Le banche popolari sono istituti di credito principalmente costituiti sotto di forma società cooperativa per azioni (S.c.p.a.). Esse rientrano nella macro categoria delle società cooperative, entità dedite alla produzione di beni e servizi ove lo scopo comune non è lucrativo, ma mutualistico: vengono infatti favoriti prima di tutto i soci, grazie a condizioni più favorevoli come il voto capitario e il limite al possesso azionario che garantisce una frammentazione del potere.
Nel concreto, l’attività principale delle banche popolari è quella di incentivare lo sviluppo del e nel territorio, adottando un modello di business volto a creare e mantenere solidi rapporti con famiglie e piccole e medie imprese.
I mutamenti avvenuti nell’ultimo decennio all’interno del sistema bancario hanno influito profondamente anche sul contesto evolutivo delle banche popolari.
Le realtà più grandi della categoria hanno acquisito il controllo di altre popolari e di banche locali esterne, dando luogo a gruppi bancari di rilievo nazionale.
La prima grande caratteristica di queste entità viene rappresentata dal voto capitario (art. 30 Testo Unico Bancario): ogni socio è titolare di un singolo voto indipendentemente dal numero delle azioni possedute o rappresentate.
Ogni socio ha diritto ad un voto in assemblea, a prescindere dal valore della propria quota di capitale sociale; il principio del voto per testa, che non tiene alcun conto del capitale conferito, rappresenta uno degli elementi caratterizzanti la cosiddetta “democraticità” delle organizzazioni cooperative.
Inoltre, le norme del T.U.B. (art. 29-32) prevedono che nessun socio possa detenere più dell’1 per cento del capitale sociale, a meno che lo statuto della banca non preveda limiti ancora più bassi, comunque non inferiori allo 0,5 per cento.
Il socio che si trova in possesso di titoli in misura superiore a tale limite deve alienare le azioni eccedenti. Ad attivare la procedura di alienazione è la stessa banca che, non appena rilevato il superamento di detto limite, contesta al socio la violazione del divieto.
Il numero dei soci non può essere inferiore a duecento e il valore nominale delle azioni non può essere inferiore a due euro.
Nel gennaio 2015, con l’approvazione del decreto legge n. 3/2015 è stato introdotto l’obbligo per le banche popolari, con un attivo superiore a 8 miliardi di euro, di trasformarsi in società per azioni (S.p.A.).
Le banche popolari interessate dal decreto legge in questione sono complessivamente dieci, di cui sette banche quotate e tre banche con azioni diffuse fra il pubblico.
Si tratta di tutte le banche popolari quotate: Banca Popolare di Verona (attualmente fusa con il Banco Popolare di Milano), Unione di Banche Italiane (UBI Banca), Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banco Popolare di Milano (BPM), Banca Popolare di Sondrio, Credito Valtellinese Società Cooperativa, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio (Il 10 maggio 2017 si è perfezionata la cessione a UBI Banca), e di tre banche popolari con azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante Banca Popolare di Bari, Banca Popolare di Vicenza, Veneto Banca.
Fonte: elaborazione da parte dell’autore utilizzando i dati di bilancio
Tali soggetti rappresentano oltre il 90% del totale attivo del settore delle banche popolari. La riforma in oggetto investe dunque praticamente l’intero comparto, adottando quale criterio di riferimento la dimensione delle banche interessate.
Ulteriore novità del decreto legge in esame è costituita dalla previsione secondo cui la Banca d’Italia, nel caso di recesso del socio anche a seguito della trasformazione in S.p.A., può
€ 123.081.686.000 € 121.786.704.000 € 60,652,920,000 € 48,271,811,000 € 46,474,867,000 € 36,166,705,000 € 35,618,847,000 € 28,813,550,000 € 16,398,088,000 € 14,167,055,000 A T T I V O P A T R I M O N I A L E ( D A T I A L 3 1 D I C E M B R E 2 0 1 4 ) POPOLARE DI BARI
POPOLARE ETRURIA E LAZIO CREDITO VALTELLINESE BANCAPOPOLARE SONDRIO VENETO BANCA
POPOLARE DI VICENZA BANCO POPOLARE MILANO POPOLARE EMILIA ROMAGNA UBI BANCA
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limitare il diritto al rimborso delle relative azioni, qualora ciò sia necessario ad assicurare un’adeguata patrimonializzazione della banca.
Inoltre verrà meno uno dei pilastri delle banche popolari e cioè il voto capitario.Nelle società per azioni pesa il numero di quote della società in possesso: maggiore è il numero, più conta il voto di quell’azionista.
Le ragioni del decreto legge in esame vanno ricercate nella possibilità di consentire alle banche in questione di reperire più agevolmente risorse sul mercato dei capitali, in vista di un rafforzamento dei coefficienti patrimoniali.
Tale processo di patrimonializzazione potrà essere favorito dalla coesistenza di un duplice ordine di fattori determinanti.
In primo luogo, il passaggio al modello di società per azioni renderà più agevole e meno onerosa la contendibilità del controllo.
In secondo luogo, la prospettiva di assumere prerogative di governance proporzionali al valore del conferimento incentiverà senz’altro i grandi investitori istituzionali a partecipare al capitale azionario delle banche popolari.
La scelta, prevista dal provvedimento, di limitare il diritto di recesso in caso di trasformazione in S.p.A., sebbene estranea ai meccanismi ordinari di funzionamento delle società di capitali, è oggi giustificata dall’esigenza di non vanificare gli obiettivi della stessa.
Infatti, un numero elevato di richieste di recesso potrebbe determinare una riduzione dei ratios patrimoniali.
La limitazione dell’autonomia statutaria in relazione alla scelta di un determinato tipo societario appare quindi pienamente funzionale all’esigenza di rafforzamento patrimoniale delle banche popolari e a quella di renderne più contendibili gli assetti proprietari.
La riforma determinerà, come detto, un aumento dell’efficienza del mercato del controllo societario, con possibili effetti positivi sulla gestione aziendale e sulla qualità dell’informativa al mercato.
2.II VENETO BANCA