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2. L'annullamento giurisdizionale dell'atto illegittimo ed

1.1 La portata innovativa del Codice

Gli interventi riformatori dei decenni precedenti hanno dimostrato la necessità di disciplinare organicamente il processo amministrativo, e

sono culminati nel decreto legislativo n. 104 del 02 luglio 2010, ovvero nell'approvazione del Codice del processo amministrativo.

A tal fine il Governo, al quale era stato affidato il compito di redigere un codice che prevedesse una disciplina del processo amministrativo organica e coerente, ha a sua volta devoluto l'incombenza al Consiglio di Stato, il quale per mezzo di un'apposita commissione, in poco più di un anno, ha provveduto ad emanare il decreto legislativo suddetto. Con tale decreto sono stati approvati quattro diversi allegati: il primo conteneva il Codice del processo amministrativo vero e proprio, mentre gli altri riguardavano norme di attuazione del Codice, norme transitorie e norme di coordinamento.

Il Codice, entrato in vigore il 16 settembre dello stesso anno, rappresenta un evento storico nell’evoluzione della giustizia amministrativa, dal momento che per la prima volta il processo amministrativo viene disciplinato in un testo unitario ed organico, che si affianca ai codici di procedura civile e di procedura penale presenti nel nostro ordinamento ormai da molto tempo.

Sicuramente non si può negare che le disposizioni in esso contenute siano strettamente correlate agli orientamenti giurisprudenziali precedenti, ma nonostante questo dobbiamo riconoscere che l'entrata in vigore del Codice è stata definita come «un fatto storico perché segna il passaggio non tanto da un tipo di processo ad un altro, quanto, soprattutto, da un

diritto amministrativo ad un altro».49 Infatti il Codice del processo

amministrativo non disciplina soltanto il processo amministrativo in senso stretto, ma incide anche sul diritto amministrativo sostanziale che stabilisce l'ambito delle situazioni protette nei confronti dell'esercizio del potere pubblico, per cui in sostanza «incide sulla natura stessa della tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione»50.

L'entrata in vigore del Codice ha comportato l'abrogazione quasi totale delle norme che precedentemente regolavano il processo amministrativo, come le disposizioni previste dal T.U. sul Consiglio di Stato o le norme processuali contenute nella legge istitutiva dei T.A.R.; alcune delle previsioni codicistiche riprendono quasi pedissequamente le disposizioni abrogate, altre invece contengono importanti principi innovativi, il risultato di questa combinazione è senza ombra di dubbio un grande mutamento dell'assetto della giustizia amministrativa, tanto da farle acquisire un volto completamente nuovo, quasi irriconoscibile.

Come già accennato, il cambiamento fondamentale non è tanto di ordine processuale, ma sta piuttosto nella sostanza del diritto amministrativo, infatti addirittura si può affermare che «in questo nuovo assetto del sistema di tutela, le situazioni soggettive protette nei rapporti di diritto pubblico (raggruppate nel genus degli interessi legittimi) tendono

49 Dalla lezione del 17 novembre 2010, tenuta dal Presidente di Sezione Claudio Zucchelli, presso la Sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, attualmente in Il Codice del processo amministrativo, lezioni sul decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, consultabili sul sito http://www.governo.it/Presidenza/guida_dipru/volume4.pdf

all'equiparazione rispetto alle situazioni protette nell'ambito dei rapporti di diritto comune (raggruppate nel genus dei diritti soggettivi), come quelle capaci di usufruire di tutti i mezzi di tutela riconosciuti dall'ordinamento51».

Dopo l'approvazione del Codice, e le sue prime applicazioni giurisdizionali, possiamo certamente affermare che le novità che esso ha introdotto, pur non essendo moltissime numericamente parlando, sono tuttavia molto pregnanti; al di là delle varie innovazioni in materia di appalti o circa la durata del processo amministrativo, la novità più grande sta nel fatto che si è passati da un processo di atti, ad un processo che ha ad oggetto il rapporto tra la p.a. ed il cittadino. Attraverso un ribaltamento fondamentale di prospettiva, il processo amministrativo non ha più per oggetto soltanto l'impugnazione di un atto di cui si asserisce l'illegittimità, ma arriva ad incidere sul rapporto che corre fra cittadino e pubblica amministrazione,quel rapporto giuridico cioè che si cela sotto alle posizioni giuridiche soggettive, (interesse legittimo o diritto soggettivo), intercorrenti fra cittadino e la pubblica amministrazione. Finora si è fatto molta fatica ad accettare l’esistenza di un tale rapporto, perché il giudizio amministrativo è sempre stato legato ad un giudizio

