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La prassi relativa all’azione del Segretario generale in protezione

Sin dalla sua costituzione, l’Organizzazione delle Nazioni Unite è stata chiamata a gestire il problema delle violazioni di trattamento nei confronti dei suoi funzionari. Nell’autunno del 1946, dunque due anni prima rispetto all’incidente Bernadotte, un altro funzionario venne interessato da una violazione, seppur diversa nel contenuto e nell’esito finale. Il caso era quello del signor Ranollo, autista del Segretario generale Lie, sanzionato a New York per violazione del limite di velocità mentre si trovava alla guida dell’auto di servizio. Poiché Ranollo stava accompagnando il Segretario ad un meeting di lavoro, vi erano le condizioni per considerare il fatto come commesso da un funzionario nell’esercizio delle sue proprie funzioni e, quindi, per considerare applicabili le relative immunità previste dall’art. 105 della Carta delle Nazioni Unite, dall’art. V della Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite e dall’art. 7(B) dell’International

Organization Immunities Act. Tuttavia, come spesso accade nell’ambito delle

violazioni del codice della strada da parte dei funzionari dell’Organizzazione, il Segretario generale si avvalse del potere di rinuncia all’immunità303 e lasciò

che Ranollo venisse multato.304

301 UN Doc. A/RES/365(IV), p. 64.

302 The Yearbook of the United Nations; United Nations Juridical Yearbook; Secretary-General

Reports; General Assembly Reports.

303 Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite del 1946, Sezione 20.

304 Per un approfondimento sul caso Ranollo si vedano PREUSS, Immunity of officers and

employees of the United Nations for official acts: The Ranollo case, American Journal of

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A ben vedere, i casi in cui il Segretario ha seguito questa linea sono numerosi, come quello del funzionario sovietico Gubitchev, arrestato a New York dalle autorità statunitensi nel 1949 con l’accusa di spionaggio o quello del funzionario cecoslovacco Mudroch, arrestato dalle autorità del suo Paese di origine, anch’egli nel 1949, per sospetta complicità in attività antistatali.305

In entrambi i casi, il Segretario generale ha rinunciato all’immunità giurisdizionale dei funzionari ritenendo che essa, qualora invocata, avrebbe ostacolato il corso della giustizia.

Bisognerà attendere il 1954 per assistere ad un primo esplicito intervento del Segretario generale Hammarskjöld, finalizzato alla liberazione di alcuni funzionari delle Nazioni Unite, appartenenti alle forze militari, tenuti in ostaggio dal governo della Repubblica Popolare Cinese. Si trattò, in verità, di un tentativo – andato a buon fine – di prevenzione di un conflitto, realizzato in ossequio all’art. 99 della Carta, attraverso un particolare negoziato tra le Nazioni Unite e la Cina, passato alla storia come Peking

Formula,306 ed anche il primo passo verso quell’ampio potere che

Hammarskjöld avrebbe pienamente esercitato con la gestione della crisi in Congo negli anni ‘60.

Il coinvolgimento del Segretario nella questione ebbe formalmente inizio quando l’Assemblea generale adottò una risoluzione di condanna della Cina per aver catturato e imprigionato 11 aviatori ONU di nazionalità statunitense durante la guerra di Corea,307 in violazione del Korean Armistice

Agreement, siglato nel luglio del 1953 da Cina, Corea del Nord e United

International Personnel Abroad: Law and Practice Affecting the Privileges and Immunities of International Organization, Oceana Publications, 1952, pp. 55-57.

305 McCORMICK CROSSWELL, 1952, pp. 57-69.

306 Lo stesso Hammarskjöld sottolineò la novità della sua iniziativa poiché per la prima volta un

Segretario generale delle Nazioni Unite si recava personalmente in una capitale per una negoziazione. Sull’intera vicenda si veda URQUHART, Hammarskjöld, Harper&Row, 1973, pp. 97-111.

