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Capitolo 4. Lettura e lettori in Se una notte d’inverno un viaggiatore

4.3 I personaggi lettori

Si cercherà qui di analizzare i personaggi lettori presenti nel testo, lasciando per un’analisi successiva il Lettore e Ludmilla. Infatti tutti i personaggi che incontriamo nella cornice sono lettori. Di ognuno sappiamo il nome e poche altre informazioni: l’unica cosa che davvero li caratterizza è il loro modo di leggere e quindi di affrontare il mondo. Essi infatti sono simbolo di un particolare tipo di lettura.

Altra donna, oltre Ludmilla, è Lotaria, sua sorella. Lei rappresenta l’idea di lettura del testo come intervento sui problemi del mondo, trova nei libri ciò che già aveva in mente di trovarvi. Calvino già nel 1963 aveva valutato questa ipotesi:

“C’è chi cerca [nella letteratura] qualcosa che prima non sapeva o non capiva e c’è chi cerca la conferma delle idee che ha già. Il primo valore è quello che volgarmente è detto la «poesia»; il secondo è lo scaldino dei vecchi professori.”148

Infatti incontriamo Lotaria sempre legata al mondo accademico: durante la telefonata con il Lettore lo invita subito a sentire una conferenza all’università. Sempre qui la troviamo attorniata da “ una falange di giovinette dagli occhi limpidi e tranquilli, occhi un po’ allarmati forse perché troppo limpidi e tranquilli.”149,

dove il riferimento al vocabolario militare stride con la tranquillità apparente dei loro occhi, così tranquilli da sembrare quasi vuoti perché non hanno la vivacità di chi guarda al mondo come ricerca, convinto invece della propria verità. C’è anche il professor Galligani, “dallo sguardo sarcastico e dalla piega delle labbra sistematicamente disillusa”150. In questa situazione Ludmilla è drasticamente

contrapposta alla sorella, per il fatto di non essere interessata a nessuna delle teorie che propongono il professore e Lotaria: l’unica cosa che le importa è continuare a leggere il romanzo, che però è stato smembrato irreparabilmente dalla sorella.

148I. CALVINO, Corrispondenza con Angelo Guglielmi a proposito della sfida al labirinto, in Saggi

1945-1985, t. 2, cit., p. 1774

149I. CALVINO, Se una notte d’inverno un viaggiatore, cit., p. 72 150 Ibidem

Inoltre quest’ultima si reca dallo scrittore Silas Flannery, poiché sta scrivendo una tesi su di lui, solo per dimostrare a Ludmilla “com’è che si legge un autore.”151.

Infatti Ludmilla divora i libri, lei invece nemmeno li legge direttamente: come lei stessa spiega, usa dei calcolatori che le permettono di capire di cosa tratti il libro:

“[…] un elaboratore debitamente programmato può leggere un romanzo in pochi minuti e registrare la lista di tutti i vocaboli contenuti nel testo, in ordine di frequenza. […] Cos’è infatti la lettura d’un testo se non la registrazione di certe ricorrenze tematiche, di certe insistenze di forme e di significati? La lettura elettronica mi fornisce una lista delle frequenze, che mi basta scorrere per farmi un’idea dei problemi che il libro propone al mio studio critico.”152

Vediamo quindi che la lettura le serve solo come supporto alle sue tesi, è una lettura meccanica, senza alcun interesse per la trama o il significato o il semplice piacere di leggere. Calvino aveva già affrontato l’argomento elettronica in

Cibernetica e fantasmi, in cui si domandava se prima o poi avrebbero inventato

delle macchine capaci di comporre romanzi, rispondendosi che anche se accadesse l’atto creativo si salverebbe nella lettura.153

Il professor Galligani invece è posto in contrasto con Uzzi-Tuzii, professore di Ludmilla. Per lui leggere

“[…] è sempre questo: c’è una cosa che è lì, una cosa fatta di scrittura, un oggetto solido, materiale, che non si può cambiare, e attraverso questa cosa ci si confronta con qualcos’altro che non è presente, qualcos’altro che fa parte del mondo immateriale, invisibile, perché è solo pensabile […]”154

151 Ivi, p. 185

152 Ivi, p. 186

153I. CALVINO, Cibernetica e fantasmi, in Saggi 1945-1985, t. 1, cit., p. 205 154I. CALVINO, Se una notte d’inverno un viaggiatore, cit., p. 71

Ecco allora che, a differenza di Galligani e della sua studentessa Lotaria, il professore riconosce che la verità non si trova tutta nel testo, ma rimanda a qualcosa fuori da esso, che è in noi o che non c’è più oppure che ci sarà, come aggiunge Ludmilla subito dopo.

