Popolazione totale anagrafica. Al 31 dicembre 2013, la popolazione residente in Ita-lia è pari a 60.782.668 unità (29.484.564 maschi e 31.298.104 femmine), oltre 1 milione di unità in più rispetto all’inizio dell’anno (+1,8 per cento). La ripartizione in cui si è registrato il maggiore incremento è il Centro (+3,3 per cento); quella con il maggior numero di residenti è il Nord-ovest (16.130.725 unità, pari al 26,5 per cento del totale dei residenti – Tavola 3.1).
Popolazione straniera anagrafica. Al 1° gennaio 2013 (ultimo anno disponibile), la popolazione straniera residente ammonta a 4.387.721 unità e costituisce il 7,4 per cento della popolazione complessiva; nel corso del 2012 la popolazione straniera ha subito un incremento netto di 335.640 unità (+8,3 per cento).
Circa il 62 per cento della popolazione straniera risiede al Nord e in questa ripartizione circa un individuo su 10 non ha la cittadinanza italiana, più del triplo di quello che avviene nel Mezzogiorno.
I cittadini residenti in Italia con cittadinanza straniera provengono prevalentemente dall’Ue (28,3 per cento); tra i non Ue, prevalgono i cittadini provenienti dall’Europa Centro-orientale (24,3 per cento della popolazione straniera residente), seguiti da quelli provenienti dall’Africa settentrionale (14,1 per cento). Considerando il dettaglio ripar-tizionale, si nota come nel Nord-est siano molto più numerosi coloro che provengono dall’Europa centro-orientale rispetto ai cittadini stranieri provenienti dall’Ue (rispetti-vamente 32,1 per cento e 23,3 per cento – Tavola 3.3).
Al 9 ottobre 2011, data di riferimento del XV Censimento della popolazione e delle abita-zioni, in Italia la popolazione residente in famiglia ammonta a 59.132.045 di individui, le famiglie sono 24.611.766 e il numero medio di componenti in famiglia è pari a 2,4 unità. I risultati degli ultimi cinque censimenti mostrano che negli ultimi 40 anni si è veri-ficato un incremento delle famiglie del 54,0 per cento. Quelle composte da una sola persona e le famiglie numerose - ovvero quelle con cinque o più componenti - seguono andamenti diametralmente opposti tra loro (Figura 3.1). Le famiglie numerose, che al
Popolazione residente
censimento del 1971 costituivano il 21,5 per cento del totale delle famiglie, registrano un costante calo, arrivando al 5,7 per cento all’ultimo censimento. Al contrario, nello stesso arco di tempo si evidenzia un regolare incremento delle famiglie unipersonali che passano dal 12,9 per cento al 31,2 per cento, vale a dire che quasi una famiglia su tre risulta composta da un’unica persona, come conseguenza di profondi mutamenti demografici e sociali, primo fra tutti il progressivo invecchiamento della popolazione, l’aumento delle separazioni e dei divorzi, nonché l’arrivo di cittadini stranieri che, al-meno nelle fasi iniziali, vivono in famiglie unipersonali.
Con il passare dei decenni, la fotografia scattata in occasione dei censimenti demogra-fici mostra che le famiglie tendono a essere sempre più piccole, con una progressiva riduzione del numero medio dei componenti: nel 1971 una famiglia era mediamente composta da 3,3 persone, nel 2011 da 2,4 (Figura 3.2).
Anche il Sud dell’Italia, che è l’area storicamente con il più alto numero di componenti per famiglia, registra una costante riduzione della dimensione familiare passando da 3,7 nel 1971 a 2,7 nel 2011. Le Isole, come il Sud, hanno un andamento che si collo-ca, nell’arco dei 40 anni considerati, al di sopra del valore nazionale, mantenendo un numero medio di componenti costantemente superiore a quello medio nazionale ma inferiore a quello del Sud.
La ripartizione storicamente con il più basso numero di componenti è il Nord-ovest che già nel 1971 contava mediamente tre persone per famiglia, dimensione che è andata gradualmente riducendosi fino a raggiungere quota 2,3 nel 2011. Il Nord-est e, ancor più, il Centro si discostano poco dal valore nazionale.
