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Politica italiana Germania

Ragazzi

Letterature

Irvine Welsh, UNA TESTA MOZZATA, ed. orig.

2007, trad. dall'inglese di Massimo Bocchiola, pp. 245, € 15, Guanda, Parma 2008

A suon di "oro nero" (l'adorata Guinness), partite di subbuteo e chiacchiere di argo-mento erotico con i compagni di bevute, le giornate dell'ex fantino Jason King scorrono tutte uguali tra loro, e molto simili a quelle di tanti giovani senza arte né parte della contea scozzese del Fife, che con Jason condivido-no anche il linguaggio sboccato e proletario con il quale ci racconta la sua storia. Paralle-lamente scorre il racconto di Jenni, ragazza di famiglia ricca tutt'altro che esemplare, vit-tima delle proprie insicurezze domestiche e delle vessazioni di un'amica canaglia. A sconvolgere e avvicinare la vita di entrambi in modo impensato sarà il ritorno di Ally Kra-vitz, ragazzo assurto a eroe del quartiere per aver abbandonato lo squallore di casa sfrec-ciando sull'immancabile motocicletta fino a una mitica Spagna calorosa e accogliente. Fanno da sfondo alla vicenda non solo i sor-didi e fumosi pub frequentati da Jason, luo-ghi centrali di una Scozia popolaresca che ha abbandonato le illusioni socialiste degli anni della lotta operaia, ma anche l'ambiente luminoso e ipocrita delle gare di equitazione, in cui Jenni si muove con un certo disagio. Molto divertente è la parlata di Jason, che spassosamente disegna un mondo di gio-vani squattrinati dal futuro incerto i cui confini potrebbero senza dubbio esten-dersi ben oltre le isole britanniche. L'elo-quio di Jenni, più sobrio e borghese, è squisitamente postadolescenziale, ma nei contenuti meno preciso di quello di Jason, che senz'altro incarna con maggior preci-sione l'immaginario e i modelli sociali del-l'autore, dando loro una realizzazione con-creta in un apparato metaforico grezzo e scurrile, ma proprio per questo profonda-mente realistico, scevro da inutili ipocrisie e assolutamente irresistibile.

ILARIA RIZZATO

Édouard Glissant, IL PENSIERO DEL TREMORE, ed.

orig. 2005, trad. dal francese di Enrica Restori, pp. 247, € 18, Scheiwiller, Milano 2008

I lavori di Glissant sono poco tradotti in Italia, ma ottimamente, il che offre ai lettori non fran-cofoni la possibilità di avvicinarsi a un eminente intellettuale. D'altronde, la lingua francese non è certo l'unico ostacolo che si frappone tra i letto-ri italiani e l'opera di Glissant: il filosofo usa in-fatti la lingua in modo difficile e volutamente opaco; i termini scelti sono densi di significati, portatori della loro stessa etimologia, di conta-minazioni con altre lingue, in particolare con la lingua creola, e di assonanze con parole stra-niere. Anche l'argomentare è ostico: i frammen-ti e i capitoli che si susseguono sulla pagina scaturiscono l'uno dall'altro a seguito di improv-vise illuminazioni, per il lettore fonte di ispirazio-ne, nonché traccia da seguire per approfondire le tematiche più prossime. Le pagine di Glissant possono anche insegnare molto sulle Antille, e soprattutto sulle articolazioni del pensiero che questo arcipelago può suscitare. Il lettore euro-peo è affascinato, infatti, dai sottili quanto solidi legami che uniscono l'attenzione per le Antille al discorso filosofico, il dato paesaggistico al ra-gionamento. La comparazione tra la condizione umana e ciò che all'autore è dato per esprimer-la - le storie, le geografie, le lingue e i linguag-gi delle Antille - sottende il discorso glissava-no e si fa più proficua per chi antillaglissava-no glissava-non è. "Ovunque guardiamo siamo circondati da Pian-tagioni nelle quali siamo costretti a vivere

insie-Dawn Powell, LA MIA CASA È LONTANA, ed. orig.

