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Pressione a scoppio dei contenitori (burst resistance)

Capitolo 6: Rappresentazione e discussione dei risultati

6.3. Blend a base PET

6.3.3. Pressione a scoppio dei contenitori (burst resistance)

A fianco alla caratterizzazione al dinamometro delle bottiglie stampate si è condotta una prova industriale di burst resistance, tipico test di qualità nel settore del beverage

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dal volume di gas disciolto all’interno della bevanda confezionata. I risultati sono riportati in Tabella 6.19. Per tutte le prove il valore minimo di resistenza è il doppio della pressione derivata dal gas disciolto nella bevanda. Nel caso delle carbonated soft

drinks (end use del blend testato) la soglia è rappresentata dal valore di 7÷8 bar. Come

si può osservare dalla Figura 6.13 la resistenza a scoppio è simile a quella del PET vergine solo nel caso della miscelazione in linea, mentre lo stesso valore decade della metà se l’additivo e stato precedente disperso all’estrusore.

Tabella 6.19. Pressione a scoppio (burst resistance) dei contenitori in PET-EVOH, a seconda dell’operazione di miscelazione delle 2 fasi, e della % in peso dell’additivo barriera.

Materiale Modalità mixing

Burst resistance [bar] Massa base bott. [g] Media SD PET - 8.00 0.1 2.6 PET-EVOH 2.5% On Board 7.00 0.25 2.6 PET-EVOH 5% On Board 7.00 0.25 2.6 PET-EVOH 2.5% TSE 3.50 0.5 3.0 PET-EVOH 5% TSE 3.50 0.5 3.0

Figura 6.13. Istogramma riepilogativo dei dati riportati in Tabella 6.19

Dato che in tutti i test effettuati, la discontinuità da cui partiva la cricca è attribuibile al punto di iniezione della preforma, e come visto nel § 6.3.2.2 la resistenza meccanica dei film risente poco dell’eventuale degradazione subita dalla matrice, si può ritenere la pressione a scoppio come proporzionale all’indice di tenacità a frattura del materiale polimerico (KIC). Tale proprietà rappresenta dunque l’indice che tiene conto della riduzione delle performance della matrice PET a seguito dei fenomeni di idrolisi che riducono il PM medio del polimero.

120 Capitolo 6

6.3.4. Analisi termica (DSC) e termo-meccanica (DMA)

Su porzioni di materiale prelevato dopo l’operazione di stampaggio ad iniezione si sono eseguite per tutti i sistemi le analisi DSC. Come si vede dalla Figura 6.14 esso hanno dimostrato la presenza nel caso del PET tal quale di una differenza tra le entalpie di cristallizzazione e fusione. Quella di fusione è inferiore in quanto comprende anche dei fenomeni esotermici (perfezionamenti cristallini) che ne diminuiscono il valore totale. L’aggiunta dell’EVOH, indipendentemente dalla velocità di mixing, non modifica l’entalpia di fusione (che rimane praticamente invariata) ma determina un fenomeno di polimorfismo, ovvero il picco di fusione si separa in due picchi adiacenti legati alla presenza di due diverse tipologie di cristalli. In particolare l’EVOH sembra promuovere la formazione di cristalli meno stabili (che fondono a temperature più basse).

Figura 6.14. Analisi DSC del PET puro e dei blend contenenti EVOH al 5% miscelati a differenti velocità nell’estrusore bivite. Fase di secondo riscaldamento e di raffreddamento nell’intervallo di temperatura 170÷270°C.

In aggiunta ai campioni da analizzare al DSC, dalla fase di stampaggio si sono ottenuti i provini per la caratterizzazione al DMA. La prova nella fattispecie è stata condotta in configurazione single cantilever, applicando sul campione una forzante di 1Hz in rampa di temperatura (3°C/min) nell’intervallo -110÷100°C. I risultati sono riportati in Figura 6.15. Come si denota dal picco accentuato del tanδ a circa 72°C e dalla consistente variazione a “scalino” dello storage modulus oltrepassato tale valore (che rappresenta la Tg del polimero) il campione di analisi è quasi del tutto privo di fase cristallina. Data la

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quasi completa sovrapposizione delle curve, l’introduzione dell’additivo non comporta modificazioni né del modulo né del fattore si smorzamento.

