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A partire dal periodo Yuan e durante tutto il periodo Ming e Qing, nel tentativo di soddisfare la domanda di una popolazione sempre più in crescita, il sistema agricolo cinese scelse di sfruttare al massimo le risorse del terreno attraverso un impiego crescete di mano d’opera, piuttosto che investire in nuove tecnologie. Questa particolare fase d’inerzia e involuzione agricola, fu vista dagli studiosi come il risultato diretto della Rivoluzione verde avutasi durante la dinastia Song, che portò a una crescita della popolazione e al suo conseguente impiego come manodopera eccedente a basso costo.123

Le informazioni pervenute sull’alimentazione durante il periodo Qing derivano principalmente dalle cronache locali o corografie (fangzhi 地方志) dell’epoca, ovvero quei documenti, redatti da ufficiali e autorità locali, contenenti descrizioni della morfologia del territorio, fatti storici e statistiche sociali, ma anche indicatori dei livelli di produzione e dati riguardanti materie prime e generi alimentari disponibili in una determinata area geografica. Le antiche corografie cinesi riguardavano specificatamente piccoli agglomerati rurali, villaggi, città, province, regioni o zone diversamente delineabili, come nel caso dell’area del bacino del Fiume Giallo. In questi documenti, sono conservati, tra gli altri materiali, elenchi dettagliati degli alimenti reperibili in una data zona. Per esempio, la corografia delle odierne province del Anhui e del Jiangsu, compilata nel 1737 – periodo di maggiore prosperità della storia Qing – riporta un elenco dei prodotti di quelle zone. Nell’elenco, nell’ordine, compaiono grano, riso, legumi, miglio, canapa, in tutte le loro varietà. La parte introduttiva, che precede trentatré pagine riportanti gli elenchi di ogni specialità di quell’area, riporta altri alimenti, suddivisi nelle categorie: verdura, frutta, bambù, erbe, piante da fiore, piante medicinali, prodotti

122Chang, Food in Chinese Culture, cit., p. 233.

123 Francesca Bray, La scienza in Cina: i Ming. L'agricoltura. La storia della scienza, Enciclopedia Treccani, 2001,

animali, pesci, crostacei e insetti. La corografia dello Yunnan, compilata nel 1696, presenta anch’essa una classificazione simile, alla quale però venne aggiunta un’ulteriore suddivisione dei prodotti nelle undici province specifiche da cui avevano origine. Grazie a queste precisazione è stato possibile rintracciare più facilmente la provenienza di ogni singolo alimento. È stato così scoperto che, per esempio, la provincia di Kunming all’epoca vantava la più prospera produzione di tè, prodotti tessili e minerari, che esportava nelle altre zone limitrofe.124

Persino la corografia delle più piccola contea riportava informazioni sui prodotti e gli alimenti reperibili. Nella corografia del 1673 di Tangcheng, povera contea meridionale dello Shandong, sono riportate due pagine riguardanti i prodotti locali, un numero davvero esiguo se confrontato, per esempio, con le quarantanove pagine della corografia della prefettura di Fuzhou redatta nel 1754, ma pur sempre una testimonianza importante.

Per quanto riguarda i prodotti introdotti dall’estero125, sebbene già in epoca Ming si iniziò a importare nuove colture dall’occidente, fu solo durante il periodo Qing che si iniziò a goderne i benefici. Durante il periodo Qing, infatti, si registrò una straordinaria crescita della popolazione, dai circa centocinquanta milioni di abitanti degli inizi del 1700 ai quattrocentocinquanta milioni alla metà del diciannovesimo secolo. Riguardo a questa presunta relazione tra l’introduzione di nuove colture straniere e l’esplosione demografica di quest’epoca, lo storico cinese He Bingdi analizzò gli effetti sulla popolazione dell’introduzione di mais, patate, patate dolci e arachidi, diventati in questo periodo prodotti comunemente coltivati.126 Nell’ottica di uno scambio sempre più globalizzato, gli ingredienti vantaggiosi entravano a far parte della cucina locale, ciò che invece non ne soddisfaceva i parametri cadeva presto in disuso. Citando per esempio il caso della patata dolce, nel suo studio, He Bingdi riporta che, agli inizi del diciottesimo secolo, la produzione di questo tubero fu incoraggiata da un editto imperiale, a seguito del quale divenne l’alimento principale delle famiglie povere nelle coste del sudest. Il mais, invece, trasformò notevolmente la produzione agricola dello Yunnan, del Guizhou e del Sichuan, offrendo nuova occupazione nell’entroterra ai migranti provenienti dalla sovrappopolata regione del delta del fiume Azzurro. L’introduzione delle patate rese possibile il sostentamento in quelle aree in cui il terreno era troppo povero per la coltivazione del mais. Infine, la produzione di arachidi riabilitò le aree attorno al bacino del Fiume Azzurro e del Fiume Giallo, e

