3. RISORSE UMANE COME COMPETENZE DISTINTIVE
3.3 Gli ammortizzatori sociali e le procedure concorsuali e
3.3.1 Procedura Licenziamento collettivo
Quando l’eccedenza di personale assume carattere strutturale ed irreversibile, l’azienda deve procedere al licenziamento dei dipendenti in esubero.
Tutte le aziende possono ridurre il personale seguendo le norme che regolano i licenziamenti individuali, salvo che occupino più di 15 dipendenti ed intendano effettuare almeno 5 licenziamenti, o anche un solo licenziamento se interessate dalla CIGS. In tali casi devono osservare una particolare procedura di riduzione del personale (c.d. licenziamento collettivo), che si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori licenziati. Questi ultimi vengono iscritti in apposita lista al fine di agevolarne il reimpiego e beneficiano, in determinati casi, di specifica indennità.
Le cause che giustificano il ricorso ai licenziamenti collettivi, individuate dalla legge, sono:
la riduzione o trasformazione dell’attività o del lavoro; la cessazione dell’attività.
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L’ipotesi di licenziamento collettivo si verifica quando il datore di lavoro intende effettuare nell’arco di 120 giorni, almeno cinque licenziamenti nell’unità produttiva, oppure in più unità produttive nell’ambito della stessa provincia. È sempre necessario verificare la sussistenza di un nesso di causalità tra la trasformazione produttiva effettuata e il ridimensionamento del numero dei
dipendenti283, nonché un nesso di congruità tra gli stessi, nel senso che una
piccola trasformazione produttiva non può comportare un rilevante numero di licenziamenti. L’onere di dimostrare l’effettività e la definitività della diminuzione del fabbisogno di forza – lavoro, attraverso la prova della mancata sostituzione dei lavoratori licenziati o dell’assenza di successive assunzioni,
grava sul datore di lavoro284.
La procedura stabilita per il licenziamento collettivo deve essere applicata anche dalle aziende in CIGS, qualora nel corso o al termine del programma si verifichi la necessità di procedere anche ad un solo licenziamento.
La procedura (art. 4, c. 2 – 13, 15 e 15 bis, L. 223 / 91) di riduzione del personale consta di una fase c.d. sindacale e di una c.d. amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro e i sindacati tentano, dapprima tra loro e poi eventualmente presso la DTL, di trovare soluzioni alternative al licenziamento dei lavoratori. Qualora le parti non raggiungano alcun accordo, la procedura si conclude con il recesso da parte del datore di lavoro.
In particolare la procedura prevede che:
1) il datore di lavoro, fatta eccezione per il non imprenditore, versi il contributo d’ingresso;
2) il datore di lavoro comunichi alle RSA e alle associazioni di categoria la propria intenzione di effettuare un licenziamento collettivo.
Terminata tale fase, il datore comunica alla competente struttura provinciale delegata della Regione (e alla Direzione del lavoro competente, l’esito dell’esame sindacale e i motivi dell’eventuale mancato accordo. Se l’esame sindacale non viene effettuato o dà esito negativo, l’organo competente può
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Cass. 4 dicembre 1998 n. 12297. 284
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convocare le parti e tenta di trovare un accordo. Se neppure in questa fase vengono trovate soluzioni alternative, il datore di lavoro procede al licenziamento dei lavoratori in esubero.
La comunicazione del datore di lavoro deve essere effettuata per iscritto alle RSA e alle rispettive associazioni di categoria entro 7 giorni dalla data del versamento del contributo d’ingresso.
Nella comunicazione devono essere indicati285:
o i motivi tecnici, organizzativi e produttivi per i quali il datore di lavoro ritiene di non poter adottare misure idonee ad evitare il licenziamento collettivo;
o il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale in esubero, nonché del personale abitualmente impiegato;
o i tempi di attuazione del programma di riduzione del personale;
o le eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale;
o il metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva. Il datore di lavoro, inoltre, deve allegare copia della ricevuta del versamento Inps del contributo d’ingresso.
