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OSSILa matematica richiede anzitutto immaginazione e interesse per vedere direttamente i problemi, e allora eÁ istruttiva e anche divertente. Perche i giovani se ne persuadano, e conservino anche da grandi il vantag- gio di sapersi regolare in ogni circostanza afferrando gli aspetti matematici e logici dei problemi che do- vranno affrontare nella vita, basta che si abituino a riflettere, a rendersi conto del valore e dell'utilitaÁ di cioÁ che fanno. La matematica sembra e diventa arida e odiosa soltanto se, lasciando in ombra gli scopi cui risponde, si riduce a passiva accettazione di nozioni, metodi, formalismi.
Giova soprattutto riflettere su esempi, imparare a ri- flettere su esempi svariati ed a modificarli e costruir- sene di nuovi, e riuscire cosõÁ sempre meglio a capire e scoprire cioÁ che occorre saper vedere per dominare un problema.
(de Finetti L 1967, p. 1)
1. -- Premessa: ricchezza e complessitaÁ della personalitaÁ di de Finetti; matematica, probabilitaÁ, didattica
De Finetti eÁ stato definito da tantissimi ricercatori, noti e non, ``matematico, economista, filosofo, precursore'' (Rossi 2001) e, invero, la sua curiositaÁ intellettuale e operativa non aveva limiti e la sua in- tuizione e le sue capacitaÁ anche tecniche erano grandissime in molti campi. Ma soprattutto era, ed eÁ tuttora, impressionante la sua pro- pensione a trarre spunti di riflessione da una qualsiasi questione per riutilizzarli in un'altra, nonche la capacitaÁ di guardare lo stesso feno- meno sotto angolazioni e con lenti diverse: il suo ``fusionismo'', come lo
chiamava mutuando il termine da Felix Klein; un fusionismo che tal- volta sconcertava l'interlocutore.
De Finetti, nato da una famiglia di ingegneri, trasse verosimilmente da quelle radici la sua visione operativa ai problemi. Aveva anche di- mestichezza con il mondo dell'arte, suo zio era pittore, lui stesso di- segnava molto bene e fu in contatto con il grande architetto Luigi Moretti.
Sotto un profilo piuÁ tecnico, la sua forma mentis trasse anche molto dalla ``nuova'' fisica del primo Novecento; da lõÁdesunse l'importanza dei concetti di ``relativitaÁ'', ``osservabilitaÁ'' e ``verificabilitaÁ''; anche la bio- logia lo occupoÁ: quasi incidentalmente, ma con esiti rilevanti.
Un campo che profondamente lo interessoÁ e influenzoÁ fu l'economia, intesa come problematica delle scelte preferibili in relazione allo scopo da conseguire, soprattutto in condizioni di incertezza; da lõÁ possiamo vedere l'origine del suo orientamento anche teorico verso la ``decisio- ne'', piuÁ che verso la conoscenza meramente speculativa. Il campo della decisione non ha praticamente limiti, giacche ovunque si pongono questioni di ``convenienza'': dalla vita di ogni giorno alla grande politica, dalle arti alle scienze, non esclusi la matematica, il diritto, l'etica stessa. Dal campo della finanza (lavoroÁ per lunghi anni alle Assicurazioni Generali) de Finetti trasse spunti di carattere generale sui rischi e la loro diversificazione, per i quali, ormai eÁ ampiamente accettato e sostenuto, avrebbe meritato il premio Nobel.
De Finetti conosceva la filosofia e ne criticava soprattutto l'oscuritaÁ di tante sue parti; nella sua visione di tipo pragmatista, attaccoÁ le il- lusioni del ``razionalismo'' (esistono veritaÁ immutabili che trascendono i fenomeni, raggiungibili con il puro ragionamento) e del ``realismo'' (una proprietaÁ del mondo osservata fin qui senza eccezioni costituisce un immutabile fatto di natura). Dalle piuÁ elevate dottrine morali, politiche e religiose trasse la tensione ideale e la spinta pratica ad operare per il bene collettivo, che lo portarono anche ad azioni assai ``costose'' sul piano personale.