Nel quinto capitolo conosciamo il dottor Cavedagna, redattore della casa editrice in cui il Lettore si reca per chiedere spiegazioni sui libri interrotti.

Vediamo innanzitutto che la casa editrice viene presentata come un posto in cui è meglio prestare attenzione:

“Improvvisamente il dottor Cavedagna sparisce. I corridoi della casa editrice sono pieni di insidie: vi si aggirano collettivi teatrali d’ospedali psichiatrici, gruppi dediti alla psicoanalisi di gruppo, commandos di femministe. Il dottor Cavedagna rischia a ogni passo d’esser catturato, assediato, inghiottito.”155

Come nell’episodio all’università, anche la casa editrice assomiglia più ad un campo di battaglia. I pericoli sono gruppi o persone che nulla hanno a che vedere con il piacere della lettura, sono caratterizzate tutte da uno scopo e assomigliano molto a Lotaria. Questo è confermato da Cavedagna che, alla vista del Lettore, sembra sinceramente rallegrato: “Di lettori davvero, io ne incontro sempre meno…”156. Il redattore stesso sembra ormai lontano da una lettura che non sia

puramente professionale, infatti confessa al Lettore:

“Da tanti anni lavoro in casa editrice… mi passano per le mani tanti libri…ma posso dire che leggo? Non è questo che io chiamo leggere… Al mio paese c’erano pochi libri, ma io leggevo, allora sì che leggevo…[…]”157

155 Ivi, pp. 95-96

156 Ivi, p. 97 157 Ibidem

La sua lettura è fatta solo per mestiere, non riesce a provare piacere nel farlo e spera che un giorno, quando andrà in pensione, riuscirà di nuovo a leggere come faceva da bambino, senza tutti i risvolti economici e le contingenze che deve affrontare un addetto di una casa editrice.

Un altro lettore professionale è rintracciabile nella figura del direttore generale degli archivi di stato dell’Ircania, Arkadian Porhyritch. Egli infatti legge un libro due volte: una prima lettura veloce per capire dove collocare il libro, una seconda solo per piacere. La prima assomiglia a quella di Lotaria, che cerca di capire il libro per sommi capi, ma la seconda svela che non tutto è perduto, che nonostante la falsificazione di cui lui è ben a conoscenza, sa ancora abbandonarsi alla lettura, affermando che:

“Finchè so che al mondo c’è qualcuno che fa dei giochi di prestigio solo per amore del gioco, finchè so che c’è una donna che ama la lettura per la lettura, posso convincermi che il mondo continua…”158

Proseguendo tra i personaggi, incontriamo Ermes Marana. Egli non viene caratterizzato come lettore, ma come sostenitore dell’opera letteraria in quanto continua falsificazione e mistificazione, nella quale non potremo trovare mai niente di vero. Il suo scopo è dimostrare che dietro la pagina scritta c’è il nulla, il mondo esiste solo come artificio, finzione; sembra infatti che sostituisca i libri di Ludmilla con libri falsificati.

Quindi Ludmilla rappresenta chi crede nella lettura, come conoscenza, che va al di là di quella che può essere la finzione letteraria. Invece Marana è l’antagonista che cerca di svilire la letteratura e la lettura, non riuscendo a vedere questa conoscenza. È interessante come Calvino riprenda lo stratagemma di Sharazad nelle Mille e

una notte, ma nelle mani di Marana lo rovesci. Infatti lui interrompendo i romanzi

e falsificandoli sperava che

158 Ivi, p. 243

“non si sarebbe più sentito abbandonato da Ludmilla assorta nella lettura: tra il libro e lei si sarebbe insinuata sempre l’ombra della mistificazione, e lui identificandosi con ogni mistificazione avrebbe affermato la sua presenza.”159

Ma non capisce invece che così facendo non fa altro che aumentare la voglia di lettura e di conoscenza di lei; in fondo anche se il romanzo non è quello che aveva iniziato, non è come se lo aspettava o addirittura è stato falsificato, quello che conta è poter dedicarsi alla lettura e trovare quella conoscenza che lei tanto cerca nelle storie.

