6. LE CURE INFERMIERISTICHE COMPROMESSE IN PEDIATRIA:
6.3 R ISULTATI
6.3.3 Il processo di prioritizzazione
All’interno di questo tema ritroviamo espresso tutto il processo decisionale del professionista sanitario, che lo porta a dare priorità ad alcune attività
assistenziali, sia perché frutto di un suo personale processo di scelta, sia perché attività ritenute prioritarie dalla standardizzazione del percorso assistenziale nell’unità operative in cui il professionista lavora. Seguentemente, scorrendo tutto il processo assistenziale, ritroviamo espresse le strategie che vengono messe in atto per riuscire a portare a termine il piano assistenziale infermieristico, nonché l’omissione o il ritardo consapevole di attività, seguite dall’indicazione di quando si pianifica il recupero delle attività stesse.
L’infermiere durante tutta la sua attività analizza la realtà, registra le necessità e pianifica gli interventi da eseguire. Tutto questo processo mentale porta alla presa di una decisione sulla base di ciò che si è reputato prioritario, a diverso titolo. Questo processo avviene in tutte le fasi della pianificazione, a partire dalla decisione di quale paziente approcciare prioritariamente, e quindi valutare se iniziare prima dal paziente più critico, piuttosto che da quello isolato:
“Cerco di iniziare dalle attività ‘pulite’ per andare verso quelle ‘sporche’” (Int. 16)
Questa scelta, insieme alla decisione di quali attività erogare per prime, viene compiuta basandosi su differenti aspetti assistenziali, quali le necessità del paziente, i tempi richiesti, o l’importanza che un’attività può avere rispetto ad un’altra, ad esempio l’importanza di concentrare le manovre assistenziali, piuttosto che lasciare riposare di più un paziente se le attività da svolgere non richiedono il rispetto di un orario preciso:
“Lasciamo dormire i bambini la mattina” (int.2)
“La concentrazione delle manovre assistenziale è la cosa più importante in Terapia Intensiva Neonatale” (int.9)
Infine, l’infermiere decide, in ogni momento assistenziale, come impiegare al meglio le risorse a disposizione, anche in termini di risorse umane. Alcune attività possono essere svolte in autonomia dal professionista, mentre per altre vi è il bisogno di un secondo operatore, che può essere un collega, nella maggior parte dei casi, o un operatore di supporto, o il genitore, sulla base della complessità dell’attività e sul grado di coinvolgimento richiesto:
“Per la mobilizzazione del paziente si chiede alla collega, poi all’OSS o ai genitori a seconda del paziente” (int. 13)
Ci sono delle attività che hanno priorità a prescindere dal giudizio del professionista, che rispondono a routine o regole condivise, come il rispetto degli orari - dei pasti, delle terapie o degli orari di visita - delle norme igieniche per il controllo delle infezioni o le norme per il mantenimento della sicurezza. O, ancora, la gestione di attività specifiche richieste dalla tipologia del reparto, come ad esempio la preparazione dei latti e delle formule di idratazione, delle nutrizioni parenterali o delle chemioterapie, che richiedono molto tempo:
“Definizione delle priorità in base agli orari da rispettare” (int. 10) “Le priorità sono determinate dagli orari che ti scandiscono la giornata” (int.
7)
Altre attività che hanno priorità a prescindere dal giudizio del singolo professionista, sono la gestione della documentazione clinica, che in alcuni casi viene vissuta più come un’imposizione piuttosto che vista come uno strumento assistenziale:
“Siamo obbligate a segnare in cartella di notte il monitoraggio degli accessi venosi, questo li fa controllare di più di giorno” (int. 3)
Esistono poi delle priorità dettate dal contesto clinico di riferimento: ad esempio, l’approccio al paziente critico che differisce dal paziente chirurgico, così come da quello medico:
“Attività prioritarie nella valutazione del bambino: Respiro, parametri, circolo, glicemia, diuresi, alimentazione” (int. 17)
Quando invece la prioritizzazione è tutta ad opera del giudizio del professionista, vediamo delle differenze non solo legate al contesto clinico in cui si opera, ma anche alle inclinazioni, alle attitudini e ai valori personali. Ritroviamo, trasversalmente a tutte le interviste, il caso dell’emergenza/urgenza e delle condizioni critiche di un paziente, come variabili che governano il processo di prioritizzazione. Secondariamente, emerge quello che il singolo professionista valuta come aspetto imprescindibile della propria assistenza: dal “vedere in
faccia il paziente”, all’eseguire tutte quelle attività che devono necessariamente essere svolte, come la gestione delle terapie o dell’alimentazione, vista come bisogno primario.
