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Placoneis gastrum (Ehremberg) Kutzing var gastrum 2 0,5

Nel documento Biologia Biologia Biologia (pagine 31-41)

Specie

Fig. 2. Variabilità della struttura della comunità diatomica in Adda e Ticino tra diversi anni e tra diverse stagioni di campionamento (inizio

estate vs fine estate), valutata tramite il valore dell’indice di Bray-Curtis (a); variabilità nei valori dell’indice ICMi tra diverse stagioni di campionamento (b).

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acque (Dodds et al., 1998), di probabile origine antro-pica, l’indice diatomico (0,89 ± 0,13) segnala una qualità perlopiù elevata.

Sia la possibile inadeguatezza delle liste floristiche a specifiche condizioni locali che una generale tendenza dell’indice a sovrastimare lo stato ecologico erano già state evidenziate e approfondite da Falasco et al. (2012) in diversi macrotipi fluviali.

Infine, è necessario evidenziare l’elevato grado di preparazione in materia di determinazione tassonomica necessario per l’analisi al microscopio dei campioni algali, dovuto anche alla frequente revisione delle unità tassonomiche. Ciò rende questo indicatore uno stru-mento poco idoneo all’applicazione diffusa e alla rapi-da valutazione dello stato di qualità.

Macrofite (IBMR)

Le comunità macrofitiche rinvenute nei fiumi Adda e Ticino sono risultate composte prevalentemente da macroalghe filamentose, appartenenti ai generi

Cla-dophora, Spirogyra e Oedogonium e da fanerogame,

sia strettamente idrofite, principalmente appartenenti a specie del genere Ranunculus e a Vallisneria spiralis L., che non, come Rorippa amphibia (L.) Besser e alcune graminoidi (Poaceae e Cyperaceae). Lo svilup-po della comsvilup-ponente muscinale è risultato ridotto e ristretto solo ad alcuni tratti del fiume Adda in cui è stata rinvenuta prevalentemente Fontinalis

antipireti-ca Hedw. In termini generali lo sviluppo, la struttura e

la ricchezza delle comunità sono risultate variabili sia a livello spaziale che temporale. In particolare, ridotte coperture sono state osservate in corrispondenza di aree caratterizzate dai substrati più movibili (ghiaia e piccoli ciottoli; Fig. 3) e da un idrogramma particolar-mente variabile (sul fiume Adda da ADS4 ad ADS7). Uno scarso sviluppo della vegetazione è stato osserva-to, come prevedibile, nei campionamenti eseguiti suc-cessivamente ai periodi di morbida; gli effetti di tali eventi idrologici sono stati osservati anche a distanza di alcune settimane (Fig. 4). L’importanza di fattori quali la velocità della corrente (e la sua variabilità) e la granulometria del substrato (e quindi la sua mobilità) nella determinazione delle biocenosi macrofitiche è già stata evidenziata in diversi ambiti territoriali sia a livello nazionale (Minciardi et al., 2010) che internazionale (Clarke e Wharton, 1998; Biggs, 1996).

La forte dominanza delle alghe (90±22%) e, tra queste, la presenza di unità sistematiche generaliste come Cladophora sp. e Spirogyra sp. (Dodds e Gud-der, 1992; Cambra e Aboal, 1992) all’interno della comunità macrofitica mette in luce l’inospitalità delle tipologie fluviali campionate per organismi che richie-dono stabilità idraulica e di substrato. Le fanerogame, rinvenute sempre con coperture relative inferiori al