1998, trad. dall'inglese di Silvia Castoldi, pp. 395, € 18, Fazi, Roma 2008

"Penso che non esista gioia o intelligenza che non siano basate sulla verità. Per me non c'è nulla di bello nella cecità, nella feli-cità delia gente che rifiuta di accettare la realtà. La gioia dovrebbe essere coraggio-sa, dovrebbe avere le gambe forti della ve-rità, non una base gelatinosa di sogni e de-sideri". Le "gambe forti della verità", insieme all'incanto di una prosa ironica, nera a tratti, singolare come sanno esserlo certe scritture per l'infanzia, rappresenta l'attrattiva mag-giore di questo romanzo di Dawn Powell. Un

memoir parzialmente autobiografico, che

ri-porta alla mente Dickens e Flawthorne (e più in generale, la narratività ottocentesca, dato che la nascita di questa scrittrice americana recentemente riscoperta rimonta al 1896) con le loro storie di povertà, marginalità ed esclusione, ma più ancora il genere della fa-vola nera e crudele. Di questo genere La

mia casa è lontana ha proprio tutti gli

ingre-dienti: dalla morte della madre alla cattiveria della matrigna, compresi i rovesci finanziari di un padre affascinante ma irresponsabile, l'indifferenza dei parenti, il rifugiarsi da par-te della voce narranpar-te infantile, ma già par- terri-bilmente consapevole, in un universo di sto-rie per sfuggire agli orrori di un'infanzia san-guinosa che non vuole decidersi a finire. Valga come esempio più brillante l'incipit, con il senso di minaccia annidato nell'uomo della mongolfiera e con quella sorta di pec-cato originario che è l'abbandono della casa per trasferirsi in una più grande: il regesto degli oggetti perduti è un vero campionario della nostalgia, in un universo infantile che non può più permettersi di guardare indie-tro.

MARILENA RENDA

disegni di Franco Matticchio

me e a condividere, ma le condizioni sono così terribili che spesso possiamo scegliere solo tra l'essere invasi dalla paura e il delirio dei carne-vali. Eppure, è da questo qui-là, da questa me-scolanza di orizzonti, che potremmo trarre for-za". Il mondo di Glissant è terribile e grandioso, ma il suo pensiero insegna l'attenzione all'altro. PAOLA GHINELLI

Dusan Velickovic, SERBIA HARDCORE, ed. orig.

2007, trad. dal serbo di Sergei Roic, pp. 178, €16, Zandonai, Rovereto 2008

Piccoli racconti autobiografici, pagine di diario, appunti sparsi, presi durante i bom-bardamenti di Belgrado del 1999 e negli anni successivi, costituiscono Amor mundi e

Por-tofino, le due raccolte che compongono Ser-bia hardcore. L'autore è Dusan Veliòkovic,

giornalista, scrittore, film maker ed editore di Belgrado, uomo colto e versatile, fermo op-positore di MiloSevic, lucido cronista di dieci anni di storia balcanica. Belgrado, la Serbia sono al centro delle sue riflessioni, ne parla con affetto, ma con la consapevolezza di nar-rare terre maledette dalla gestione mafiosa e criminale del potere, dalla costruzione dell'o-dio etnico, dall'afasia e dall'immobilità deri-vanti da un decennio di regime. Veliòkovic sente su di sé, anche se non lo esplicita, il marchio di colpevole, aggressore, criminale che al popolo serbo (come se esistesse per davvero) è stato spesso attribuito a causa delle politiche scellerate di MiloSevic, e dei suoi seguaci. Ricostruendo con semplicità e rigore episodi di quotidiano sgomento, di fa-me e paura, di resistenza alle limitazioni alla libertà di espressione, Veliòkovid restituisce dignità alla parola "serbo", dipinge, nono-stante tutto, una Belgrado bella e vivace, co-• me una qualsiasi metropoli del mondo, con

l'incanto della parola salvifica toglie ai Balca-ni la nomea di terra primitiva e involuta. Il suo

invito è dunque a evitare la reiterazione ad

infinitum della demonizzazione del nemico

che, pur con motivazioni e finalità differen-ti, coinvolge carnefici e vittime, passando a sciogliere i veri nodi della recente storia serba: la reticenza di Milosevic all'Aja, gli assassini politici di intellettuali e persona-lità di governo, fra cui il premier Zoran Djindjiòc, amico dell'autore, ucciso nel 2003, le commistioni di poteri legali e ille-gali, che si inseriscono in logiche criminali internazionali e ben poco hanno a che fa-re con pfa-resunti tribalismi arcaici.

DONATELLA SASSO

Anna Mitgutsch, LA VOCE DEL DESERTO, ed. orig.

