativo di abbattere le suddette credenze, facendole emergere per quello che sono: un pregiudizio sociale e culturale. La ricerca in sé è stata condotta tra il 2008 e il 2009 suddividendola in due fasi: la prima, di natura quantitativa, consisteva nella somministrazione di un questionario a tre diversi interlocutori

47SDA Bocconi è la School of Management dall’Università Bocconi, un’istituzione non profit

che vede il proprio equilibrio economico come mezzo di indipendenza culturale nel lungo periodo.Gli obiettivi e i valori di entrambe e istituzioni sono allineati per utilizzare al meglio le opportunità raggiungibili grazie allo sforzo congiunto.

aziendali (HR manager, responsabili, madri lavoratrici), la seconda, di natura qualitativa, era rivolta all’analisi di alcuni casi aziendali, quali Nestlè - San Pellegrino, Shell, ENI, Kraft Foods, Autogrill).

L’indagine mostra l’esistenza di un costo “vivo” monetario per tutti gli interlocutori che implica una spesa quantificabile con relativi esborsi. Si tratta di costi diretti cioè esattamente quantificabili, derivanti dai congedi di maternità/paternità (approfonditi nel successivo capitolo); il principale è il congedo di maternità obbligatorio, per il quale la madre ha diritto di assentarsi dal lavoro per complessivamente cinque mesi e riceve un’indennità pari all’80 per cento della retribuzione per le giornate indennizzabili calcolata considerando la retribuzione del mese precedente. Normalmente l’indennità è anticipata dal datore di lavoro che poi la recupera nel conguaglio con i versamenti fiscali e contributivi; è, infatti, l’Inps a provvedere all’attribuzione dei contributivi figurativi alla donna in congedo di maternità. Tuttavia il costo diretto per l’azienda non è pari a zero perché deve pagare:

I ratei di ferie, mensilità aggiuntive e TFR per i periodi di assenza; L’integrazione al 100% della retribuzione, se prevista dal contratto collettivo;

L’assunzione in sostituzione di un altro lavoratore (facoltativa) per la quale è prevista la decontribuzione al 50% per le imprese sotto i 20 dipendenti.

Gli altri costi emersi, invece, definiti come costi percepiti, sono di difficile misurazione poiché si riferiscono a voci che non generano una spesa immediata. Essi indicano la percezione dello sforzo che l’impresa deve sopportare per la riorganizzazione del lavoro, la sostituzione della lavoratrice in attesa, l’aggiornamento della stessa al rientro, la possibile perdita di Human Capital e in generale per l’incertezza.

Figura 13

Tipologia di costi della maternità per la madre e per l’impresa

Costi per la madre

Costi per l’azienda (come percepite dai capi

funzione dai HR)

Tipologia di costo Costi sociali (servizi

sostitutivi per la cura dei bambini e per i lavori domestici)

Costo monetario (costi

diretti esaminati

precedentemente)

Costo legato a una spesa identificabile

Pay gap (per mancata

carriera e riduzione retribuzione legata alla mancata presenza)

Competence gap (costo

dedicato al ri- aggiornamento competenze) Costi di sostituzione (riorganizzazione del lavoro, redistribu-zione su un’altra risorsa) Costo di aggiornamento

(della donna al rientro)

Costo della possibile perdita di Human Capital Costo dell’incertezza (relativo all’assenza e variazione di prestazione non programmate) Costo di relazione e di gestione, vicino alle persone

Per la madre dunque sono tre le voci di costo percepite: i costi sociali per i servizi di sostituzione, i quali pesano in misura maggiore (56 per cento) rispetto le altre due tipologie di costo, il pay gap (30 per cento) e il competence gap (14 per cento)48. La proporzione varia anche a seconda del ruolo professionale ricoperto dalla madre, ad esempio le donne dirigenti, quindi posizioni apicali, registrano i più alti costi sociali per la frequenza di utilizzo dei servizi per la cura del figlio, ma di contro hanno un pay e competence gap inferiori riconducibili ad assenze contenute e a competenze già consolidate; mentre per le madri impiegate i costi per colmare le competenze sono più elevati perché riescono meno a restare in contatto con l'ambiente organizzativo nel periodo di assenza.

