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Il presente contributo vuole occuparsi dell'evoluzione diacronica di un gruppo di costruzioni dell'italiano, osservandone le prime attestazioni nei corpora a disposizione, ricercandone i collocati tipici in ogni fascia temporale, ricostruendone il significato a partire dai lessemi con cui si combinano maggiormente ed osservando come cambiano nel tempo i parametri indicatori di produttività come la frequenza relativa, la type frequency, il numero di hapax e il numero di nuovi verbi con esse combinati. In pratica osserveremo tramite procedimenti distribuzionali l'evoluzione dello spazio semantico pertinente alle costruzioni, verificando quali tipi semantici esse hanno attratto nelle varie fasi della loro storia.

Per uno studio di questo tipo, un buon candidato quanto a frequenza, produttività e schematicità è costituito proprio da quel gruppo di costruzioni che abbiamo deciso di analizzare in questo contributo. Si tratta delle costruzioni gerundivali, in cui un gerundio dipende da un verbo parzialmente desemantizzato con significato locativizzante o di movimento. Ci riferiamo alla cosiddetta costruzione continua andare/venire + gerundio e a quella progressiva stare + gerundio (Bertinetto, 1989-90: 29-47):

[1] (a) La folla va aumentando. (b) La nave si viene avvicinando. (c) La ballerina sta danzando.

Oltre alla perfetta compatibilità di questo oggetto di studio con la cornice teorica di riferimento adottata, suscita il nostro interesse la grande diffusione nel dominio romanzo di questo tipo di costruzione, in quanto in tutte le lingue romanze tranne che in rumeno si trova almeno una costruzione gerundivale con un verbo di movimento (Squartini, 1998: 208), mentre costruzioni generalmente gerundivali si trovano anche in lingue appartenenti ad altre famiglie (cf. la costruzione perifrastica inglese to be + V-ing). Le perifrasi verbali dell'italiano, e in particolare quelle gerundivali qui trattate, sono state ampiamente analizzate da vari studiosi, in particolare da Bertinetto e Squartini. Proponiamo qui una rassegna della letteratura su questo argomento, che vada ad esemplificare restrizioni, significato ed evoluzione diacronica delle costruzioni.

3.1. Costruzione o perifrasi?

La prima questione riguarda la delimitazione del concetto di perifrasi. Bertinetto (1989- 90: 27-28) intende con questa denominazione una struttura linguistica caratterizzata da alcune proprietà che la riguardano a livello globale: integrazione semantica dei suoi costituenti, struttura morfologica propria, determinate restrizioni sui modificatori ammessi, fenomeni di generalizzazione sul piano lessicale, una certa rilevanza tempo- aspettuale. Vista la mancanza di un quadro di riferimento ampiamente condiviso circa lo statuto di quest'oggetto, preferiamo assumere il concetto di costruzione proprio della Construction Grammar e alla luce di questo quadro teorico possiamo sostituire in questa trattazione il termine perifrasi con costruzione, riallacciandoci a tutti quei lavori che trovano nella Construction Grammar un valido sfondo teorico di riferimento. Dove useremo l'espressione perifrasi a scopo di variatio o in continuità con la bibliografia esistente, essa sarà intesa nel medesimo senso del termine costruzione, che va ad identificare “any linguistic pattern, where some aspects of its form or function is not strictly predictable from its component parts or from other constructions, or fully predictable with sufficient frequency” (Goldberg, 2006: 5).

Trattiamo adesso separatamente le tre costruzioni. Scopo della presente analisi sarà delinearne i vincoli, il significato, la produttività e in particolare l'interazione e la divisione del dominio semantico tra le tre perifrasi. Queste indicazioni tratte dalla letteratura sull'argomento saranno poi confrontate con i risultati ottenuti dall'applicazione di metodi di semantica distribuzionale a dati estratti da corpora diacronici.

3.2. Costruzione progressiva

3.2.1. Status di costruzione

Si tratta della locuzione verbale stare + gerundio, caratterizzata da una certa inscindibilità sintattica (Bertinetto, 1989-90: 29) e dalla desemantizzazione del verbo principale che presenta funzione di semiausiliare7 (Giacalone Ramat, 1995: 169-171).

