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a) quelle emanate dal Presidente del Consiglio dei ministri o, per sua delega, dal Ministro per il coordinamento della protezione civile, nonché dal prefetto che opera quale loro delegato, a

sensi dell'art. 5 della legge 225/1992

332

, per l'attuazione degli interventi conseguenti alla

dichiarazione dello stato di emergenza

333

a seguito di calamità naturali, catastrofi o altri

eventi

334

che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri

straordinari

335

;

G.O. probabilmente, a fronte dalla disciplina contemplata ex art. 21 septies l. n. 241/90, radica tale convincimento sulla nota teorica dei diritti costituzionali inaffievolibili. Non essendo questa la sede deputata per approfondire tale complessa tematica, ci si limita a ricordare semplicemente che, per giurisprudenza costituzionale consolidata, non v’è alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario - escludendone il giudice amministrativo - la tutela dei diritti costituzionalmente protetti. Cfr. Corte Costituzionale sentenza 18 aprile 2007 n. 140. Per un approfondimento si rinvia a GAROFOLI R,

FERRARI G., Manuale di diritto amministrativo, cit., pp. 1314 ss.

324 In materia di lavori pubblici si precisa, a proposito del canone della ragionevolezza, che “che tra le norme

della legge quadro sui lavori pubblici, possono essere derogate solo quelle attinenti alla scelta del contraente ed all'assegnazione del relativo contratto, e non quelle riguardanti il controllo e la vigilanza sull'esecuzione dei lavori, mancando il nesso di strumentalita' tra esigenza di tempestivo intervento e procedimento di controllo secondo la normativa vigente”. Così Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici, determinazione 14 gennaio 2004 n. 1.

325 Il principio di proporzionalità, di chiara derivazione comunitaria, implica che affinché il provvedimento

adottato dalla P.A., preordinato alla cura dell’interesse pubblico ritenuto prevalente, imponga, all’esito di un adeguato bilanciamento, il minor sacrificio possibile a carico di tutti gli interessi compresenti. “Esso si risolve,

in sostanza, nell’affermazione secondo cui le autorità comunitarie e nazionali non possono imporre, sia con atti normativi, sia con atti amministrativi, obblighi e restrizioni alle libertà del cittadino in misura superiore, cioè sproporzionata, a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l’autorità è tenuta a realizzare, in modo che il provvedimento emanato sia idoneo, cioè adeguato, all’obiettivo da perseguire, e necessario, nel senso che nessun altro strumento ugualmente efficace, ma meno negativamente incidente, sia disponibile”. Così e per un approfondimento v. GAROFOLI R, FERRARI G., Manuale di diritto

amministrativo, cit., pp. 394 ss. Nello stesso senso v. Consiglio di Stato, sez. V, 14 aprile 2006 n. 2087; T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 06 maggio 2004, n. 772; Consiglio di Stato, Sez. IV, 1 giugno 1994, n. 467; Consiglio di Stato 28 marzo 1994, n. 291; Consiglio di Stato, 21 dicembre 1989, n. 930. Sul punto v. anche VICICONTE G,

Ordinanze di necessità ed urgenza, cit., p. 498 e v. CAVALLO PERIN R., Il diritto amministrativo dell'emergenza ,

cit, p.800. Per un caso particolare, di grande risonanza mediatica, concernente le limitazioni imposte in

occasione del G8 di Genova, è stato affermato che “va considerato, dal punto di vista della proporzionalità del

sacrificio richiesto e del contemperamento degli interessi pubblici posti a confronto che la limitazione dei diritti sopra accennati nei confronti dei soggetti giunti a Genova per testimoniare la loro opposizione al vertice dei Paesi più industrializzati ed alle politiche dagli stessi perseguite, trova il proprio contraltare nella possibilità per i rappresentanti politici dei Paesi partecipanti di poter svolgere la funzione politica per la quale avevano ricevuto l'investitura popolare attraverso il voto dei propri cittadini. Inoltre, nessuno dei diritti in questione risulta soppresso, potendo svolgersi pienamente i diritti di circolazione e di riunione in tutte le altre zone di Genova non interdette, ove potevano essere altresì svolte le attività di manifestazione del pensiero. Inoltre l'evento è stato coperto con dirette televisive e seguito da tutti i mezzi di comunicazione (radio, televisioni, giornali, internet) che hanno consentito l'amplificazione e la diffusione del dissenso al vertice ufficiale. Complessivamente considerate, pertanto, le misure assunte risultano proporzionate e ragionevoli nella doverosa comparazione tra sacrificio imposto alle associazioni ricorrenti nel manifestare il proprio dissenso al vertice G8 e la tutela dell'incolumità pubblica di tutti i cittadini genovesi coinvolti nell'evento”. Così T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 26 aprile 2003, n. 524.

326 Cfr. ex multiis T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 06 maggio 2004, n. 772; Consiglio di Stato, Sez. IV, 1 giugno

1994, n. 467; Consiglio di Stato 28 marzo 1994, n. 291; Consiglio di Stato, 21 dicembre 1989, n. 930. Con

riferimento all’art. 2 T.U.L.P.S. Corte Costituzionale sentenza 20 giugno 1956 n. 8 ha avuto modo di precisare che “i provvedimenti prefettizi non possono mai essere in contrasto con i detti principi, dovunque tali principi

siano espressi o comunque essi risultino, e precisamente non possono essere in contrasto con quei precetti della Costituzione che, rappresentando gli elementi cardinali dell'ordinamento, non consentono alcuna possibilità di deroga nemmeno ad opera della legge ordinaria. È, infatti, ovvio che l'art. 2 della legge di pubblica sicurezza

b) quelle emanate, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 833/1978 e dell'art. 117 del D.Lgs. n.

