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Prodotti dell’alterazione in sito

Nel documento Luigi Carmignani CGT (pagine 37-43)

2. A LTERAZIONE E COPERTURE SUPERFICIALI

2.3 Prodotti dell’alterazione in sito

I prodotti della completa alterazione delle rocce che non hanno subito trasporto e il loro spessore dipende principalmente dal clima e dalla roccia da cui sono derivati, anche se come vedremo molti altri fattori possono influire.

2.3.1 Alterazione di granitoidi (e altre rocce ignee massive)

Come già discusso, i più importanti processi d’alterazione fisica dei granitoidi sono la decompressione e il gelo; la principale alterazione chimica è l'idrolisi dei feldspati e la decomposizione della biotite. L'espansione dei prodotti d’alterazione di questi minerali produce microfratturazione che progressiva-mente trasformano la roccia in saprolite .

In Figura 2-4 sono schematizzati il tipo d’alterazione di rocce granitoidi in clima umido e arido. Si notino i tre stadi d’alterazione: la roccia sana (che costituisce il substrato e il nucleo dei corestone), i gusci de-rivati dall'esfoliazione dei corestone e il "sabbione" (saprolite) derivato dalla completa disintegrazione della roccia. I prodotti della disintegrazione sono di solito sabbie grossolane (“sabbione”, “sabbione gra-nitico” “granito arenizzato”, …), con dimensioni dei grani analoghe a quelle dei cristalli della roccia ori-ginaria. Idrolisi e idratazione sono i principali responsabili dell'alterazione e conseguente disgregazione dei granitoidi. Un comportamento analogo è mostrato dalle rocce metamorfiche d’alto grado come gneiss e migmatiti.

In climi temperati e caldi con elevata piovosità (Brasile meridionale, Venezuela, Stati Uniti orientali, ecc.) le rocce cristalline sono trasformate in saprolite fino approfondita di 30-40 m. La roccia è completamente decomposta, i minerali primari sono completamente sostituiti da minerali argillosi e ossidi di ferro, ma la struttura della roccia può essere perfettamente conservata. L'"aspetto" della roccia madre è così bene pre-servato che geologi esperti possono diagnosticare non solo il tipo di roccia, ma spesso anche la sua storia deformativa e metamorfica, come se si trattasse di una roccia fresca.

Le coperture di saprolite sono generalmente sede di un acquifero mentre il substrato (bedrock) può essere molto povero d'acqua. Questi acquiferi possono contenere enormi quantità d’acqua, ma sono molto vulne-rabili all’inquinamento.

La consistenza meccanica della saprolite è bassa, generalmente può essere scavata con la pala. Il principa-le probprincipa-lema di geologia delprincipa-le costruzioni in suoli residuali formati su rocce ignee, gneiss e migmatiti è l'identificazione dell'orizzonte sano su cui appoggiare le fondazioni. La graduale transizione tra roccia sana e roccia alterata e la grande irregolarità che può avere il fronte d’alterazione costituiscono altrettante difficoltà per stabilire l’inizio del bedrock inalterato. Per la valutazione di un terreno da fondazione la pre-senza di corestone imballati nei prodotti dell'alterazione della roccia costituisce un ulteriore problema che diviene particolarmente grave quando il suolo residuale ha una struttura "collassabile" e i corestone sono troppo grandi per essere rimossi con macchine scavatrici o superati con una serie di pali trivellati. Un al-tro rischio comune è confondere la sommità di un corestone affiorante o messo a giorno da uno scavo con il bedrock inalterato. Il Italia la sola regione in cui le rocce granitoidi arrivano a costituire circa 1/3 della superficie è la Sardegna. Granitoidi sono presenti anche sulle Alpi, in Toscana e in Calabria dove sono particolarmente tettonizzati e alterati fini in profondità.

2.3.2 Alterazione di calcari ed altre rocce solubili

La dissoluzione per opera dell’acqua gioca un ruolo importante solo nelle rocce carbonatiche e nelle eva-poriti. A scala mondiale queste rocce sono poco rappresentate, ma nell’area mediterranea e in particolare in Italia sono abbastanza frequenti. Alcune regioni italiane sono sostituite esclusivamente da calcari (Istria, Puglia), anche in Toscana sono molto diffuse le rocce carbonatiche e sono presenti anche evapori-ti. Se la roccia carbonatica è particolarmente pura, come per esempio i marmi delle Alpi Apuane, la roccia che viene portata in soluzione non lascia alcun residuo. Spesso però le rocce carbonatiche contengono piccole quantità di detrito silicoclastica (minerali argillosi, silt e sabbia), liste o noduli di selce, livelli di argilliti, arenarie; perciò, la dissoluzione del calcare lascia spesso un residuo insolubile più o meno ab-bondante. I suoli argillosi rossi che tipicamente derivano dalla dissoluzione del calcare sono detti terre

rosse, che é uno dei pochi termini geologici italiani entrato nell'uso internazionale.

In contrasto con le rocce granitiche il contatto tra i prodotti dell'alterazione e bedrock nelle rocce carbo-natiche è tipicamente netto. Lo spessore dei residui della dissoluzione sulle rocce carbocarbo-natiche varia mol-tissimo a causa dello sviluppo di doline (Figura 2-4). Le doline costituiscono depressioni causate dalla dissoluzione del calcare che divengono zone di accumulo di materiali residuali determinano forti spessori (fino a decine di metri) di terre in aree limitate.

