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Sulla procedura e sul diritto applicabile nei “tribunali” ICSID L ’egemonia della volontà delle parti nei “tribunali” ICSID è con-

fermata dalle previsioni in tema di procedura da seguire nonché da quelle relative al diritto applicabile per dirimere le controversie.

Quanto alla procedura, le Arbitration Rules, ovvero il Regolamento sull’arbitrato, adottato dal Consiglio di amministrazione dell’ICSID ed in vigore dal 2006, prevedono che i termini siano fissati ad hoc da cia- scuna corte arbitrale in relazione alla singola controversia e che la ca- denza delle rispettive memorie e repliche sia decisa dalle parti con il presidente della corte. Le parti, ad esempio, esprimono «their views» in ordine al quorum richiesto per le decisioni del tribunale; alla lingua o alle lingue da utilizzare nel procedimento; al numero, alla sequenza e ai termini delle memorie scritte; alla possibilità di prescindere dalla procedura scritta o da quella orale131. Un procedimento, dunque, dalle forme morbide ed elastiche, gestito consensualmente fra le parti, con regole che dallo stesso Regolamento sono concepite come aperte e ri-

131 Arbitration Rules (Rules for Procedure of Arbitration Proceedings), art. 20; per un

primo riferimento, cfr. L.REED,J.PAULSSON,N.BLACKABY, Guide to ICSID Arbitration,

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messe alla volontà dei contendenti132. Come se il bando nei confronti delle forme predeterminate133 non fosse sufficiente, l’art. 44 della Convezione di Washington precisa poi che «ogni procedimento arbi- trale è condotto in conformità con le disposizioni della presente sezio- ne e, salvo diverso accordo tra le parti, col Regolamento di arbitrato in vigore alla data in cui esse hanno convenuto il ricorso all’arbitrato» (corsivo mio).

Come è stato osservato, «la disciplina del procedimento assume un ruolo particolarmente importante nell’arbitrato internazionale ed è es- senziale al fine di consentire il conseguimento degli obiettivi che ge- neralmente sottendono la scelta delle parti a favore di questa modalità di soluzione delle controversie, tra cui la speditezza, l’efficienza e la “neutralità” anche rispetto alle diverse tradizioni giuridiche delle par- ti ….», a differenza del giudizio ordinario che è «retto da norme che, oltre ad essere generalmente in gran parte inderogabili, sono assai di- verse da Stato a Stato e spesso poco congeniali alle esigenze del con- tenzioso commerciale internazionale»134.

Al di là della necessità di mediare tra esperienze giuridiche diffe- renti, si palesa di nuovo la natura dei meccanismi ISDS come stru- menti al servizio degli investitori e non come sedi imparziali di risolu- zione delle controversie. Si noti anche come siano citati alcuni dogmi della nostra epoca: la flessibilità (la presenza di norme inderogabili è un ostacolo da aggirare), nonché la velocità e l’efficienza, spesso con- cepiti quali valori in sé, a prescindere dal parametro (ad esempio go- verno efficiente, per chi o per che cosa?), anche se, in verità, nel caso di specie, sono correlati ad un principio, quale, per l’appunto, la tutela degli investitori.

Mancano poi nel procedimento – come è facile immaginare, data la natura privatistica e “informale” del meccanismo – pubblicità e traspa- renza. La Commissione europea constata, ad esempio, come, nella

132 P.BERNARDINI, L’arbitrato nel commercio, cit., p. 282, descrive il primo atto della

procedura come convocazione delle parti in una speciale riunione «per stabilire i loro desi-

deri in ordine a vari temi» (corsivo mio).

133 Per tutti, basti ricordare Tocqueville (A.DE TOCQUEVILLE, De la démocratie en Amérique, 1835-1840, trad. it. La democrazia in America, Rizzoli, Milano, 1997, Libro III,

parte IV, cap. VII, ed. cit., p. 740), quando scrive delle «forme», il cui «principale merito è di servire di barriera fra il forte e il debole…».

