• Non ci sono risultati.

Il principio di sussidiarietà verticale e la sua elaborazione giuridica

II.1.6. Il principio di sussidiarietà quale corollario dei sistemi federal

II.1.6.2. Il principio di sussidiarietà verticale e la sua elaborazione giuridica

E’ evidentemente l’accezione verticale del principio di sussidiarietà che interessa ai fini di una correlazione di quest’ultimo al modello federale.

Ed è in questa accezione che il principio di sussidiarietà è stato per la prima volta introdotto in ambito giuridico, attraverso il suo recepimento da parte del diritto comunitario, limitatamente al rapporto tra Comunità e Stati membri.

Il primo riferimento al principio di sussidiarietà nei documenti comunitari lo troviamo nel Rapporto sulle prospettive di realizzazione dell’Unione Europea del 1975, la Commissione affermava che alla futura Unione, “in base al principio di sussidiarietà”, non sarebbero state attribuite competenze diverse da quelle che gli Stati membri non avrebbero potuto “esercitare con efficacia”.

Successivamente il Trattato di Maastricht del 1992 lo richiama espressamente sia all’art. B (art. 2 del testo attuale) del Trattato sull’Unione Europea come condizione da rispettare da parte dell’Unione nel perseguimento dei suoi obiettivi, sia, soprattutto, all’art. 3B (art. 5 del testo attuale) del Trattato istitutivo della Comunità Europea, laddove sancisce che “nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario”.

Non solo quindi il diritto comunitario menziona espressamente il principio di sussidiarietà, ma ne illustra altresì il contenuto al fine di restringere la portata giuridica di un principio la cui valenza nel suo humus originario, politico e filosofico, era assai più ampia.

Ed in effetti è stato osservato come l’inserimento della sussidiarietà tra i principi ispiratori della Comunità non rilevi solo dal punto di vista politico, ma diventi al contrario giuridicamente vincolante divenendo un ammissibile criterio di valutazione della legittimità degli atti comunitari (Tesauro, 2005).

E’ comunque la sola accezione verticale del principio di sussidiarietà a rilevare ai fini del diritto comunitario, in base al quale le funzioni pubbliche devono essere assegnate al livello di governo

inferiore, più prossimo ai cittadini, a meno che gli obblighi che esse implicano possano essere meglio svolti dal livello di governo superiore, e così via.

In questo senso la portata del principio di sussidiarietà nel diritto comunitario è stata ancor meglio specificata con il Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità allegato al Trattato di Amsterdam del 1997 che, nella parte dedicata alla sussidiarietà, non solo ne ribadisce i due aspetti fondamentali, affermando che “affinché l’azione comunitaria sia giustificata devono essere rispettati entrambi gli aspetti del principio di sussidiarietà”: in primo luogo “gli obiettivi dell’azione proposta non possono essere sufficientemente realizzati con l’azione degli Stati membri nel quadro dei loro sistemi costituzionali nazionali”; in secondo luogo tali obiettivi “possono essere meglio conseguiti mediante l’azione della Comunità”. Ma altresì “consacra il rilievo centrale assunto dal principio di sussidiarietà nell’ordinamento comunitario”, innalzandolo a principio fondamentale dell’assetto costituzionale comunitario (Manzella, 2000; Strozzi, 1993).

Più recentemente, con la riforma del Titolo V della Costituzione, che ha configurato un ordinamento se non proprio federale quanto mento ispirato ad un “regionalismo spinto”, il principio di sussidiarietà è stato introdotto anche nell’ordinamento italiano, quale principio informatore del rapporto tra Stato ed enti locali, unitamente ai principi di differenziazione ed adeguatezza.

In particolare, accanto alla scelta di potenziare l’istituto regionale, attribuendo alle Regioni poteri legislativi sia esclusivi che concorrenti assai ampi, nella ripartizione delle funzioni amministrative il previgente criterio del parallelismo delle funzioni è stato sostituito dal principio di sussidiarietà verticale (art. 118 Cost.). Ciò comporta che le funzioni amministrative sono ora attribuite in via generale ai Comuni, e, in via “sussidiaria”, agli enti locali di livello superiore: Città Metropolitane, Province e Regioni. Fatte salve le esigenze di equità rappresentate dalle disposizioni di cui all’art. 119 Cost.

Ne deriva che nel nostro ordinamento il principio di sussidiarietà verticale “opera..come metodo per l’allocazione di funzioni al livello più adeguato”, costituendo quindi “un principio dinamico che può portare ad una modifica delle competenze attribuite per legge” (Corte Cost. Sent. 303/2003). Tale modifica potrà avvenire sia in senso discendente estrinsecandosi nell’attribuzione al livello di governo inferiore delle competenze in una determinata sfera d’azione, e nel corrispondente divieto per tutti i livelli di governo superiori di non ingerirsi in tale ambito, sia in senso ascendente imponendo al livello di governo direttamente superiore di intervenire al posto del livello di governo inferiore, in suo “sussidio”.

Cià posto, sottolineiamo in questa sede due aspetti: il fatto l’intervento del livello di governo superiore avviene “in aiuto” del livello di governo inferiore e non in mera sostituzione in caso di inadempienza di quest’ultimo, salvo il caso previsto dall’art. 120 Cost. (potere sostitutivo attribuito

al Governo in determinati casi); l’intervento del governo superiore è ammesso, in via generale, nel caso in cui “occorra assicurare l’unitarietà di esercizio per motivi di buon andamento, efficienza o efficacia dell’azione amministrativa ovvero per motivi funzionali o economici o per esigenze di programmazione o di omogeneità territoriale” (art. 7 comma 1 Legge 5 giugno 2003 n. 131).

Nel nostro ordinamento, di conseguenza, il principio di sussidiarietà configura, da un lato, in linea generale, un’ipotesi di cooperazione tra i diversi livelli di governo piuttosto che la sovrapposizione o addirittura la concorrenza verticale tra questi ultimi, dall’altro individua nel criterio di efficienza uno degli elementi discriminanti per stabilire l’attribuzione delle funzioni amministrative ai diversi livelli di governo.

Documenti correlati