L’analisi regionale della dimensione delle famiglie e del numero di componenti rela-tivamente all’ultimo censimento della popolazione evidenzia percentuali più basse di Figura 3.1 Famiglie unipersonali e con 5 o più componenti
Censimenti 1971, 1981, 1991, 2001 e 2011; valori percentuali sul totale delle famiglie
12,90 17,84 20,59 24,89 31,15 1971 1981 1991 2001 2011 Famiglie unipersonali 21,51 14,92 11,30 7,50 5,72 0 5 10 15 20 25 30 35 1971 1981 1991 2001 2011 Famiglie con 5 o più componenti
famiglie unipersonali in quasi tutte le regioni del Sud e delle Isole, a fronte di quote più elevate per la Liguria (40,9 per cento), la Valle d’Aosta (39,6 per cento) e il Friuli-Vene-zia Giulia (35,6 per cento – Tavola 3.4).
Una tendenza opposta si riscontra per le famiglie con cinque o più componenti. In cor-rispondenza delle regioni con la quota più alta di famiglie unipersonali si registrano i valori più bassi di famiglie numerose (Liguria e Valle d’Aosta). Queste permangono più numerose nelle ripartizioni dell’Italia meridionale e insulare, in particolare in Campa-nia (11,0 per cento del totale famiglie), in Calabria (7,7 per cento), in Puglia (7,6 per cento) e in Sicilia (7,1 per cento).
Le famiglie possono essere distinte in famiglie senza nucleo, ovvero quelle i cui com-ponenti non formano alcuna relazione di coppia o di tipo genitore-figlio, famiglie con un solo nucleo, con i componenti che formano una relazione di coppia o di tipo genito-re-figlio e famiglie con due o più nuclei. Le famiglie senza nucleo, costituite nella quasi totalità da famiglie unipersonali, sono 8.319.826, pari al 33,8 per cento del totale delle famiglie; sono maggiormente diffuse nel Nord e nel Centro Italia, entrambe al 35,7 per cento, valore superiore alla media nazionale (Tavola 3.5).
Il numero maggiore di famiglie è costituito da quelle con un solo nucleo (15.941.550), più presenti nel Sud (69,6 per cento) e nelle Isole (66,9 per cento). La famiglia nucleare tipica, costituita da coppie con figli, si attesta al 34,7 per cento per un totale di circa 8,5 milioni; le quote più elevate si rilevano nel Meridione (valore massimo al Sud con il 41,7 per cento) e le più basse nelle ripartizioni settentrionali. L’esatto contrario avviene per le coppie senza figli (quasi cinque milioni) che registrano il valore minimo al Sud pari a 17,7 per cento. Le famiglie con un solo nucleo, composto da madre e figlio/i, sono 2.003.697, quelle in cui il nucleo è formato da padre e figlio/i sono invece solo 436.053. Rispetto al totale del-Figura 3.2 Numero medio di componenti della famiglia per ripartizione geografica
Censimenti 1971, 1981, 1991, 2001 e 2011 3,35 3,01 2,83 2,59 2,40 2,2 2,3 2,4 2,5 2,6 2,7 2,8 2,9 3,0 3,1 3,2 3,3 3,4 3,5 3,6 3,7 3,8 3,9 1971 1981 1991 2001 2011 Italia Nord-ovest Nord-est Centro Sud Isole
le famiglie, la distribuzione percentuale di famiglie monogenitore con un solo nucleo non è molto variabile tra le diverse ripartizioni; per il Centro Italia la quota di madri sole con figli (8,8 per cento) e quella dei padri soli (2,0 per cento) risulta più elevata che nel complesso del Paese (8,1 per cento e 1,8 per cento, rispettivamente).
Infine, la percentuale di famiglie composte da due o più nuclei rilevata nel 2011 è piut-tosto esigua (1,4 per cento).
La composizione delle famiglie può essere anche analizzata attraverso la posizione che gli individui occupano al suo interno, ovvero attraverso il ruolo nella famiglia dei singoli componenti (Tavola 3.6). Il 30,6 per cento della popolazione residente in famiglia vive come figlio, il 29,7 per cento come coniuge o convivente in coppie con figli, il 17,7 per cento in coppie senza figli, il 13,0 per cento in famiglie unipersonali, il 4,5 per cento come genitore solo e la quota residuale (4,6 per cento) vive in famiglia come altra persona.1
Infine, i risultati del XV Censimento della popolazione consentono di analizzare le fami-glie in relazione alla componente straniera (Tavola 3.7). Le famiglie con almeno uno straniero rappresentano il 7,4 per cento del complesso delle famiglie rilevate, in termini assoluti ammontano a 1.828.338. Il 60,2 per cento di queste è composto da famiglie con un solo nucleo, mentre oltre un terzo del totale è composto da famiglie senza nuclei, in gran parte famiglie unipersonali. Il 3,9 per cento sono famiglie con più nuclei.