1995, trad. dal tedesco di Paola Busca gitone Cande-la, pp. 216, € 15, Giuntina, Firenze 2008

Non adeguata forse la traduzione del titolo, che nell'originale recita "Addio a Gerusalem-me". La città è infatti almeno coprotagonista di quest'opera dell'austriaca Anna Mitgutsch, ex docente di letterature, autrice pluripremiata di sette romanzi, due dei quali pubblicati da Feltri-nelli. La narratrice Hildegard, quarantenne au-striaca ricercatrice negli Stati Uniti, cerca da an-ni le tracce di una prozia ebrea, l'uan-nica parente che non si è voluta assimilare, perse dopo la sua fuga da Vienna durante gli "anni difficili". Continua a tornare a Gerusalemme, dove po-trebbe crearsi delle radici e sentirsi "indivisa", che la affascina con la sua molteplicità etnica, religiosa, linguistica, e la spaventa con la sua violenza e le sue lacerazioni. Da giovane è vis-suta in un kibbutz, ora ha un'avventura con un giovane armeno, che in realtà è palestinese, la usa per scopi terroristici e viene ucciso in uno scontro a fuoco durante l'Intifada. La storia è narrata a ritroso, con scarti temporali e geogra-fici, in un intersecarsi di ricordi, descrizioni e dialoghi, per finire in una stanza dell'aeroporto dove Hildegard, decisa a tornare in America dopo tante incertezze sulla sua vera Heimat, verrà interrogata dai servizi israeliani. Il tentativo di trovare la verità fra le molte varianti parallele in modo da rilasciare una dichiarazione veritie-ra ma non compromettente è destinato a fallire.

La voce del deserto si presta a diverse letture:

come thriller politico, storia d'amore, ricerca delie radici e della memoria ebraica.

MARINA GHEDINI

Chaim Potok, IL LIBRO DELLE LUCI, ed. orig. 1981,

trad. dall'inglese di Mara Muzzarelli, pp. 447, € 16,60, Garzanti, Milano 2008

Luci e ombre della comunità ebraica inter-nazionale si alternano sulle pagine di questo libro e nella vita di un giovane ebreo america-no, Gershon Loran. Orfano di entrambi i geni-tori, allevato dagli zii in un palazzo fatiscente nella Brooklyn degli anni cinquanta, Gershon deve decidere quale strada intraprendere nel-la vita, secondo quelnel-la che in un primo mo-mento potrebbe sembrare la classica trama del romanzo di formazione trasposta nel se-condo dopoguerra. Ma i binari tradizionali vengono ben presto abbandonati per correre con grande originalità in territori a dir poco in-sidiosi. Questo romanzo sceglie infatti di trat-tare problemi in genere estranei alla narrativa, per giunta in ambientazioni quantomeno sin-golari: dapprima il seminario ebraico e poi la Corea occupata e segnata dalla guerra, con una significativa parentesi giapponese. Il pro-tagonista, che all'inizio brancola in una conti-nua indecisione che lo porta a un'esasperan-te inattività, impara dalle molun'esasperan-teplici esperienze fino a diventare un punto di riferimento per gli altri. Tra questi l'amico Arthur, compagno di seminario dal carattere misterioso e contorto, che poi si scopre tormentato dal senso di col-pa per la sua comunità, qui considerata non solo vittima dell'Olocausto, ma anche e so-prattutto carnefice, in quanto inventrice della bomba atomica. L'arma costruita per debella-re il nazismo diventa colpa insanabile di una comunità di intellettuali e scienziati, di cui Arthur e Gershon condividono, loro malgrado, le responsabilità. Accompagnano la dolorosa scoperta del protagonista visioni mistiche trat-te dal libro della Qabbalà che elaborano so-prattutto il concetto di luce, che da entità creatrice e vitale si fa ferale latrice di morte at-traverso l'esplosione atomica.

L'INDICE

• • D E I L I B R I D E L M E S E • • • i o O • r<t c o

co

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C O

Niccolò Machiavelli, IL PRINCIPE, a cura di Raffaele Ruggiero, pp. 276, € 8,20, Rizzoli, Milano 2008

Quest'edizione si colloca nel quadro di un progetto di eccellenza, i "Classici ita-liani" pubblicati nella collana "Bur" della Rizzoli in

collabora-zione con l'Adi (As-sociazione degli Ita-lianisti). Presenta il testo del Principe accompagnato da un ricchissimo com-mento a più dimen-sioni, che spazia da informazioni di ca-rattere filologico a un'attenta esegesi dei contenuti filoso-fici, dai necessari ri-mandi storici a op-portune osservazio-ni di carattere lessi-cale. L'introduzione del curatore colloca l'opera nella biogra-fia di Machiavelli e

ne precisa l'orizzonte argomentativo: Il

Principe non nasce da un'astratta

rifles-sione filosofica o storica, ma dall'umana urgenza di Machiavelli di veder nuova-mente riconosciuta dai Medici, nuovi pa-droni di Firenze, "la propria competenza di sagace amministratore della cosa

