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IL PERIODO DI TRANSIZIONE

Nel documento L'educazione a Taiwan. 1683-1945 (pagine 62-65)

Introduzione al capitolo due

Se per la maggior parte del periodo Qing i problemi di Taiwan furono di natura indigena, ovvero erano dovuti all’amministrazione interna dell’isola, verso la metà dell’Ottocento l’isola si dovette confrontare con una realtà più ampia, venendo catapultata in un contesto internazionale in cui diventava protagonista diretta e oggetto di contese da parte di altre nazioni. Il nuovo interesse delle potenze mondiali nei confronti dell’isola favorì un periodo di sviluppo della stessa, dovuto a una rivalutazione da parte del governo Qing dell’importanza di Taiwan a fini difensivi della madrepatria. Funzionari di alto rango quali Shen Baozhen, Ding Richang e Liu Mingchuan furono leader nello sforzo di modernizzazione dell’isola in conformità alle nuove politiche di autorafforzamento portate avanti a livello nazionale dai mancesi. Queste politiche erano l’estremo tentativo di salvare l’integrità nazionale di una Cina in preda all’attacco straniero.

La Cina dell’Ottocento era una Cina provata, non solo a causa di rivolte interne ma anche per il contatto con l’Occidente imperialista1

. Infatti, a seguito della firma dei Trattati ineguali2, la Cina perdeva controllo e giurisdizione su alcuni dei suoi territori e apriva i porti al commercio internazionale, condizioni umilianti che il governo Qing dovette accettare per salvaguardarsi da ulteriori aggressioni. Taiwan non fu esente dalle attenzioni straniere e dagli effetti dei

1 Il Diciannovesimo secolo fu particolarmente travagliato. Problemi derivati dall’incremento demografico,

nonché la situazione di estrema povertà dei ceti più bassi portarono due ondate di rivolte popolari. La più vasta e pericolosa per l’impero fu la Rivolta dei Taiping, che fra il 1853 e il 1864 portò alla nascita del Regno Celeste della Grande Pace (Taiping tianguo 太平天国). In SABATTINI, SANTANGELO, Storia della Cina, cit., pp.599-603

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I trattati ineguali furono il risultato di più scontri con le potenze occidentali. Nel 1842, fu firmato il Trattato di Nanchino, che pose fine alla prima guerra dell’Oppio, scaturita dopo che il commissario imperiale plenipotenziario Lin Zexu 林则徐, incaricato di porre fine al commercio illecito di oppio importato in Cina dal Bengala dagli inglesi, distrusse un carico d’oppio a Canton. Integrato dai Regolamenti generali e dal trattato di Humen del 1843, il trattato di Nanchino impose la cessione di Hong Kong alla Gran Bretagna, l’apertura dei porti di Shanghai, Canton, Ningbo, Xiamen e Fuzhou, il pagamento di un’indennità, tariffe doganali di importazione fissate a un massimo del 5%, il diritto di extraterritorialità per i cittadini britannici e la clausola di <<nazione più favorita>>, che estendeva automaticamente ogni privilegio ottenuto da altre potenze alla Gran Bretagna. In seguito, Stati Uniti e Francia ottennero gli stessi diritti nel 1844. Altri trattati ineguali furono firmati dopo la seconda guerra dell’oppio nel 1856, che si concluse con il trattato di Tianjin (1858) e quello di Pechino, che rafforzavano le concessioni agli stranieri sia a livello commerciale che a livello di circolazione di mercanti e missionari. Ivi, pp. 596-599 e 606-608

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trattati ineguali. Infatti, in questo particolare momento storico, l’isola si trovava “tra l’ordine del mondo tradizionale cinese e ‘il sistema mondiale capitalista’3.” Tra il 1858 e il 1860, i porti di Danshui e di Anping (sulla costa occidentale di Taiwan) vennero formalmente aperti agli stranieri, che si allargarono ben presto a sud fino a Taiwan (Tainan) e Dagou 大狗 (Gaoxiong 高雄) e a nord-est al porto di Jilong, occupando ben due porti di Danshui, il porto di Mengxia 艋舺 e di Dadaocheng 大稻埕.

In realtà, Taiwan era stata oggetto di attenzioni straniere anche prima degli anni Sessanta dell’Ottocento. Le prime potenze a dimostrare un interesse verso l’isola furono la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, che però abbandonarono presto i loro progetti4.