Lo status di costruzione risulta evidente da vari indizi distribuzionali, in primis la sua grande frequenza, che basta da sola a identificare la cooccorrenza dei due elementi come costruzione. Altri fattori importanti sono l'occorrenza del verbo stare anche con verbi di movimento, che dimostra la parziale desemantizzazione del verbo:

[2] (a) Sto andando a Roma.

(b) Luca sta correndo da mezz'ora.

Se stare mantenesse il suo significato di assenza di movimento e conservazione di una posizione statica, non potrebbe combinarsi con un verbo che indica movimento (negli esempi appena citati, andare e correre), cioè un'azione incompatibile con la semantica del verbo stare (Bertinetto, in Renzi, Salvi & Cardinaletti, 1991: 131). Nonostante la sua quasi totale grammaticalizzazione, stare mantiene però la sua natura locativa in una particolare accezione. Non sta infatti ad indicare una posizione statica rispetto al movimento fisico, ma localizza l'azione significata dal gerundio sull'asse temporale ed è parafrasabile con l'espressione “essere nel mezzo di” (Brianti, 1992: 147).

Ulteriore indizio di perifrasticità deriva dal fatto che il verbo stare, quando appare in questa costruzione, è soggetto a restrizioni morfologiche. In italiano contemporaneo, quando si trova in questo contesto esso non può essere coniugato in un tempo perfettivo: [3] *Ieri Marco stette leggendo in cucina per due ore.

Questo difettivismo è indice di perifrasticità, in quanto la perifrasi risulta talmente integrata col sistema morfologico da selezionare solo alcune categorie aspettuali (Bertinetto, in Bernini & Giacalone Ramat, 1990: 336-337), la quale si manifesta attraverso vari indici, tra cui la perdita di proprietà specifiche della categoria di verbo da parte di stare come l'incompletezza del paradigma e la desemantizzazione che lo porta a combinarsi con verbi di movimento (Giacalone Ramat, 1995: 176). Anche la posizione del clitico sul gerundio o la sua risalita a sinistra del verbo di movimento, possibile solo dopo la rianalisi VP[V[V]] > VP[Aux+V] (id.: 183), è un'ulteriore indice di grammaticalizzazione, processo che spesso porta alla nascita di una costruzione grammaticale:

[4] (a) Maria stava dicendolo. (b) Maria lo stava dicendo.

È stata anche sottolineata una certa compattezza sintagmatica di questo costrutto, così come delle altre perifrasi gerundivali: se vi è materiale linguistico che separa il verbo al gerundio dal semiausiliare, esso appartiene quasi sempre a una tipologia ristretta ad alcuni tipi ricorrenti di avverbi. Il rispetto di condizioni di adiacenza dei membri costituenti è anch'esso indice di perifrasticità (Bertinetto, 2003: 111-112).

L'opportunità di trattare la perifrasi come una vera e propria costruzione la cui semantica è in parte non composizionale risulta dunque pienamente motivata dall'interazione di vari indici.

3.2.2. Storia

Secondo Bertinetto (2000: 561-562), questa struttura grammaticale si troverebbe, sebbene in modo molto marginale, già in latino tardo in autori di stile non elevato, in particolare in testi cristiani, dunque in un tipo di letteratura vicina al parlato, con frequenza tuttavia decrescente e in concomitanza con altre forme concorrenti (esse/stare + gerundio, esse/stare + participio presente). Essa sembra poi sparire del tutto in italiano antico: tra le perifrasi durative di questo periodo troviamo andare/venire + gerundio e stare a + infinito, viceversa stare + gerundio è del tutto assente (Squartini, 2010: 541). I rari casi della costruzione riscontrati manterrebbero il significato letterale del verbo stare: nell'esempio 5, stando combattendo significherebbe stando fermi, resistendo (Egerland, in Renzi & Salvi, 2010: 920):

[5] Questi insieme, come due muri, né fuggire, né cacciare neuna volta sono costretti, acciocchè gli ordini non turbino, ma vegnendo gli avversarj ricevono, e stando combattendo con loro si defendono, e mettongli in caccia [fuga] (Bono Giamboni, Vegezio).

