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Capitolo 3 – L’acquisizione del linguaggio nei bambin

3. Il presunto vantaggio dei segni

Nel tentativo di comprendere il percorso evolutivo del linguaggio nei bambini sordi, le ricerche condotte fino ad oggi hanno concordato sul fatto che le tappe e le tempistiche di apprendimento siano simili a tutti i bambini indipendentemente dalla modalità di espressione della lingua. Alcuni dubbi sono sorti invece riguardo al periodo di comparsa dei primi segni e delle prime parole. In seguito ad alcuni studi effettuati da Bonvillan et al. (1987) e da Meier et al. (1990) emerse che la comparsa dei primi segni nei bambini sordi avveniva precocemente rispetto alle prime parole dei bambini udenti. Le ricerche di Bonvillan et al. seguirono l’acquisizione linguistica di 13 bambini di cui uno solo era sordo, mentre gli altri dodici, udenti, avevano almeno un genitore sordo e provenivano da un ambiente familiare in cui veniva usato l’American Sign Language. Ai genitori di questi bambini venne chiesto di tenere un diario nel quale riportare le tappe fondamentali dell’acquisizione dei loro bambini, di appuntare vicino ad ogni segno o parola il periodo in cui essa faceva la sua prima comparsa, la forma del segno prodotto e il contesto nel quale veniva usato. Per una maggiore precisione vennero appuntate solo le attività manuali che avevano delle caratteristiche comuni con i segni dell’ASL. Dall’analisi di queste annotazioni emerse che i bambini iniziarono a produrre i primi segni ad un’età media di 8.6 mesi. Questi dati vennero comparati con quelli raccolti da Gesell et al. (1934) e Capute et al. (1986) che analizzarono rispettivamente l’acquisizione linguistica vocale di 100 e 448 bambini udenti esposti alla lingua parlata. Per il primo gruppo, le prime produzioni vocali comparvero intorno ai 10 mesi d’età, per i bambini del secondo studio comparvero attorno agli 11.3 mesi. Questa comparazione tra i diversi studi fece ipotizzare l’esistenza di un vantaggio

dei segni rispetto alle parole. Una prima ipotesi formulata per motivare

questo vantaggio venne ricondotta allo sviluppo tardivo dell’apparato fono- articolatorio rispetto a quello motorio. La difficoltà di articolare le prime parole quando il canale orale usato per comunicare non è ancora ben sviluppato dovrebbe spiegare la precoce comparsa dei segni che

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richiedono invece l’uso del sistema motorio il cui sviluppo è più precoce. Seguendo questa linea di pensiero, le prime tappe dell’acquisizione linguistica dei bambini sordi dovrebbero essere leggermente precoci rispetto a quelle dei coetanei udenti. In uno studio di Volterra e Iverson (1995) questa ipotesi venne messa in discussione sulla base del fatto che alcuni dei primi segni prodotti dai bambini sordi potessero essere invece interpretati come gesti. Infatti in molti degli studi effettuati non vi erano dei criteri precisi per la distinzione di queste due espressioni comunicative. Dobbiamo ricordare che i gesti ed i segni, nonostante vengano entrambi prodotti nella modalità manuale, si distinguono in quanto nelle lingue dei segni, le singole componenti del segno sono organizzate secondo specifiche regole grammaticali per formare un’unità di significato (il singolo segno ed in seguito la frase), quindi il significato generale è dato dalla somma dei significati delle singole parti; il gesto invece deve essere considerato nella totalità del suo insieme per essere compreso. O meglio, le lingue dei segni hanno una specifica struttura linguistica e, se queste regole grammaticali non vengono seguite, il segno risulterà incomprensibile. Al contrario, non esistono restrizioni linguistiche nella produzione dei gesti (Capirci, Iverson, et al. 2002 ). Gli stessi autori che ipotizzarono un vantaggio da parte dei segni (Bonvillan, et al. 1987 e Meier, et al. 1990), ed altri (Petitto e Marentette 1991) che studiarono ad esempio il babbling manuale (§2.1) utilizzando dei criteri distintivi per separare i gesti dai segni, hanno riscontrato molte somiglianze tra i gesti pre-linguistici prodotti dai bambini segnanti e non; hanno inoltre osservato che non vi era un vantaggio nello sviluppo del primo vocabolario. Volterra ed Iverson (1995) hanno dunque revisionato questa ipotesi considerando il fatto che tutti i bambini, indipendentemente dal tipo di input che ricevono, fanno uso della modalità manuale per comunicare durante i primi due anni di vita. Per loro, il cosiddetto vantaggio dei segni dovrebbe invece essere considerato come un vantaggio dei gesti nel quale le prime fasi della comunicazione, e non dello sviluppo linguistico, traggono beneficio dalla modalità gestuale per tutti i bambini.

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Nel 2002 Capirci et al. effettuarono uno studio longitudinale su un bambino udente figlio di genitori sordi, M.. I genitori utilizzavano con il bambino un tipo di comunicazione mista formata dall’uso della LIS e dell’italiano parlato. I dati raccolti riguardavano lo sviluppo linguistico di M. tra i 10 ed i 30 mesi d’età con lo scopo di verificare un eventuale vantaggio nella comparsa dei primi segni rispetto alle prime parole sulla base della modalità di input ricevuta dal bambino. Per distinguere in maniera precisa le produzioni gestuali da quelle segniche, vennero considerati come segni soltanto le produzioni che non comparivano nei bambini non esposti alle lingue dei segni. Dai risultati emerse che, come i bambini esposti alle lingue vocali, anche M. produsse per primi dei gesti. Le parole ed i segni comparvero insieme attorno ai 12 mesi d’età. Analizzando le produzioni del bambino si riscontrarono alcune peculiarità: a 16 mesi il tipo di repertorio e le combinazioni prodotte da M. erano simili a quelle dei suoi coetanei ma lui produceva anche delle combinazioni segno-parola; inoltre intorno ai 20 mesi il suo uso delle combinazioni inter- modali risultò maggiore rispetto agli altri bambini. Intorno ai 25-29 mesi comparvero le prime combinazioni di 2 segni. Differentemente da quanto osservato nei bambini monolingui, le produzioni di M. presentavano la combinazione di due gesti rappresentativi (caratterizzati da movimenti della mano, del corpo o espressioni facciali che, a differenza dei gesti

deittici hanno un significato indipendente dal contesto in cui vengono

prodotti), ed è in questo tipo di produzione che possiamo ipotizzare abbia avuto un ruolo fondamentale il tipo di input da lui ricevuto. L’essere esposto ad una lingua segnica ha dunque influenzato la sua capacità di espressione manuale, portandolo ad avere una maggiore capacità combinatoria nella modalità gestuale.

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