45%, sono risultate generalmente confinate alle aree laterali o a tratti fluviali con tirante idraulico costante-mente basso. La dominanza da parte di pochi generi algali è stata osservata anche da Bolpagni et al. (2012) per il fiume Oglio sublacuale. Questi Autori hanno evidenziato come la banalizzazione della comunità ma-crofitica possa essere spiegata da un’elevata disponibi-lità di nutrienti; tuttavia, nei fiumi Adda e Ticino, caratterizzati da una migliore qualità delle acque, appa-re determinante il ruolo svolto dall’instabilità fisica degli habitat acquatici. Nei casi studiati, la limitazione dello sviluppo delle comunità dovuta a tale instabilità è risultata tanto rilevante da non consentire di condurre in tutti i tratti entrambi i campionamenti annuali previsti dalla metodica (all’inizio e alla fine dell’estate; APAT, 2007). In particolare, la copertura macrofitica sull’Ad-da è risultata sempre inferiore al 5% nella prima parte dell’estate (dopo le morbide primaverili); questo anda-mento, osservato anche sul fiume Ticino nel 2010 e nel 2012, è risultato disatteso nel 2011, anno in cui l’arrivo ritardato delle morbide ha favorito lo sviluppo di una copertura mediamente maggiore nella prima parte dell’estate rispetto alla seconda (Fig. 4). È inte-ressante notare come, a fronte di una copertura preva-lentemente condizionata dalle dinamiche della portata in alveo, la ricchezza tassonomica della comunità vari maggiormente in relazione alla stagione, con un au-mento del numero delle unità sistematiche rinvenute (soprattutto per quanto riguarda le fanerogame) tra il primo e il secondo campionamento (Fig. 4).

A causa della scarsa copertura (inferiore al 5%), dovuta alle condizioni idromorfologiche limitanti, in molti casi l’indice IBMR non è risultato applicabile, impedendo di fatto l’utilizzo del bioindicatore data la mancanza di continuità nei dati.

Fig. 3. Ambito di copertura macrofitica in aree caratterizzate

prevalentemente da ciottoli di medie e grandi dimensioni e in aree caratterizzate da ghiaia grossolana e ciottoli di medie dimensioni.

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Anche nei casi in cui la copertura ha superato la soglia minima del 5%, l’utilizzo di questa componente biologica ai fini della determinazione dello stato ecolo-gico del corso d’acqua è apparso poco idoneo in quanto da un lato l’effetto negativo dato dalla mobilità del substrato non segnala necessariamente uno scosta-mento da una condizione di naturalità, dall’altro l’effet-to positivo indotl’effet-to sullo sviluppo di queste comunità biologiche da parte di portate costantemente basse, in relazione ai prelievi idrici in atto, non può essere inter-pretato come una condizione per il buono stato ecolo-gico del corso d’acqua.

Macroinvertebrati bentonici (STAR_ICMi)

Sia nel fiume Adda che nel Ticino le comunità di macroinvertebrati bentonici sono risultate tassonomi-camente ricche e composte principalmente da indivi-dui appartenenti alle famiglie Chironomidae, Hydrop-sychidae, Ephemerellidae (Ephemerella) e Baetidae (Baetis), con locali e temporanee densità elevate di altre unità sistematiche.

In tutte le stazioni sono state osservate variazioni

stagionali della densità dei gruppi tassonomici campio-nati, riconducibili in parte ai naturali cicli vitali di alcune specie, ad esempio di Chironomidae e Simulii-dae (Gendron e Laville, 1992; Werner, 2003). I valori più elevati di densità generalmente sono stati rilevati a fine inverno-inizio primavera e sono da imputare all’in-cremento di alcune famiglie come Chironomidae o Ephemerellidae.

Tali variazioni a carico della struttura delle comunità non vengono rilevate dall’indice STAR_ICMi, che pre-senta valori simili in campioni caratterizzati da densità differenti anche di un ordine di grandezza. Questo indice tiene infatti poco conto della densità complessi-va della comunità bentonica, in quanto tutte le met-riche che lo compongono fanno riferimento al numero di famiglie o all’abbondanza relativa, non all’abbondanza assoluta, fatta eccezione per il sottoindice

log10(sel_EPTD+1). Poiché la densità è fortemente

influenzata dalle condizioni idrauliche determinate dalle portate fluenti (Jowett, 2003), lo STAR_ICMi risulta poco adatto a rilevare i principali effetti ambientali determinati dalle variazioni di portata, siano esse di

Fig. 4. Sviluppo della comunità macrofitica (media + ds) sul fiume Ticino dal punto di vista della copertura (a) e della ricchezza in taxa

(b) nel 2011, prima e dopo le portate di morbida (c).