134 C.JERMINI,M.ARROYO,F.MARELLI, La procedura arbitrale, in M.V.BENEDETTEL-

Costituzionalismo.it ~ Fascicolo n. 1/2016 141 maggior parte dei trattati già stipulati, i procedimenti si svolgano a porte chiuse135 e sostiene la necessità di rendere «il sistema più traspa- rente, mettendo i documenti a disposizione del pubblico, garantendo l’accesso alle udienze e consentendo alle parti interessate (ad esempio le ONG) di presentare osservazioni»136.

Del resto – come è stato evidenziato – spesso la dottrina annovera proprio «confidenzialità e riservatezza… tra i principali vantaggi dell’arbitrato rispetto alle procedure ordinarie»137. La regola – anche

se gli arbitrati sugli investimenti sono considerati oggetto di un obbli- go di confidenza meno stringente rispetto ad altri arbitrati commerciali – è la riservatezza, non sono la pubblicità e la trasparenza.

In coerenza con quanto detto, la Convenzione di Washington, all’art. 48, c. 5, prevede ad esempio che la decisione arbitrale non pos- sa essere pubblicata in assenza del consenso delle parti. Nella prassi invero non mancano tribunali arbitrali che hanno stabilito l’inesistenza di un obbligo generico di confidenzialità (per inciso, concretizzando l’asserita derogabilità delle già scarne regole procedurali)138, ma ciò

segna comunque la distanza rispetto alla sanzione dell’obbligo, inver- so, di pubblicità.

Passiamo ora al diritto applicabile per risolvere la controversia. L’art. 42 della Convenzione di Washington in primo luogo prevede che «il Tribunale si pronuncia sulla controversia conformemente alle norme di diritto convenute tra le parti». Solo in mancanza di accordo tra le parti «il Tribunale applica la legge dello Stato contraente parte nella controversia – ivi comprese le norme di diritto internazionale privato – come pure i principi di diritto internazionale in materia» (art. 42, c. 1). La norma si premura quindi di precisare che quanto stabilito non pregiudica «la facoltà del Tribunale, se le parti sono d’accordo in tal senso, di statuire ex aequo et bono» (c. 3).

135 Commissione europea, Protezione degli investimenti, novembre 2013, cit., p. 7. 136 Commissione europea, Protezione degli investimenti e risoluzione delle controversie in- vestitore-Stato (ISDS) negli accordi dell’UE, marzo 2014, p. 2, al seguente indirizzo inter-

net: http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2014/april/tradoc_152418.pdf. In questa prospetti- va nel CETA figura un articolo in tema di trasparenza, che richiama, fra l’altro, le nuove

UNCITRAL Transparency Rules (Consolidated CETA Text, 26 settembre 2014, cit., cap.

X, sez. VI, art. 33, p. 174).

137 Cfr., anche per indicazioni bibliografiche nel senso indicato, C.JERMINI,M.AR-

ROYO,F.MARELLI, La procedura arbitrale, cit., p. 802.

138 Per una prima indicazione dei casi, si rinvia a C.JERMINI,M.ARROYO,F.MARELLI, La procedura arbitrale, cit., p. 803.

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Il principio della legge uguale per tutti è sostituito dalla grundnorm della legge a disposizione delle parti139: ritorna l’approccio contrattua- listico e privatistico, con un conseguente misconoscimento dell’orizzonte pubblico (statale ma anche internazionale), particolar- mente sconcertante considerato che si discute di controversie fra un soggetto privato ed un soggetto pubblico e che – come si vedrà – spes- so oggetto del contenzioso sono provvedimenti adottati da enti pubbli- ci statali, fra i quali, non di rado, leggi ordinarie.

Sono le parti a stabilire quali norme applicare, esautorando la pote- stà normativa, e politica, degli Stati. Un solo esempio: nel contratto di investimento può essere inserita una clausola di stabilizzazione, che fissa il diritto dello Stato al momento della sottoscrizione, divenendo irrilevanti, ai fini della risoluzione di una futura controversia, succes- sive modifiche legislative introdotte dagli organi nazionali140. La vo- lontà delle parti incide, se pur in relazione al caso specifico, sull’efficacia di una fonte del diritto statale, determinandone una sorta di extra-vigenza, in contrasto con l’eventuale scelta abrogativa o mo- dificativa.