De Finetti scelse consapevolmente di dedicare la sua vita alla matematica e si consideroÁ sempre un matematico. Dalla prassi della matematica trasse certo l'importanza della ``coerenza'' come pre- messa normativa all'analisi e alla decisione; conseguentemente ne
fece il criterio che impronta tutta la sua teoria delle probabilitaÁ. Tuttavia egli diede soprattutto rilievo alla capacitaÁ, che per lui era l'essenza della matematica, di immaginare traduzioni di questioni pratiche in schemi mentali, conferendo dunque un primato al- l'intuizione e alla comprensione dei meccanismi essenziali dei feno- meni: la creativitaÁ, caratteristica umana per eccellenza, in qualsiasi campo. CioÁ non toglie che fosse disposto a introdurre lui stesso tecnicismi matematici anche spinti, quando lo riteneva necessario (es.: la ``complicazione'' teorica dovuta all'uso dell'assioma di additi- vitaÁ solo finita delle probabilitaÁ).
La sua decisione di passare dallo studio dell'ingegneria a quello della matematica eÁ cosõÁ evidenziata in una lettera alla madre in cui spiega le sue motivazioni:
Ese vuoi allargare un po' lo sguardo, dimmi di quanti ingegneri eÁ passato alla Storia il nome, in confronto a tanti matematici che - da Pitagora ad Einstein - vivranno in eterno nelle loro concezioni superbe. Perche non eÁ vero nemmeno che la Matematica sia ormai un campo esplorato da imparare e tramandare ai posteri tale e quale. Progredisce, si arricchisce, si snellisce, eÁ una creatura viva, vitale, in pieno sviluppo, e solo percioÁ la amo, la studio, e voglio dedicarle la mia vita. (F. de Finetti 2000, p. 733)
La matematica, disciplina che informa di se tutti i campi della scienza, era il terreno ideale per il suo fusionismo. Il calcolo delle probabilitaÁ, naturale strumento per inquadrare questioni dei campi piuÁ svariati, tutti quelli in cui si presenta l'incertezza e la logica induttiva, fu per lui un terreno di elezione, quello adatto a fondare la logica dell'intera Scienza.
Dalla matematica, suprema ``arte dell'imparare'', e dalla sua pro- pensione al bene di tutti trasse il suo impegno nella didattica e nella vita collettiva. Di questo si occupa principalmente questo articolo senza pretesa e neppure volontaÁ di tracciare un unico rigoroso per- corso, bensõÁinteso a esemplificare i mille rivoli di un pensiero dal quale abbiamo ancora moltissimo da trarre.
In particolare eÁ interessante citare come per la definizione della probabilitaÁ de Finetti sia partito, in un suo corso a Trieste nel 1932/33, da un esempio tratto dalla vita collettiva.
2. -- Della nozione di probabilitaÁ
Che cos'eÁ la probabilitaÁ?
Dice un'antica sentenza latina, ``tot capita, tot sententiae''; in nessun campo essa eÁ tanto vera quanto nella teoria delle probabilitaÁ, e fin dai principi, fin da questa stessa domanda sul significato della probabilitaÁ. Tuttavia, fra un matematico che la definisca come rapporto tra il numero di casi favorevoli e possibili, uno statistico che la interpreti come un valore piuÁ o meno ideale della frequenza, e l'uomo della strada che dica ``eÁ la sensazione che mi guida in tutta la vita'', non esito a dire che la risposta migliore, piuÁ completa, piuÁ sensata, eÁ proprio quella dell'uomo della strada. (de Finetti L 1933, p. 1)
Come si vede, giaÁ a 26 anni, de Finetti esprime la sua nozione di probabilitaÁ, in modo ampio, coerente e completo, con un esempio comprensibile a tutti, facendo riferimento anche alle decisioni cui si dedicheraÁ moltissimo.
