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PESCA E ACQUACOLTURA

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 31-34)

I DIVERSI REGIMI ALIMENTARI

5.2. PESCA E ACQUACOLTURA

L’ecosistema marino è in pericolo, sia per il forte inquinamento causato dagli scarti, liquidi e solidi, rilasciati nei mari e negli oceani e sia per fenomeni come la pesca che mettono a rischio molte specie acquatiche. Già nel 2006, un articolo di ricerca pubblicato sulla rivista Science, intitolato

“Impacts of biodiversity loss on ocean ecosystem services” (Boris Worm et al., 2006), evidenziava un forte cambiamento nella biodiversità marina, causato in modo diretto attraverso lo sfruttamento, l’inquinamento e la distruzione dell’habitat, e in modo indiretto a causa del cambiamento climatico.

A causa di questi forti danneggiamenti, gli ecosistemi locali, come gli estuari, le barriere coralline, le comunità ittiche costiere e oceaniche, stanno perdendo sempre più popolazione e specie.

Un’alternativa alla pesca è l’acquacoltura che, pur possedendo alcuni aspetti positivi dal punto di vista ambientale rispetto alla pesca, presenta alcune criticità e problematiche, anch’esse legate sia all’ambiente e sia alla salute.

Per quanto riguarda la pesca, si tratta di un’attività che negli anni si è intensificata molto, fino a raggiungere in molti casi lo sfruttamento intensivo delle risorse ittiche. Come viene sottolineato nella sezione riservata alla pesca sostenibile del sito del WWF25, “la cattura di specie non desiderate è uno dei problemi più gravi e insoluti della pesca in tutto il mondo. Quindi l’attività di pesca ha un doppio

25 https://www.wwf.it/cosa-facciamo/mari-e-oceani/pesca-sostenibile/; 4 novembre 2021

impatto sulla biodiversità marina: sfruttando intensamente la risorsa in modo non sostenibile e causando la morte di molte specie non oggetto di pesca, catturate accidentalmente”. Inoltre, la percentuale di pesce scartato nel Mediterraneo arriva al 70%, ciò significa che questo ha un impatto sia “sugli stock di origine commerciale”, ovvero vengono pescati accidentalmente e poi eliminati pesci troppo giovani che non hanno raggiunto l’età riproduttiva e in questo modo si riduce la produttività degli stock stessi, ovvero della quantità di pesci di una determinata specie, e sia sull’ecosistema marino, che viene danneggiato: basta pensare alla pesca accidentale (bycatch) di mammiferi marini e tartarughe, considerate specie minacciate. Un altro dato molto importante da considerare è che il 31% degli stock ittici del Pianeta è sovra sfruttato, nel Mediterraneo si stima che questa percentuale arrivi al 93%, cioè viene “sfruttato al di sopra del livello di sostenibilità”, mentre il 61% viene sfruttato a pieno regime. Come evidenzia anche il WWF si tratta di pratiche di pesca non sostenibili, illegali in molti casi, che non vengono dichiarate e non sono regolamentate: si stima che vengano pescate in modo illegale tra le 11 e le 26 tonnellate di pesce a livello mondiale e ciò porta a perdite che si aggirano tra i 10 e i 23,5 miliardi di dollari. Il Comitato Scientifico dell’Iccat (Commissione Internazionale per la Conservazione del Tonno Atlantico e Mediterraneo) ha elargito delle raccomandazioni sul numero di tonnellate di tonno rosso che dovrebbe essere pescato, che si aggira attorno alle 15.000 tonnellate/anno, ma gli Stati membri se ne sono assegnate molte di più, circa il doppio, ed inoltre la mancanza di controlli ha portato ad un pescato le cui stime si aggirano attorno alle 50.000 tonnellate, portando conseguentemente ad una perdita percentuale dello stock di tonno rosso nel Mediterraneo che si aggira attorno l’80% e il 95%. Per non parlare dei danni causati da tutta la plastica accumulata nei mari e negli oceani, che previene principalmente non da bottigliette o altre materie plastiche di consumo, ma da attrezzi da pesca come reti, corde, palangari, casse e cesti in plastica, come evidenzia Sea Shephard26, un’organizzazione internazionale senza fini di lucro che ha come missione la salvaguardia e la conservazione dell’oceano, la quale riferisce anche che all’incirca il 30% “del declino di alcune popolazioni ittiche sia il risultato di attrezzatura da pesca scartata” e che il 70% “degli strangolamenti di animali marini coinvolge reti da pesca in plastica abbandonate”.

Come già anticipato, una delle attività che vengono svolte in modo alternativo alla pesca è l’acquacoltura che, dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, viene definita come una sorta di evoluzione dei pescatori verso l’ambiente, infatti dovrebbe coniugare “la salvaguardia delle risorse biologiche ed ambientali (…) con uno sviluppo economico sostenibile”27. A livello pratico si tratta di un insieme di attività umane, diverse appunto dalla pesca, “finalizzate alla produzione controllata di organismi acquatici”, tra cui anche l’itticoltura. Ad oggi è un comparto di produzione alimentare di prodotti animali con una fortissima crescita e riesce a fornire il 43% del pesce destinato ad un uso alimentare. Nel mondo questa pratica presenta non poche criticità, infatti Greenpeace scrive che, soprattutto con alcune specie allevate, sono stati rilevati danni considerevoli, come nel caso dei gamberoni tropicali, i cui allevamenti causano danni alla fascia costiera e alle foreste di mangrovie in paesi come il Vietnam, la Tailandia, le Filippine, il Bangladesh, l’Ecuador e il Brasile. Viene anche riportato che questi allevamenti violano numerosi diritti umani, infatti:

consumando in modo eccessivo l’acqua dolce, causano una notevole scarsità di questa preziosa risorsa per le popolazioni limitrofe, che spesso non hanno accesso all’acqua potabile, inoltre Greenpeace ha documentato numerosi casi di espropriazione forzata di terre e allontanamento dalle aree di pesca. Un altro problema considerevole è legato alla fuga dei pesci che possono causare il cosiddetto “inquinamento genetico” delle popolazioni selvatiche, ovvero gli esemplari allevati contagiano quelli selvatici e in alcuni casi, come in Norvegia e Canada, portano delle malattie e dei parassiti in grado di far diminuire il numero di esemplari nativi fino al 99% in quattro generazioni (Allsopp, Johnston, Santillo, 2008).

26 https://www.seashepherd.it/la-piu-pericolosa-fonte-di-plastica-per-gli-oceani-di-cui-nessuno-vuole-parlare/; 4 novembre 2021

27 https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/3555; 4 novembre 2021

È stato necessario fare un approfondimento anche sui seri problemi legati alla pesca e all’acquacoltura perché, nonostante questa tesi sia focalizzata sull’analisi del contesto, del prodotto in sé e dell’accoglienza della carne artificiale, stanno nascendo prodotti che sfruttano gli stessi principi utilizzati per la sua realizzazione, che verranno illustrati nei prossimi capitoli, e che vengono applicati al pesce, come nel caso del salmone artificiale. Quindi si rivela essenziale capire qual è il contesto in cui nasce anche questo tipo di prodotto e le motivazioni che possono aver spinto dei ricercatori a condurre una ricerca in merito, come ad esempio lo sfruttamento e l’inquinamento di pesci, mari e oceani.

CAPITOLO 6

I SOSTITUTI DELLA CARNE E DEI PRODOTTI DI

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA (pagine 31-34)