Il diritto statale, comunque, non è il riferimento privilegiato quando si discorre di diritto applicabile nelle controversie ISDS. Esso, infatti, pare relegato ad un ruolo sussidiario: interviene in mancanza di indi- cazioni differenti da parte dei soggetti coinvolti nella controversia e sempre in connessione con «i principi di diritto internazionale». Que- sti ultimi, inizialmente concepiti come integrativi rispetto al diritto sta- tale, vanno acquisendo un ruolo sempre più rilevante e autonomo ri- spetto al diritto nazionale141.

In concreto il diritto applicato risulta da un pot-pourri di elementi scelti dalle parti che spaziano da disposizioni del diritto statale (per lo più intese come congelate alla data del contratto), a principi comuni fra l’ordinamento dello Stato parte in causa e l’ordinamento dello Sta- to nazionale dell’investitore (tronc commun), al diritto internazionale,

139 A.ODDENINO, Il diritto applicabile al merito della controversia: volontà delle parti, suoi limiti e ruolo dell’arbitro internazionale, in R.CAVALIERI,F.BALBI,R.BONUZZI,A.CEC- CHINATO, F. MUTASCIO, Brics: una nuova geografia economica?, FrancoAngeli, Milano, 2015, in relazione all’arbitrato commerciale internazionale, ragiona di «“dogma” della vo- lontà sovrana delle parti» (p. 146).

140 Cfr. M.B.DELI, Icsid, cit., p. 2850.

141 Per richiami giurisprudenziali e bibliografici relativi all’evoluzione interpretativa

Costituzionalismo.it ~ Fascicolo n. 1/2016 143 al riferimento agli usi, alle decisioni arbitrali stesse e alle norme fa- centi capo alla lex mercatoria. Di quest’ultima, non si può non ricor- dare la connivenza con gli interessi degli investitori: essa, se pur ete- rogenea, è per lo più opera del braccio giuridico delle maggiori corpo- rations (ovvero delle più influenti law firms, specie statunitensi)142. È un diritto dunque di parte, prodotto al di fuori di un processo di me- diazione politica democratico, malleabile rispetto alle esigenze degli attori del commercio internazionale e applicato nell’interesse di una parte143.

Insomma, esiste un parterre, fluido e variegato, per non dire nebu- loso, di norme (non di rado prive di legittimazione democratica) al cui interno le parti scelgono quelle che ritengono maggiormente consone ai propri intenti, formando un patchwork144.

Ciò, unito ad un approccio pragmatico nell’individuazione del dirit- to145, sfocia inevitabilmente nel riconoscimento di ampi margini di manovra agli arbitri146 (non di rado i soggetti che quelle norme contri- buiscono a creare) e alle parti stesse.

Per inciso, si ragiona qui di parti, ma il riferimento è in specie agli investitori: non solo – come si va argomentando – il meccanismo ISDS è costruito a loro tutela, ma si assiste spesso ad una sproporzio- ne di potere fra l’investitore e lo Stato, a tutto vantaggio del primo.

In proposito sia sufficiente qui richiamare i dati relativi rispettiva- mente al fatturato di alcune imprese transnazionali e al PIL di alcuni

142 Cfr. F.GALGANO, Lex mercatoria, spec. p. 14 e pp. 248 ss.

143 È la stessa Commissione europea (Protezione degli investimenti, novembre 2013, cit.,

p. 7), che sponsorizza i meccanismi ISDS, ad osservare che «la qualità delle decisioni degli arbitri dipende dalla qualità delle norme che sono chiamati ad applicare. Norme vaghe, di regola, lasceranno spazio all’interpretazione. Pertanto è necessario garantire che… le nor- me per la protezione degli investimenti negli accordi commerciali vengano chiaramente definite e non lascino spazio all’ambiguità interpretativa».

144 Emblematico è il c.d. dèpeçage: le varie parti di uno stesso contratto sono regolate

da leggi diverse.

145 Si veda, fra gli altri, A.MALATESTA, Il diritto applicabile al merito della controversia,

in M.V.BENEDETTELLI,C.CONSOLO,L.G.RADICATI DI BROZOLO, Commentario breve, cit.,

p. 833.