Nell'eventuale tentativo di attribuire già alle prime attestazioni in latino volgare e nei primi testi italiani un significato alla perifrasi, essa indicherebbe un'azione durativa in corso: stare manterrebbe il suo senso lessicale di localizzazione e significazione di uno stato e il gerundio avrebbe valore aggettivale ricevendo un'interpretazione predicativa

come un odierno gerundio di maniera (Brianti, 1992: 240-241):

[6] (a) E stando Medea in tanto dolore e miseria per l'isola mangiando l'erbe e le radici selvazie (Libero Trojano).

(b) E la madre sua Claudia istando al sepolcro piangendo Eugenia sua figliuola... (Fra Domenico Cavalca, Vite scelte de' S. Padri volgarizzate).

(c) Più di quattr'ore steo sempre tenendo scoperto tutto dinanti e dirieto (Sercambi II, 14).

Secondo Brianti (id.: 147), che analizza un corpus di testi toscani in prosa risalenti ai secoli XIII-XVI, in italiano antico ricorre più frequentemente la variante concorrente con ausiliare essere (attestata ancora nel XV sec., cf. li boi eran arando, Bonvesin, in Bertinetto, 1989-90: 30), a cui gradualmente si va sostituendo la perifrasi con semiausiliare stare. Stare + gerundio emerge timidamente, attraversa un periodo di crisi nel XVII-XVIII sec., per risalire nella prima metà del XIX sec. con la nuova interpretazione imperfettiva-puntuale, mentre prima esprimeva solo una generica duratività di stato e non di un processo trasformativo, in accordo con il valore semantico del verbo (troviamo dunque fin da subito esempi come sta aspettando, ma non sta accadendo o sta andando, che identificano processi e non attività durative). Nel secondo dopoguerra incontra poi un grande sviluppo, secondo Durante (1981: 268-269) sotto l'influsso della progressive form inglese.

Squartini (1990) ha condotto un'analisi distribuzione su un corpus di giornali e narrativa che riguarda la prima metà dell'Ottocento da una parte, dall'altra il piccolo intervallo temporale 1985-1988. In quest'ultimo periodo la costruzione con stare aumenta fortemente la sua frequenza relativa passando dallo 0.01% allo 0.06% circa (nella produzione giornalistica, dodici volte più frequente delle altre due costruzioni messe insieme). Oltre all'aumento di frequenza in netto contrasto con le altre due costruzioni, osserviamo un arricchimento morfologico a livello delle forme del verbo stare utilizzate ed il riequilibrio di distribuzione delle forme presente/imperfetto all'interno dei due generi testuali presi in considerazione, cioè giornali e narrativa. Quest'estensione nelle forme morfologiche del verbo ammesse nella costruzione è indice di una maggior produttività della perifrasi, in quanto testimonia un allargamento dei suoi contesti d'uso e

una maggiore familiarità del parlante con essa. Viceversa scompaiono le forme perfettive, che invece aumentano la loro frequenza nella costruzione continua, testimoniando una specializzazione della costruzione verso la codifica di contesti imperfettivi.

La notevole presenza di forme perfettive negli scrittori del primo Ottocento dimostra l'influenza degli autori precedenti su questa produzione, più che testimoniare un uso effettivamente vitale, come conferma anche il numero ristretto di verbi che compaiono nella perifrasi con il semiausiliare all'aspetto perfettivo (cf. stette aspettando in Manzoni, I promessi sposi: 458, o stette aspettando in Fogazzaro, Piccolo mondo antico: 87) (Bertinetto, 2003: 101-102). L'insorgere di specificazioni lessicali indica l'obsolescenza di questo costrutto al perfettivo, cioè che la struttura non è ancora grammaticalizzata o sta subendo un processo di ricategorizzazione funzionale (Bertinetto, 2000: 566-67). È effettivamente in questo periodo che si completa anche nella lingua scritta il mutamento della perifrasi da segnale di generica duratività (l'uso con i tempi perfettivi, possibile all'inizio dell'Ottocento, è in effetti compatibile solo con una visione durativa) a strumento di focalizzazione (ibid.), come vedremo più avanti.