pubblica". A questo scopo Machiavelli condenserà nel suo libretto "il precipita-to coerente di quatprecipita-tordici anni di alta am-ministrazione della repubblica": i topoi della tradizionale dottrina politica classi-ca e umanisticlassi-ca forniranno soltanto la cornice di una prosa densa di fatti e

ma-turata in una lunga pratica della mac-china statale. Prosa complessa e attra-versata da irriducibi-li contraddizioni, quale non può non essere quella di un libro "per i politici" scritto da un uomo che politico non era, e di un libro di pre-cetti stilato da un au-tore che alle regole non credeva. È pro-prio partendo da queste contraddizio-ni che il curatore mette a punto una lettura del testo mol-to lucida e aggiorna-ta, nutrita di amplissimi riferimenti biblio-grafici. La integrano, in appendice, i suoi utili Appunti sulla fortuna del Principe e un'antologia di letture critiche in cui tro-viamo Meinecke, Croce, Gramsci, Po-cock e Senellart.

MARIOLINA BERTINI

J a c k L o n d o n , JOHN BARLEYCORN. RICORDI

ALCOLICI, ed. orig. 1913, trad. dall'inglese di Luciano Bianciardi, pp. XIII-289, € 14, Utet, Torino 2008

NELLE TERRE DEL GRANDE NORD. IL RICHIA-MO DELLA FORESTA, ZANNA BIANCA E ALTRE

STORIE, trad. dall'inglese di Paola Cabibbo, Gianni Celati, Luca Codignola, Luca Lamberti e Sandro Roffeni, pp. 500, € 18, Einaudi, To-rino 2008

Jack London è davvero tornato alla ri-balta. Due nuove edizioni, molto elegan-ti e cartonate, sono qui a dimostrarlo. Più tradizionale la scelta di Einaudi, che ripropone i classici racconti del Freddo:

Zanna Bianca, Il richiamo della foresta, In un paese lontano, L'amore della vita, Farsi un fuoco, introdotti dall'anglista

Mario Matti, che ripercorre la sfortuna critica di London, direttamente propor-zionale alla creazione del suo mito, uma-no e letterario. A questo proposito, per gli amanti di Martin Eden, è disponibile un romanzo poco noto in Italia dove i ri-cordi autobiografici dello scrittore, e la sua dipendenza dall'alcol, sono filtrati dall'invenzione di un personaggio, tale John Barleycorn (chicco d'orzo) che in verità si identifica con la birra e il whisky. Qui, tra una saloon e l'altro, tra una scor-ribanda e un furto di polli, London trac-cia la vicenda irriverente di un ragazzino che cominciò a bere troppo presto. Tal-mente presto che non riusci più a

libe-rarsi da quella ambigua forma di ribellio-ne che finì per ucciderlo.

CAMILLA VALLETTI

L e v T o l s t o j , L A SONATA A KREUTZER, ed.

orig. 1889, a cura di Riccardo Reim, trad. dal russo di Riccardo Rossi, pp. 152, € 6, Newton Compton, Roma 2008

Non si contano la edizioni e le riedizioni di questo celeberrimo romanzo. E altret-tanto numerose sono le riduzioni e traspo-sizioni cinematografiche che, quasi sem-pre molto infelicemente, hanno tentano di sfruttare la fama di questa tragicomica vi-cenda. Segnaliamo dunque anche la nuo-va proposta di Newton Compton per l'ab-bordabilità del prezzo di copertina e per l'ottima revisione di Riccardo Reim a una vecchia traduzione. Forse non è inutile ri-cordare che proprio questo romanzo, più di altri di Tolstoj, ha influenzato moltissimo intere generazioni di scrittori. Un matrimo-nio d'amore, l'ennui che coglie la coppia dopo qualche anno, l'adulterio e il delitto per gelosia sono i caratteri esteriori di un classico scontro fra pulsioni sensuali e convezioni sociali, fra l'irriducibilità del singolo e la stupidità che lo circonda. Questa edizione presenta anche un com-mento all'opera che Tolstoj stesso scrisse dopo la prima pubblicazione.

