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Le PoSizioni DeGLi StakehoLDer itaLian

Nel documento Foreste e politiche di sviluppo rurale (pagine 89-97)

Il dibattito circa l’importanza di una strategia efficace e condivisa per lo svi- luppo del settore forestale ha assunto sempre maggior rilevanza nel contesto sia comunitario che nazionale. In particolare, la redazione del Programma quadro per il settore forestale58 (PQSF) è stata l’occasione per dare voce, attraverso un web

forum sul sito della Rete rurale nazionale, a tutte quelle realtà del partenariato di settore (produttori, associazioni, organizzazioni ambientali) che potessero dare il proprio contributo alla stesura del PQSF (Romano e Montalbano, 2009). Tuttavia, alcune osservazioni e contributi emersi vanno oltre l’obiettivo specifico di elabo- razione del Programma e verranno qui ripresi in quanto offrono interessanti e più ampi spunti sulle criticità che hanno sin qui accompagnato le politiche forestali.

Inoltre, con la recente divulgazione delle bozze di regolamento per la futura programmazione dello sviluppo rurale 2014-2020, si avverte l’urgenza da parte delle istituzioni, delle Autorità di gestione dei Programmi di sviluppo rurale e del partenariato di settore, di sviluppare un’azione coordinata e condivisa a livello na- zionale che permetta di presentare una posizione negoziale coesa nelle trattative in corso a livello europeo. Di qui l’avvio di una serie di consultazioni nell’ambito del Tavolo di coordinamento nazionale del PQSF, dove i portatori di interesse e le istituzioni affrontano le diverse questioni che attengono al settore forestale. Il tem- pestivo coordinamento di tutti gli attori coinvolti, infatti, può consentire di evitare

58 L’ultimo atto nazionale di coordinamento e indirizzo sulla materia forestale è rappresentato dal Programma quadro per il settore forestale (PQSF – ai sensi del com. 1082, art.1 della Legge fi- nanziaria 2007), proposto dal Mipaaf e dal Mattm con l'approvazione finale dalla Conferenza per- manente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 18 dicembre 2008. Il PQSF, redatto nel rispetto delle competenze istituzionali e sulla base degli strumenti normativi e di pianificazione regionale esistenti e in aderenza alla Strategia forestale e al Piano d'Azione per le foreste dell'UE, è finalizzato, nella molteplicità e complessità delle tematiche riconducibili al settore, a favorire la gestione forestale sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali definendo, rappresentando e condividendo i principi di indirizzo internazionali e nazionali in materia forestale, in modo complementare e coordinato alle politiche forestali già definite e attuate dalle amministrazioni regionali.

il ripresentarsi delle diverse problematiche che hanno ostacolato l’attuazione di alcune misure dell’attuale programmazione.

Una delle principali critiche che oggi viene mossa alla politica di sviluppo rurale è quella di aver sempre considerato le foreste come un’appendice dell’a- gricoltura e non come un comparto strutturato, meritevole di attenzione specifica. Nonostante i documenti programmatici richiamino frequentemente e con forza l’importanza delle foreste e della loro corretta gestione nello sviluppo delle aree rurali, le misure forestali attivate dai PSR risultano limitate sia per tipologie che per risorse finanziarie.

A rendere più complessa la situazione, si aggiunge lo scarso successo ri- scosso finora da alcune misure forestali attivate. Le cause di tale limitata afferma- zione possono essere ricondotte, da un lato alla rigidità dei vincoli imposti a livello normativo e alla scarsa propensione degli imprenditori e dei proprietari forestali a investire, dall’altro all’eterogeneità del sistema amministrativo nelle ventuno regioni italiane che non consente di definire un quadro unitario di azione per il settore.

Va sottolineato, infatti, che il contesto istituzionale nazionale presenta una sovrapposizione di ruoli e competenze in materia forestale che ha generato delle difformità normative e procedurali a livello regionale59. Questa situazione ha, quin-

di, rallentato il processo di approvazione dei PSR da parte della Commissione, in ragione dei problemi interpretativi emersi in corso d’opera e delle difformità nor- mative presenti all’interno dello stesso Stato Membro.