(a) (b)

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origine naturale o antropica. Questo da un lato garan-tisce che lo stato di qualità della comunità macroben-tonica non risulti mascherato dagli effetti indotti dalle naturali variazioni di portata, dall’altro comporta un’incapacità nel rilevare alcuni fenomeni di perturbazi-one che determinano come risposta variazioni di densità (come il drift catastrofico legato al trasporto di materi-ale solido in sospensione o a fenomeni di hydropeaking, Suren e Jowett, 2001; Mochizuki et al., 2008).

Per come è strutturato, lo STAR_ICMi è idoneo a rilevare specifiche alterazioni della qualità chimica delle acque, in quanto l’indice di tolleranza all’inquinamento organico ASPT riveste il peso maggiore (33,3%) tra le sei sottometriche che lo compongono. Scarso peso è dato invece al grado di equiripartizione della comunità: l’unica metrica che ne tiene conto è Shannon-Wiener, con un peso dell’8,3%.

Anche la metrica log10(sel_EPTD+1), con un peso

del 26,6% sul giudizio finale di qualità, presenta delle criticità: solo metà delle 14 famiglie considerate per il suo calcolo è stata rinvenuta nelle 11 stazioni

monito-rate, spesso con frequenza e densità molto basse, anche in stazioni caratterizzate da una buona naturalità complessiva (es. TIC3). Questo aspetto determina un’ampia variabilità nei valori della metrica, che in alcuni casi può risultare pari a zero, influendo negati-vamente sul valore finale dello STAR_ICMi. L’assenza di alcune famiglie nei tratti campionati potrebbe essere determinata in parte dalla natura del metodo di campio-namento multihabitat proporzionale (APAT, 2007), che trascura microambienti percentualmente poco ri-levanti dal punto di vista spaziale, ma importanti per la diversità complessiva della comunità bentonica, come le zone litorali lentiche, a sedimento fine e con abbon-dante vegetazione: ad esempio, la famiglia dei Bra-chycentridae potrebbe non essere mai stata rilevata in quanto strettamente associata alla componente macro-fitica dei corsi d’acqua (Buffagni et al., 2000), che, come descritto precedentemente, è presente solo in un arco temporale limitato nel corso dell’anno e con percentuali quasi sempre al di sotto della soglia del 10% prevista dal protocollo.

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I valori relativi alle metriche n° di famiglie ed EPT, così come la densità, seguono un gradiente longitudi-nale nel fiume Adda (Fig. 5); ciò è in parte giustificato dalla naturale articolazione strutturale delle comunità macrobentoniche (così come descritto dal river

conti-nuum concept, Vannote et al., 1980). L’utilizzo degli

stessi valori di riferimento nel caso di queste ultime due metriche, non tenendo conto di questa forte varia-bilità, appare quindi inadeguato per il contesto speri-mentale in studio. La debole diminuzione dei valori dell’indice STAR_ICMi (Fig. 5) lungo l’asta sottolinea lo scarso peso di queste due metriche.

Un’ultima considerazione riguarda il protocollo di campionamento: sebbene la natura quantitativa dell’in-dice STAR_ICMi preveda la definizione di un numero esatto di individui raccolti, a livello nazionale le tecni-che di smistamento non sono ancora omogenee tra i diversi laboratori, prevedendo talvolta la conta totale (adottata in questo studio), talvolta sistemi di stima o subcampionamento di vario tipo. Eventuali differenze di valutazione tra le diverse tecniche adottate possono portare a definire comunità caratterizzate da abbon-danza e ricchezza differenti, con variazioni significati-ve per le famiglie caratterizzate da pochi individui (definite come drift nell’Indice Biotico Esteso – APAT, 2003). Ciò influisce sul valore di metriche quali n° di

famiglie, EPT e log10 (sel_EPTD+1) e di

conseguen-za sul valore finale di STAR_ICMi, come rappresenta-to in figura 6. In alcuni casi, non considerando le famiglie costituite da un solo individuo è stato

osserva-to un abbassamenosserva-to del giudizio di qualità anche di una classe.

