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I principali ambiti giuridici coinvolt

In molti studi e documenti sull’agricoltura di precisione (v., ad esempio, Eprs, 2017; Eip-Agri, 2015) viene dato un certo rilievo alle questioni giuridiche sollevate dalla diffusione della digitalizzazione in agricoltura.

Infatti, non pochi sono gli ambiti giuridici coinvolti, come quelli inerenti all’utilizzo delle tecnologie (es. legislazione sui droni, sull’utilizzo del gps, disciplina sui sistemi di guida senza conducente, sicurezza dei lavoratori, responsabilità civile, ecc.); alle finalità agro- alimentari-ambientali per cui tali tecnologie sono utilizzate (es. normativa sulle acque, sui nitrati, sui fitosanitari, sul benessere degli animali, sul degrado del suolo, ecc.); alle misure incentivanti l’attività agricola, in particolare, quelle adottate nell’ambito della politica agricola comune; all’impatto sull’impresa agricola; nonché al vasto campo della protezione e dello scambio dei dati.

Per meglio comprendere tali ambiti è utile soffermarsi sull’impiego dei droni a fini agricoli.

Innanzitutto, l’utilizzazione del drone è soggetta alla normativa che regolamenta l’utilizzo degli aeromobili in ambito civile. Il principale riferimento normativo è il Regolamento CE n. 216/2008 (c.d. Regolamento basico) il quale, tuttavia, per quanto riguarda i droni con massa operativa al decollo di peso inferiore o uguale ai 150 kg - che attualmente rappresentano pressoché la totalità dei droni impiegati in agricoltura – mantiene la regolamentazione agli Stati membri.

L’Italia ha dettato una propria disciplina in merito, la quale, muovendo dal codice della navigazione, trova il suo principale riferimento nella normativa a carattere regolamentare dettata dall’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac). Nello specifico, qui interessa il Regolamento mezzi aerei a pilotaggio remoto (inizialmente emanato del 2013 e, a oggi, più volte modificato) che prevede regole specifiche anche per i sistemi a pilotaggio remoto (sapr), quali i droni. Curiosamente, il termine drone, sebbene decisamente più popolare di altri, non compare nel diritto nazionale né in quello dell’UE, ove si fa riferimento agli unmanned aercraft systems (uas). Come opportunamente osservato dalla dottrina che si è occupata maggiormente del tema, la normativa è in continua evoluzione e non ancora sufficientemente capace di supportare le aspettative di sviluppo dei droni (Franchi, 2014; Severoni, 2016).

Un importante sforzo verso un miglioramento dell’attuale quadro normativo si registra sul fronte europeo, dove si sta lavorando all’introduzione di una regolamentazione uniforme applicabile a qualsiasi drone, indipendentemente dal peso, volta a superare la frammentazione causata dalle diverse legislazioni nazionali, ritenuta pregiudizievole per lo sviluppo di un mercato unico dei droni e delle operazioni cross-border. Tale legislazione sarà incentrata su un approccio basato sui rischi e sulle tipologie di attività e introdurrà tre categorie di operazioni diversamente regolamentate in ragione della gravità del rischio che presentano: categoria «aperta»,

«specifica» e «certificata» (Easa, 2016). Significativamente, si riconosce come la maggior parte delle operazioni condotte nell’ambito dell’agricoltura di precisione ricadranno nella categoria «aperta», ovvero quella a basso rischio, con minori aggravi burocratici (Easa, 2017).

I droni in agricoltura possono operare innanzitutto come strumento multispettrale. In questo caso, favorendo l’intervento più adeguato – per esempio sotto il profilo dell’irrigazione, dell’uso dei fertilizzanti e dei concimi, dei fitofarmaci, etc. -, contribuiscono al rispetto della normativa ambientale, in materia di acque, nitrati, degrado del suolo, ecc. e, al contempo, i dati generati costituiscono una prova di tale rispetto.

Inoltre, i droni operano anche come strumento applicativo, come nel caso in cui vengano utilizzati per lo spargimento di prodotti fitosanitari, sia biologici (come insetti antagonisti) che non. In questo secondo caso, va tenuto presente che in base all’art. 9 della Direttiva 2009/128/CE e in base all’art. 13 del d.lgs. 150/2012 e al successivo “Piano di Azione Nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari” l’irrorazione di prodotti fitosanitari con mezzi aerei è vietata, fatte salve deroghe specifiche concesse solo nei casi in cui non siano praticabili modalità alternative o se l’irrorazione presenta evidenti vantaggi in termini di salute umana e tutela ambientale. E’ stata comunque recentemente avviata una discussione a livello europeo sulla possibilità di escludere dal concetto di “irrorazione aerea” di cui alla precitata normativa proprio l’uso dei droni (Eprs, 2017).

Una maggiore diffusione dell’impiego di droni in agricoltura è indubbiamente favorita dal sostegno attraverso misure di incentivazione come quelle previste a livello nazionale (v. misure fiscali recentemente introdotte in ottemperanza del Piano nazionale dell’Industria 4.0, Circolare dell’Agenzia delle Entrate, n. 4/E del 30 marzo 2017) ma soprattutto quelle previste dalla Pac, in particolare attraverso gli interventi nell’ambito dello sviluppo rurale (Regolamento UE n. 1305/2013), che, come è noto, molto puntano all’innovazione (Mipaaf, 2017). Non si deve poi tralasciare un altro aspetto: se è vero che la Pac è funzionale allo sviluppo dell’impiego dei droni e più in generale dell’agricoltura di precisione, al contempo, è anche vero che quest’ultima è funzionale alla efficiente implementazione della Pac, grazie ai dati generati si consente un controllo amministrativo più facile dei pagamenti e degli aiuti ricevuti, e grazie alla maggiore efficienza e razionalità delle attività realizzate si facilita il conseguimento degli obiettivi legati ai pagamenti e agli aiuti stessi (Eprs, 2017).