3.2.3. Odierne restrizioni e condizioni d'uso

Veniamo ora all'analisi del profilo distribuzionale della costruzione attraverso le restrizioni cui è soggetta.

3.2.3.1. Restrizioni morfologiche

La costruzione non ricorre al passivo (7a), ma secondo Squartini (1998: 108) potrebbe trattarsi di un problema di ausiliare, in quanto essa rifiuta il passivo con essere che è un verbo stativo, ma non con venire che è telico. Non compare neanche all'imperativo (7b), è molto rara all'infinito e non ammette i tempi perfettivi (7c):

[7] (a) *Il pranzo sta essendo servito al piano di sotto. (b) *Sta lavorando, fannullone!

(c) *Stette camminando per un bel pezzo. (Bertinetto, 1989-90: 31).

I tempi perfettivi erano invece possibili in italiano antico e lo sono ancora oggi nelle costruzioni equivalenti presenti nelle lingue iberiche e in inglese (Squartini, 1998: 73-

74):

[8] (a) Stette buona pezza il cavaliere pensando su questa lettera. (Brusoni). (b) Ayer Pilar estuvo hablando con Jaime durante dos horas.

*'Ieri Pilar stette parlando con Jaime per due ore.' 3.2.3.2. Restrizioni azionali

3.2.3.2.1. L'azionalità

Introduciamo in primo luogo il concetto di azionalità e le categorie che intendiamo utilizzare in questa trattazione.

L'azionalità (o Aktionsart) definisce il tipo di evento significato da un predicato. Il concetto di azione è di natura semantica ed è ancorato nel lessico, facendo riferimento al significato dei singoli lessemi verbali e mancando generalmente di marche morfologiche esplicite. Le caratteristiche azionali di ogni predicato sono comunque in certa misura dipendenti dal contesto in cui esso viene utilizzato, così che le considerazioni semantiche spesso non bastano e vanno verificate anche le specifiche proprietà sintattiche del verbo in contesto (Bertinetto, 1986: 83-88).

Il tipo di azione significata dal verbo può essere descritta tramite diversi parametri semantici, la cui combinazione va ad identificare diversi tipi verbali. Le classi azionali qui considerate sono quelle proposte da Bertinetto (1986: 245-321), del tutto equivalenti alle suddivisioni vendleriane (1967) che riportiamo tra parentesi in corrispondenza di ogni categorizzazione utilizzata, ampliate con l'aggiunta della classe secondaria degli incrementativi secondo l'uso già di Squartini (1990). Questa classificazione considera i tratti azionali della duratività, statività e telicità, a cui si può attribuire un valore per ogni lessema tramite una batteria di test sintattici (ad esempio la compatibilità di un verbo con l'avverbiale in x tempo permette di giudicare il verbo come [+telico], e così via). L'opposizione durativo vs non durativo identifica processi o stati che si prolungano nel tempo oppure processi rapidi in cui per approssimazione il punto di inizio dell'evento coincide con il suo punto finale, il contrasto stativo vs non stativo indica uno stato (permanente o non) oppure un processo, mentre i verbi telici identificano processi finalizzati al raggiungimento di una certa meta. I verbi contrassegnati dal tratto di telicità, cioè verbi orientati verso il raggiungimento di uno scopo, conseguentemente