Le RSA e le rispettive associazioni possono richiedere, entro 7 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, un esame congiunto con il datore di lavoro. Lo scopo dell’esame è quello di valutare le cause degli esuberi ed eventualmente prevedere un diverso utilizzo dei lavoratori interessati, ad esempio con lo strumento dei Contratti di solidarietà. Qualora la riduzione del personale sia inevitabile, deve essere esaminata la possibilità di ricorrere a misure sociali di accompagnamento dirette in particolare a facilitare la riqualificazione e la riconversione dei lavoratori licenziati. I rappresentanti sindacali dei lavoratori possono farsi assistere da esperti. L’esame può concludersi con un accordo, nel quale la legge prevede espressamente la possibilità di regolamentare:
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- l’assegnazione a mansioni diverse;
- il temporaneo distacco o comando dei lavoratori presso altre imprese286.
La procedura sindacale deve concludersi entro 45 giorni dalla data del ricevimento della comunicazione del datore di lavoro; il termine è ridotto a metà quando i lavoratori interessati sono meno di 10.
Alla fine della procedura sindacale, il datore di lavoro deve comunicare l’esito della consultazione al medesimo organo al quale ha trasmesso la comunicazione
di avvio della procedura287. In caso di mancato accordo, il datore di lavoro deve
comunicare i motivi per i quali non è stata raggiunta un’intesa: l’esame congiunto ha dato esito negativo o non è stato effettuato perché non richiesto dalle associazioni sindacali; in questo caso, l’organo competente ha il potere di convocare le parti e l’esame deve esaurirsi entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito della consultazione da parte dell’impresa.
La comunicazione può essere effettuata anche dalle organizzazioni sindacali che hanno partecipato alla consultazione.
I criteri da adottare nella scelta dei lavoratori da licenziare, si differenziano a seconda che sia stato raggiunto o meno un accordo sindacale. Nel primo caso, i criteri vengono concordati con i sindacati sulla base delle esigenze tecnico – produttive ed organizzative: l’accordo può prevedere criteri di scelta astratti o
indicare concretamente i singoli lavoratori da licenziare288. L’accordo può, ad
esempio, dare rilievo, in via esclusiva, alle esigenze tecnico – produttive aziendali correlate al possesso, da parte del personale, dei requisiti per fruire del trattamento pensionistico nel corso o al termine della riduzione del personale,
ferma restando l’osservanza del principio di non discriminazione289
. Ciò purché tale unico criterio consenta di formare una graduatoria rigida e possa essere applicato e controllato senza alcun margine di discrezionalità da parte del datore
di lavoro290.
286Art. 8, c. 3, DL 148 / 93 conv. in L. 236 / 93. 287Circ. Min. Lav. 20 settembre 2000 n. 64. 288
Cass. 20 dicembre 2011, n. 16107. 289
Cass. 25 gennaio 2006, n. 1405. 290
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In mancanza dell’accordo sono previsti dalla legge precisi criteri da seguire in concorso tra di loro:
a) carichi di famiglia; b) anzianità;
c) esigenze tecnico – produttive ed organizzative.
La comparazione delle diverse posizioni dei lavoratori deve essere effettuata nel rispetto del principio di buona fede e correttezza (artt. 1175 e 1375 c.c.), inteso
come regola di equilibrata conciliazione dei conflittuali interessi delle parti291.
La comparazione inoltre deve essere effettuata nell’ambito dell’intero complesso organizzativo e produttivo; fa eccezione il caso in cui la chiusura (o la ristrutturazione) riguardi solamente un settore o un ramo d’azienda ed esaurisca
in tale ambito i suoi effetti292.
Il datore di lavoro non può licenziare una percentuale di manodopera femminile superiore alla percentuale di manodopera femminile occupata, con riguardo alle mansioni considerate (per i limiti previsti per il licenziamento del personale avviato obbligatoriamente).