La carenza di una chiara politica forestale europea ha portato più volte a formulare la proposta di separare, a livello programmatico, il settore forestale da

59 Il passaggio alle Regioni di competenze e funzioni amministrative in materia di agricoltura e fo- reste, avvenuto tra 1972 e il 1977, aveva già generato una ricca normativa regionale (comunque derivante sempre dal RDL n. 3267/1923 “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”), con una forte disomogeneità di situazioni territoriali e una con- seguente attuazione di norme e strumenti di programmazione piuttosto differenziate. In questo contesto e alla luce del decreto legislativo n. 143/97 (decentramento amministrativo operato dalle cosiddette leggi Bassanini), e della modifica del titolo V Parte seconda della Costituzione (Legge Costituzionale n. 3/2001), per il nostro Pese i compiti e i ruoli istituzionali in materia forestale risultano oggi, confusi, sovrapposti e in alcuni casi mancanti. In particolare, a norma della Costitu- zione la gestione forestale deve ritenersi di competenza residua-esclusiva regionale anche se poi le tematiche forestali vanno a intersecare sia quelle del governo del territorio di competenza con- corrente, la cui determinazione dei principi fondamentali è riservata alla legislazione dello Stato (dell’art. 117, comma 3, lett. m), sia quelli di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, di competenza esclusiva statale (art. 117, com. 2, lett. s). Inoltre, con la Legge 353/2000 la competenza primaria per la prevenzione e lotta agli incendi boschivi fa capo alle Regioni che sono anche responsabili per la redazione e attuazione dei Piani Antincendio Boschivi.

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quello agricolo, e di predisporre fondi e/o programmi specifici per le foreste tali da garantire l’effettiva attuazione delle misure forestali (Romano, 2009). Questo, tuttavia, implicherebbe la modifica del Trattato e nondimeno, si tratta di uno sce- nario di difficile realizzazione nell’immediato futuro, poiché l’adozione di strumenti legalmente vincolanti proposta in ambito Forest europe continua a trovare l’oppo- sizione di diversi attori europei (Commissione Europea, 2011). Del resto, l’esigenza di avere un unico strumento politico di riferimento si scontra con le differenze di carattere ecologico, socioeconomico e culturale che contraddistinguono le foreste in zone diverse del continente e che dovrebbero riflettersi in una differenziazione delle politiche stesse (Marandola, 2011a).

Se a livello pratico la creazione di due programmi europei distinti per l’agri- coltura e le foreste appare piuttosto ambiziosa, le nuove proposte di regolamento per lo sviluppo rurale sembrano andare, almeno concettualmente, verso la crea- zione di linee di intervento strategico maggiormente dedicate al settore foresta- le. Una dimostrazione di ciò è fornita dalla proposta di set organici di interventi forestali (come visto nel cap. 4) ottenuti accorpando alcune misure dell’attuale programmazione o dalla proposta di attivare, all’interno dei futuri PSR, dei sot- toprogrammi tematici dedicati alle aree montane. Quest’ultimo, in particolare, si propone come strumento innovativo molto apprezzato dal partenariato nazionale e potenzialmente strategico per il settore, soprattutto nell’ottica di poter integra- re non solo le misure del medesimo programma, ma anche interventi afferenti a diversi Fondi europei (Romano, 2011). Un esempio dell’approccio applicabile po- trebbe essere fornito dall’uso dei prodotti legnosi a scopo energetico, per il quale si potrebbe finanziare la realizzazione di impianti con un fondo e l’utilizzo delle biomasse con un altro.

La creazione di un set di interventi specificamente destinato al settore fore- stale può essere considerato la strada da percorrere per rafforzare i collegamenti fra i diversi attori della filiera forestale, sia istituzionale che produttiva, la cui at- tuale disarticolazione impedisce al settore di esprimere appieno il proprio poten- ziale in termini di offerta di prodotti, servizi e occupazione (Romano, 2009). È ormai ampiamente condiviso, infatti, che la piena realizzazione del ruolo multifunzionale delle foreste necessita di una programmazione che sia in grado di individuare e attivare ambiti e sinergie finora trascurati. In questa direzione un certo interesse viene rivestito dalla misura di cooperazione introdotta dall’art. 36 della nuova boz- za di regolamento FEASR 2014-2020. Una misura che sembra consentire interes- santi possibilità di interazione fra i diversi attori della filiera nonché opportunità di concertazione e coordinamento anche in ambito forestale.