112/1998, in caso di emergenze sanitarie e di igiene pubblica, dal Ministro della salute, dal

presidente della giunta regionale o dal sindaco, con efficacia estesa, rispettivamente, all'intero

territorio nazionale o parte di esso comprendente più regioni, alla regione o parte del suo

territorio comprendente più comuni, al territorio comunale;

non potrebbe disporre che, in un campo in cui il precetto costituzionale è inderogabile anche di fronte al legislatore ordinario, intervengano provvedimenti amministrativi in senso difforme”. Com’è noto, la stessa corte

Costituzionale ha avuto poco tempo prima modo di precisare che “si debbono considerare come principii

dell'ordinamento giuridico quegli orientamenti e quelle direttive di carattere generale e fondamentale che si possono desumere dalla connessione sistematica, dal coordinamento e dalla intima razionalità delle norme che concorrono a formare, in un dato momento storico, il tessuto dell'ordinamento giuridico vigente”. Così Corte Costituzionale sentenza 20 giugno 1956 n. 6. Si tratta, cioè, di “principi che informano di sé l’intero ordinamento, e non già lo stesso visto settorialmente, e che dovrebbero pertanto potersi ricavare dall’insieme della legislazione”. Così MARTINES T., RUGGERI A., SALAZAR C., Lineamenti di diritto regionale, Milano, 2005,

p. 177. La stessa accorta dottrina evidenzia, poi, che l’ordinamento della Repubblica, <<macrosistema>> delle fonti di diritto interno, da cui dovrebbero essere ricavati i suddetti principi, comprende, naturalmente, anche le fonti primarie regionali che così concorrono, secondo un modello circolare, a determinare il contenuto del limite (i principi generali dell’ordinamento) cui soggiacciono le stesse leggi regionali anche espressive di potestà esclusiva. Invero, il medesimo effetto circolare è rinvenibile anche nella descrizione del meccanismo che sorregge la costruzione del c.d. “spazio giuridico europeo”. Per un approfondimento sul punto v. CHITI M.,

Mutazioni del diritto pubblico nello spazio giuridico europeo, Bologna, 2003.

327 Sottolinea CARINGELLA F. Corso di diritto amministrativo,cit., p. 177 che ai sensi dell’art. 1 del d.lgs n.

112/98 il conferimento delle funzioni amministrative (nell’ottica dell’introduzione del modello federalista a costituzione invariata) comprende anche l’adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti previsti dalla legge.

328 Cfr. Corte Costituzionale sentenza 07 ottobre 1983 n. 307. 329 Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 5-14 aprile 1995 n. 127

330 È il caso da ultimo risolto da Corte Costituzionale, sentenza 24 giugno 2009 n. 196, in relazione alla

impugnazione dell'art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, «nella parte in cui viola le competenze» della Provincia autonoma di Bolzano in materia di pubblica sicurezza. In base ad una ricostruzione sistematica delle norme dello Statuto regionale, la Provincia autonoma sosteneva che, nell'ordinamento statutario speciale del Trentino-Alto Adige/Südtirol, la potestà legislativa ed amministrativa in tema di pubblica sicurezza sarebbe attribuita ai Presidenti delle Province autonome in tutte le materie indicate dall'art. 20 dello statuto, mentre allo Stato spetterebbe la competenza nelle materie diverse da quelle elencate nella citata norma ed i Sindaci disporrebbero di un potere di tipo residuale. Tale opzione ermeneutica è stata invero disattesa dalla Consulta che ha avuto modo di ribadire che la sicurezza pubblica costituisca oggetto di competenza esclusiva statale ex art. 117 cost. poiché attiene, tra l’altro, alla tutela dei primari interessi pubblici sui quali si regge l'ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale. Sul punto v. anche Corte Costituzionale, sentenza 28

giugno 2006 n. 237; Corte Costituzionale, sentenza 21 giugno n. 222; Corte Costituzionale, sentenza 19 ottobre 205 n. 383. In ogni caso, rimane sempre fermo il rispetto dei confini relativi alla competenza ascritta agli enti

territoriali regionali e locali in materia di polizia amministrativa la cui cognizione ben potrà essere oggetto di giudizio innanzi al giudice competente ovvero, in sede di conflitto di attribuzioni o di giudizio in via principale di legittimità, innanzi alla stessa Corte Costituzionale. Sul punto v. Corte Costituzionale, sentenza 24 giugno

2009 n. 196 che, proprio in relazione ai limiti del giudizio di legittimità introitato in via principale, ha

confermato l’orientamento consolidato secondo cui “deve essere dichiarata inammissibile la censura basata

sull'asserita violazione dell'art. 97 della Cost. e sul principio di buon andamento della pubblica amministrazione, dal momento che, attraverso di essa, non si lamenta alcuna violazione delle competenze provinciali. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, infatti, non sono ammissibili le censure prospettate dalle Regioni e dalle Province autonome rispetto a parametri costituzionali diversi dalle norme che operano il riparto di competenze con lo Stato, qualora queste non si risolvano in lesioni delle competenze stabilite dalla Costituzione (ex plurimis, sentenza n. 326 del 2008)”. Per un approfondimento in materia v.

MARTINES T., RUGGERI A., SALAZAR C., Lineamenti di diritto regionale, cit. pp. 309 ss.

c) quelle emanate dal prefetto, quale autorità provinciale di pubblica sicurezza, ai sensi