Figura 6.15. Analisi DMA del PET puro e dei blend contenenti EVOH al 5% miscelati a differenti velocità nell’estrusore bivite. Si indicano rispettivamente a sinistra lo storage modulus (in scala logaritmica) e a destra il coefficiente di smorzamento (tanδ).

Conclusioni

Alla luce del lavoro fatto e dei risultati ottenuti, si possono suddividere le conclusioni, sia dal punto di vista di un’analisi critica della metodologia sperimentale utilizzata per misurare le proprietà barriera, che ovviamente, sull’interpretazione dei dati raccolti dai polimeri investigati nel contesto delle altre prove di caratterizzazione effettuate.

In generale, sulle modalità di misura adottate per la valutazione della permeabilità e degli altri coefficienti di trasporto si è potuto osservare che innanzitutto non si possono effettuare prove di permeabilità in serie sullo stesso campione come statistica di riproducibilità. Dai dati raccolti, infatti, è ragionevole suppore che prove successive alla prima partano da una situazione iniziale con concentrazione del gas permeante non nulla, alterando quindi la misura stessa. Per tale motivo si devono considerare ai fini della riproducibilità della misura solo la prova effettuata su ciascun film vergine.

Il metodo time-lag è applicabile teoricamente solo a polimeri che presentano Fickian

diffusion (diffusività indipendente dalla concentrazione e solubilità del gas isotermo

lineare) e che quindi siano allo stato gommoso alla temperatura in cui viene misurata la permeabilità. Anche nel caso che i polimeri rientrino nella categoria indicata, si deve garantire la completa assenza di tracce del gas di prova (O2, CO2) già presente nei campioni di analisi per contaminazione atmosferica. Per tale motivo, bisognerebbe disporre di un ulteriore metodo di condizionamento dei film prima della fase di misura vera e propria, che dal canto suo è già preceduta da un ciclo di pulizia all’interno della stessa camera di prova. Inoltre per affinare l’analisi dei coefficienti di trasporto nel caso di fenomenologie di diffusione più complesse (Non-Fickian diffusion) sarebbe opportuno sviluppare metodi analitici che considerino l’intera curva di permeazione (transitorio e stato stazionario) e la interpolino con funzioni non lineari, in analogia al lavoro pubblicato di Scheichl R. et al. (2005).

In mancanza di questi strumenti conviene riferirsi alla determinazione della sola permeabilità come indice di performance delle proprietà barriera evidenziate in un particolare setting sperimentale (materiale più processing). Come visto, essa è calcolata a partire dalla pendenza della retta che approssima il tratto stazionario della curva Q(t), e che coincide con il valore rilevato dallo stesso strumento quando si raggiunge il

plateau nel grafico gas TR. In ogni caso, per ridurre l’errore sperimentale che si

commette nella valutazione della proprietà (dipendente a sua volta dallo spessore della membrana permeata), occorrerebbe adottare un processo di produzione dei film in laboratorio che consentisse di ottenere dei campioni con minore irregolarità dello spessore. Alternativamente, si potrebbe considerare un metodo di misura che permetta

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un stima più accurata dello spessore medio, anziché utilizzare il micrometro per una scansione meccanica punto per punto. A tal proposito si rimanda alla norma ISO 4591 (ASTM D4321) in cui si riporta un metodo indiretto per la determinazione dello spessore .

Detto ciò, si riportano gli aspetti generali riscontrati a seguito della modifica delle matrici oggetto dello studio con gli additivi barriera preposti all’innalzamento della proprietà medesima. Per quanto riguarda l’HDPE le strade percorse hanno comportato il

melt blending della matrice con l’EVOH o la dispersione all’interno della stessa di un organoclay a base di montmorillonite compoundato con LLDPE-g-MAH in un masterbatch pronto all’uso. L’ottenimento dei rispettivi sistemi (blends e

nanocomposito) è stato sottoposto alla permeazione sia di O2 che di CO2. I dati mostrano una leggera selettività delle membrane nel confronto del gas di analisi. Infatti, mentre nel caso dell’ossigeno il miglioramento in tutti i sistemi è minino del 10%, e massimo del 20% nel caso della presenza del maggior quantitativo di additivo barriera; se sottoposti alla CO2, si manifesta un calo delle performance in generale e addirittura un peggioramento in entrambi sistemi in cui è stato aggiunto l’LLDPE-g-MAH come agente compatibilizzante, rispettivamente per l’EVOH (al 5% in peso) e della nanocarica organo modificata (al 15% in peso).