La possibilità di conciliare aspetti di sviluppo economico e aspetti di pro- tezione ambientale è uno dei nodi che più spesso affiora nel dibattito nazionale forestale. Il focus delle azioni forestali attivato dallo sviluppo rurale, infatti, sembra ricadere apparentemente su obiettivi di stampo ambientale. Tuttavia, a ben vedere, esistono alcune azioni, come l’utilizzo di biomasse a scopo energetico o l’aumento del carbon stock dei manufatti in legno, che finiscono con l’essere strettamente collegate alla maggiore disponibilità di materiale legnoso e, dunque, all’utilizza- zione forestale e alla gestione attiva e sostenibile dei boschi.

Sembra, dunque, che il raggiungimento di alcuni obiettivi ambientali richie- da un maggiore utilizzo delle risorse forestali. Un esempio è fornito dalle bioener- gie. Secondo alcune proiezioni internazionali di medio termine, infatti, la doman- da di legno per la produzione di energia rinnovabile “pulita” potrebbe addirittura rischiare di eccedere le possibilità di approvvigionamento potenziale (Scarascia Mugnozza, 2011).

Una contraddizione che dovrebbe invitare ad accogliere con favore la confer- ma della misura a sostegno del primo impianto di sistemi agroforestali. A proposito di questa misura è, comunque, auspicabile che vengano risolte alcune problema- tiche che ne hanno fortemente limitato l’attivazione nell’attuale programmazione. Fra queste, la pesantezza dei vincoli gestionali, la scarsa resa in termini economici degli investimenti, la mancanza di conoscenze tecniche fra i professionisti e gli stakeholder (Pisanelli et al, 2011).

Sempre nell’ottica di accrescere l’efficienza e l’efficacia delle misure fore- stali, dal forum sul PQSF è emersa l’esigenza – comune ai diversi attori che vi han- no preso parte – di estendere sempre più l’adozione dei piani di gestione aziendali o di piani di indirizzo forestale territoriale che permettano di coordinare al meglio gli interventi da realizzare in un’ottica di sistema forestale aggregato su vasta area. Per tale ragione gli attori sono concordi nel chiedere di estendere la possibilità di finanziare la predisposizione dei piani nell’ambito delle misure di sviluppo rurale, giacché tale opportunità è stata solo in parte colta nell’attuale programmazione. Tale esigenza acquista ancor più rilevanza alla luce delle nuove proposte di rego- lamento che richiedono obbligatoriamente l’esistenza di piani per tutte le azien- de che superano una certa estensione, requisito questo che può rappresentare in molti casi un limite per l’accesso agli interventi.

Gli stakeholder sono pressoché unanimi anche nel richiedere l’attivazione di strumenti idonei a riconoscere agli imprenditori e ai proprietari forestali quei benefici diffusi (carbon sinking, prevenzione del dissesto idrogeologico, conteni- mento dei versanti, ecc.) che una corretta gestione del bosco produce a favore

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dell’intera collettività, superando quindi il concetto del sostegno legato al solo mancato guadagno che ha, fino a oggi, contraddistinto i pagamenti di sviluppo ru- rale. Sembra che le proposte della Commissione diano ampia considerazione agli aspetti ambientali e ai servizi pubblici erogati dal bosco, ma ciò trova ancora poco riscontro in termini di premialità nelle misure.

Un ulteriore elemento che emerge dal dibattito in corso a livello nazionale, intimamente connesso all’erogazione di servizi ambientali da parte delle foreste, è la necessità di chiarire dettagliatamente la natura dei beneficiari ammissibili per le varie misure.

Per la realtà forestale sarebbe necessario ampliare la possibilità di accesso alle misure a tutti i soggetti, pubblici e privati, del mondo forestale, siano essi pro- prietari, gestori, imprese, associazioni o enti gestori.

Si avverte sempre più, inoltre, la necessità di interventi che mirino a ridi- mensionare la polverizzazione della proprietà forestale, stimolando la creazione di strutture associative e consortili in grado di svolgere funzioni di gestione della foresta. L’assai limitata gestione associata che caratterizza attualmente le nostre foreste, unita alle esigue dimensioni medie della proprietà fondiaria, non favori- scono certamente una gestione ottimale delle risorse forestali (Cesaro, 2008).