Emergono poi attività considerate prioritarie in un’ottica di pianificazione complessiva dell’assistenza, come la gestione degli esami ematici per i quali è necessario il digiuno: il professionista può scegliere se svolgere l’attività prima o dopo l’orario indicato, a seconda della sua personale valutazione sul paziente e sulle sue necessità specifiche:
“Gli esami ematici dovrebbero essere fatti la mattina presto per avere subito i referti” (int.15)
Tuttavia, il processo decisionale in un ambiente caotico e in continuo mutamento come quello ospedaliero può essere velocemente modificato. Per far fronte a questo i professionisti adottano strategie, e la più frequente risulta essere la condivisione e la suddivisione delle attività con i colleghi:
“Quando sono impegnata con un paziente interviene la mia collega per completare quanto ho lasciato indietro” (int. 7)
Secondariamente troviamo la gestione del proprio tempo: ci sono partecipanti che hanno dichiarato di arrivare prima a lavoro per poter fare le cose bene, e chi dichiara di fermarsi oltre l’orario di lavoro per poter concludere quanto iniziato.
“Per soddisfare la priorità di accettare il bambino si monta in turno dieci minuti prima dell’orario di servizio” (int. 18)
Un’altra strategia per far fronte agli imprevisti è l’utilizzo della tecnologia, che trova molto spazio nel caso delle barriere comunicative legate alla lingua
“Io mi avvalgo di google translate per comunicare con i genitori stranieri” (int. 15)
Infine, ritroviamo la capacità di sapersi adattare alle situazioni, l’utilizzo di problem solving e di critical thinking viste come elementi essenziali che il professionista deve possedere per preservare il suo ordine di priorità ed erogare un’assistenza di qualità:
“Devi essere sempre pronta a far fronte all’imprevisto e contemporaneamente anche occuparti del resto” (int. 8)
Queste strategie messe in atto non riescono ad essere sempre sufficienti per portare a compimento il piano assistenziale ed evitare le omissioni. Talvolta, infatti, il professionista sceglie consapevolmente di omettere o ritardare un’attività, in quanto valutata meno prioritaria rispetto ad un’altra. Il professionista sa giustificare la compromissione attraverso il processo logico che lo ha portato a tale scelta, attraverso una valutazione su cosa potesse essere meglio per quel paziente in quel determinato momento. Un esempio emblematico è il caso della concentrazione delle manovre assistenziali nel bambino prematuro, così come il ritardo nella somministrazione di una terapia non-salvavita o nella somministrazione del pasto, che possono essere giustificate dal bisogno del bambino di riposare:
“Le terapie dei bambini stabili, non essendo salvavita, le puoi fare anche dopo che non succede niente” (int. 1)
“Se è possibile faccio in modo di concentrare le manovre assistenziali, anche se questo potrebbe implicare qualche ritardo” (int. 9)
Proprio perché alcune attività vengono deliberatamente omesse, capita che lo stesso professionista pianifichi il loro recupero. Questo aspetto, sebbene non sia stato evidenziato da tutti i rispondenti, emerge chiaramente come elemento di una pianificazione assistenziale a lungo termine, che si sviluppa lungo l’intera turnazione. Il turno mattutino prevede un’attività assistenziale più intensa e frenetica, in cui il tempo da poter dedicare al dialogo e alla relazione, cosi come all’educazione, rimane davvero esiguo, pertanto tutte queste attività, se rimandabili, vengono pianificate sul pomeriggio e sulla notte:
“Pomeriggio e notte si dedica al bambino quello che non si è potuto fare di giorno” (int. 18)