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progetti 5 i partecipanti all’incontro di focus group hanno esposto quale ruolo hanno loro nelle

5.2.5 Processo decisionale

Questo ciclo di domande e di approfondimenti scende maggiormente nei particolari più tecnici del funzionamento della riunione cercando di evidenziare quelli che sono gli argomenti trattati nelle riunioni e in che modo le decisioni vengono prese.

La prima domanda infatti mirava a comprendere cosa viene discusso nelle riunioni di

segretariato presso il Club ’7417. Le risposte a questa domanda sono inizialmente andate

nella direzione di affermare che nelle riunioni viene deciso tutto quello che riguarda il servizio. Infatti M. afferma che a suo parere il bello delle riunioni è proprio il fatto che viene deciso tutto.

“A me quello che piace molto è che viene deciso praticamente tutto quello che compete il Club. Più che altro viene condiviso, prima che deciso.17” Nel procedere della discussione però A.

inizia a mettere in dubbio questa affermazione. Il gruppo dei partecipanti discute su come il decidere tutto è più corretto trasformarlo in un “si condivide tutto”, ma per diversi motivi non si decide per forza tutto. Questo nel senso di ricordare i limiti istituzionali che delimitano l’ampiezza delle decisioni che è possibile prendere in un Club socioterapeutico. Secondo A. il contesto istituzionale dell’OSC, o «contesto ospedaliero» usando le sue parole, mette inevitabilmente dei paletti alle decisioni. Infatti egli afferma come tutto viene discusso e condiviso, ma le decisioni riguardano solo quello che compete il servizio e il Club ’74. Questa discussione avvenuta nel focus group permette l’emersione di uno dei limiti reali più grandi quando si tratta di progettare in modo partecipato. La presenza di un’istituzione che regola e permette il funzionamento del servizio, comporta anche la compresenza di regole e limiti oltre i quali è rischioso andare. Il rischio che si corre quando si evadono i paletti istituzionali è, da quanto ho potuto osservare e annotare nel diario, che l’istituzione stessa non autorizzi più o ostacoli concretamente il funzionamento del servizio. Questo risulta essere un problema quando il servizio in questione è solo uno dei tanti elementi che compongono l’organigramma di un’organizzazione. I limiti quindi, quando si opera in contesti di istituzioni e organizzazioni, sono un argomento che ritengo vada affrontato per decidere dove porsi, quanto starci lontano o di quanto superarli. Dalle risposte raccolte nel focus group i partecipanti hanno ben in chiaro l’esistenza di questi limiti, e sono coscienti fino a dove possono spingersi. Chiarita la parentesi sui limiti dell’istituzione, ciò che emerge dalle esperienze riportate nel focus group è che tutto ciò che compete il Club ’74 viene deciso nelle riunioni. Per chiarire ancora di più questo aspetto si può pensare ad una comunità che ha assunto diverse responsabilità e deve portarle avanti organizzandosi, discutendo e delegando ai propri membri i lavori. Questo è quello che accade concretamente presso la comunità del Club ’74, diverse persone organizzano e partecipano a diverse attività. Quindi ci sono molte decisioni da prendere, di carattere organizzativo, gestionale e anche economico.

Avendo raccolto il parere dei partecipanti su ciò che viene deciso nelle riunioni, ho chiesto in

che modo vengano prese le decisioni18. Aspettandomi risposte tecniche e su metodi di

decisione, argomento comunque trattato nella discussione su questa domanda, un’affermazione di A. mi ha colpito particolarmente. Riporto la trascrizione fedele della risposta alla domanda:

17 Secondo focus group, domanda 3 18 Secondo focus group, domanda 4

“A: Ma per me è semplicissima. Non so tecnicamente come vengono prese, però in

due parole vengono prese in totale libertà. Senza nessun timore di dire la tua idea. Totale libertà. Democrazia, non so come si dice. Però io trovo in totale libertà. Orizzontale.19

Dietro questa affermazione vi è uno dei discorsi fondamentali di questo lavoro di tesi già emerso precedentemente nelle risposte alla domanda sui vantaggi della progettazione e del partecipare alle attività. L’argomento in questione è l’uguaglianza di opinione e idea. Ritengo sia possibile leggere nelle risposte dei partecipanti al focus group questa percezione di sentire valorizzate e considerate le proprie idee e opinioni. Quello che riportano le persone interrogate è che con la riunione e con le diverse decisioni che vengono prese, nonostante la loro condizione, il loro parere viene chiesto e soprattutto preso in considerazione. Trovo che ciò che emerge da queste risposte sia l’esistenza di un rispetto di fondo che riesce a superare la barriera clinica della diagnosi e della sofferenza psichica. Riemerge ancora qui il discorso fatto precedentemente sul pensiero di Benedetto Saraceno e sull’essere cittadini. Prima di essere dei malati, degli utenti, dei pazienti, degli operatori o degli infermieri, coloro che si siedono intorno al tavolo ogni mattina a prendere una decisione che riguarda il Club ’74, sono persone e ognuno ha voce in capitolo. Naturalmente con queste affermazioni non voglio dare un valore eccessivo alla riunione. Essendo di fatto il Club socioterapeutico uno strumento di lavoro del servizio, la questione del potere decisionale potrebbe ancora essere complessa da definire. Questo nel senso di dire che tutto sommato il Servizio di Socioterapia deve comunque rispondere qualitativamente ed economicamente all’OSC. Emerge a questo punto una delle antinomie a mio parere più complesse e difficili da affrontare del lavoro sociale stesso. Tale antinomia può essere verbalizzata sotto forma di due polarità: libertà e bisogno di protezione. Tante sono le domande e le sfumature che si nascondono dietro a quei due punti. Orientando il discorso sui temi di questo lavoro, un quesito che può nascere nell’operatore che utilizza metodi quali la progettazione partecipata e strumenti come la riunione può essere il seguente: quanta libertà di decisione posso e devo garantire per assicurare il mio mandato di presa a carico e protezione delle persone con cui lavoro? Naturalmente non vi è una risposta definitiva e chiara sulla questione. Da una parte vi è la libertà, il diritto, la cittadinanza di ogni persona, dall’altra vi è la sua sofferenza, il bisogno di presa a carico, le capacità o possibilità reali di poter decidere in un determinato momento. Nella grande area grigia in mezzo si situa la realtà e l’operato dell’educatore sociale. Non sono quesiti nuovi al lavoro sociale, già nelle trascrizioni di riunioni, assemblee e discussioni contenute nel testo di Basaglia emergono tali argomenti. In particolare, in una conversazione del giugno 1967 avvenuta presso l’ospedale di Gorizia l’intervistato diceva: “Non bisogna mai dimenticare che per il malato, sia il medico, sia gli

infermieri vengono ritenuti sempre delle persone privilegiate per il solo fatto che finito il loro turno e il loro lavoro possono uscire, andare a casa, andare fuori, perché quasi sempre questo è il sottofondo, e viene a galla. Lei è qui praticamente otto ore e dopo se ne va; c’è questa differenza di situazione che crea questo senso di inferiorità” (Basaglia, 2014, p. 106).

Emerge in questa pungente affermazione come l’argomento dell’antinomia fra libertà e mandato istituzionale smuova sentimenti di inferiorità e causi ripercussioni negli utenti. Ritengo sia quindi compito dell’educatore riflettere e chinarsi su tali problemi, sia con spirito critico ma

anche con fiducia in sé stesso e nel proprio operato all’interno delle sfumature del lavoro sociale.