Per le famiglie monogenitore, le madri sole costituiscono il 7,0 per cento delle famiglie con almeno uno straniero e i padri soli l’1,5 per cento, percentuali poco inferiori a quel-le relative al compquel-lesso delquel-le famiglie (rispettivamente 8,1 per cento e 1,8 per cento). La distribuzione territoriale delle famiglie con almeno uno straniero per tipologia fami-liare non presenta particolari differenze tra le ripartizioni geografiche: nel Nord Italia le famiglie con un solo nucleo registrano una percentuale di poco al di sopra del valore nazionale, mentre le famiglie senza nucleo sono maggiormente presenti nel Centro, nel Sud e nelle Isole.
Nel corso del 2013 il flusso che ha contribuito maggiormente al consistente aumento di popolazione (+1.097.441) è rappresentato dalle iscrizioni anagrafiche dovuto a verifi-che post censuarie. Il saldo con l’estero è positivo e pari a circa 182 mila unità, in dimi-nuzione rispetto all’anno precedente, quando sfiorava le 245 mila unità. Il saldo natu-rale si conferma in diminuzione, e passa da -78.697 nel 2012 a -86.436. Le regioni del Nord-ovest sono quelle in cui è più alto il saldo con l’estero e minore la componente naturale del bilancio (Tavola 3.1).
Natalità e fecondità. Dall’analisi della componente naturale, si conferma il calo delle nascite in Italia avviato ormai da tempo, salvo eccezioni congiunturali: si passa, dai 534.186 nati vivi del 2012, ai 514.308 del 2013, con un quoziente di natalità, uniforme sul territorio, pari a 8,5 per mille abitanti (9,0 per mille nell’anno precedente – Tavola
1 Si considerano “altra persona” sia individui che vivono in famiglie con nuclei come persone non appartenenti al nucleo che le persone che vivono in famiglie senza nucleo non unipersonali.
Dinamica demografica
3.8). Il calo della natalità è evidenziato anche dall’andamento decrescente della fecon-dità per età e dalla posticipazione dell’evento nascita che vede negli anni l’abbassamen-to e lo spostamenl’abbassamen-to in avanti delle curve di fecondità (Figura 3.3).
L’indicatore sintetico della fecondità, ovvero il numero medio di figli per donna, tra il 2011 e il 2012 mostra un lieve abbassamento che ha portato l’indicatore da 1,44 a 1,42 figli in media per donna.
Per quel che riguarda la distribuzione territoriale, i comportamenti riproduttivi si pre-sentano diversi: il Nord-ovest mantiene il primato con la fecondità più alta (1,48), il Centro si colloca in una posizione intermedia (1,42), mentre nel Sud, storicamente ca-ratterizzato da una fecondità molto elevata, si continua ad assistere ad un calo dell’in-dicatore che scende fino a 1,33 figli in media per donna.
Dall’analisi della fecondità per cittadinanza della madre emerge che la fecondità delle donne italiane del Mezzogiorno è più elevata rispetto a quella delle italiane residenti al Nord (Tavola 3.9) e che la più alta fecondità complessiva registrata al Nord è dovuta alla componente straniera. Le madri straniere, mediamente fanno, infatti, quasi il doppio dei figli rispetto alle madri di cittadinanza italiana (2,37 contro 1,29) e nel Nord-ovest la fecondità delle donne straniere raggiunge, con 2,48, il valore massimo.
A livello internazionale, considerando i dati relativi al 2012, ultimo anno disponibile per un confronto, l’Italia ricopre il nono posto per fecondità più bassa nell’Ue 27; il paese con la più bassa fecondità è il Portogallo, con 1,28 figli in media per donna, mentre Francia e Irlanda, con 2,01 figli in media per donna, sono i paesi che garantiscono il ricambio generazionale (Tavola 3.21).