Sarebbe quindi opportuno standardizzare i metodi di smistamento al fine di assicurare la comparabilità dei dati e la loro rappresentatività nei confronti delle co-munità campionate. A tale proposito, la metodica AQEM (AQEM Consortium, 2002) può essere considerata un buon compromesso tra i diversi approcci in uso.

Fauna ittica (ISECI)

Nei tratti studiati dell’Adda e del Ticino sono state rilevate comunità ittiche generalmente caratterizzate da un buon numero di specie, fino a un massimo di 30. Per limitare la sottostima dell’abbondanza delle specie e degli stadi vitali più elusivi, la definizione delle strut-ture delle comunità è avvenuta tramite la combinazione dei risultati ottenuti da più campionamenti semiquanti-tativi eseguiti con diverse tecniche (elettropesca e osservazioni subacquee). Dai censimenti è emersa una comunità ittica composta principalmente da Ciprinidi reofili, quali soprattutto vairone (Leuciscus souffia Risso), sanguinerola (Phoxinus phoxinus L.), caveda-no (Leuciscus cephalus L.) e barbo (comune e d’oltral-pe – Barbus plebejus Bonaparte, B. barbus L.) e da specie bentoniche di piccola taglia, quali ghiozzo

(Pa-dogobius martensii Gunther), cobite (Cobitis bilineata

Canestrini) e scazzone (Cottus gobio L.). Nell’Adda, tra le specie di maggiore interesse dal punto vista naturalistico e conservazionistico (Allegato II della Direttiva Habitat 92/43/CEE), si segnala la presenza

Fig. 6. Scostamento dei valori relativi a n° di famiglie, EPT e STAR_ICMi rispetto al valore calcolato per l’intero campione, rimuovendo

artificiosamente le famiglie composte da bassi numeri di individui (da 1 a 10 individui/m2). Analisi condotta su campioni del fiume Ticino (sito TIC1).

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abbondante e pressoché ubiquitaria del vairone, signi-ficativa dello scazzone e della trota marmorata (Salmo

trutta marmoratus Cuv.), sporadica dello storione

co-bice (Acipenser naccarii Bonaparte), della lasca

(Chon-drostoma genei Bonaparte), del pigo (Rutilus pigus

Lacepède) e della savetta (Chondrostoma soetta Bona-parte), mentre il barbo comune risente in modo pesan-te della diffusione del barbo d’oltralpe. Nel Ticino, all’interno del tratto studiato, è stata invece rilevata l’assenza di Salmonidi e della lasca e la ridottissima presenza di specie autoctone dall’elevato valore fauni-stico quali la savetta e il pigo.

Circa un quarto delle specie catturate risulta di origine alloctona e tra queste le più abbondanti sono rodeo amaro (Rhodeus sericeus amarus Bloch), barbo europeo, gardon (Rutilus rutilus L.) e siluro (Silurus

glanis L.). Nella maggior parte dei tratti indagati, circa

metà delle specie autoctone rilevate non sono conside-rate nella lista faunistica utilizzata per il calcolo dell’in-dice ISECI. Ciò ha portato quindi a un’evidente sotto-stima del valore naturalistico potenzialmente esprimibi-le dai popolamenti ittici studiati. Come già evidenziato da altri Autori (Forneris et al., 2010; Zerunian, 2012), uno dei principali limiti di applicabilità dell’indice è legato infatti agli elenchi di specie di riferimento per singola comunità attesa forniti dal D.M. 260/2010. Nei corsi d’acqua studiati la lista trascura specie di rilevan-te valore ecologico e naturalistico native dei fiumi sublacuali della Pianura Padana. Questi fiumi, posse-dendo caratteristiche ambientali molto eterogenee, con-sentono la presenza non solo delle specie incluse nella zona dei Ciprinidi a deposizione litofila (utilizzata per il calcolo dell’indice in questo ambito), ma anche alcune di quelle tipiche della zona a Salmonidi (temolo –