146 F.COSTAMAGNA, Promozione e protezione degli investimenti, cit., rileva come «il ca-

rattere aperto delle disposizioni pattizie fa sì che gli organi arbitrali godano di ampia di- screzionalità interpretativa, potendo, così, svolgere una funzione creativa» (p. 139); inol- tre, ad esempio, gli arbitri possono esaminare indizi obiettivi e comportamenti delle parti, per individuare la presenza di una eventuale scelta tacita o implicita delle stesse (sinteti- camente, cfr. A.MALATESTA, Il diritto applicabile, cit., p. 839).

144 Saggi e articoli – Parte II

Stati (espressi in milioni di dollari), tutti fra le prime 100 economie mondiali: Wal-Mart Stores, 485.651; Austria, 436.344; Exxon Mobil, 382.597; Colombia, 377.740; Volkswagen, 268.567; Cile, 258.061; Chevron, 203.784; Perù, 202.903; Apple, 182.795; Ungheria, 137.104147.

Il patchwork del diritto applicabile può essere realizzato con qual- siasi materiale? ovvero, esistono dei limiti al diritto applicabile?

Nella dottrina di settore la questione è affrontata in relazione alle c.d. norme ad applicazione necessaria (le quali pretendono applicazio- ne a prescindere dal loro richiamo ad opera delle parti) e all’ordine pubblico (o ordine pubblico internazionale), inteso come complesso dei valori fondamentali di un ordinamento (o della comunità interna- zionale); nella prospettiva del costituzionalista, sarebbero da chiamare in causa (quantomeno) i c.d. controlimiti.

Manca in materia un orientamento univoco e si tende a valorizzare, ancora una volta, il ruolo dell’autonomia delle parti e il carattere arbi- trale – e non giudiziario – della risoluzione delle controversie148. Si in-

siste quindi sulla diversità che sussiste fra arbitro e giudice nazionale (o sovranazionale), nella prospettiva che «l’attribuzione di rilievo all’ordine pubblico ed alle norme di applicazione necessaria potrebbe contrastare con le aspettative dei compromittenti, i quali con la scelta dell’arbitrato intenderebbero sottrarre la disciplina del proprio rappor- to a limitazioni cogenti derivanti dagli ordinamenti nazionali o ridurre le interferenze statali»149. Una conferma dell’orientamento pro investi- tore (o pro corporation) degli arbitrati e della volontà di liquidare ogni velleità regolativa degli Stati.

Ma può uno Stato sottoporsi ad un procedimento e sottomettersi ad una decisione assunta senza tener conto (quantomeno) dei principi fondamentali del suo ordinamento? Si sottolinea “quantomeno”, per- ché – come detto ante – non è affatto scontato che la sottoscrizione di obblighi internazionali possa comportare deroghe alla Costituzione. Oltre il discorso dei controlimiti, esiste la valutazione di legittimità costituzionale delle norme che danno luogo agli obblighi internaziona-

147 Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Top200, cit., p. 12 (i dati sono relativi al 2014 e

tratti da Fortune Global 500, ed. 2015, http://fortune.com/global500/, e Fondo Monetario In- ternazionale).

148 Per un primo approccio, si veda A.MALATESTA, Il diritto applicabile, cit., pp. 844-

846.

Costituzionalismo.it ~ Fascicolo n. 1/2016 145 li nonché, eventualmente, un bilanciamento fra interessi costituzio- nalmente tutelati.

Lo Stato italiano può accettare, vista anche la giurisprudenza costi- tuzionale in tema di limiti al diritto internazionale consuetudinario e all’ordinamento comunitario, che un arbitro non consideri i principi fondamentali e assoggettarsi ad un lodo arbitrale reso a queste condi- zioni?

Gli arbitri si pongono come poteri legibus soluti?

Una volta di più il meccanismo ISDS pare costituire il simbolo di un’epoca – quella presente – che registra l’egemonia e l’arroganza dei poteri economici privati, che applicano categorie ed istituti del diritto commerciale allo Stato, travolgendone le peculiarità che discendono dalla sovranità e dalla natura pubblicistica150.

8. L’esecutività immediata (e senza appello) del lodo arbitrale