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3 «Modello emiliano», sistemi maturi e competizione internazionale

4. Dalla ristrutturazione industriale all’innovazione

4.3. Piattaforme produttive local

La ristrutturazione industriale dei sistemi maturi, come si è detto, è un

165 Sandrine Labory e Giorgio Prodi, «La creazione di vantaggi competitivi: nuovi ruoli per

la politica industriale», in Le politiche industriali alla prova del futuro. Analisi per una strategia

nazionale, cur. da Patrizio Bianchi e Cesare Pozzi (Bologna: Il Mulino, 2010), 78.

166 Come afferma North, infatti, «l’evoluzione istituzionale non riguarda solo le organizza-

zioni volontarie che possono espandere i loro scambi e renderli più produttivi, ma anche lo sviluppo dello Stato nel dare effettiva protezione e applicazione ai diritti di proprietà», Douglass C. North, «Institutions», The Journal of Economic Perspectives 5, n° 1 (Gennaio 1991): 109. [TdA].

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processo di trasformazione delle relazioni di produzione che aumenta il li- vello di divisione del lavoro coinvolgendo nei processi di produzione istitu- zioni alle quali sono formalmente riconosciute capacità di produrre che si traducono in diritti di produrre attraverso spin-off funzionali. Tale proces- so, quindi, è un cambiamento istituzionale radicale per il sistema, perché genera innovazione, intesa come «nuova combinazione dei mezzi di produ- zione» e, più in generale, come ogni attività in grado di definire un nuovo sentiero tecnologico tale da generare rendimenti attesi sufficienti a stimolare gli investimenti. Tale processo, però, è anche sostenibile per il sistema, per- ché tiene conto della specializzazione produttiva, dei vincoli tecnologici e sociali dati dalla dimensione locale della tecnologia e stimola comportamen- ti anticiclici rispetto al sistema economico.

Per questo motivo, la ristrutturazione dei sistemi maturi è un processo di natura composita in cui, come sintetizzato dalla Figura 31, la dimensione politica delle relazioni di produzione si traduce nella dimensione industria- le attraverso due configurazioni intermedie. La definizione di un nuovo sentiero tecnologico che permetta di entrare o rientrare in un mercato è una trasformazione delle specializzazioni produttive e, in quanto tale, richiede il consenso di ognuno dei soggetti che partecipano alla divisione istituzionale del lavoro portando a un accordo collettivo sulla traiettoria o sulle traietto- rie del nuovo sentiero di sviluppo. Inoltre, la radicalità della trasformazione, ovvero la distanza tra il passato e il futuro tecnologico del sistema che defi- nisce la competitività della produzione, dipende dalla volontà espressa da ciascun soggetto di parteciparvi determinando il grado della sua nuova spe- cializzazione. Il passaggio da una sfera all’altra si realizza in una configura- zione organizzativa in cui, da un lato, le imprese «spacchettano» il processo

Figura 31. Dimensioni della divisione istituzionale del lavoro.

Configurazioni intermedie Dimensione industriale Dimensione politica Organizzazione Accordo Volontà Coerenza istituzionale Efficacia Credibilità Entrata Competitività Potere di mercato Sviluppo industriale Regolamentazione

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di produzione e, dall’altro, le istituzioni attive nelle fasi loro attribuite eser- citano capacità di produrre proprie.

Tuttavia, ciò non basta a completare il processo di ristrutturazione, per- ché la divisione istituzionale del lavoro è limitata dalla coerenza istituziona- le del sistema localizzato di produzione, oltre che dall’estensione del merca- to. Tale coerenza è data dalla consistenza tra la struttura, le missioni stori- che e le nuove funzioni delle istituzioni da cui dipendono sia la possibilità di guadagnare un certo potere di mercato, che è proporzionale all’efficacia dei processi politici, sia le opportunità stesse di sviluppo legate alla credibi- lità del processo di trasformazione. A questo punto, per non compromettere l’intera trasformazione, la nuova configurazione raggiunta dalle relazioni di produzione deve essere formalizzata attraverso un processo di riforme che permettano alla struttura, alle missioni storiche e alle nuove funzioni delle istituzioni attive di essere tra loro consistenti.