Figura 3.3 Tassi di fecondità per età della madre - Confronti retrospettivi
Anni 1980, 1990, 2000, 2005, 2010, 2011, 2012, nati per 1.000 donne
0 20 40 60 80 100 120 140 <1 6 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 1980 1990 2000 2005 2010 2011 2012
Mortalità e sopravvivenza. Il numero dei decessi diminuisce, passando dalle 612.883 unità del 2012 alle 600.744 del 2013 e il quoziente di mortalità passa dal 10,3 al 10,0 per mille. A differenza del tasso di natalità che si presenta piuttosto omogeneo sul terri-torio, il tasso di mortalità presenta un divario Nord-Sud piuttosto marcato: la mortalità è più alta nelle regioni del Centro-Nord, in particolare nel Centro dove arriva al 10,4 per mille, mentre nel Sud è pari a 9,3 per mille (Tavola 3.11).
Nel 2013, così come negli anni precedenti, continua l’incremento della speranza di vita alla nascita (vita media), conseguenza della costante riduzione dei rischi di morte a tutte le età: la speranza di vita alla nascita dei maschi è pari a 79,8 anni (era 79,6 nel 2012), mentre quella delle donne è pari a 84,6 anni (anche in questo caso in aumento rispetto agli 84,4 anni del 2012).
Considerando i dati a livello territoriale, nel 2013 il Nord-est si conferma, ancora una volta, la ripartizione con la speranza di vita più elevata (80,3 anni per i maschi e 85,3 anni per le femmine), contrapposta alla ripartizione delle Isole che continua, invece, ad essere, tanto per gli uomini quanto per le donne, la ripartizione con la vita media più bassa (rispettivamente 79,1 e 83,8 anni – Tavola 3.8).
Analizzando il contesto internazionale, nel 2012, all’interno dell’Unione europea, solo la Svezia, con 79,9 anni per i maschi, ha una situazione migliore per quel che riguarda le condizioni di sopravvivenza, mentre per le femmine la condizione più favorevole si trova in Spagna (85,5) e in Francia (85,4); l’Italia, dunque è ancora uno dei paesi più longevi (Tavola 3.21).
Mobilità. Per quel che riguarda le iscrizioni anagrafiche, nel 2013, queste risultano pari a 3.110.576, mentre le cancellazioni sono 1.926.699; la componente migratoria, derivante dalla differenza tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche conseguenti a tra-sferimenti di residenza e ad altri movimenti anagrafici, porta dunque ad un saldo posi-tivo molto più alto degli anni precedenti (369.717 nel 2012), dovuto prevalentemente a pratiche anagrafiche conseguenti a verifiche post censuarie (sostanzialmente iscrizioni di persone non censite e cancellazioni di persone censite per errore – Tavola 3.1). Nel 2012, le migrazioni interne per trasferimento di residenza sono pari a 1.556.327 unità, con un tasso di migratorietà del 26,1 per mille abitanti. I trasferimenti interripar-tizionali sono pari a 300.844, mentre quelli intrariparinterripar-tizionali ammontano a 1.255.483 (Tavola 3.13).
In tutte le ripartizioni, come negli anni precedenti, i movimenti migratori più consi-stenti sono i trasferimenti intraregionali, seppure con delle differenze: se si proviene da una regione del Nord-ovest, i trasferimenti intraregionali sfiorano l’88 per cento dei movimenti complessivi. Nel Sud, invece, tale proporzione scende al 68,4 per cento, confermando il Mezzogiorno come una ripartizione ancora caratterizzata da una forte emigrazione.
Nel 2012, le iscrizioni dall’estero sono state 350.772, oltre 35.000 in meno rispetto all’anno precedente; i cancellati per l’estero, invece, sono stati 106.216, quasi 24 mila in più rispetto al 2011 (Tavola 3.14). In accordo con gli anni precedenti il maggior numero di iscrizioni si sono registrate al Nord (181.516, pari a circa il 52 per cento del totale degli iscritti dall’estero).
Analizzando la componente non comunitaria che fa ingresso nel Paese si nota che, nel 2013, a richiedere il permesso di soggiorno sono più maschi che femmine (133.537 contro 122.109).