3. -- ComplessitaÁ di de Finetti: interesse per la creativitaÁ, il benes- sere collettivo, la didattica, la matematica come terreno di crea- tivitaÁ, impegno politico
Per cercare di capire l'approccio di de Finetti all'insegnamento della matematica e, in particolare, del calcolo delle probabilitaÁ (per qua- lunque ordine di studi, e per chiunque) occorre tenere presente la vastitaÁ e varietaÁ dei suoi interessi e la sua capacitaÁ di collegarli. ll fu- sionismo e, in particolare, il legame fra intuizione e logica ritornano sempre nei suoi scritti, come nelle lezioni che teneva. La personalitaÁ di de Finetti non puoÁ essere descritta a partire da aspetti particolari, ma solo complessivamente, approfondendo poi, di volta in volta, un tema specifico, ma solo per ragioni pratiche di brevitaÁ.
Nel suo scritto intitolato Chi sono io?, elaborato nel 1981, in occa- sione del convegno ``International Conference on Exchangeability in Probability and Statistics'', organizzato dal 6 al 9 Aprile 1981 presso l'Accademia dei Lincei per il suo 75esimo compleanno, dice:
Chi sono?, la prima cosa che mi sembra di dover dire come punto di partenza eÁ che di me stesso, come persona qualunque, m'importa assai di meno che di cioÁ che attiene al benessere collettivo, all'equilibrio ecologico secondo la linea
tenacemente difesa da Aurelio Peccei, al progresso sociale e civile secondo la linea ispirata a Lelio Basso (membro tra l'altro del tribunale Russell); linea cui vorrei che tutti mirassero per aver diritto a goderne quanto a ciascuno puoÁ ragionevolmente spettare. Uno per tutti e tutti per uno, senza eccessive differenze o rivalitaÁ tra individui o classi o nazioni: rivalitaÁ utili soltanto se mirano a migliorare ovunque il benessere collettivo anziche curarsi soltanto di quello egoisticamente (e miopemente) individuale o settoriale o classista. (si veda nel presente volume l'Appendice 1.8)
Ne deriva l'interesse per la didattica, in particolare per la matematica e il calcolo delle probabilitaÁ, ma non solo, per mettere a disposizione di tutti la propria conoscenza ed elaborarla con tutti. Ne deriva, so- prattutto, la sua attenzione ai ``profani'', cosõÁchiamati da lui in un articolo importante di cui si parleraÁ dopo, e agli studenti che a lezione, ma non solo, cercava di coinvolgere anche su argomenti almeno in parte nuovi e non trattati esplicitamente nei suoi scritti e nelle precedenti lezioni.
Il nome di de Finetti eÁ ora conosciuto in tutto il mondo, non solo per la matematica, in particolare la probabilitaÁ, ma, ancor piuÁ, per l'eco- nomia. Non eÁ troppo sorprendente, essendo vissuto in un'epoca in cui in matematica prevaleva l'impostazione formalista. Anche in campo economico tuttavia, il suo contributo eÁ stato compreso con notevole ritardo, anche perche molti suoi lavori giovanili importanti e pionie- ristici furono scritti in italiano e pubblicati su riviste italiane.
Secondo Franco Modigliani, che nel 1961 lo propose come Fellow dell'Econometric Society dove risultoÁ eletto al primo scrutinio, per i suoi studi in campo economico, de Finetti avrebbe meritato il pre- mio Nobel, come accadde ad altri matematici: John Nash, Robert Aumann, Lloyd Shapley. Il Nobel Harry Markowitz riconobbe che un lavoro di de Finetti del 1938 (Il problema dei pieni, de Finetti 1938, http://www.brunodefinetti.it/Opere/Il%20problema%20dei%20pieni.pdf), di cui venne a conoscenza solo molto tardi, anticipava i suoi risultati degli anni '50 sulle ``scelte di portafoglio'', per i quali gli fu attribuito il Nobel nel 1990!
