• Non ci sono risultati.

87 

Capitolo III

La pericolosita’ sociale del soggetto tossicodipendente

SOMMARIO: 1. La pericolosità sociale. – 2. L’accertamento nel giudizio di

pericolosità sociale. – 3. Gli interventi della Corte Costituzionale sulle presunzioni di

pericolosità. – 4. L’art. 31 della legge n. 663 del 1986 e l’abolizione delle presunzioni di

pericolosità. – 5. La valutazione della pericolosità sociale negli orientamenti della

psichiatria. – 6. L’applicazione delle misure di sicurezza: dalla fase di cognizione alla

fase di esecuzione.

1. La pericolosità sociale

La nozione di 'pericolosità sociale' fa ingresso nell'ordinamento giuridico italiano con il

codice del 1930. Tale nozione presenta un vasto e complesso retroterra

storico-ideologico, essendo stata al centro della polemica che, tra la fine dell''800 e la prima

metà del '900, animò il dibattito fra la Scuola positiva e la Scuola classica del diritto

penale.

La Scuola positiva muoveva dalla premessa che il reato dovesse essere considerato

fenomeno naturale determinato da fattori criminogenetici e non da una scelta individuale

suscettibile di un giudizio di responsabilità morale. L'intervento penale quindi non

poteva orientarsi alla retribuzione dell'illecito commesso, né avere esclusivamente una

 

88 

finalità repressiva, ma traeva il proprio fondamento dalla necessità della prevenzione

finalizzata alla difesa sociale contro il delitto. La sanzione penale doveva essere

adeguata al rischio che l'autore del reato rappresenta per la società e tendere

esclusivamente ad impedirne la recidiva.

La proposta della Scuola Positiva venne così ad incentrarsi sul problema della

pericolosità del reo, per la prima volta individuata, nei suoi fattori costituenti essenziali,

come giudizio prognostico sulla capacità dell'individuo di commettere nuovi reati,

nonché come centro di imputazione di un giudizio non fondato sul rimprovero per la

colpevolezza dell'azione, ma sulla necessità di prevenire la commissione di ulteriori

reati

82

.

Come osserva Tullio Padovani, in tale prospettiva il reato perde il suo significato 'reale'

(ovvero di illecito caratterizzato da un preciso disvalore obbiettivo e soggettivo al quale

si riporta la pena), ed acquista una rilevanza 'sintomatica' nel complesso delle

caratteristiche psicologiche, antropologiche e sociali del reo, al fine di valutarne la

pericolosità

83

.

Il concetto di pericolosità sociale sul quale si fondava la ideologia della Scuola Positiva

comportò, secondo Franco Tagliarini, delle profonde contraddizioni e discrepanze nel

nuovo sistema penale proposto, poiché venivano chiamati in gioco sia la funzione del

nuovo concetto di pericolosità, sia la sua operativa compatibilità con le garanzie dei

diritti di libertà del cittadino, sicuramente affermati dalla tradizione classica del diritto

penale

84

. Sotto il primo profilo era necessario definire il presupposto di fondo di tutto il

sistema, e cioè se il giudizio di pericolosità potesse prescindere dall'effettiva

commissione di un reato, ovvero dovesse sempre avere per necessario presupposto la

presenza di una compiuta azione delittuosa. Sotto il secondo profilo, si apriva la

prospettiva di poter prescindere dal rapporto di proporzionalità fra misura della pena e

misura della colpevolezza, onde poter commisurare l'efficacia preventiva della sanzione

       

82

 F. Tagliarini, Enciclopedia del diritto, vol. XXXIII, voce Pericolosità, Giuffrè, Milano 1983, p. 15. 83

 T. Padovani, La pericolosità sociale sotto il profilo giuridico, in F. Ferracuti (a cura di), Trattato di Criminologia, Medicina

criminologica e Psichiatria forense, vol. XIII, Giuffrè, Milano 1990, p. 313.

84

 

89 

alle concrete possibilità di reinserimento del reo, giungendo alla configurazione di una

sanzione indeterminata nella sua durata.

Molte delle critiche avanzate dagli autori della Scuola classica rimasero senza risposta.

Tuttavia nell'ambito della disputa tra positivisti e classicisti sorsero e si affermarono

nuovi indirizzi che cercarono una sintesi dei due opposti, riconoscendo l'utilità dei

principi enunciati dalla Scuola positiva anche se contemperati dall'esperienza della

Scuola classica.

Su tali premesse il legislatore del '30 mutò sostanzialmente l'assetto classico del codice

penale Zanardelli, codificando il concetto di pericolosità sociale, attraverso

l'introduzione del cosiddetto sistema del 'doppio binario'

85

.