Thymallus thymallus L.– e scazzone) e della zona dei

Ciprinidi fitofili (savetta, pigo, alborella –Alburnus

al-burnus alborella De Filippi–, storione cobice). Queste

considerazioni portano a ritenere che, con lo stato attuale delle liste faunistiche di riferimento, l’utilizzo dell’ISECI in contesti fluviali come quelli studiati risulti ad oggi poco appropriato e sottolineano la necessità di

avviare il percorso tecnico-amministrativo, previsto dal D.M. 260/2010, per rivedere le comunità ittiche di riferimento.

Occorre infine sottolineare il peso fortemente nega-tivo dato dall’ISECI alla presenza di individui, puri o ibridi, appartenenti a specie esotiche: questa scelta, da un lato meritevole di prendere in considerazione l’“inquinamento biologico”, dall’altro porta spesso a declassare lo stato complessivo di tratti di corsi d’ac-qua unicamente per la presenza di queste entità (anche se rappresentate da un basso numero di individui). Nel caso dei tratti di Ticino e Adda campionati questo è avvenuto in 4 casi su 11 (Tab. III).

Dalle criticità sopra esposte risulta evidente come, nel caso in studio, l’ISECI non sia uno strumento idoneo per il monitoraggio degli effetti indotti sulla fauna ittica dalle variazioni artificiali delle portate; ana-lisi su singole popolazioni di specie sensibili alle condi-zioni idromorfologiche forniscono in tal senso infor-mazioni maggiormente significative.

Parametri fisico-chimici (LIMeco)

Il giudizio di qualità derivante dall’applicazione del-l’indice LIMeco è risultato generalmente superiore a quello definito dagli indici biologici ad eccezione del-l’ICMi (in questo caso solo nel 18% dei casi il valore medio annuo dei due indici ha portato a giudizi di qualità differenti). Lo stato di qualità definito per i due corsi d’acqua a livello medio annuo è risultato elevato per tutte le stazioni monitorate e per tutti gli anni di studio ad eccezione di tre casi.

Come nel caso dell’ICMi, si ritiene che tale indice sovrastimi l’effettivo stato di qualità; ciò è probabil-mente dovuto sia all’assenza nel suo calcolo di impor-tanti descrittori (quali BOD5 e COD, presenti invece nel precedente LIM) che alla scelta di limiti inadeguati per le classi di qualità.

Per quanto concerne la misura del deficit di ossige-no, bisogna sottolineare che, ad eccezione di situazioni fortemente compromesse, raramente il suo valore me-dio giornaliero risulta allontanarsi più di 20 punti

rispet-Tab. III. Stato ecologico delle 11 stazioni dei fiumi Adda e Ticino: i giudizi di qualità di ciascun indicatore corrispondono al valore medio

ottenuto dai campionamenti eseguiti su tre anni consecutivi (2010-2012) (bianco = stato elevato; grigio chiaro = stato buono; grigio scuro = stato sufficiente).

ADS1 ADS2 ADS3 ADS4 ADS5 ADS6 ADS7 TIC1 TIC2 TIC3 TIC4 ICMi 0,97 0,91 0,87 0,95 0,97 0,83 0,72 1,09 1,14 1,18 1,09 IBMR 0,79 0,90 0,85 1,12 0,94 0,73 0,77 0,81 0,82 0,82 0,82 STAR_ICMi 0,93 0,94 0,84 0,84 0,81 0,76 0,74 0,85 0,81 0,84 0,82 ISECI 0,59 0,64 0,68 0,81 0,68 0,55 - 0,63 0,63 0,55 0,55 LIMeco 0,82 0,72 0,65 0,74 0,75 0,69 0,68 0,82 0,79 0,82 0,73 Stato

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to alla saturazione (facendo così rientrare il parametro nel livello 3). Tale scostamento è stato misurato solo temporaneamente in estate, nei momenti che rappre-sentano gli estremi del ciclo circadiano dell’ossigeno, cioè durante la notte (valore minimo) e nel pomeriggio (valore massimo). A tal proposito risulta interessante notare l’assenza di indicazioni ufficiali sugli orari in cui eseguire le misure ai fini del calcolo dell’indice. Data la forte variabilità circadiana di questo parametro, so-prattutto nel periodo estivo, il giudizio conseguente può infatti variare. I dati utilizzati nel presente studio sono stati quindi raccolti, come appare raccomandabi-le, sempre durante la mattinata, in condizioni che si possono considerare intermedie tra quelle che possono essere osservate nelle 24 ore.