Il 21maggio del 1967 de Finetti intervenne pubblicamente contro la dittatura instaurata in Grecia. In una lettera aperta a L'Espresso, in- sieme agli economisti Federico CaffeÁ, Siro Lombardini, Luigi Pasinetti, Antonio Pedone e Luigi Spaventa, espresse solidarietaÁ ad Andreas
Papandreu riportando le parole da questi espresse proprio durante la lezione tenuta nel 1966 al Centro Internazionale Matematico Estivo (CIME) (1). Vicino per vari anni alla sinistra cattolica di Livio Labor,
simpatizzoÁ anche per il Partito Radicale di Pannella e il 5 ottobre 1972 divenne addirittura direttore responsabile di Notizie Radicali, mal- grado non fosse iscritto all'Ordine dei giornalisti, in deliberata viola- zione dell'obbligo previsto dalla legge.
Proprio per avere pubblicamente sostenuto, dalle pagine di Notizie Radicali, i diritti degli obiettori di coscienza, nel novembre 1977 fu clamorosamente incluso, assieme ad altre 89 persone, in un mandato di cattura con l'accusa di ``associazione a delinquere, attivitaÁ sediziosa, istigazione verso i militari a disobbedire alle leggi''. Avvertito del mandato di cattura, fece sapere che si sarebbe fatto arrestare a Roma di fronte alla sede dell'Accademia Nazionale dei Lincei, alle ore 11, alla fine della seduta inaugurale del nuovo anno accademico. E cosõÁfu: alla fine dell'adunanza fu arrestato e, seguito da un folto corteo di radicali e giornalisti, fu condotto nel carcere romano di Regina Coeli, che si trova proprio a poche decine di metri, e lõÁattese la revoca del provvedimento che, fortunatamente, era giaÁ stata diramata. Raccontava poi a noi al- lievi di aver chiesto di entrare almeno in una cella, ma che non gli fu permesso e attese in ``anticamera''.
Quel giorno dovetti sostituirlo io nella seduta di Laurea (2).
4. -- Il coinvolgimento degli studenti: il mio esame
L'interesse e la capacitaÁ didattica di de Finetti si manifestavano attraverso il coinvolgimento degli studenti in discussioni su svariati temi a partire da esempi concreti e curiosi della vita di ogni giorno.
(1) Importante iniziativa sull'Economia organizzata da de Finetti inizialmente a Villa Falconieri (Frascati) e poi a Urbino ogni estate. La prima edizione si tenne all'Aquila con la presenza di premi Nobel.
(2) Era previsto l'esame di uno studente, con media molto alta, che avevo seguito anche io nel preparare la tesi. Ricordo che la madre dello studente mi telefonoÁ molto preoccupata che io non fossi all'altezza di far avere la lode al figlio, il quale l'avrebbe avuta comunque solo per la sua media alta, come in effetti eÁ avvenuto.
Posso metterli in luce raccontando come si svolse il mio esame e come cambioÁ la mia vita ``pubblica'', tenendo presente l'affermazione edu- cativa ``scatenare l'intelligenza, non soffocarla''.
Il suo modo di procedere risultava in realtaÁ frustrante per molti, che non riuscivano a interpretare i suoi suggerimenti e a interagire ``na- turalmente'' con lui.
Eravamo solo due ragazze a dover sostenere l'esame di calcolo delle probabilitaÁ; l'altra aveva paura di essere interrogata da de Finetti, e preferõÁ essere interrogata dall'assistente Giandomenico Majone. L'esame, che si teneva alla lavagna, era comunque alla presenza del professore, che mi invitoÁ a sedere vicino a lui per aspettare il mio turno e assistere attivamente, insieme a lui, all'interrogazione dell'altra allieva, chiedendomi se ero disponibile a commentarla con lui. Naturalmente uno studente il giorno dell'esame dice di sõÁa qualunque richiesta del professore, anche se un po' ``nuova'' e inaspettata. Va considerato che io avevo seguito pochissime lezioni del suo corso e mi ero preparata quasi solo sul suo testo Teoria delle probabilitaÁ (1970), appena uscito; de Finetti non mi conosceva affatto.