Il ritiro delle potenze occidentali in quell’epoca non era derivato di certo da una perdita di interesse nei confronti dell’isola. Leonard Gordon spiega come la Cina fosse riuscita a mantenere integro il suo impero non grazie alla sua potenza militare o strategica, bensì a causa di un “accordo tra gentiluomini” tra le potenze maggiori (Gran Bretagna, USA, Giappone e Francia) che agivano secondo una “politica cooperativa”. Questo tacito accordo si manifestava negli atteggiamenti dei diplomatici, che cercavano di ottenere importanti privilegi commerciali senza però intraprendere attività di espansione territoriale, viste come una misura eccessivamente aggressiva che avrebbe potuto danneggiare gli altri partecipanti alla spartizione della Cina e mettere quindi a rischio un equilibrio che portava vantaggi in una maniera “equa”. La politica cooperativa condannava l’uso della forza preferendo la diplomazia e, in caso di qualche incidente, le autorità straniere intervennero sempre a mitigare i conflitti armati5.

Nella prima parte del secondo capitolo verranno quindi affrontati gli avvenimenti prima del

3In Robert GARDELLA. “From Treaty Ports to Provincial Status, 1860-1894”, in Murray A. RUBEINSTEIN (a cura

di), Taiwan: a New History, a cura di Armonk, New York e Londra, Inghilterra: M.E. Sharpe, 2007, p.166

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Il primo scontro tra autorità a Taiwan e inglesi avvenne nel 1841-42,quando Cina e Inghilterra erano già in conflitto. Due navi affondarono nella costa meridionale di Taiwan e le autorità locali fecero tagliare la testa ai sopravissuti. L’incidente fu risolto quando le accuse che i naufragati innocenti erano stati giustiziati ingiustamente furono accolte. Gli americani arrivarono a Taiwan a metà dell’Ottocento in quanto ritenevano che alcune navi americane fossero approdate a Taiwan e che gli aborigeni avessero fatto schiavi i sopravissuti, teoria avanzata dal medico Peter Parker. Gli ufficiali del Commodoro Matthew C.Perry perquisirono così l’isola, ma non trovarono nulla. Perry rimase comunque stupido dal potenziale di Taiwan e suggerì di farne un protettorato americano per avere una base per il commercio americano, il rafforzamento della posizione navale e militare nell’Asia dell’Est e abbondanti risorse di carbone. L’interesse di Parker si fece risentire nel 1857, quando si convinse che ci fossero alcuni maltrattamenti di americani prigionieri a Taiwan e dichiarò la necessità di un’azione americana in difesa degli interessi dell’umanità e del commercio. Parker si spinse a ipotizzare un intervento coordinato con Gran Bretagna e Francia in cui ognuna reclamava una parte del territorio cinese prescelta per incentivare l’espansione di uno scambio commerciale libero e senza restrizioni. Tuttavia, il segretario di Stato americano vietò ogni misura aggressiva nei confronti del territorio cinese. In Leonard H.D. GORDON. “Taiwan and the Powers, 1840-1895,” in Leonard H.D. Gordon (a cura di). Taiwan,

Studies in Chinese Local History, pp.96-99. Per un resoconto più dettagliato sulle dispute tra inglesi,

americani e abitanti di Taiwan, si veda DAVIDSON, The Island of Formosa, cit., pp. 102-122

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conflitto sino-giapponese del 1895. Questo lasso di tempo fu il momento di maggiore modernizzazione dell’isola, in cui la gentry riuscì a consolidare enormemente il proprio potere e in cui si assistette al primo tentativo di portare Taiwan alla stregua di un paese straniero. Verrà inoltre descritto il percorso dei letterati e della gentry taiwanese nel primo ventennio del Ventesimo secolo, dimostrando come i cambiamenti nel regime portarono a un sostanziale declassamento degli ex-privilegiati. Il mantenimento della propria posizione sociale non derivava più dalla certezza dei titoli ottenuti tramite il sistema degli esami imperiali, bensì dalla capacità di adattarsi e di trovare nuove strade per il successo.

La seconda parte è un’introduzione all’impero coloniale giapponese. Verrà affrontato, seppur in maniera breve e non esauriente, il dibattito sull’educazione in epoca Meiji prima dell’annessione di Taiwan. La scelta di includere una parte dedicata alle riforme educative in Giappone di questo periodo è motivata dal fatto che il Giappone “si prese a modello” nella propria missione civilizzatrice, per cui, pur con le dovute differenze di contesto, si creò a Taiwan un sistema simile ma di qualità inferiore a quello giapponese. L’educazione era un sistema con due binari paralleli destinati a non incrociarsi: l’alta educazione per l’élite e l’educazione di massa per il popolo. Questa avrebbe dovuto indottrinare i sudditi giapponesi all’idea di una nuova nazione forte e al contempo renderli efficienti per la sfida che la modernizzazione poneva al Giappone.

Infine, una sezione conclusiva del capitolo illustra le dinamiche dell’annessione di Taiwan e le principali riforme attuate nell’isola ad esclusione delle riforme sull’educazione, che verranno trattate nel capitolo terzo.

58 PARTE UNO

Nel documento L'educazione a Taiwan. 1683-1945 (pagine 62-65)

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