Le analisi micrografiche (ottico, TEM, SEM) hanno mostrato che nel caso dei blend la fase dispersa da morfologia sferica con diametro all’incirca di 1.5 µm, e che l’aggiunta del polietilene maleicato sostanzialmente non produce effetti, anzi, comporta un leggera coalescenza dell’EVOH. Per il nanocomposito l’analisi incrociata di micrografie al TEM, pattern XRD e prove meccaniche convergono sull’ipotesi che la carica inorganica sia effettivamente ben distribuita all’interno del materiale e con un certo grado di esfoliazione-intercalazione, comunque da migliorare. Dall’analisi DSC si è visto un calo della cristallinità in tutti i sistemi e in misura maggiore in quelli in cui è stato aggiunto il compatibilizzante. Sovrapponendo i risultati della caratterizzazione ottica, termica e meccanica con le misure di permeabilità rilevata si può dunque affermare che gli additivi (EVOH, OMMT) promuovono un certo miglioramento delle proprietà barriera dell’HDPE. E’ da considerare come contributo indipendente l’effetto dell’LLDPE-g-MAH, che sciogliendosi all’interno della matrice determina una soluzione polimerica la cui struttura amorfa interagisce un modo differente a seconda del gas permeante. Probabilmente tale effetto è da giudicare in relazione al diametro cinetico delle specie diffuse (CO2 < O2) con il volume libero della fase amorfa che consegue all’aggiunta del compatibilizzante.

Lo studio condotto sul PET ha evidenziato l’influenza delle variabili di processing e operative sulla medesima formulazione, PET-EVOH al 5%, che un lavoro prima di questo aveva già individuato come miglior candidato per l’aumento delle proprietà a

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barriera della matrice. In questo caso, a differenza del precedente, si è avuto l’opportunità di valutare il sistema polimerico dopo l’operazione tecnologica di inietto-stiro-soffiaggio che rappresenta l’ultimo step di trasformazione dei blend a destinazione

beverage packaging.

L’operazione, come si è visto, influisce in maniera determinante, sia sulle performance a barriera del materiale, che su eventuali meccanismi di degradazione termica che avvengono alla alte temperature. Dalle misure di permeabilità condotte, unite a test meccanici e analisi al TEM, risulta infatti che a seguito del reprocessing del materiale si enfatizzi l’idrolisi termica del PET, dovuta alla contemporanea degradazione dell’EVOH che porta alla condensazione di H2O, a sua volta diffusa all’interno della matrice. Per tali motivi si è visto che, seppur il compounding all’estrusore bivite comporti un mixing dispersivo del polimero barriera migliore, conviene evitare la doppia lavorazione del blend, addizionando l’additivo direttamente all’impianto di produzione. Così facendo si ottengono le migliori proprietà a barriera del sistema polimerico, che risultano raddoppiate rispetto a quelle della matrice tal quale, ed inoltre si migliora l’economia del processo evitando lo step precedente di lavorazione.

Di questi blend si è valutata, inoltre, l’influenza della presenza di acqua condensata e in fase gas sull’eventuale degradabilità dell’EVOH a seguito dell’interazione con la specie chimica. Dai test effettuati si è visto un calo delle proprietà barriera di pari passo all’aumento del livello di umidità relativo, ma si è pur riscontrato che il contatto prolungato dello stesso con la fase condensata non altera minimamente la permeabilità del sistema. Ciò a tutto vantaggio dell’end use a cui è destinata tale formulazione, confermando la possibilità di essere una soluzione collaudata e pronta all’impiego.

A Appendice

In questa sezione si vogliono trattare alcuni aspetti che non sono stati inseriti nella parte principale dell’elaborato, ma che sono necessari ai fini della completezza espositiva degli argomenti trattati nel Capitolo 2.