Le aspettative per interventi mirati sul tema dell’associazionismo vengono in parte disattese dalle bozze di regolamento. Se da un lato, infatti, viene propo- sto anche per il settore forestale il sostegno ai gruppi di produttori, d’altro lato non sono previste altre forme di associazionismo potenzialmente utili a superare i molteplici problemi gestionali connessi al frazionamento della proprietà privata. D’altro canto, l’incentivazione alla formazione di consorzi e altre forme di asso- ciazionismo dovrebbe procedere di pari passo con lo snellimento delle procedure connesse all’accesso e alla gestione delle misure da parte dei beneficiari. Il rifiuto dei piccoli proprietari forestali a districarsi tra le lungaggini burocratiche risulta essere uno dei maggiori punti di debolezza dei PSR, assieme all’incertezza circa la continuità nel tempo dei contributi (Brunori, 2011).

La possibilità di contare su risorse finanziarie anche limitate, ma costanti nel tempo, renderebbe possibile anche una programmazione pluriennale a diversi livelli della filiera, a cominciare da quello vivaistico, che attualmente sconta le for- tissime oscillazioni del mercato legate alla discontinuità delle risorse finanziarie destinate al settore forestale, soprattutto attraverso i PSR (AALSEA, 2011).

In tal senso, un contributo importante potrebbe arrivare dall’intervento per la conservazione e valorizzazione del patrimonio genetico forestale, anche se mol- to dipenderà, in questo caso, dalla definizione dei beneficiari ammissibili per le

varie misure. I principali portatori di interesse del settore forestale sottolineano, inoltre, come un ulteriore ambito in cui le politiche di sviluppo rurale dovrebbero svolgere un ruolo più determinante è quello relativo alla certificazione forestale e alla rintracciabilità del legno. Purtroppo, le attuali bozze di regolamento non menzionano la possibilità di finanziare la certificazione, la cui diffusione dovrebbe andare di pari passo con l’applicazione delle azioni previste dal Green public pro- curement60 e dal regolamento di Due Diligence (cfr. Cap. 2.5).

Analogamente, lo sviluppo degli utilizzi energetici delle biomasse legnose dovrebbe avvenire privilegiando gli impieghi termici su piccola scala e, comunque, sempre nella logica dell’approvvigionamento su scala locale, minimizzando il ri- corso a materiale di provenienza estera (Pettenella, 2009).

Sarebbe opportuno inserire degli interventi, rivolti in particolare agli attori pubblici, che promuovano la costituzione e l’aggiornamento di banche dati per la gestione e il monitoraggio delle foreste. Come evidenziato anche nel PQSF, tale esigenza emerge con ancora più urgenza se si pensa alla rilevante disomogeneità che esiste tra le diverse realtà regionali per quanto riguarda la gestione forestale pianificata. Alcune esperienze a livello regionale hanno evidenziato l’importanza dei database informativi sia per la gestione delle pratiche relative alle autorizza- zioni di taglio, sia per analizzare lo stato e l’andamento delle attività selvicolturali nel territorio (Costantini et al, 2011). Tali banche dati sarebbero di grande utilità anche per quanto concerne la gestione e il controllo delle stesse misure dei PSR e, in special modo, per le misure “a superficie”. La disponibilità di informazioni, per giunta, contribuirebbe in modo significativo anche alle attività di contabilizzazione dei crediti di carbonio che dovrebbe attivarsi alla luce degli accordi previsti dal Protocollo di Kyoto.

60 Il Green public procurement (GPP) implica l’impegno, da parte di un’amministrazione pubblica, di richiedere o favorire nei bandi pubblici le aziende che offrono prodotti provenienti da gestione forestale sostenibile certificata. A livello internazionale gli acquisti pubblici verdi sono specifica- mente citati nel piano di implementazione del vertice mondiale sullo sviluppo sostenibile tenutosi a Johannesburg nel dicembre 2002. La CE ha caldeggiato lo strumento degli acquisti pubblici verdi pubblicando il “Libro verde sulla politica integrata dei prodotti”. Di particolare importanza ai fini applicativi del GPP sono la Comunicazione interpretativa della CE del 4 luglio 2001 n. 274 “Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare le considerazioni ambientali negli appalti” e la Direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 “Coordinamento delle procedure di aggiudica- zione degli appalti pubblici di forniture, servizi e di lavori”, entrata in vigore il 01.02.2006. In Italia la “Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile”, approvata nel 2002 dal CIPE, stabilisce che almeno il 30% dei beni acquistati debba rispondere ai requisiti ecologici. Con Decreto del Mi- nistero dell'Ambiente, 8 maggio 2003 n. 203, sono state individuate regole e definizioni affinché “le Regioni adottino disposizioni, destinate a enti pubblici e alle società a prevalente capitale pubblico, anche di gestione di servizi, che garantiscano che i manufatti e i beni realizzati con materiale rici- clato coprano almeno il 30% del fabbisogno annuo”.