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Nations Command308. Si faceva, dunque, richiesta al Segretario di agire in

nome delle Nazioni Unite al fine di ottenere il rilascio del personale “by the

means most appropriate in his judgment.”309 Attraverso l’esplicita condanna

del governo cinese, l’Assemblea generale aveva messo il Segretario in una posizione politicamente scomoda, avuto riguardo anche al fatto che a quel tempo la Cina non era ancora membro delle Nazione Unite. Così, per superare l’impasse, Hammarskjöld decise di recarsi personalmente a Pechino chiedendo un incontro in forza delle funzioni che gli erano assegnate dalla Carta (e non in esecuzione di un mandato affidatogli dalla risoluzione dell’Assemblea).310 L’incontro si concluse con successo e lo stesso

Segretario commentò:

“The Peking Formula meant that if an organ of the United

Nations asks the Secretary-General to do something and does so without delegating its authority, he has only the authority vested in him under the Charter, although he is, of course, guided by the Resolution.”311

È quindi utile distinguere la base giuridica e l’intento politico della

Peking Formula. La prima è indicata dallo stesso Segretario nell’art. 99 della

Carta delle Nazioni Unite; il secondo è invece da ricondurre agli scopi generali dell’Organizzazione: l’obiettivo politico di Hammarskjöld era infatti la prevenzione di un possibile conflitto che poteva scaturire dalle continue catture di aviatori statunitensi da parte della Cina e che avrebbe potuto portare ad un’escalation della crisi, sino a rischiare un vero e proprio conflitto.312 A

308 Lo United Nations Command è una forza militare istituita dalle Nazioni Unite nel 1950 a supporto

della Corea del Sud durante e dopo la guerra di Corea.

309 UN Doc. A/RES/906(IX).

310 Questo stratagemma, che convinse il governo cinese a ricevere Hammarskjöld senza tuttavia

riconoscere la condanna contenuta nella risoluzione, divenne noto come Peking Formula.

311 URQUHART, 1973, p. 42.

312 BOUDREAU, Sheathing the sword. The UN Secretary-General and the prevention of

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proposito della conversazione avuta con il Ministro degli esteri cinese Chou En-lai, il Segretario generale delle Nazioni Unite affermò:

“When the Secretary-General of the United Nations has

engaged himself and his office, with all the weight it carries in world opinion, for the fate of prisoner […] it does not mean that I appeal to you or that I ask you for their release. It means that – inspired also by my faith in your wisdom and in your wish to promote peace – I have considered it my duty as forcefully as I can, and with deep conviction, to draw your attention to the vital importance of their fate to the cause of peace.”313

Questa vicenda contiene alcune delle condizioni necessarie affinché si possa parlare di protezione funzionale, in quanto registra una violazione a danno dei funzionari dell’Organizzazione durante lo svolgimento di funzione. Tuttavia, il fatto che i funzionari coinvolti appartenessero al personale militare, solleva un problema in ordine alla riconducibilità di questa categoria alla nozione di “agent” quale beneficiario della protezione funzionale: come evidenziato nel capitolo precedente, le forze militari sono destinatarie di precise convenzioni a loro tutela e si pongono, quindi, in una posizione ambigua rispetto agli strumenti di protezione applicabili agli altri funzionari.314 A ciò si aggiunga che la Convenzione sulla sicurezza delle

Nazioni Unite e del personale associato – che estese la protezione ad una categoria più ampia di funzionari rispetto al passato – sarebbe stata redatta solo nel 1994.315 Si ritiene, dunque, di non poter propriamente parlare di protezione funzionale con riferimento al personale militare. Occorre inoltre

313 URQUHART, 1973. Questa citazione relativa al dialogo tra Hammarskjöld e Chou En-lai è tratta

da una registrazione fatta dallo stesso Segretario e mai pubblicata. Urquhart, tuttavia, durante la stesura della biografia di Hammarskjöld ebbe accesso a queste registrazioni.

314 Si veda il capitolo II, paragrafo 1.3 di questo studio.

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considerare che, sebbene lo United Nations Command rappresentava formalmente una forza militare delle Nazioni Unite, nella pratica esso venne gestito dagli Stati Uniti e questo pone seri dubbi circa l’inquadramento giuridico dei funzionari che vi operarono all’interno.

L’elemento di maggiore interesse ai fini dell’inquadramento del ruolo del Segretario generale era forse rappresentato dalla motivazione profonda – e inedita – che lo spinse ad intervenire e cioè la volontà di evitare una degenerazione delle relazioni tra Cina e Stati Uniti in vera e propria guerra. Sebbene ciò non rilevi al fine di ricondurre un intervento allo specifico istituto della protezione funzionale, il caso coreano rappresentò un unicum nel panorama degli interventi a favore dei funzionari. Difficilmente, infatti, le violazioni degli standard di trattamento dei funzionari, per quanto gravi, mettono a repentaglio la pace e la sicurezza internazionali. Ciò che qui interessa sottolineare è l’intervento del Segretario generale, il quale fece ricorso a tutti i poteri – ed anche alla discrezionalità – di cui disponeva per intervenire in protezione dei funzionari.

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