La maggior parte delle richieste proviene da cittadini dall’Europa (55.227), dall’Asia Meridionale (48.617) e dall’Africa Settentrionale (44.731 – Tavola 3.15).
Quasi la metà dei permessi di soggiorno riporta come motivo della richiesta la famiglia. L’Italia è considerato uno dei paesi più vecchi al mondo, sia per l’aumento marcato della sopravvivenza nelle età più avanzate sia per la bassa fecondità. L’agire di questi due fenomeni risulta evidente nella piramide delle età, che si presenta con base parti-colarmente contratta e punta allargata. Dalla piramide risulta evidente il vantaggio di cui godono le donne in termini di sopravvivenza, con i contingenti di popolazione femminile alle età avanzate più consistenti (Figura 3.4).
Flussi di stranieri
Struttura per età della popolazione
Figura 3.4 Piramide dell’età della popolazione residente per età e sesso al 1° gennaio
Anno 2013, valori percentuali
4,5 3,5 2,5 1,5 0,5 0,5 1,5 2,5 3,5 4,5 0-4 5-9 10-14 15-19 20-24 25-29 30-34 35-39 40-44 45-49 50-54 55-59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 90-94 95-99 >100 Maschi Femmine
Al 1° gennaio 2013 l’indice di vecchiaia, il rapporto tra la popolazione di 65 anni e oltre e quella con meno di 15 anni, ovvero l’indicatore che meglio sintetizza il grado di in-vecchiamento della popolazione, si mantiene in costante aumento e raggiunge il valore di 151,4 per cento. La ripartizione più anziana è il Centro, dove l’indice arriva a 166,4 per cento, mentre nel Mezzogiorno, pur continuando il processo di invecchiamento, la popolazione si presenta più giovane rispetto al resto d’Italia, con circa 127 e 139 anziani ogni 100 giovani rispettivamente nel Sud e nelle Isole.
La Liguria è in assoluto la regione con il più alto squilibrio intergenerazionale; la po-polazione anziana è infatti più del doppio rispetto a quella giovane, con un indice di vecchiaia pari a 238,2 per cento; al contrario la Campania è la regione che si presenta più equilibrata nella struttura per età, con un indicatore pari a 106,4 (Tavola 3.8). La situazione a livello internazionale mostra che l’Italia è il secondo paese più vecchio dell’Ue 27, preceduto dalla Germania dove ci sono circa 160 anziani ogni 100 giovani. Grazie in parte all’elevata fecondità, l’Irlanda è invece il paese col minor numero di anziani per 100 giovani (56 anziani ogni 100 giovani – Tavola 3.21).
La struttura per età della popolazione straniera in Italia si presenta invece piuttosto giovane; l’età media è pari a 32,4 anni, circa 12 anni più bassa rispetto a quella della popolazione complessivamente residente in Italia. Quasi la metà dei cittadini stranieri ha un’età compresa tra i 18 ed i 39 anni (43,7 per cento), oltre uno su cinque è mino-renne (22,4 per cento) e la percentuale di adulti fra i 40 ed i 64 anni è del 31,2 per cento (Tavola 3.17).
Per quanto riguarda la nuzialità, nel 2012 si verifica, dopo anni di trend decrescente, un lieve aumento dei matrimoni: 207.138, contro i 204.830 del 2011, con un quoziente di nuzialità che passa dal 3,4 al 3,5 per mille. Il Mezzogiorno è ancora la ripartizione dove ci si sposa di più, con un tasso che supera la media nazionale (4,1 e 4,0 per mille rispet-tivamente nel Sud e nelle Isole).
Prendendo in considerazione il rito, il matrimonio religioso, nonostante la tendenza generale alla diminuzione, continua a essere quello preferito dagli sposi, nel 2012 sono stati celebrati con rito religioso il 59,0 per cento dei matrimoni. Al Nord i matrimoni ci-vili sono, come negli anni precedenti, in percentuale maggiore, rispetto alle altre ripar-tizioni (oltre il 53 per cento), mentre nelle regioni del Sud oltre tre quarti dei matrimoni (77,5 per cento) viene ancora celebrato con rito religioso (Tavola 3.18).
A livello internazionale l’Italia risulta essere uno dei paesi con la nuzialità più bassa; sono solo la Bulgaria (2,9 per mille), il Portogallo (3,3 per mille), la Slovenia e il Lus-semburgo (3,4 per mille) i paesi ad avere un quoziente di nuzialità inferiore a quello italiano (Tavola 3.21).