Stato Ecologico dei corsi d’acqua

In tabella III è riportato lo stato ecologico delle 11 stazioni monitorate sui fiumi Adda e Ticino, corrispon-dente al peggiore tra i giudizi di qualità relativi ai diversi indici.

In molti casi l’IBMR o l’ISECI hanno determinato il giudizio finale, il quale risulta quindi influenzato dalle problematiche specifiche di questi due indici, già pre-cedentemente esposte. È inoltre emersa spesso un’in-congruenza tra i giudizi definiti dai diversi indici, anche quelli formulati per rilevare perturbazioni di natura similare (ICMi, IBMR e LIMeco).

Come già sottolineato in ambito internazionale e nazionale (Hering et al., 2010; Nardini et al., 2008), il criterio adottato dalla WFD del caso peggiore per la definizione dello stato ecologico appare critico, in par-ticolare in questo momento in cui gli indici adottati non sono ancora in grado di dare valutazioni del tutto corrette. Un suo utilizzo in contesti caratterizzati da pressioni ambientali multiple può creare una distorsio-ne distorsio-nella comprensiodistorsio-ne del sistema in studio e portare ad allocare in modo errato le risorse destinate alla riqualificazione ambientale.

Riteniamo che la proposta metodologica Fluvial Eco-system Assessment (FLEA, elaborata da Nardini et

al., 2008), basata su un sistema di aggregazione degli

indicatori integrato e ponderato (criterio di compensa-zione), sia un buon esempio dei possibili criteri da utilizzare per superare le criticità segnalate.

Un’ultima considerazione riguarda la valutazione dello stato per singoli corpi idrici: alcune delle 11 stazioni campionate in questo studio fanno parte del medesimo corpo idrico (Tab. I). Tuttavia, i giudizi sullo stato ecologico ad esse assegnati all’interno di uno stesso corpo idrico sono talvolta differenti (Tab. III). Questo fatto, di cui è utile tenere conto nella valutazione dello stato ecologico dei singoli corpi idrici, potrebbe essere legato in parte ad una suddivisione ancora migliorabile,

in parte alla presenza di gradienti di qualità non facil-mente imbrigliabili in una visione discretizzata del si-stema fluviale (si pensi allo scadimento derivante dalla presenza di carichi inquinanti diffusi).

CONCLUSIONI

I corsi d’acqua oggetto di studio sono strategici a livello nazionale per la produzione di energia idroelettri-ca e per l’irrigazione di vaste aree agricole del nord Italia; nondimeno derivazioni idriche non regolamenta-te operaregolamenta-te per quesregolamenta-te finalità possono risultare in con-flitto con la valenza naturalistica degli ambienti fluviali, collocati in aree protette, e gli obiettivi di qualità posti dalla Direttiva Quadro europea. Per superare tale criti-cità, nella redazione dei Piani di Bacino sono state individuate soglie di derivazione che possono essere oggetto di ridefinizioni sito-specifiche in seguito ad opportune sperimentazioni. In questa ottica sperimen-tale, risulta fondamentale che gli strumenti di monito-raggio adottati siano realmente adeguati alla valutazio-ne degli effetti ambientali dei deflussi proposti, al fivalutazio-ne di rispettare gli obiettivi di qualità della WFD.

In tale contesto il presente lavoro ha permesso di evidenziare alcune criticità del sistema di monitoraggio definito dal D.M. 260/2010, applicato in un ambito sperimentale particolarmente articolato dal punto di vista dei rilasci ed inserito in un contesto ambientale

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