L’accordo può essere concluso dalla maggioranza dei lavoratori, direttamente o attraverso le associazioni che li rappresentano, senza necessità di un’approvazione unanime. Esso, ha pertanto efficacia, nei confronti di tutti i lavoratori, iscritti o non iscritti al sindacato stipulante; i singoli lavoratori possono però, anche se iscritti, impugnare l’accordo chiedendone la disapplicazione, qualora siano stati violati i principi di correttezza o di non discriminazione. La conclusione dell’accordo sindacale non può sanare il
mancato rispetto dei precedenti obblighi procedurali293.
I lavoratori individuati come eccedenti, devono essere licenziati mediante atto di recesso comunicato al lavoratore in forma scritta, con il rispetto dei termini di preavviso. Entro 7 giorni dalla comunicazione del recesso, il datore di lavoro è obbligato a trasmettere tutte le notizie sull’attuazione dei licenziamenti all’ufficio
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Cass. 2 dicembre 2009 n. 25353; Cass. 1 settembre 2004, n. 17556. 292
Cass. 12 febbraio 2013, n. 3330. 293
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competente della regione (per l’iscrizione alle liste di mobilità) e della provincia nonché ai sindacati di categoria.
Nel caso di impugnazione294, deve essere effettuata, a pena di decadenza entro 60
giorni dalla ricezione della sua comunicazione, in forma scritta con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore (anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale), diretto ad impugnare il licenziamento stesso.
Il datore di lavoro imprenditore che avvia la procedura, deve versare all’Inps, il cosiddetto contributo d’ingresso, pari ad una mensilità di massimale lordo CIGS (cioè senza riduzione del 5,84 %) per ogni lavoratore che intende licenziare e che
abbia diritto all’indennità di mobilità295
. Il versamento (da effettuare con modello F24) costituisce un’anticipazione di quanto complessivamente dovuto all’Inps dal datore di lavoro. Al termine della procedura quest’ultimo è tenuto a versare, per ciascun lavoratore effettivamente licenziato e beneficiario dell’indennità di mobilità, una somma pari a:
6 volte il trattamento iniziale netto di mobilità (cioè ridotto del 5,84 %) spettante al lavoratore (calcolato sul lordo) in 30 rate mensili, se il licenziamento è avvenuto dopo il periodo di fruizione della CIGS;
9 volte il trattamento iniziale netto di mobilità, nel caso di riduzione del personale senza avere prima utilizzato la CIGS.
In entrambi i casi, la somma da pagare è ridotta a 3 mensilità se la messa in mobilità avviene previo accordo sindacale.
Infine, è previsto l’esonero totale del versamento del contributo d’ingresso per gli organi delle procedure concorsuali, che dichiarino l’eccedenza di personale. L’esonero totale, infatti, è ammesso nei casi in cui il curatore del fallimento, il liquidatore della liquidazione coatta amministrativa e del concordato preventivo, o il commissario dell’amministrazione straordinaria, abbiano verificato l’impossibilità di continuare l’attività dell’impresa oppure l’esuberanza dei livelli occupazionali e disposto per il licenziamento dei lavoratori eccedenti.
294
Art. 5, c. 3, L. 223 / 91; art. 6 L. 604 / 66; art. 1, c. 38, L. 92 / 2012. 295
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L’esonero è riconosciuto anche nei casi in cui la procedura sia stata disposta dal commissario giudiziale prima dell’emanazione della sentenza di omologazione del concordato preventivo. Sono esonerate, inoltre, dal versamento di tale contributo, le imprese che hanno stipulato un accordo di ristrutturazione del debito (art. 182 bis L. Fall.), e che nel corso del trattamento di CIGS abbiano necessità di attivare la procedura di mobilità. In nessun caso è possibile, invece, concedere l’esonero qualora le procedure di riduzione del personale siano attivate
dall’imprenditore296
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