anche dinamici, si dividono in due classi a seconda che l'azione da essi significata sia durativa o meno. I tratti semantici [+telico, -stativo, +durativo] definiscono la classe dei risultativi (accomplishment: es. fabbricare, digerire, mangiare una mela, risolvere un problema), mentre la mancanza di duratività (codificata dal tratto [-durativo]) individua il gruppo dei verbi trasformativi (achievement: es. partire, riconoscere, restituire, nascere), in cui di solito il telos consiste in un mutamento di stato dell'agente o del paziente tale da poter essere rappresentato come istantaneo. Nel caso di verbi non orientati verso il compimento di un obiettivo, se l'azione da essi indicata possiede una certa durata e indica un'attività ([-telico, +durativo, -stativo]) allora avremo a che fare con i continuativi (activity: es. camminare, mangiare, piangere), mentre se l'azione non è dinamica bensì rappresenta uno stato [-telico, +durativo, +stativo] essa è significata da un verbo stativo (state: es. assomigliare, sapere, essere malato, possedere). A queste classi principali si aggiungono quella dei puntuali, verbi non stativi, non durativi e non telici, che indicano eventi di durata momentanea non finalizzati al raggiungimento di un telos (es. starnutire, pungere), e quella degli incrementativi, telici durativi come i risultativi, ma che si differenziano da questi ultimi in riferimento al grado e al tipo di telicità. Verbi come crescere, invecchiare, ingiallire presentano una struttura semantica in cui una qualità del soggetto aumenta o diminuisce. Viene espresso un graduale accostamento alla meta, ma allo stesso tempo il punto finale resta spesso indeterminato ed il raggiungimento è virtuale più che effettivo.

Includiamo nella nostra analisi i verbi incrementativi perché la loro struttura semantica è stata giudicata dalla letteratura sull'argomento esemplificativa della semantica della costruzione continua (andare/venire + gerundio). Sebbene altre classi ibride siano state categorizzate, abbiamo deciso di limitarci alla considerazione di questi sei raggruppamenti, per quanto gli incrementativi possano essere considerati una sottoclasse dei risultativi e i puntuali risultino spesso (e in particolare nelle rare occorrenze all'interno delle costruzioni qui analizzate) una specie di continuativi derivati, identificando non un singolo evento ma una serie di piccoli eventi ripetuti.

Da tenere ben presente è la natura composizionale dell'azionalità: essa non si trova espressa solo a livello di lessema verbale, ma anche nella sintassi a livello contestuale.

Molti verbi se combinati con un oggetto definito acquistano il tratto [+telico], come mangiare/mangiare una mela. Anche la combinazione con avverbi o complementi di un certo tipo (lavarsi per un'ora/lavarsi in un'ora) o la realizzazione di un tempo verbale corrispondente a un certo aspetto (ieri Maria ha disegnato il proprio ritratto/ieri Maria disegnava il proprio ritratto) può mutare la classe azionale di un lessema.

3.2.3.2.2. Le restrizioni azionali della costruzione

Torniamo ora alla costruzione progressiva. Essa non ricorre con verbi stativi (a meno che non siano interpretabili in accezione non stativa):

[9] (a) *Sta possedendo un'automobile.

(b) Sta avendo un notevole successo. (Bertinetto, 1989-90: 32).

Con i trasformativi si introduce la valenza imminenziale (cf. 10a) (parafrasabile con la locuzione stare per) senza imporre una durativizzazione contestuale ma solo segnalando che la situazione è in corso (Squartini, 1998: 86), mentre con i risultativi quella di conato (cf. 10b) (parafrasabile con l'espressione stare cercando di) (Bertinetto, in Renzi, Salvi & Cardinaletti, 1991: 132):

[10] (a) L'autobus sta partendo.

(b) La madre stava apparecchiando, mentre suo figlio toglieva le stoviglie dal tavolo.

L'aumento di tolleranza verso gli stativi e la presenza ancora ben rappresentata di continuativi riscontrati da Squartini (1990) negli anni '80 rispetto alla prima metà dell'Ottocento indicherebbe tre usi diversi della perifrasi a seconda dell'Aktionsart del verbo con cui si combina, tutti a sfondo durativo: “visualizzazione dell'evento come processualità graduale e incrementativa (con i telici),” “visualizzazione di un evento durativo rispetto al quale viene focalizzato un singolo istante (in alcuni casi di continuativi e stativi)”, “visualizzazione di un evento genericamente durativo (in alcuni casi di continuativi e stativi)” (Squartini, 1990: 194).

3.2.3.3. Restrizioni semantiche

La costruzione tende a rifiutare situazioni abituali (cf. 11a), così come la reggenza di verbi modali (cf. 11b) (ammessa solo nel caso in cui il modale abbia senso epistemico, cf. 11c), non ricorre con verbi che reggono l'infinito se questo esprime un valore

aspettuale in contrasto con il progressivo, come ad esempio l'abituale (cf. 11d) (Bertinetto, in Renzi, Salvi & Cardinaletti, 1991: 133):

[11] (a) *Quando arrivo alla stazione, l'altoparlante sta spesso annunciando un ritardo. (Bertinetto, 1989-90: 32).

