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Per il mio uso di plotter e computer nei primi anni Ottanta sono stato additato come “astrologo scienziato” ma per me l’astrologia è

un’arte, più in alto di una scienza. Ciò non toglie che l’Astrologia

funzioni, e a noi non deve interessare se essa funzioni come arte o

come scienza; ci deve interessare se è capace di aiutare il prossimo, e

soprattutto se è capace, come in altre discipline, di correggersi (cosa che ha dimostrato) e di progredire. Se nel diciassettesimo secolo passiamo dal fiorentino Francesco Sizzi, che sosteneva che non potevano esserci più di sette pianeti nel nostro sistema solare perché sette sono i buchi del nostro corpo, a Morin de Villefranche, figura fondamentale che ha traghettato l’antichità nell’astrologia moderna, l’astrologia è divenuta allora sicuramente un sapere o una disciplina capace di correggersi e di progredire.

Non dovremmo chiederci, quindi, se il nostro lavoro possa ottenere il sigillo di scientificità, ma dovremmo piuttosto interrogarci sulle responsabilità della scienza e dei paladini della scienza. Cinquant’anni fa, ad esempio, anche i più grandi oncologi negavano l’esistenza di un legame tra il fumo e il cancro, senza darne la benché minima prova, mentre oggi si sta ripetendo la stessa cosa con i telefonini. È dunque evidente, all’interno dei Palazzi, l’uso strumentale che si fa della scienza, così come il suo connubio con l’economia.

Che lo si voglia o meno, c’è ormai una terza categoria di materie, per cui tutto il discorso epistemologico andrebbe riscritto da zero. In passato c’erano solo scienze esatte e scienze umane; oggi ci sono scienze “borderline”, a metà strada tra queste due. I processi venivano basati sulle prove e sulle testimonianze che costituivano il corpo del processo stesso; oggi si affida l’esito del processo a un esperto che quasi sempre è uno psicanalista. Se l’esperto di una delle due parti è più bravo dell’altro, avremo l’assoluzione di una persona che ha commesso il crimine o viceversa.

Nel film L’esercito delle dodici scimmie di Terry Gilliam, un uomo è inviato sulla terra da un futuro in cui un’epidemia ha distrutto la quasi totalità della popolazione mondiale. Quando l’uomo svela di venire dal futuro e chiede aiuto per poter scoprire le cause cha hanno portato all’epidemia che avrebbe decimato l’umanità, viene immediatamente rinchiuso in manicomio. La dottoressa che lo segue cerca di persuaderlo che la sua storia è solo frutto della sua immaginazione, finché alcuni fatti che l’uomo racconta non la convincono della veridicità della storia. Quando la dottoressa cercherà di convincere altri scienziati, si scontrerà con lo stesso atteggiamento scettico contro il quale lei stessa infine si ribellerà, chiedendosi come si sia passati da un momento in cui le teorie di Freud erano ritenute delle sciocchezze e ostracizzate, a una situazione in cui gli psicanalisti si ritengono detentori del sigillo della Verità Assoluta.

Marina De Chiara: Si può certamente cadere nelle maglie di

discorsi prestabiliti, che operano come delle vere gabbie, e mi riferisco non solo alla psicanalisi, ma a qualunque griglia contenitiva, di tipo ideologico, che voglia e possa riprodurre delle forme di criminalizzazione, per mantenere il controllo sociale.

Tutte le cosiddette scienze si potrebbero passare al vaglio, e si finirebbe per scoprire che nessuna di esse è veramente adeguata, rispondente, cioè, ai criteri di assolutezza della scienza, poiché quando si parla di scienze si scopre sempre che tutte, in realtà, sono tecniche che si basano sull’osservazione e sulla possibilità di stabilire delle connessioni, ipotesi, risultati, etc. In questi ultimi mesi, una delle mie letture è stato il libro L’arte della memoria, un’opera enciclopedica della storica inglese Frances Yates pubblicata nel 1966. Si tratta fondamentalmente di uno studio su come le prime forme di conoscenza e sapere della classicità greca fossero in realtà elaborate tecniche mnemoniche grazie alle quali l’uomo iniziava a costruire il suo sapere, imprimendo ‘luoghi’ e ‘immagini’ nella mente, ritenuta una sorta di cera interiore.

La retorica, arte liberale che consisteva nell’apprendimento di una rigorosa costruzione del ragionamento e dell’argomentazione, si è tramandata nel mondo romano (Cicerone e Quintiliano sono i nomi più noti del mondo latino riguardo all’arte oratoria) come patrimonio di tecniche giunte attraverso la classicità greca, che comprendeva anche quelle zone geografiche remote, l’attuale Asia Minore, passate successivamente a rappresentare l’Oriente misterioso, ermetico, impenetrabile. Cicerone, nei suoi trattati di retorica, faceva riferimento a figure illustri di greci come Simonide di Ceo, Metrodoro di Scepsi, Pitagora di Samo, solo per nominarne alcuni, che nell’antichità greca avevano elaborato processi per imprimere immagini evocative nella mente. La memoria, e l’arte per coltivarla, erano essenziali per Cicerone, che era un seguace della filosofia platonica; anzi, l’importanza attribuita alla memoria da figure come Cicerone ne farà successivamente, nel periodo medievale, una delle virtù cardinali.

Questo complesso sistema di composizione mnemonica disegnava una vera e propria architettura della mente, un sistema di edifici in cui si imprimevano le immagini più utili a ‘significare’ e a condensare idee complesse da richiamare alla mente nel momento opportuno. Quelle significazioni, che nel passato erano state sapientemente escogitate e apprese, si sono poi trasformate, durante il Medioevo e poi nel Rinascimento, quando man mano se ne era persa la familiarità

e il senso, in simbologie e segni di un sapere occulto. D’altra parte, uno dei meriti della studiosa Frances Yates è stato proprio quello di approfondire le ricerche storiche su una sorta di ‘tradizione ermetica’

occidentale, ritrovandone le origini nelle tradizioni cristiane, ma