Figura 14

Le voci di costo della maternità per la madre rispetto il ruolo

I costi di maternità percepiti da parte dei capi sono di natura gestionale e relazionale e preoccupato più del costo vivo: i problemi di riorganizzazione per ricoprire la figura mancante, aggravati dall'incertezza del suo ritorno, assorbono più risorse che non l'esborso monetario per il congedo di maternità. Come si può notare, in Figura 15, i costi di riorganizzazione del lavoro e redistribuzione su un'altra risorsa sono i più alti con una percentuale media del 50 per cento; nel caso della classe operaia, ad esempio, riorganizzarsi costa più che pagare gli oneri del congedo. In generale si osserva che al crescere della posizione ricoperta dalla lavoratrice i costi vivi e di gestione vengono percepiti da parte dell'azienda come più equilibrati, ma aumenta il costo vivo di sostituzione per una persona con più alte qualifiche professionali.

Figura 15

Vi sono poi delle sostanziali differenze in base alla dimensione aziendale: nelle grandi aziende (500-1000) i costi di sostituzione sono i più elevati (59 per cento); nelle aziende molto grandi (>1000) i costi di sostituzione e i costi vivi rappresentano quasi tutto il costo della maternità e si equilibrano; le piccole imprese, invece, devono implementare maggiori prassi per la gestione della maternità come la flessibilità d'orario, colloqui al rientro della maternità, coaching, asili nido, invio di materiale ed aggiornamenti.

Volendo dunque rispondere alla domanda “Maternità, ma quanto ci costi?”, la ricerca evidenzia la maternità come una voce di costo molto contenuta pari allo 0,23 per cento dei costi complessivi della gestione del personale (la maggior parte del costo, infatti, è coperta dall'Inps), “l'equivalente, per fare un esempio, delle spese per cancelleria e toner pro capite”.49 Si presenta come una voce di costo indiretta, collegata, infatti, allo sforzo organizzativo che spesso grava sui capi per gestire l'incertezza di una collaboratrice che può decidere di non tornare più al lavoro, affrontare periodi di assenza non programmati, riorganizzare le risorse formando i sostituti. Per diminuire sostanzialmente i costi, i manager devono gestire l'incertezza, è necessario dunque instaurare un clima di trasparenza che favorisca il dialogo tra capo e madri-lavoratrici. Spesso le donne, ad esempio, ritardano il più possibile il momento in cui comunicare al loro superiore la gravidanza, proprio perché sanno che questa potrebbe segnare la fine della loro carriera e portarle ad essere messe da parte o dimenticate, senza più corsi di formazione o incarichi di responsabilità; è evidente che un comportamento simile si ripercuote su tutta l’organizzazione giacché aumenta il grado d’incertezza da gestire, rendendo ancora più complicata la ricerca di sostituti.

I disagi legati alla maternità si ridimensionano laddove l'azienda riesce a favorire la creazione di ambienti aperti al dialogo, grazie a dei capi sensibili alle esigenze del personale e predisposti all'ascolto e promuovendo le competenze

relazionali delle future madri. Questa predisposizione favorisce anche il rientro della collaboratrice al fine di proseguire nella propria carriera oltre che un più facile equilibrio tra il lavoro e la vita privata.

Grazie al contributo della ricerca si può concludere affermando che “è errato considerare la maternità un costo: la maternità è un fatto aziendale che va gestito sicuramente dal punto di vista monetario, ma anche dal punto di vista delle prassi di gestione, delle politiche aziendali e delle competenze relazionali dei capi e dei lavoratori che possono facilitare la riorganizzazione e programmazione del lavoro”50.

50Osservatorio sul Diversity Management in collaborazione con Assolombarda, Maternità, ma

quanto ci costi? Un’analisi estensiva sul costo di gestione della maternità nelle imprese italiane, 2008-2009.

I. IL CASO REGIONE DEL