124Chang, Food in Chinese Culture, cit., pp. 261-262. 125

I prodotti provenienti da Spagna e Portogallo erano chiamati fancai 番菜, fancai guan 番菜館 o fanguan 番館. Il prefisso fan 番, impiegato già in epoca Zhou per indicare prodotti di origine barbara, fu sostituto in tempi più recenti da

xi 西, yang 洋, hai 海; ne è un esempio la parola “pomodoro” fanqie 番茄 o xihongshi 西紅柿 (Wilkinson, Chinese History: A Manual, cit., p. 446).

126

delle coste del sudest – in particolare la zona del Fujian e del Guangdong – caratterizzate dalla presenza di terreni sabbiosi, difficilmente coltivabili.127

Nonostante le informazioni riportate nelle corografie e nelle altre fonti dell’epoca, pur conoscendo la reperibilità di determinati prodotti in date aree, non essendo sempre possibile accertarne l’effettivo consumo, è piuttosto complesso ricostruire le reali abitudini alimentari della popolazione. Per farsi un’idea generale del grado di accessibilità della popolazione a determinati prodotti, si possono prendere in considerazione i relativi prezzi sul mercato. A tale proposito, Jonathan Spence, nel suo contributo al testo curato da K. C. Chang, propone un’analisi dei costi di alcuni alimenti di uso comune, annotati da Lord Macartney128 nel suo registro durante una visita come ambasciatore in Cina nel diciottesimo secolo.129

Di seguito è riportato un estratto dei dati relativi a carne, pollame e pesce:

prezzo* unità maiale 2500 cadauno pecora 1430 cadauno capra 520 cadauno anatra 360 cadauno pollo 120 cadauno

piccola anatra d’acqua 60 cadauno

quaglia 25 cadauno

uovo di gallina 3,5 cadauno

maiale 50 per jin**

montone 60 per jin

pesce essiccato 300 per jin

carne di cervo a pezzetti 120 per jin

zampe di maiale 28 per jin

fegato di maiale 27 per jin

vescica di maiale 19 per jin

intestini di maiale 6 per jin

* in monete di rame ** 600 gr ca.

127

He Bingdi, Studies on the Population of China, 1368-1953, cit., pp. 150-152.

128George Macartney (1737-1806), politico e amministratore coloniale britannico, nel 1792 condusse la prima

missione commerciale britannica in Cina, finalizzata a trattare l'apertura di relazioni commerciali bilaterali tra l'impero britannico e quello cinese, conclusasi negativamente.

129

Secondo le stime di Macartney, un contadino cinese medio dell’epoca viveva con circa 50 monete al giorno, il barcaiolo che lo accompagnò nel suo viaggio, era pagato 80 monete al giorno, un soldato a piedi riceveva 53 monete al giorno (1.600 al mese).130 In base a questi dati, possiamo osservare che, le uova di gallina rappresentavano la fonte più accessibile di proteine animali. Come già detto in precedenza, la carne di maiale era comunemente consumata da un’ampia fascia della popolazione, soprattutto al sud – la Cina vanta tutt’oggi il più fiorente allevamento di maiali al mondo; tuttavia, mentre le classi più ricche, in occasioni speciali, potevano permettersi il lusso di macellare un intero maiale, le classi meno abbienti avevano accesso solo ai tagli più economici e di qualità inferiore (zampe, fegato, vescica, intestini). Considerato, secondo la dietetica tradizionale cinese, un alimento

neutro, il maiale era apprezzato per le sue qualità rinvigorenti, spesso accentuate dall’aggiunta in

cottura di ingredienti caldi come il pepe e lo zenzero; il suo consumo era molto consigliato per le donne incinta.131