( C . V . )

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G Q

Qiu Xiaolong, RATTI ROSSI, ed. orig. 2006,

trad. dall'inglese di Vittorio Curtoni, pp. 322, € 17, Marsilio, Venezia 2008

Cinese di Shanghai, Qiu Xiaolong vive negli Stati Uniti, insegnando letteratura cinese alla Washington University di Saint Louis e scrivendo romanzi gialli. La sintesi delle due culture che in lui vive (lontane tra loro ma che, ci suggerisce lo scrittore, potrebbero dialogare come an-cora non fanno) si riflette nelle sue trame poliziesche, costruite attorno al perso-naggio dell'ispettore capo Chen Cao, con il quale l'autore intreccia la propria biografia. A parte il fatto che sia un inte-gerrimo membro del Partito (mentre Xiaolong ha lasciato la Cina nel 1989, dopo i fatti di Tienanmen), il poliziotto opera nella città più popolosa della Cina, ama la buona cucina e la letteratura, sia cinese (da cui attinge

versi per ogni circo-stanza) sia occidentale, in particolare T.S. Eliot. Il personaggio appas-siona lettori di tutto il mondo (in Italia è cono-sciuto dal 2002) e le sue inchieste incomin-ciano a essere tradotte, sebbene non da Xiao-long e con tagli ad hoc, anche nella Cina "so-cial-capitalista" descrit-ta con descrit-tanto realismo. In

Ratti rossi, quarto

ro-manzo, l'incarico che viene affidato all'ispet-tore poeta rientra nella roboante c a m p a g n a nazionale anticorruzio-ne che interessa da vi-cino i funzionari di Parti-to corrotti, vicini alla Triade, compromessi da speculazioni immo-biliari, contrabbando e case di piacere

ma-scherate da karaoke. In questo comples-so cacomples-so (che annovera anche una serie di omicidi), Chen è affiancato dal leale agente Yu (e dal padre di lui, l'ex poli-ziotto Vecchio Cacciatore) e, durante una parentesi a Saint Louis, da Catherine Rohn, marshal americana con la quale aveva intrecciato una tenera amicizia a partire da una visita di lei in Cina ( Visto

per Shanghai, 2004). Se la matassa

nel-le ultime pagine si sgroviglia, il finanel-le non chiude definitivamente la partita.

ROSSELLA DURANDO

R o b e r t H i i l t n e r , UN'INDAGINE SENZA

IMPOR-TANZA, ed. orig. 1993, trad. dal tedesco di Pao-la Del Zoppo, pp. 192, € 15, Del Vecchio, Co-senza 2008

Esce in italiano il primo romanzo del te-desco Robert Hultner. Scritto negli anni novanta, racconta l'esordio investigativo del giovane ispettore Paule Kajetan, fini-to, subito dopo la Grande guerra, alla stazione di polizia di Dornstein, in segui-to a infrazioni poco chiare commesse a Monaco. Si distingue presto dallo stereo-tipo del commissario per il suo apparire

insicuro e remissivo nei confronti del questore Pointner, che gli affida un caso d'omicidio di scarsa rilevanza, in ap-parenza già risolto. È stato infatti trovato, nel-l'immaginario villaggio bavarese di Walching, il cadavere di una sedi-cenne, e tre Klòpfer, os-sia mendicanti bussato-ri (che, secondo la tra-dizione, presentandosi nel periodo natalizio al-le case con canti e mot-tetti, potevano elemosi-nare cibo o denaro) so-no già stati tratti nella lo-cale prigione. Nella pic-cola comunità, che, du-rante la prima guerra mondiale, ha subito perdite tra i suoi abitan-ti, povertà e malconten-to trovano i propri capri espiatori in bolscevichi e ricchi ebrei, con il be-neplacito del viscido sindaco Lindinger. Coadiuvato dal sergente Mayr, Kajetan, che lontano dai suoi superiori non trattie-ne eccessi d'ira ed esterna audacia e presunzione, dimostrerà un intuito vin-cente, non premiato però dall'epilogo della vicenda. Sperando di leggere pre-sto di una revoca del congedo di Kajetan, di un'indagine senza importanza colpisce

soprattutto l'ambien-tazione. Accanto ad appassionate di-gressioni storico-na-turalistiche sulle Alpi della Baviera, la co-munità di Walching è dipinta come in un quadro realista otto-centesco, popolato di personaggi e luo-ghi che si vanno scoprendo solo ap-parentemente rassi-curanti. Per adden-trarsi più agilmente nella vita bavarese dell'epoca, l'edizio-ne offre una postfa-zione di carattere

storico, un dizionario dei nomi e un glos-sario. Qualche refuso di troppo.

( R . D . )

Karin Fossum, IL BAMBINO NEL BOSCO, ed.

orig. 2007, trad. dal norvegese di Margherita Podestà tìeir, pp. 250, €17, Prassinelli, Mila-no 2008

Sebbene sia tradotta in Italia dal 2003, Karin Fossum ha raggiunto la massima no-torietà quattro anni dopo, in seguito alla pre-miazione alla Mostra del cinema di Venezia della pellicola di Andrea Moiaioli, La

ragaz-za del lago. Il film, che trasferisce dai fiordi

norvegesi ai paesaggio della Carnia la

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