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Presidenza della vice presidente SALVATO

Nel documento S E NA T O D EL L A R EP U B B LI C A (pagine 30-34)

(Segue CALLEGARO). È una giustizia minore nel senso che ri-guarda le vicende minime della vita di tutti i giorni; se diamo al giudice di pace anche competenza penale, riguarda situazioni che sicuramente per i cittadini non sono minori, e che fa apparire agli occhi dei cittadini il giudice di pace come un giudice ordinario.

Quindi, dovremo valutare anche il fatto che costui, che non sostie-ne un concorso, riceve un compenso (il termisostie-ne sarà brutto, però di que-sto si tratta) per la sua attività di gran lunga inferiore a quello del giudi-ce togato.

Sappiamo che già sono in corso da parte dei giudici di pace delle vertenze poiché si dice che non è giusto (e non lo è, in realtà, se quello di pace lo consideriamo un giudice a tutti gli effetti) che tali giudici ri-cevano dei compensi inferiori a quelli dei giudici ordinari. Questo era un problema che andava affrontato ma che da questo disegno di legge non è stato preso in considerazione.

In questo caso purtroppo – ma è un po’ il leitmotiv del cosiddetto

«pacchetto giustizia» in generale – l’intento è quello di ridurre il carico delle pendenze penali, di ridurre il numero delle liti sia civili che penali pendenti presso i vari uffici: in sostanza si sono escogitati dei modi per diminuire la domanda di giustizia. Questa è una frase che è sfuggita an-che al relatore: diminuire la domanda di giustizia. Ma secondo me non è questo il compito del legislatore; il legislatore non deve porre degli

ostacoli affinché i cittadini non avanzino domande di giustizia: il compi-to del legislacompi-tore è quello di dare una risposta alle domande di giustizia che vengono avanzate. Ma questo effettivamente, almeno secondo il mio giudizio, non è lo scopo che vuole ottenere questa legge e un pò in ge-nerale tutto il «pacchetto giustizia».

Ovviamente, per quanto riguarda i singoli punti, mi riservo di illu-strarli mano a mano che saranno esaminati gli emendamenti, e alla fine bisognerà vedere se gli emendamenti che verranno accettati modifiche-ranno il provvedimento in modo consistente e veramente corrispondente alla domanda di giustizia dei cittadini: mi pronuncerò in sede di dichia-razione di voto in maniera coerente al risultato che ne uscirà. (Applausi dai Gruppi Centro Cristiano Democratico e Alleanza Nazionale).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Fumagalli Carulli.

Ne ha facoltà.

FUMAGALLI CARULLI. Signora Presidente, sono stata a suo tempo, cioè nel 1991, tra i pochissimi parlamentari che votarono contro la legge istitutiva della figura del giudice di pace, cioè la legge 21 no-vembre 1991, n. 374, rispetto alla quale il provvedimento oggi in esame rappresenta un’integrazione.

Pur facendo parte allora della maggioranza governativa – ero alla Camera – condividevo le istanze polemiche dell’avvocatura riguardo all’originario limite di età, fissato in 50 anni, nonché al divieto per i giudici di pace di esercitare la professione forense nell’ambito del di-stretto della corte d’appello, un ambito a mio avviso troppo vasto.

Sono stata pertanto favorevole allo slittamento dell’entrata in vigo-re nel maggio 1995 della riforma e sono stata favovigo-revole agli emenda-menti che hanno modificato le originarie e da me criticate limitazioni.

Le modificazioni sono state: riduzione a 30 anni del limite di età ed esclusione dei limiti di età per i procuratori legali, nonché limitazio-ne dell’incompatibilità all’esercizio della professiolimitazio-ne forense solo nell’ambito del circondario del tribunale.

Comunque ho sempre chiesto, fossi favorevole o contraria, che ogni riforma dell’ordinamento giudiziario, e dunque anche quella del giudice di pace, andasse nel senso della razionalizzazione e della effi-cienza del servizio giustizia nell’ambito dello sforzo di modernizzazione degli apparati dello Stato e della pubblica amministrazione, nonché del soddisfacimento dell’esigenza di giustizia del cittadino in quanto tale contro visioni corporative dell’ordine giudiziario.

Oggi, posta di fronte alla modifica della legge n. 374 del 1991, so-no favorevole, so-non solo a titolo personale ma a so-nome del Gruppo di Rinnovamento italiano, al provvedimento che modifica tale legge.

Esso infatti non si limita solo al completamento della competenza del giudice di pace ma fa un passo ulteriore che mi pare significativo e cioè ridefinisce lo statuto, lo status di questa figura , in un certo senso aggiungendo la competenza penale lo rilancia. Non c’è dubbio infatti che l’attribuzione della competenza penale offra al nuovo organo una importanza sociale e quindi una capacità di legittimarsi e di radicarsi

nella società civile maggiore rispetto a quella che otterrebbe se la sua competenza fosse confinata solo alla litigiosità cosiddetta bagatellare tra privati.

Sotto questo profilo a me pare riduttivo assegnare all’istituto, come qualcuno continua a fare, finalità meramente deflattive dei carichi giudi-ziari, anche se indubbiamente questa finalità esiste, ma non può essere considerata l’unica, l’esclusiva o la più importante.