51 V. Cerulli Irelli, Giurisdizione amministrativa, cit. p. 448. Si apre la strada ad un quadro istituzionale in cui tutte queste situazioni vengono configurate come di contenuto sostanziale, per cui la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi può dirsi, se non del tutto caduta (perché sul piano processuale appare ancora apparentemente rilevante) comunque fortemente scemata, in linea con l'orientamento segnato in precedenza anche dalla stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004 prima e con la n.191 del 2006 poi, in cui è stata affermata la competenza del giudice amministrativo a conoscere delle azioni risarcitorie relative alle controversie di cui gli spetta la giurisdizione.

sull’atto, sul provvedimento e sui suoi vizi intrinseci. In realtà, però, la giurisdizione amministrativa, inconsapevolmente, nasce anche come giurisdizione sul rapporto, dal momento in cui introduce fra i tre vizi di legittimità, quello dell'eccesso di potere. É proprio questo ciò che ha permesso di scardinare un'impostazione puramente impugnatoria e demolitoria dell’atto: infatti, se è vero che finora anche all’eccesso di potere conseguiva solo la caducazione dell’atto, è vero anche che quella è stata la strada attraverso la quale il giudice amministrativo ha potuto prender coscienza della necessità di metter mano al rapporto in questione, anziché limitarsi ad eliminare semplicemente un atto viziato.

In conseguenza di ciò (anche rifacendosi agli orientamenti giurisprudenziali precedenti) sono state inserite nel Codice, oltre a quella tipica dell'annullamento, altre azioni le quali sicuramente offrono un livello di tutela maggiore al cittadino: dall’azione meramente demolitoria e impugnatoria di un provvedimento della p.a., il sistema di giustizia amministrativa si è evoluto verso una giurisdizione completa inerente la tutela del rapporto tra autorità e libertà. E questa la rivoluzione epocale del Codice: ci troviamo di fronte ad un ribaltamento dei rapporti fra la pubblica amministrazione e cittadino, anche nei fatti concreti. Illuminanti a riguardo sono le considerazioni del Consigliere di Stato Ermanno De Francisco52: «La giurisdizione amministrativa, in Italia, è stata strutturata

– sin dall’istituzione della Quarta sezione giurisdizionale del Consiglio di

52 E. De Francisco, lezione in materia di decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104, Sala polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 25 novembre 2010.

Stato, con la legge 31 marzo 1889, n. 5992, – come una giurisdizione di tipo soggettivo, ossia tesa a tutelare gli interessi legittimi o i diritti soggettivi delle parti, e non già come giurisdizione oggettiva, volta a garantire l’esatta osservanza del diritto oggettivo nell’interesse pubblico generale, quali sono invece la giurisdizione penale e anche quella della Corte dei conti. Quella amministrativa, dunque, è sempre stata una giurisdizione c.d. di diritto soggettivo; con l’immanente corollario che il principio che domina il processo amministrativo sia (e non possa che essere) quello dispositivo: sulla parte che agisce deve perciò gravare l’onere di provare i fatti che essa pone a fondamento della propria domanda».

In conclusione, se la giurisdizione amministrativa è di tipo soggettivo, e quindi non si occupa di garantire l'esatta osservanza del diritto per l'interesse pubblico generale, appare chiaro che tutte le situazioni protette devono poter usufruire di ogni mezzo di tutela di cui l'ordinamento dispone; la limitazione dell'azione di tutela attraverso un uso circoscritto degli strumenti esperibili non consentirebbe, come infatti avveniva nel precedente sistema, la pienezza della tutela stessa. Il riconoscimento della natura sostanziale dell'interesse legittimo dunque, non può che tradursi nella previsione di una pluralità di azioni, disciplinate in modo da assicurare che la protezione di cui sopra sia effettiva.

Tutto ciò, inoltre, è addirittura imposto anche da norme di rango superiore: il secondo comma dell'art. 113 della Carta Costituzionale

prevede che la tutela giurisdizionale nei confronti delle pubbliche amministrazioni non possa essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazioni, ovvero, potremmo dire oggi a particolari azioni.

Si prende atto del fatto che le posizioni giuridiche nei confronti della p.a. sono diverse, e pertanto debbono esser trattate in modo differente: le azioni esperibili devono essere varie, perché varie sono le concrete possibilità di soddisfazione delle pretese, e il giudice può garantire una tutela efficace soltanto se ha a disposizione diverse tipologie di provvedimenti giurisdizionali da emanare.

Il Codice del processo amministrativo, è stato integrato e modificato dopo la sua entrata in vigore da due decreti correttivi, emanati sempre attraverso una procedura che ha visto ancora una volta la collaborazione tra Governo e Consiglio di Stato, si tratta dei decreti legislativi n. 195 del 2011 e n. 160 del 2012, la cui disciplina tuttavia esula dalla materia in esame.

1.2 I principi generali nel Codice del processo amministrativo:

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