Daunadomanda,con rispostacorretta da partedell'altrastudentessa, sulle funzionidi ripartizione in due dimensioni derivoÁ,per de Finettieper me, una divagazione/discussione molto ampia. Quando mi chiese come avrei fatto a dare un'immagine geometrica delle varie proprietaÁ delle funzioni in modo da poterle rappresentare nel piano, io dissi che avrei riferito le proprietaÁ alle curve di livello della funzione e cominciai a evi- denziare l'andamento ammesso per le curve, derivandolo dalle proprietaÁ analitiche della funzione. La discussione duroÁ piuÁ di mezz'ora, ma le persone presenti chiaramente non potevano seguire perche parlavamo piano per non disturbare l'interrogazione dell'altra studentessa, che il professore seguiva contemporaneamente, mentre nessuno poteva se- guire la mia. Conclusosi l'esame della mia collega, fui invitata da de Finetti a ripetere alla lavagna tutto quello che avevo derivatonella nostra chiacchierata, come fosse un seminario per tutti i presenti, mentre invece era la mia interrogazione ufficiale. Erano emerse alcune proprietaÁ, non ancora trattate geometricamente, delle funzioni di ripartizione in due dimensioni ``leggendo'' le note proprietaÁ analitiche con approccio ``vi- suale'' (``saper vedere'' in matematica! Fondamentale, per de Finetti).
Sostenuto l'esame, ho comunque seguito il suo successivo corso (dove introdusse anche le proprietaÁ geometriche emerse dalla mia interrogazione); mi fu utilissimo, perche con il suo modo di insegnare non si finiva mai d'imparare e maturare interessi di varia natura, so- prattutto perche i suoi esempi riguardavano applicazioni in vari campi e nella vita di tutti i giorni.
5. -- Presentare la matematica e la probabilitaÁ in modo risponden- te alle esigenze del profano
Per spiegare l'approccio di de Finetti all'insegnamento della pro- babilitaÁ, basta illustrare il suo pensiero sull'insegnamento in generale e su quello della matematica in particolare. Se interessa specificamente l'insegnamento del calcolo della probabilitaÁ, basta sostituire probabilitaÁ a matematica nella maggior parte dei testi di de Finetti.
Vale la pena di riportare una sintesi da Programmi e criteri per l'insegnamento della matematica alla luce delle diverse esigenze (de Finetti A 1965a) che suggerisco di leggere completamente percheÂ, purtroppo, eÁ attuale anche oggi nelle sue critiche:
[...]. In succinto la tesi eÁ questa: se c'eÁ, come purtroppo indubbiamente c'eÁ, un atteggiamento d'incomprensione e d'ostilitaÁ quasi generale dei profani verso la matematica, la colpa eÁ nostra, dei matematici, perche non vogliamo o non cerchiamo o non sappiamo presentare la matematica in modo ri- spondente alle esigenze del profano. La miope e autolesionista visione specialistica ci induce a vantare come un pregio la possibilitaÁ di presentare la matematica come un campo reso autonomo e staccato da ogni nesso colle altre scienze grazie alla completa astrattizzazione, mentre sarebbe essen- ziale superare questa visione ristretta e caricaturale affermando la posi- zione della matematica nel tutto che eÁ la scienza e quella della scienza nel piuÁ grande tutto unitario che sarebbe la cultura [...]. La situazione deri- vante da tale lacerazione della cultura, in umanistica contro scientifica, e poi perfino tra i vari campi della scienza, dovrebbe essere piuÁ generalmente sentita come fonte di angosciosa preoccupazione. (de Finetti A 1965a, p. 120)
Per dire dell'attualitaÁ della sua preoccupazione: alla fine di gennaio 2015 ho seguito diverse conferenze nell'ambito del ``Festival della Scienza'' (Tema: L'ignoto - La scienza e l'importanza del non sapere),