Come durante le epoche precedenti, l’attenzione della corte nei confronti del cibo era espressa, in primo luogo, nel monitoraggio dei livelli di produzione di prodotti alimentari, la cui tassazione arricchiva le casse dello stato; in secondo luogo, la tradizionale funzione simbolica e rituale del cibo – utilizzato come sacrificio durante i cerimoniali – continuava a essere tenuta in considerazione. In merito a quest’aspetto, l’approccio della dinastia Qing non si discostò molto da quello delle epoche precedenti, tentò anzi di restaurare l’antico cerimoniale, con l’aggiunta di nuovi riti sciamanici ancestrali e di alcune divinità mancesi al pantheon tradizionale.132

Per quanto riguarda l’offerta e la fruizione di prodotti alimentari, a partire dalla metà del periodo Ming, la ristorazione conobbe una nuova fase evolutiva. Ristoranti e locande furono più che mai frequentati e vennero coniati nuovi nomi per distinguere le diverse tipologie: canguan 餐 館 (ristorante; termine usato a partire dal tardo periodo Qing), fanguan 飯館 (ristorante), chaguan 茶館 (casa da tè; termine apparso nel Rulin waishi 儒林外史 di Wu Jingzi 吳敬梓 (1701-1754) e utilizzato al posto di chalou 茶樓, chasi 茶肆), chaocaiguan 炒菜館 (bottega delle verdure saltate), zashuaguan 雜耍館 (locale d’intrattenimento tipico di Pechino in cui venivano messi in scena spettacoli e si consumava cibo e bevande), fanzhuang 飯莊 (ampio ristorante, spesso con patio interno, usato per i banchetti nel tardo periodo Qing), shitang 食堂 (termine apparso nel periodo antico per indicare la

130

Chang, Food in Chinese Culture, cit., pp. 264-267.

131

Simoons, Food in China, cit., p. 296.

132

sala in cui si esponeva il cibo offerto agli antenati; durante il tardo periodo Qing, usato con il significato di ristorante).133

Anche i tempi buddhisti erano spesso rinomati per le loro cucine, dove la gente si recava a mangiare soprattutto durante le festività. Nei piccoli centri urbani, ristoranti e locande erano il luogo in cui coltivare relazioni sociali e tenersi aggiornati sui pettegolezzi cittadini. A volte, i ristoranti avevano poi un piccolo capanno all’esterno dove venivano serviti piatti più economici da portare a casa o consumare altrove. Per le strade era possibile trovare numerosi venditori ambulanti, dai prezzi accessibili praticamente a chiunque. Infine, per chi era a corto persino di stoviglie e combustibile, esistevano dei distributori di acqua calda per permettere alle famiglie più povere di preparare i pasti.134

Nonostante il periodo di inerzia e fossilizzazione tecnologica verificatosi in questo periodo, l’epoca Qing viene celebrata come una fase in cui le caratteristiche tradizionali della cucina cinese vennero maggiormente definite e perfezionate.135 Si risvegliò nella popolazione, un forte senso di orgoglio nazionale; le arti culinarie, considerate un aspetto imprescindibile della stessa millenaria cultura cinese, vennero prese sempre più sul serio, diventando spesso oggetto di trattazioni e opere letterarie. Comparvero così riproduzioni e commentari di antiche collezioni di ricette, scritti da importanti figure della storia culturale Qing, come Li Yu 李漁 (1611-1680?), Chang Ying, Yu Huai 余懷 (1616-1696), Wu Jingzi 吳敬梓 (1701-1754), Yuan Mei 袁枚 (1716-1797) e Shen Fu 沈复 (1763-1825). Tra questi, Yuan Mei risultò essere probabilmente il più rilevante.

133

Wilkinson, Chinese History: A Manual, cit., p. 458.

134

Chang, Food in Chinese Culture, cit., pp. 289-291.

135

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