Il risultato della ristrutturazione industriale dei sistemi maturi non è più un insieme territoriale di sistemi localizzati di produzione, ma un’unica piattaforma produttiva locale. Tale piattaforma è un sistema complesso. Come scrive Si-

mon:

Per sistema complesso si intende un sistema composto da un grande numero di parti che interagiscono secondo modalità non semplici. In tale sistema il tutto è più della somma delle singole parti, non tanto in teorico o metafisico, ma nell’importante senso pratico che, date le proprietà delle parti e le leggi della loro inte- razione, non è questione banale definire le proprietà del tutto.167

La complessità della piattaforma è data dalla sua trasversalità industria- le. Tra le relazioni di produzione al suo interno, infatti, la divisione del lavo- ro non si distingue più per processi produttivi che, come mostra la Figura 32 alla pagina successiva, assumono il carattere di flussi di produzione che la attraversano. Tale transito non è uno spostamento fisico nello spazio, ma un movimento tecnologico lungo il quale, al contatto con la piattaforma, una produzione diviene realizzabile, ovvero per quella produzione si con- cretizzano le opportune soluzioni tecnologiche e organizzative.

Una piattaforma produttiva locale può essere descritta come in Figura 33. L’insieme di relazioni di produzione interne alla piattaforma è rappre- sentato dal fitto reticolo che riempie il piano e che si interrompe quando le capacità di produrre si formalizzano nei diritti di produrre assegnati agli spin-off funzionali delle istituzioni attive. Tali soggetti sono identificati dai

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Figura 32. Piattaforma di produzione locale. Flussi di produzione.

Figura 33. Piattaforma di produzione locale. Relazioni di produzione.

cerchi in colore chiaro, che simboleggia l’ordine che le capacità di produrre raggiungono quando si strutturano in diritti formali. I rettangoli scuri, inve- ce, sono le tracce lasciate dal passaggio dei flussi di produzione senza che questi interrompano la rete di relazioni. Infine, le linee scure che connettono gli spin-off ai flussi corrispondono alle azioni con cui le istituzioni attive partecipano alla produzione, ovvero all’esercizio di diritti formali di pro- durre attraverso scambi di mercato e non di mercato.

Le capacità di produrre della piattaforma e le loro proprietà non sono date dalla somma di quelle dei singoli soggetti che partecipano alla divisio- ne istituzionale del lavoro. All’interno della piattaforma le fasi produttive si

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ricombinano di volta in volta secondo le esigenze dei flussi di produzione e, in questo modo, i processi raggiungono livelli di flessibilità che non sono realizzabili senza lo «spacchettamento» delle fasi produttive. Talvolta è pos- sibile ottenere tale flessibilità anche con forme di organizzazione della pro- duzione che limitano alle sole imprese la divisione del lavoro, ma la diffe- renza cruciale tra queste e la piattaforma produttiva territoriale è che solo quest’ultima permette di coniugare una notevole flessibilità con l’impiego simultaneo e ad alta intensità di capitale fisico, umano e cognitivo. Inoltre, la dinamica con cui continuamente si ricombinano le capacità di produrre all’interno della piattaforma genera processi di apprendimento e di espan- sione della frontiera tecnologica che moltiplicano in modo esponenziale i vantaggi della divisione del lavoro, facendo dei tassi di incremento della competitività e non più nei livelli di competitività il metro della competi- zione. Pertanto, la piattaforma produttiva territoriale può essere considerata in definitiva una risposta adeguata e sostenibile alle richieste di competitivi- tà dei sistemi localizzati di produzione, una risposta che enfatizza la dimen- sione locale e la trasversalità della tecnologia, ma che coniuga i vantaggi delle forme territoriali di organizzazione della produzione con quelli delle attività tecnologiche e innovative ad alta intensità di capitale.