L’instabilità coniugale è in leggera contrazione; le separazioni legali passano da 88.797 nel 2011 a 88.288 nel 2012, mentre i divorzi da 53.806 scendono a 51.319. Le separazio-ni consensuali, come negli anseparazio-ni precedenti, sono in netta prevalenza rispetto a quelle giudiziali, e rappresentano l’85,4 per cento circa del totale (Tavola 3.19).
Nuzialità e instabilità coniugale
Istat, Bilancio demografico nazionale - Anno 2013, Comunicato stampa, 16 giugno 2014 - http://www.istat.it/it/archivio/125731
Istat, Indicatori demografici - Anno 2013, Comunicato stampa, 26 giugno 2014 - http://www.istat.it/it/archivio/126878
Istat, Tavole di mortalità della popolazione residente - Anni 2011-2012, Comunicato stampa, 10 marzo 2014 - http://www.istat.it/it/archivio/114885
Istat, Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente - Anno 2012, Comunicato stampa, 27 gennaio 2014 - http://www.istat.it/it/archivio/110521
Istat, Separazioni e divorzi in Italia - Anno 2012, Comunicato stampa, 23 giugno 2014 - http://www.istat.it/it/archivio/126552
Istat, I cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti - Anni 2013-2014, Comunicato stampa, 5 agosto 2014 - http://www.istat.it/it/archivio/129854
Istat, I.stat: il data warehouse del Censimento della popolazione e delle abitazioni 2011 - http://dati-censimentopopolazione.istat.it/
Istat, 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni - http://www.istat.it/it/censimento-popolazione/popolazione-2011
Istat, 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni - Approfondimenti su nuclei familiari, migrazioni interne e internazionali, acquisizioni di cittadinanza, Comunicato stampa, 30 luglio 2014 - http://www.istat.it/it/archivio/129551
Istat, Le nuove informazioni del 15° Censimento della popolazione e delle abitazioni, Comunicato stampa, 6 giugno 2014 - http://www.istat.it/it/archivio/124394
GLOSSARIO
Crescita naturale
(tasso di) Differenza tra il quoziente di natalità e il quoziente di mortalità. Dipendenza strutturale
(indice di) Il rapporto percentuale tra la popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e oltre) e la po-polazione in età attiva (15-64 anni).
Dipendenza strutturale
degli anziani (indice di) Il rapporto percentuale tra la popolazione di 65 anni e oltre e la popolazione in età attiva (15-64 anni).
Età media La media delle età ponderata con l’ammontare della popolazione in ciascuna classe di età.
Famiglia Insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela, o da vincoli affettivi, coabitanti e aventi dimora abituale nello stesso comune (anche se non sono an-cora iscritte nell’anagrafe della popolazione residente del comune medesimo). Una famiglia può essere costituita anche da una sola persona. L’assente temporaneo non cessa di appartenere alla propria famiglia sia che si trovi presso altro alloggio (o convivenza) dello stesso comune, sia che si trovi in un altro comune italiano o all’estero.
Mortalità (quoziente di) Il rapporto tra il numero dei decessi nell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente (per mille).
Mortalità infantile
(quoziente di) Il rapporto tra il numero di decessi avvenuti nel primo anno di vita e il numero di nati vivi (per mille).
Natalità (quoziente di) Il rapporto tra il numero di nati vivi dell’anno e l’ammontare medio della popolazione residente (per mille).
Nato morto Il decesso fetale che si verifica a partire dal 180° giorno di durata della gestazione.
Nato vivo Il prodotto del concepimento che, una volta espulso o completamente estratto dal corpo materno, indipendentemente dalla durata della gestazione, respiri o manifesti altro segno di vita.
Numero medio di
componenti per famiglia Quantità calcolata dividendo il totale dei residenti in famiglia per il numero delle famiglie. Numero medio di figli
per donna (o tasso di fecondità totale)
La somma dei quozienti specifici di fecondità calcolati rapportando, per ogni età feconda (15-49 anni), il numero di nati vivi all’ammontare medio annuo della popolazione femminile. Esprime in un dato anno di calendario il numero medio di figli per donna.