(b) ??Adesso tu devi star lavorando. (id.).

(c) A quest'ora Paolo deve star viaggiando verso Madrid. (Squartini, 1998: 77). (d) *Soleva star dicendogli delle frottole. (Bertinetto, in Renzi, Salvi & Cardinaletti, 1991: 133).

3.2.3.4. Restrizioni sintattiche

La perifrasi si trova raramente in entrambi i membri di un costrutto correlativo (12a) o in entrambe le proposizioni di una frase temporale (12b) poiché nei casi di due situazioni contemporanee non è possibile ancorare l'evento ad un istante di focalizzazione (Bertinetto, 1989-90: 33):

[12] (a) ??Più stiamo studiando, più ci stiamo impegnando. (b) ??Mentre stiamo studiando, Marco sta chiacchierando. 3.2.4. Caratterizzazione semantica

Sulla base di quanto già accennato circa il comportamento e la storia della costruzione, vediamo ora di identificarne i tratti semantici fondamentali, attraverso il confronto con l'aspetto progressivo, quello genericamente imperfettivo, la statività, la duratività.

3.2.4.1. Il rapporto con l'aspetto 3.2.4.1.1. L'aspetto

Il concetto di aspetto (Bertinetto, 1986: 75-80) fa riferimento al punto di vista prospettico assunto dal locutore rispetto all'evento descritto. Le proprietà aspettuali emergono dalla considerazione di un determinato processo solo dal punto di vista della modalità di svolgimento e non della sua localizzazione temporale. Un evento può essere considerato globalmente come un singolo processo non ulteriormente analizzabile, può essere visualizzato durante il suo svolgimento, può evidenziare la duratività del suo risultato e così via. La distinzione fondamentale tra aspetto perfettivo e imperfettivo codifica la differenza tra un'azione vista nella sua interezza e completezza e un evento

visualizzato secondo un punto di vista interno al suo svolgimento senza un intervallo delimitante che possa individuarne un punto di inizio e un punto finale. In una frase come quel mattino, Giovanni andava a scuola, l'azione è visualizzata come un processo nell'atto di svolgimento, dunque in modo imperfettivo. Viceversa, se adottiamo un tempo perfettivo come il passato remoto, presentiamo l'evento come concluso focalizzandone in particolare il risultato: nella frase quel mattino, Giovanni andò a scuola più che visualizzare Giovanni durante il suo cammino lo vediamo già seduto ai banchi di scuola. L'aspetto, a differenza dell'azionalità, viene espresso solitamente attraverso strumenti morfologici come i tempi verbali. Non va confuso con il riferimento temporale, in quanto l'aspetto è indifferente a qualunque problema di localizzazione dei singoli eventi o del rapporto tra di loro, ma riguarda la valenza semantica della diversa visualizzazione di un processo adottata volta per volta dal locutore.

3.2.4.1.2. Compatibilità aspettuale

Nelle lingue romanze, l'aspetto progressivo non è necessariamente veicolato da particolari mezzi morfosintattici, come la perifrasi progressiva, ma il semplice uso i tempi imperfettivi è adeguato alla rappresentazione dell'aspetto (Bertinetto, 2000: 559). Le condizioni d'uso della perifrasi progressiva dunque non coincidono con la caratterizzazione semantica dell'aspetto progressivo. Tuttavia quest'ultimo ha come suoi tratti peculiari comuni alla costruzione progressiva l'esistenza di un momento (istante di focalizzazione) in cui si osserva il processo verbale nel corso del suo svolgimento, la prosecuzione indeterminata del processo oltre l'istante che però non è assicurata a priori, l'unicità dell'evento e l'incompatibilità con gli avverbiali indicanti durata delimitata, in quanto indicanti un intervallo e non un singolo istante (Bertinetto, 1989-90: 34). Riportiamo un esempio di perfetta compatibilità (13a) seguito da casi in cui la

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