Il disegno di legge oggi in discussione completa, dicevo poc’anzi, lo statuto del giudice di pace grazie ad una migliore definizione ordina-mentale e ad una specificazione delle competenze penali. Insieme attua e realizza un aspetto rilevante di quella partecipazione popolare all’eser-cizio della giurisdizione che fu già una promessa della nostra Costitu-zione. In particolare, con l’estensione della competenza al settore penale il giudice di pace assume una specifica collocazione nell’ambito della magistratura onoraria; non ha cioè soltanto una funzione vicaria, come hanno i vice pretori o vice procuratori onorari, né ha solo una funzione integrativa, come avviene per i componenti laici dei tribunali minorili o di sorveglianza, ma ha una funzione autonoma e piena e, per quanto at-tiene alla funzione conciliativa, addirittura ha una funzione esclusiva.

Tra le varie caratterizzazioni dell’istituto, in discussione generale a me pare di dover mettere in evidenza come di rilevante significato l’at-tribuzione della funzione conciliativa, funzione che è esclusiva di questo particolare organo giurisdizionale. In essa vedo una novità, che auspico rappresenti il primo tassello di una riforma più generale della giustizia penale, che si è rivolta non solo alla restaurazione dell’ordine giuridico violato, ma anche alla ricomposizione dei rapporti sociali.

L’obbligo del tentativo di conciliazione di cui alla lettera d), com-ma 1, dell’articolo 18 (del testo della Commissione) si muove appunto in questo senso, avvicinando il nostro sistema a quello dei paesi anglo-sassoni dove il rigore del diritto è temperato dall’equità tipica dell’istitu-to della conciliazione.

È stato sollevato già in discussione generale da altro collega, cioè dal senatore Greco, un interrogativo, che vorrei rivolgere al Governo, che spero stia attento anche alla discussione generale, su quale ruolo cioè attribuire alla parte civile o alla parte offesa. Anche a me pare su questo punto che la parte privata debba essere ascoltata. Il ruolo sociale affidato al giudice onorario non può disconoscere quel vero e proprio principio di civiltà che è racchiuso nella formula tradizionale et audietur altera pars. Tanto più questo mi permetto di chiedere in quanto il giudi-ce di pagiudi-ce, una volta entrata in vigore la riforma del giudigiudi-ce unico, sarà l’unico giudice presente in modo capillare sul territorio, vicino alle con-troversie che finiranno di fronte a lui. Sarà cioè, come è stato definito dal relatore, un giudice di prossimità; in quanto tale esso, se non avrà l’obbligo di sentire la parte civile, sarà inevitabilmente esposto all’accu-sa o al dubbio di non essere imparziale.

Perché il giudice di pace non sia considerato un giudice di serie B è necessario che sia provvisto di un’adeguata professionalità, ciò almeno agli occhi del cittadino utente della giustizia, che è

poi il punto di vista dal quale tutti dobbiamo porci quando introduciamo un nuovo istituto giudiziario.

Sotto questo profilo va salutato come positivo l’innalzamento dello standard qualitativo con la richiesta dell’abilitazione all’esercizio della professione legale, salvo che per notai, professori universitari o dirigenti della pubblica amministrazione, nonchè l’obbligo del tirocinio di sei me-si con conseguente valutazione di idoneità.

Si tratta di elementi minimi che speriamo siano sufficienti. Certo è che qualcosa di più e di più moderno andrebbe introdotto a supporto di una professionalità reale. Ad esempio, mi auguro che il Governo prov-veda a dotare l’istituto di un’adeguata struttura di personale ausiliario e, soprattutto, di mezzi informatici. Sarebbe strano, infatti, che dei mezzi informatici fossero dotati soltanto i magistrati ordinari e non questa nuo-va forma di magistratura onoraria che forse ha bisogno ancora più degli altri di mezzi moderni per poter svolgere le proprie funzioni.

Un altro aspetto significativo del provvedimento e sintomatico di un nuovo modo di intendere la giustizia penale è la potestà delegata al Governo di modificare l’ordinario sistema delle sanzioni prevedendo sanzioni diverse e alternative a quelle carcerarie, come il lavoro sostitu-tivo, la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività, la permanenza in casa per periodi limitati o saltuari. È auspicabile che questo rappresenti un’anticipazione di linea rispetto a quello che sarà in futuro un diritto penale mite, come lo ha definito – a mio avviso molto correttamente – il relatore Fassone, con una visione delle sanzioni non più legata alla sola detenzione carceraria ma alla funzione sociale edu-cativa della pena.

Anche per questa vera e propria rivoluzione, che riguarda la giuri-sdizione italiana, la cui gestione è affidata ad un organo onorario ma pur sempre giurisdizionale, è apprezzabile che il disegno di legge preve-da un ordinamento giudiziario minimo, specifico per i giudici di pace, con una migliore attenzione ai profili delle incompatibilità e un richia-mo all’osservanza dei doveri tipici dello status di magistrato ordinario.

Con queste osservazioni e nella consapevolezza che il disegno di legge troverà un doveroso completamento in altre leggi appartenenti al

«pacchetto giustizia», oggetto della presente sessione parlamentare (mi riferisco alla depenalizzazione dei reati minori, alla riforma del giudice unico, alla legge sulla valutazione della professionalità dei magistrati, alla legge anticorruzione, alla riforma costituzionale sul giusto proces-so), il Gruppo Rinnovamento italiano annuncia sin da ora il suo voto fa-vorevole al testo oggi in esame in Aula e si riserva di votare a favore di emendamenti che lo migliorino, purchè vadano nella direzione dell’effi-cacia e dell’efficienza dell’ordinamento giudiziario e di tutela del diritto dei cittadini di disporre di una giustizia non solo imparziale ma anche efficiente ed efficace. (Applausi dal Gruppo Rinnovamento Italiano e Indipendenti. Congratulazioni).

Nel documento S E NA T O D EL L A R EP U B B LI C A (pagine 30-34)

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