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Annie Leibovitz ha fatto della sua tecnica, basata sull’iperrealismo e su colori molto carichi, un tratto distintivo della sua arte. Le tonalità nelle sue immagini tendono ad essere fredde, come a rappresentare una calma apparente che annuncia una tempesta in arrivo, creando un luogo dove i suoi personaggi vengono messi di fronte alle loro debolezze per costringerli a far leva sui loro punti di forza, rendendoli simili a delle divinità. Questi sono parte degli elementi che crearono in molte celebrità, il desiderio di rendere immortale la propria immagine e la propria essenza attraverso un suo scatto83.

La sua formazione artistica, prettamente pittorica, la portò a basare il suo lavoro iniziale solo sul suo stato d’animo, cioè tendeva a fotografare solamente quando ne sentiva la necessità, quando era veramente pronta. Le era molto difficile sciogliersi e lasciarsi andare quando le fotografie le venivano commissionate da altri. Pensava che il lavorare per una rivista e il farsi pagare per i propri scatti andassero contro il concetto stesso di arte. Sentiva come se stesse vendendo la propria anima. Questi pensieri negativi, frutto per lo più della sua giovane età, erano affiancati dalle grandi soddisfazioni e dai riscontri molto positivi che provenivano proprio da questi suoi lavori pubblicati nelle riviste. Fu proprio questa collaborazione che la rese così famosa e che le diede l’opportunità di girare il mondo, diventando la fotografa che aveva sempre voluto essere84.

Gran parte del suo lavoro si basa su una continua ricerca del mezzo più adatto per rendere la fotografia sempre più vicina al suo modo di concepire la realtà. Le nuove

83Danziger e D’Agostino, 1996: 18.

tecnologie le permisero di produrre immagini fantastiche senza la necessità di muoversi dal suo studio o di mettere in qualsiasi modo in pericolo i soggetti che ritrae. Esempio di queste creazioni fantastiche, prodotte attraverso l’uso della tecnologia, è il progetto intitolato Disney Dream Portraits Series. Questa serie di fotografie riproduce i mondi immaginari della Disney come se esistessero veramente. Il risultato ottenuto è qualcosa di strabiliante se si pensa che rappresenta luoghi che non esistono veramente. La commistione tra il talento di Annie Leibovitz e questi nuovi programmi fotografici creò delle immagini dai colori talmente carichi da lasciare a bocca aperta. Qui di seguito si può trovare la fotografia che personalmente riassume alla perfezione la magnificenza di questi scatti(Figura 20). In contrapposizione a questa opulenza creata dal supporto tecnologico, si possono trovare immagini dove l’uso dell’ambientazione o dell’intervento del computer sono ridotti all’osso. Queste fanno parte del suo lavoro personale, lontano da quello prodotto per le riviste. Sono scatti che non necessitano di grandi ritocchi o grandi ambientazioni perché la loro bellezza sta nel messaggio che in esse è contenuto. Con il suo libro Pilgrimage raggiunse l’apice in questo campo. Qui vengono raccolti i suoi scatti più personali, nei quali l’intervento attivo dalla fotografa sulla disposizione degli elementi è pressoché nullo, lasciando libertà totale ed assoluta all’oggetto immortalato per non limitare la sua innata capacità espressiva. L’immagine personalmente più rappresentativa di tutte, inserita dalla stessa Annie Leibovitz come copertina del suo libro per il suo grande valore comunicativo, è intitolata Niagara Falls(Figura 21). La

naturalezza che contraddistingue questo scatto non lo rende anonimo o banale, in verità lo eleva dando ad un oggetto inanimato, come le cascate del Niagara, la possibilità di mostrare la propria vera natura.

L’atteggiamento e il lavoro di Annie Leibovitz si snoda tra la scelta stilistica di creazione del set e la ricerca della naturale spontaneità dello scatto istintivo e non costruito. Ha sempre avuto una passione profonda per la gestione di tutti gli elementi inseriti nei suoi scatti, data dal suo essere perfezionista e dalla sua grande autodisciplina. Nonostante questo suo atteggiamento di forte controllo, però, ha sempre abbracciato quella componente di imprevedibilità che, se assecondata, rivela ed attribuisce qualità all’immagine. Annie Leibovitz è la rappresentazione del

(Figura 20) Annie Leibovitz, Where another world is just a wish away, Disney Dream Portraits

perfetto equilibrio tra naturalezza ed artificiosità, tra monocromo e policromo, tra arte passata e futura, tra semplicità e sfarzo85.

Inizialmente, il suo lavoro poggiava sulle sue sole forze, senza l’aiuto di nessun assistente. Il modo in cui posizionava la sua attrezzatura contribuì direttamente a definire il suo stile. Viaggiava da sola e creava i propri set basandosi solo sul suo gusto, senza nessuna partecipazione esterna che avrebbe potuto allontanare il risultato finale da ciò che lei si aspettava di ottenere. La luce sbagliata, un oggetto fuori posto potevano compromettere l’intero lavoro. Per di più, ogni persona ha una propria visione delle cose, dettata dal proprio gusto estetico, che difficilmente si lega alla perfezione a quella di altri. Questa era la ragione prima che la portò a lavorare in solitudine per molto tempo. Con il passare degli anni e l’aumento dei suoi incarichi le fu impossibile non assumere degli aiutanti che oggi la seguono e la aiutano nella realizzazione dei suoi monumentali set. A darle sicurezza sulla buona riuscita di queste collaborazioni fu l’aver visto il rapporto che Richard Avedon aveva con i suoi assistenti. Sembrava fossero estensioni del suo corpo che rispondevano ai segnali trasmessi direttamente dal suo cervello perché muovevano le luci senza che ci fosse bisogno di chiederlo86.