Marana però alla fine “si rifiuta di continuare a farne il gioco, e si ribella contro questa negatività assoluta”160, infatti capisce che il suo complotto è inutile, che non

riuscirà mai ad insinuarsi nel rapporto che Ludmilla crea con il libro, un rapporto formatosi indipendentemente dal creatore del libro, dal traduttore o dal falsificatore. Le parole portano con loro una verità che va al di là dell’intenzione dell’autore, perché è la lettura che crea questo legame, dichiarando così il potere del lettore.

Ma Marana non cerca di corrompere solo coloro che leggono, ma anche gli autori di romanzi. Infatti in questo capitolo conosciamo Silas Flannery, uno scrittore che non ha più fiducia nella scrittura e non riesce a concludere il suo romanzo. Non riesce nemmeno più a leggere, come confessa lui stesso:

“Da quanti anni non posso concedermi una lettura disinteressata? Da quanti anni non riesco ad abbandonarmi a un libro scritto da altri, senza nessun rapporto con ciò che devo scrivere io? […] Da quando sono diventato un forzato dello scrivere, il piacere della lettura è finito per me.”161

159 Ivi, p. 159

160G. FANTI, op. cit.

Anche lui, come Lotaria, in qualche modo legge per uno scopo, o meglio non riesce a leggere senza uno scopo: trovare ispirazione per la sua scrittura o giudicare il lavoro di un suo collega, avvilendosi per la sua incapacità di scrivere altrettanto bene.

Altro lettore, anzi non-lettore è Irnerio, amico di Ludmilla. Lo incontriamo per la prima volta all’università, dove dice al Lettore:

“Mi sono abituato così bene a non leggere che non leggo neanche quello che mi capita sotto gli occhi per caso. Non è facile: ci insegnano a leggere da bambini e per tutta la vita si resta schiavi di tutta la roba scritta che ci buttano sotto gli occhi.”162

Per lui la lettura è una schiavitù da rifuggire. La sua concezione rappresenta la polemica contro la lettura di pura evasione, di cui si è parlato in precedenza; egli è la risposta estrema ai personaggi di Zena il Lungo, Gian dei Brughi e Amedeo, incapaci di agire nel mondo e in uno stato di alienazione causato da una lettura totalizzante. Inoltre sottolinea la critica mossa a quelle letture puramente pedagogiche, che avevamo rintracciato nella presenza del “Buono”.

Irnerio usa i libri come oggetti, per farne delle opere d’arte. Infatti ne possiede parecchi ma:

“Non è per leggere. È per fare. Faccio delle cose coi libri. Degli oggetti. Sì, delle opere: statue, quadri, come li vuoi chiamare. Ho fatto anche un’esposizione. Fisso i libri con delle resine, e restano lì. Chiusi, o aperti, oppure anche gli do delle forme, li scolpisco, gli apro dentro dei buchi. È una bella cosa il libro, per lavorarci, ci si può fare tante cose.”163

162 Ivi, pp. 47-48

Questo atteggiamento sembra ironizzare sul lavoro di certi critici letterari, che scandagliano i libri, magari anche deformandoli e allontanandosi dall’intenzione che aveva avuto l’autore mentre scriveva.

Irnerio continua a spegare il suo lavoro dicendo:

“Adesso mi mettono tutte le opere in un libro. […] Un libro con le fotografie di tutti i miei libri. Quando questo libro sarà stampato lo userò per farne un’opera, tante opere. Poi me le metteranno in un altro libro, e così via.”164

Questo meccanismo sembra rappresentare la struttura di Se una notte d’inverno un

viaggiatore, romanzo che comprende molti altri romanzi e che potrebbe

contenerne all’infinito, avvicinandosi molto a quello che Calvino spiegava in un saggio del 1967:

“Un libro viene scritto perché possa essere affiancato ad altri libri, perché entri in uno scaffale ipotetico e, entrandoci, in qualche modo lo modifichi, scacci dal loro posto altri volumi o li faccia retrocedere in seconda fila, reclami l’avanzamento in prima fila di certi altri.”165

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