L’impiego dei droni, così come delle nuove tecnologie digitali e dei servizi ad essi connessi, invita a riflettere circa il loro impatto nel contesto dell’azienda agricola, sia in termini di investimenti necessari (aprendo quindi alle questioni inerenti ai finanziamenti e all’accesso al credito) sia in termini di sviluppo di nuovi servizi agricoli svolti dagli agricoltori (Francario, 1988) e di nuove forme di contoterzismo.

Ad oggi, comunque, l’ambito giuridico più delicato che concerne l’uso dei droni, e più in generale la digitalizzazione nel suo complesso, è quello relativo ai dati, poiché attiene al nucleo essenziale dell’agricoltura di precisione, la quale, per definizione, muove dal monitoraggio e dalla raccolta dei dati che, una volta analizzati e trasformati in informazione, consentono di intervenire ove è necessario e maggiormente opportuno.

Più nello specifico, i dati generati dal drone a seguito delle operazioni effettuate in un’azienda agricola possono essere utilizzati esclusivamente dal singolo agricoltore per operare delle scelte all’interno del suo contesto aziendale ma possono altresì confluire in piattaforme e cloud presenti nel web, permettendo la combinazione dei dati acquisiti dai droni (così come dei dati provenienti da altre tecnologie impiegate dall’agricoltura di precisione quali quelle legate all’Internet of Things) con l’imponente massa di dati presenti nella rete internet (big data).

Tale combinazione rileva sotto almeno due importanti profili: quello della interazione dei dati provenienti dai droni con i dati dei social

network e degli altri strumenti di rilevazione dei movimenti delle persone (es. smartphone, gps, etc.), e quello della massiccia

aggregazione di dati relativi all’attività agricola di numerosi agricoltori (big data agriculture).

Il primo profilo aumenta la possibilità di “intrusioni” nella vita privata dei cittadini “terzi” che si possono verificare per via delle telecamere e dei sensori installati sui droni. Tali strumentazioni possono infatti catturare immagini e dati non strettamente attinenti alle finalità “agricole” per cui operano (Parlamento europeo, 2015). Il fatto che le immagini e i dati catturati dai droni confluiscono nella rete e interagiscono con gli altri dati ivi presenti contribuisce alla identificazione delle persone e alla conoscenza di informazioni potenzialmente lesive della loro sfera privata (Finn, Donovan, 2016). I dati acquisiti possono inoltre concernere anche dati personali dell’agricoltore e dei lavoratori agricoli.

Il secondo profilo, maggiormente rilevante ai fini che qui interessano, tocca gli aspetti legati alla protezione dei dati relativi all’attività agricola e alla loro “proprietà”, termine questo emerso nei più recenti dibattiti attinenti allo scambio di dati non personali per dar conto di una «questione emergente» (Commissione europea, 2015) che va oltre la mera protezione nel senso di sicurezza (ad esempio, contro attacchi informatici) e di riservatezza. La questione attiene al controllo dei dati e, soprattutto, allo sfruttamento economico e alla commerciabilità dei dati grezzi, ovvero non trattati o modificati dopo la raccolta. In ambito agricolo, è peraltro particolarmente

Normalmente i produttori delle tecnologie impiegate nell’agricoltura di precisione forniscono anche i software per raccogliere, archiviare e trattare i dati, dando supporto ai singoli agricoltori nelle loro scelte, e mantengono il potere di analizzare i dati aggregati provenienti da più aziende (EU Scar, 2016). Come opportunamente osservato: “those who own the data can direct and control the data sets, are in

central position of power, and create the added value and earn a major share of income generated in agriculture. Thus, the most critical issue for the future of PA [Precision agriculture ndr] and farming in Europe lies in future ownership of data and control of these platforms, and, secondarily, in issues concerning privacy” (Eprs, 2016, p. 26).

La preoccupazione è anche quella per cui questa situazione possa ingenerare dei cambiamenti di potere nel settore agroalimentare, paventando una nuova forma di dipendenza economica a danno degli agricoltori (Commissione europea, 2017b). Un altro rilevante aspetto da porre in evidenza concerne il timore che il controllo dei dati finisca con l’essere gestito al di fuori dell’UE a detrimento dell’agricoltura europea nel suo complesso (Eprs, 2016, p. 26).

L’importanza delle questioni qui poste in rilievo trova riscontro negli enormi investimenti avviati recentemente da alcune società nel settore dei big data in agricoltura, come la Monsanto, la quale non solo ha direttamente attivato piattaforme di raccolta e analisi di dati di aziende agricole fruibili dagli agricoltori ma sta anche acquisendo centinaia di start-up digitali (nel 2013 ha acquisito il digital tool

developer Climate corporation, che, nel 2016, a sua volta, aveva già acquistato circa 640 start-up, v. Bronson, Knezevic (2016)).