organizzato presso l'Auditorium di Roma. Un importante confe- renziere, forse solo per semplificare, sostenne che la scienza si impara dopo il linguaggio e, quindi, la cultura umanistica nascerebbe prima di quella scientifica, anche parlando di preistoria e di popolazioni antiche. Basta peroÁ tenere presente che, per ``sopravvivere'' alla vita di ogni giorno, anche per i neonati, eÁ necessario possedere una forma mentis di impronta ``scientifica'' e un approccio alla conoscenza basato sulla logica induttiva. Credo che cioÁ sia evidente per chi, come i neonati, impara il linguaggio in modo ``sperimentale''. Ma anche per l'evoluzione stessa del linguaggio ci sono prove di uno sviluppo su base induttiva: si puoÁ parlare di induzione nella scienza egizia pre-ellenica, con conco- mitante creazione di linguaggio adeguato, a partire da problemi della vita; ci sono prove di pratica induttiva nell'evoluzione tecnica durante la preistoria; per non dire di quanto emerge dall'osservazione del comportamento animale. Naturalmente, la scienza moderna, come giaÁ quella antica, eÁ essa stessa uno sviluppo del linguaggio; a conferma dell'inammissibilitaÁ della ``lacerazione'' fra cultura umanistica e scientifica (totale approccio fusionista anche qui).
Prosegue de Finetti:
Principalmente responsabile di tale lacerazione eÁ la malintesa deleteria aspirazione al purismo, all'autonomia, alla specializzazione, all'isolamento. Per il profano, come per ogni altra persona normale, il pregio di ogni cosa deriva dalla sua collocazione, utile o necessaria, nel piuÁ vasto tessuto di interessi e di conoscenze capace di attirarne l'attenzione, ed eÁ questo l'aspetto della matematica che va sottolineato in primo luogo; l'eventuale ricorso al- l'astrattizzazione puoÁ essere giustificato solo se e quando, in un secondo momento, tale espediente tecnico si possa dimostrare apportatore di ulteriore utilitaÁ come economia e potenza di pensiero, come creatore di nuove facoltaÁ di visione delle cose prima e piuÁ ancora che come strumento formale per dominarle [...].
Queste esigenze, illustrate per riguardo al profano, sussistono anche nel caso opposto, e cioeÁ per la preparazione dei futuri specialisti, ossia di coloro che in vario senso e misura, avranno bisogno di sviluppare gli studi matematici e di utilizzare effettivamente la matematica nel corso della loro vita [...].
La risposta alla domanda costituente il titolo della relazione sarebbe quindi: programma sostanzialmente unico, salvo differenziazioni marginali [...] la stessa risposta va data anche per riguardo ai criteri e metodi di inse-
gnamento, e forse anzi in modo ancora piuÁ reciso, perche l'incomprensione che potrebbe derivare da diversitaÁ del campo delle conoscenze eÁ meno pro- fonda di quella cui darebbe luogo una frattura tra i modi di vedere le stesse impostazioni di partenza. (de Finetti A 1965a, pp. 120-122)
L'articolo poi sviluppa ampiamente il tema; credo che sia utilissimo che gli insegnanti di ogni ordine e materia lo leggano con la massima attenzione.
5.1 - Valore degli esempi: il panettone di Poisson
Quello che de Finetti credeva fondamentale per lo sviluppo della scienza lo pensava tale anche per l'approccio didattico; molti spunti li ha forniti nei suoi scritti e possiamo elencarli e ampliarli con esempi concreti trattati nelle sue lezioni o in discussioni con i suoi allievi:
[...] le esemplificazioni pratiche piuÁ semplici (ridotte magari a cenni) - af- ferma de Finetti - devono precedere ogni teorizzazione per creare anzitutto una motivazione, atta a predisporre all'accettazione di astrazioni che ap- paiono giustificate, ed evitare cosõÁ la reazione di rigetto che la via opposta spesso produce, non del tutto ingiustificatamente. (de Finetti A 1974a, p. 31; si