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Un accordo trasversale fra i diversi portatori di interesse del settore fore- stale riguarda il tema della comunicazione e del dialogo istituzionale, cosa che andrebbe rafforzata per migliorare il coordinamento fra le Regioni in campo fore- stale e per accrescere il livello di confronto tra le stesse Regioni e il contesto in- ternazionale (Pettenella, 2009). Per ciò che riguarda gli enti pubblici, un elemento di forte perplessità connesso alla proposta del regolamento FEASR 2014-2020 è l’ammissibilità dell’IVA. Gli enti pubblici, che detengono una quota consistente del patrimonio forestale nazionale, infatti, sono stati fortemente penalizzati nell’attua- le programmazione proprio per l’impossibilità di finanziarie l’IVA, cosa che ha finito col rappresentare la principale fonte di ostacolo per il loro accesso alle misure forestali.

Il tema rimane di stretta attualità, in quanto il nuovo regolamento non sem- bra apportare novità rispetto alla situazione attuale. Questo rischia di creare nuove importanti difficoltà, specie se si considera che le foreste di proprietà pubblica potrebbero diventare potenziali laboratori e luoghi di sperimentazione e applica- zione delle politiche forestali a vantaggio del sistema forestale dell’intero Paese (Ballardini et al, 2011).

Le aspettative del settore forestale italiano sulla nuova programmazione di sviluppo rurale sono alte e alimentano la speranza di vedere, finalmente, accre- sciuto il contributo che le foreste possono offrire alla crescita delle aree rurali. Come sottolineato di recente anche dalla DG AGRI, il potenziamento del sostegno alle attività forestali appare necessario per affrontare le nuove sfide che si propon- gono, anche alla luce dei negoziati attualmente in corso alla Conferenza mondiale ONU sui cambiamenti climatici e alla seconda fase di attuazione degli impegni di Kyoto che si aprirà nel 2013 (Marandola e Romano, 2011b). Occorre, perciò, dare continuità e certezza alle politiche di incentivazione al settore, evitando tuttavia bruschi e radicali cambiamenti nei livelli dei finanziamenti, nei beneficiari, nella tipologia di intervento, in modo da evitare il disperdersi delle capacità tecniche e organizzative sin qui accumulate (Pettenella, 2009). Le trattative a livello europeo rimangono aperte, ma proprio per questo è pressante, ora più che mai, la necessi- tà di un confronto e un coordinamento stabile ed efficace tra tutti gli attori coinvolti a vario titolo nella gestione del nostro patrimonio silvicolo.

A tale riguardo si sottolinea che sarebbe opportuno capitalizzare al meglio le esperienze maturate nell’attuale fase di programmazione per consentire al set- tore forestale di presentarsi coeso e pronto nelle fasi di avvio del nuovo periodo di programmazione. Le premesse per lavorare bene sembrano esserci tutte. In pri- mo luogo, l’Italia dispone oggi di un programma strategico nazionale di riferimento

che all’inizio della programmazione 2007-2013 mancava, il PQSF. In secondo luo- go, è stato costituito un gruppo di lavoro tecnico all’interno della Rete rurale nazio- nale che supporta le regioni e l’attuazione dei PSR e che consente di raccogliere e coordinare le istanze e i suggerimenti dei diversi stakeholder.

Il gruppo di lavoro foreste della RRN ha avviato una prima fase di consul- tazione, con il partenariato di settore e le Amministrazioni competenti, sulla pro- posta di regolamento FEASR 2014-2020. Tra le proposte emerge la necessità e la volontà comune di definire un quadro unico di riferimento nazionale per le misure forestali dello sviluppo rurale che permetta di avere non solo una posizione co- mune in fase di approvazione dei singoli PSR, ma anche un coordinamento degli interventi potenzialmente attivabili nei singoli contesti regionali.

Cosa, questa, che permetterebbe l’ideale perseguimento degli obiettivi na- zionali definiti dal PQSF e un dettaglio di tutti gli interventi ammissibili per ogni misura forestale dello sviluppo rurale sul territorio nazionale utile per poter pro- cedere, in modo snello ed efficace, con le procedure di notifica nazionale in materia di Aiuti di stato forestali, cosa che alleggerirebbe il peso burocratico delle Autorità di gestione.

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