Per quanto riguarda l’ambito temporale di applicazione, sia la Legge n. 186/2014, all’art. 5-quater, comma 1, lettera a), che la circolare 10/E, hanno previsto l’applicazione della procedura «a tutti i periodi d’imposta per i quali, alla data di
presentazione della richiesta, non sono scaduti i termini per l’accertamento o la contestazione della violazione degli obblighi di dichiarazione di cui all’articolo 4, comma 1».
I termini ordinari per l’esecuzione dell’azione accertatrice da parte dell’Amministrazione sono disciplinati dall’art. 43 del D.P:R. n.600/1973, per le imposte sui redditi, e dall’art. 57 D.P:R. n.633/1972, per l’IVA.
Termini ordinari che prevedono due ramificazioni a seconda del tipo di contestazione, infatti, nel caso di contestazione di omessa presentazione della dichiarazione viene previsto che l’avviso di accertamento o l’atto impositivo debbano essere notificati, a pena di decadenza, entro l’ultimo giorno del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
Altro caso, invece, è quello in cui ad essere contestata non sia una omissione ma un infedeltà della dichiarazione, per tale fattispecie infatti viene individuato quale termine ultimo per la notifica dell’atto impositivo, a pena di decadenza, l’ultimo giorno del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, salvo diverso termine previsto per l’accertamento dei singoli tributi, ai sensi dell’art. 20 del Decreto Legislativo n. 472/1997.
I termini di decadenza suddetti valgono anche per la notificazione dell’atto di contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio con il quale vengono irrogate le sanzioni o l’avviso di accertamento in caso di violazione di norme sul monitoraggio e l’accertamento di maggiori imponibili conseguiti (in questo caso si parla infatti di omissioni ed infedeltà dichiarative).
Conseguentemente, come anche chiarito nella circolare del marzo 2015, rientrano nella procedura di collaborazione volontaria internazionale, le violazioni degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale commesse con riguardo all’anno di imposta 2009, presentato per gli investimenti illecitamente detenuti all’estero dalla data del 31 dicembre 2009, fino a quelle contenute nella dichiarazione dei redditi presentata con riferimento alle attività illecitamente detenute all’estero nel corso del 2013 (sempreché il contribuente non abbia regolarizzato tale ultimo anno entro il 29 dicembre 2014).
Alla luce di ciò, possono essere fatte delle riflessioni di natura pratica, che riguardano la possibilità o meno di ottenere una proroga dei termini dettati dalla legge per la presentazione della domanda di adesione alla procedura di Voluntary Disclosure.
In molti, tra professionisti ed esperti del settore hanno chiesto più e più volte una dilazione al termine stabilito dalla legge, considerato e più volte ribadito, invece, come perentorio e non prorogabile dall’attuale Ministro delle Finanze.
In virtù di quanto suddetto appare assai facile capire i motivi che spingono il Ministro a rilasciare dichiarazioni in tale senso, infatti, nel momento in cui tale proroga
fosse concessa e si arrivasse fino al primo giorno del 2016 l’Amministrazione stessa vedrebbe decadere i propri poteri accertativi in relazione all’anno di imposta 2009 ed i contribuenti in tale caso sarebbero avvantaggiati dal dover includere nella procedura di voluntary disclosure un anno in meno sia ai fini delle omissioni delle dichiarazioni in materia di monitoraggio fiscale che ai fini della infedeltà della dichiarazione dei redditi in cui sono stati omessi i redditi conseguiti all’estero.
Occorre, altresì precisare che i suddetti termini ordinari possono però essere raddoppiati in caso di patrimoni o attività finanziarie detenute in Paesi inclusi nella lista di cui al Decreto Ministeriale 4 maggio 1999 (“black list”) per cui è previsto che il termine di accertamento quinquennale sia raddoppiato, in applicazione dell’ art. 12 del D.L. n. 78/2009, per le consistenze occultate al Fisco e detenute in tali Paesi.
Per tale caso opera anche una presunzione legale relativa per cui i patrimoni e le attività detenute all’estero sono costituiti tramite redditi non dichiarati (art. 12, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2009), con conseguente applicazione della sanzione per la violazione di infedele (o omessa) dichiarazione.
Al comma 4, dell’art. 5-quater, della Legge n. 186/2014 vengono disciplinati i casi per cui tale raddoppio dei termini non opera. Si legge, infatti, che « Ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, per la determinazione dei periodi d'imposta per i quali non sono scaduti i termini di accertamento, non si applica il raddoppio dei termini di cui all'articolo 12, comma 2-bis, del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, qualora ricorrano congiuntamente le condizioni previste dall'articolo 5-quinquies, commi 4, primo periodo, lettera c), 5 e 7 del presente decreto.»
Possono essere ricavati i presupposti per cui, al verificarsi di ognuno dei requisiti individuati da tale articolo il raddoppio dei termini non viene applicato.
Andando a leggere i vari richiami fatti dal suddetto comma 4, si può affermare pertanto che, nei casi in cui, l’autore della violazione rilasci all'intermediario finanziario l'autorizzazione (c.d. Waiver) a trasmettere alle autorità finanziarie italiane tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria e alleghi copia di tale autorizzazione, controfirmata dall'intermediario, alla richiesta di collaborazione volontaria, allora in tale caso non opera il raddoppio dei termini.
Occorre però precisare che congiuntamente alla precedente condizione viene previsto che, egli, non trasferisca, successivamente alla presentazione della richiesta, tali attività presso un altro intermediario localizzato in altro Paese in black list.
Altra ipotesi in cui tale raddoppio non opera, è il caso, richiamato al comma 7, dell’art. 5-quinquies, in cui se le attività oggetto della collaborazione volontaria erano o sono detenute in Stati che stipulino con l'Italia, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, accordi che consentano un effettivo scambio di informazioni ai sensi dell'articolo 26 del modello di Convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, questo è il caso ad esempio di Svizzera, Monaco ed altri che vengono definiti ai fini della procedura “Paesi black list con accordo” per i quali anche in questo caso il raddoppio dei termini per l’azione di accertamento dell’Amministrazione non opera.
Tale circostanza, nel momento dell’introduzione della Legge, aveva suscitato un forte clamore in quanto in quel momento (dicembre 2014) l’Italia non aveva ancora raggiunto un vero e proprio accordo con i suddetti paesi, con i quali vengono intrattenuti la maggior parte di tali condotte omissive, e gli operatori del settore temevano di dover affrontare una procedura assai più complessa dovendo ricostruire ben dieci anni di movimentazioni bancarie.
La disciplina di favore prevista dalla procedura, sia con riguardo al raddoppio dei termini che alla determinazione delle sanzioni, trova applicazione anche nel caso di investimenti e attività finanziarie detenuti a Singapore, così come a Cipro, Malta, San Marino, Lussemburgo e Corea del Sud e comunque nei Paesi dell’Ocse che non hanno posto riserve alla possibilità di scambiare informazioni bancarie (ad esempio, gli Stati Uniti).