Invero la pericolosità sociale introdotta dal codice Rocco, fu simile ma non coincidente

con la pericolosità propugnata dai positivisti, essendo a differenza di quest'ultima:

a. una caratteristica non necessaria ma eventuale dell'autore di reato;

b. un presupposto per l'applicazione delle misure di sicurezza e non della pena;

c. una caratteristica non permanente dell'autore di reato, essendo previsto il riesame

della pericolosità

86

(art. 208 c.p.).

Con l'introduzione del sistema del doppio binario, da un lato si mantenne immutato il

criterio della imputabilità e della pena retributiva, collegate alla colpevolezza dell'agente

e, dall'altro lato, si accettò e codificò il principio della pericolosità quale presupposto per

l'applicazione delle misure di sicurezza, aventi funzione di prevenzione speciale, ed

applicabili ai soggetti imputabili e non.

Il sistema del 'doppio binario', costruito sulle coppie 'responsabilità-pena' e

'pericolosità-misura di sicurezza', trova la sua ratio nella diversità di funzioni che sono assegnate

rispettivamente alla pena e alla misura di sicurezza.

       

85

Il codice Zanardelli all'art. 11 prevedeva solo le pene e non le misure di sicurezza, ponendo a fondamento della pena l'imputabilità e la colpevolezza del reo.

86

 

90 

Per Padovani, la pena è dominata da un'idea di prevenzione generale mediante

intimidazione, la misura di sicurezza ha una specifica finalità di prevenzione speciale,

mediante riabilitazione o neutralizzazione a seconda delle caratteristiche personologiche

del delinquente. La riabilitazione emerge dall'esigenza di adottare, nel trattamento

esecutivo di tali soggetti, "un particolare regime educativo o curativo e di lavoro, avuto

riguardo alle tendenze e alle abitudini criminose della persona, ed in genere, al pericolo

sociale che da essa deriva" (art. 213 c.p. comma 3).

La neutralizzazione costituisce una finalità immanente alla durata indeterminata delle

misure di sicurezza che, non potendo essere revocate "se le persone ad esse sottoposte

non hanno cessato di essere socialmente pericolose" (art. 207 comma 1 c.p.), consentono

una difesa preventiva suscettibile di protrarsi indefinitamente.

L'art. 203 c.p. comma 1, stabilisce:

agli effetti della legge penale è socialmente pericolosa la persona anche se

non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluni dei fatti indicati

nell'articolo precedente (ovvero un fatto di reato o di quasi-reato), quando è

probabile che commetta nuovi fatti previsti dalla legge come reato.

Da tale disposizione risulta che il legislatore ha inteso accogliere due principi

fondamentali. Da un lato ha sancito che presupposto indispensabile per la dichiarazione

di pericolosità è la commissione di un fatto che la legge in astratto configura come

reato

87

, escludendosi così le tendenze più estreme del positivismo che volevano che il

giudizio di pericolosità fosse svincolato da tale presupposto.

L'unica eccezione è data dalle ipotesi indicate negli artt. 49 e 115 c.p., le quali

contemplano rispettivamente il reato impossibile, e la istigazione ad un delitto non

accolta o l'accordo criminoso non seguito da reato. Si tratta nella sostanza di ipotesi nelle

quali vi è una volontà delittuosa pienamente manifestata, senza che ad essa sia seguita

l'azione. È questa una specifica eccezione ai principi generali del nostro ordinamento

       

87

Art. 202 comma 1 c.p.: "Le misure di sicurezza possono essere applicate alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato".

 

91 

penale, talché si è ritenuto di configurare il concetto di 'quasi reato' per le fattispecie

appena indicate.

Dall'altro che l'essenza della pericolosità debba consistere nella probabilità che il

soggetto possa compiere in futuro, non fatti genericamente contrari agli interessi della

collettività, ma fatti specificamente configurabili quali fattispecie di reati.

Poiché nella definizione contenuta nell'art. 203 comma 1 c.p., sia l'elemento indiziante,

sia quello indiziato, sono costituiti da illeciti penali, in dottrina si è ritenuto che fosse più

appropriato parlare di 'pericolosità criminale' piuttosto che di 'pericolosità sociale'. La

prima denominazione è sembrata la più soddisfacente rispondendo alla esigenza di

stabilire l'elemento essenziale da cui la pericolosità deve ricevere la sua qualificazione.

Tra gli autori della Scuola Positiva Ferri aveva operato una specifica distinzione tra

pericolosità sociale, intesa come proclività a porre in essere condotte antisociali non

sostanziantisi nella violazione di norme penali, e pericolosità criminale, intesa come

probabilità da parte di colui che abbia commesso reati di delinquere ancora. Ed è proprio

a quest'ultima figura che si ispira la nozione di pericolosità adottata dal codice

88

.