TECNICHE INTEGRATE LASER SCANNING E TOPOGRAFICHE
3.1 Introduzione ai modelli numeric
3.1.1 Presentazione del metodo
Il metodo agli elementi finiti è al tempo stesso un metodo di discretizzazione, poiché considera un numero finito sebbene grande di nodi strutturali, e un metodo di interpolazione, poiché consente di stimare le grandezze statiche e cinematiche anche al di fuori dei nodi.
I singoli passi che costituiscono la base di una soluzione agli elementi finiti possono essere brevemente riassunti come segue:
1. Discretizzazione del dominio di definizione.
Il mezzo continuo viene suddiviso in un certo numero di sottodomini di forma molto semplice detti elementi finiti, connessi fra loro tramite i nodi (gli spostamenti dei nodi costituiscono le incognite del problema). Il numero e la forma degli elementi finiti dipende dalle caratteristiche del dominio, dal tipo di problema che deve essere risolto e naturalmente dall’accuratezza della soluzione desiderata.
Capitolo 3. FEM (Finite element method)
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La scelta di un elemento finito sbagliato o inadatto può rendere il modello labile (impossibilità di risolvere il problema) o nell’ipotesi peggiore, viene calcolata una risposta che si discosta molto da quella reale (output risulta inaffidabile).
La suddivisione della struttura in elementi finiti è uno dei punti più delicati dell’intero procedimento di soluzione in quanto oltre a soddisfare tutti i requisiti di regolarità che una mesh deve garantire, gli elementi devono essere sufficientemente piccoli dove il gradiente degli spostamenti o degli sforzi è maggiore. Alcuni criteri che possono essere seguiti per definire una mesh sono:
• evitare elementi finiti di forma irregolare;
• mantenere un conveniente rapporto fra la dimensione media degli elementi e le dimensioni della struttura, o di sue parti, addensando la mesh, come già detto, in regioni nelle quali si prevedono forti gradienti di sollecitazione;
• disporre un nodo (o un lato) della mesh in coincidenza del punto di applicazione di un carico concentrato (o distribuito lungo una linea);
• seguire con uno o più lati consecutivi della mesh eventuali linee di separazione di aree aventi differenti carichi distribuiti o differenti caratteristiche geometriche o meccaniche;
• organizzare la mesh prevedendo la possibilità di uno o più raffittimenti su tutta la struttura, o su una o più parti di maggiore interesse, allo scopo di ottenere indicazioni sulla accuratezza dei risultati, con successive rianalisi. Se infatti due mesh di diversa raffinatezza conducono a risultati simili, vuol dire che si è sufficientemente approssimato il risultato e la qualità della mesh risulta buona.
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2. Attribuzione delle caratteristiche geometriche e meccaniche agli elementi finiti.
Ultimata la parte grafica della discretizzazione, la maggior parte degli elementi finiti richiedono che, oltre a specificare la forma, vengano a loro attribuite ulteriori caratteristiche: ad esempio lo spessore per gli elementi piastra-guscio o membrana, le aree o i momenti di inerzia per gli elementi trave. Tali caratteristiche aggiuntive sono necessarie non tanto per simulare la realtà fisica, quanto per definire correttamente il comportamento dell’elemento stesso. Ad esempio, per una piastra dotata di irrigidimenti, lo spessore, che comunque deve essere fornito quando si utilizza l’elemento piastra, dovrà essere maggiorato per tenere conto proprio della presenza dell’irrigidimento.
Oltre alle caratteristiche geometriche devono essere attribuite anche quelle meccaniche in base al tipo di materiale che caratterizza la struttura: in particolare, modulo elastico, coefficiente di Poisson e densità di peso del materiale. Generalmente le caratteristiche meccaniche sono definite per un gruppo di elementi di materiale affine.
3. Scelta delle funzioni di interpolazione.
Il metodo agli elementi finiti richiede che le funzioni approssimanti siano assegnate singolarmente ad ogni elemento in quanto devono rappresentare, mediante le funzioni di forma (vedi paragrafo 3.1.2) l’andamento della variabile di campo (pressione, spostamento, temperatura, velocità o densità) all’interno dell’elemento stesso. In generale, l’interpolante è un polinomio algebrico arrestato ad un certo ordine prefissato ed i punti di interpolazione sono i vertici dell’elemento. La dimensione dello spazio in cui è descritta l’interpolante dà luogo ad elementi monodimensionali, bidimensionali e tridimensionali. Il criterio di interpolazione permette di determinare lo spostamento in ogni punto dell’elemento in base agli spostamenti dei nodi.
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4. Attribuzione dei vincoli ai nodi.
I vincoli che vengono attribuiti ai nodi di una struttura possono riguardare uno o più dei possibili movimenti del nodo stesso. Un nodo presenta generalmente sei gradi di libertà, ovvero sei diverse possibilità di movimento: tre traslazioni e tre rotazioni nel sistema di riferimento globale. Vincolare una di queste componenti significa uguagliarla a zero. E’ ovvio che, se fossero vincolati tutti i nodi non esisterebbe nessun problema matematico da risolvere. Se invece i vincoli sono insufficienti o mal posti il problema può diventare irrisolvibile o inutile. Esso diventa irrisolvibile quando sono presenti delle zone della struttura che possono muoversi senza che insorgano sforzi; diventa invece inutile quando i vincoli sono stati posizionati in modo da non interpretare correttamente il modello strutturale. Quest’ultima situazione è sicuramente quella più temibile in quanto si possono ottenere dei risultati completamente errati, a volte, senza neppure rendersene conto.
5. Attribuzione delle condizione di carico.
I carichi applicati alla struttura si dividono principalmente in carichi concentrati e in carichi distribuiti a seconda che le forze e le coppie siano applicate ai nodi della struttura o a punti interni agli elementi finiti, o posti sul loro contorno.
Un particolare tipo di azione è il carico termico, che può in generale essere nodale o distribuito. Sono azioni anche gli spostamenti imposti (ad esempio i cedimenti vincolari).
Ad ogni condizione di carico applicato viene fatto corrispondere un vettore delle forze nodali che rappresenta il termine noto del sistema di equazioni generato per risolvere la struttura. Pertanto, tutte le azioni, attraverso opportuni procedimenti, dovranno essere trasformate in forze o coppie nodali, ad eccezione degli spostamenti imposti: in quest’ultimo caso gli spostamenti invece di essere imposti nulli dovranno essere uguagliati al valore assegnato.
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6. Soluzione ed interpretazione dei risultati.
Dopo aver convenientemente descritto la geometria del problema, le leggi di equilibrio, le equazioni del moto e le relazioni costitutive dei materiali si possono risolvere le equazioni differenziali associate nel sistema di riferimento globale. In particolare, il sistema di equazioni definito per tutta la struttura deve essere tale da rendere continui gli spostamenti e gli sforzi nel passaggio da un elemento ad un altro, in equilibrio gli sforzi interni e soddisfatte le condizioni al contorno. Infine, la fase di controllo dei risultati deve garantire che la soluzione ottenuta rispetti e sia compatibile con le caratteristiche del problema analizzato e che non siano stati commessi errori.