L'estrema irregolarità del contatto tra i prodotti dell'alterazione e la roccia è ben evidente in affioramento ed è stato messo in evidenza anche dallo scavo per le fondazioni di molte dighe. Poiché i prodotti dell'al-terazione delle rocce carbonatiche possono avere spessori rapidamente variabili i cedimenti differenziali

sono comuni e le zone di fondazione dovranno essere attentamente indagate sia con metodi diretti (son-daggi) che indiretti (geofisica). Anche in questi suoli c'è il rischio di prendere un masso imballato nel re-siduo dell’alterazione per il substrato roccioso, a questo si aggiunge il rischio di cavità a bassa profondità che possono crollare (“sinkhole”).

L'improvviso collasso di doline rientra tra i rischi geologici. Sotto i suoli residuali, la dissoluzione seletti-va scioglie il calcare finché le cavità crollano. Dal crollo di una cavità deriseletti-va una dolina. Questo processo può essere naturale o essere accelerato da attività dell'uomo come prelievo di acqua sotterranea o la co-struzione di larghe zone pavimentate, come i parcheggi, che determinano la modifica e concentrazione dello scarico delle acque piovane nel sottosuolo. Il crollo di cavità carsiche può causare molti tipi di dan-ni, la letteratura riporta molti esempi che vanno da danni a fabbricati, a interruzioni di strade, ferrovie, condutture del gas, ecc. Nel 1996, il crollo di una cavità carsica ha provocato lo sprofondamento d’alcuni metri di una zona circolare d’alcune decine di metri di diametro nella periferia della città di Camaiore (Lucca). Il cedimento provocò la completa distruzione di vari fabbricati e, solo per un caso molto fortuna-to non provocò vittime.

In climi aridi o semiaridi i carbonati tipicamente rappresentano rocce molto resistenti all'erosione; in que-ste aree spesso la copertura detritica e il suolo sono molti ridotti perciò la messa in opera di pipeline, reti fognarie, ecc. può essere molto difficoltosa (Figura 2-5).

Figura 2-5 Vista dall'elicottero degli effetti di un crollo di una cavità sotterranea (sinkhole) a Camaiore (Lucca). Si noti la forma circolare della depressione in parte obliterata dai lavori di riempimento in corso.

2.3.3 Alterazione di rocce argillose e argilliti

Essendo costituite principalmente da minerali stabili (quarzo e minerali argillosi) l'alterazione chimica di queste rocce é bassa; però per disgregazione meccanica possono dare origine a grandi spessori di depositi superficiali. Le rocce argillose (marne argillose, argilliti sabbiose e siltose, ecc.) molto diagenizzate prima formano una regolite ricca in frammenti piatti o aciculari (quelli dell'Appennino sono detti "galestri") e poi una terra che ha le caratteristiche tecniche delle argille.

La fissilità è una caratteristica delle rocce argillose. Essa deriva dall’orientazione parallela alla stratifica-zione di fillosilicati e clorite, quest’orientastratifica-zione, sviluppata in parte durante la sedimentastratifica-zione, è aumen-tata durante la diagenesi del sedimento. Con l'aumento del contenuto in silice e carbonato diminuisce la fissilità, al contrario un aumento di materiale organico aumenta la fissilità; anche una moderata alterazio-ne aumenta moltissimo la fissilità delle rocce argillose. Quest’incremento della fissilità è dovuto alla par-ziale rimozione del cemento lungo le laminazioni e all'espansione per idratazione delle lamine argillose. Una profonda alterazione con asportazione completa dei carbonati e della silice può trasformare le rocce argillose in una tenera argilla.

Il contenuto d’umidità naturale delle rocce argillose varia da meno di 5% fino al 35%. In genere il conte-nuto d'acqua nelle zone alterate superficiali è più elevato che nelle rocce argillose non alterate sottostanti. A causa del contenuto d'acqua, molte rocce argillose si "sfogliano" quasi immediatamente quando sono esposte all'aria.

L'essiccazione di queste rocce esposte all'aria, porta allo sviluppo di pressioni negative dell'acqua di ca-pillarità (suzione) e la conseguente sollecitazione a trazione delle superfici di fissilità; quando le rocce ar-gillose sono nuovamente bagnate l'acqua è assorbita in profondità e le superfici di fissilità divaricata dal rigonfiamento dei minerali argillosi espandibili (principalmente montmorilloniti). L’alternanza continua di trazione e compressione ortogonale alla fissilità porta ad una rapida disgregazione della roccia. I cicli d’essiccazione e saturazione sono la principale causa della disgregazione delle rocce argillose. Rocce ar-gillose poco diagenizzate possono essere completamente disintegrate già dopo pochi cicli d’essiccazione, il fenomeno sarà amplificato dalla presenza di sistemi di giunti e fratture che facilitano la penetrazione delle acque in profondità. Il contenuto di minerali argillosi espandibili è quindi un elemento fondamentale per il degrado delle rocce argillose. Argilliti poco cementate e ricche di minerali argillosi espandibili pos-sono essere ridotte in frammenti minuti dopo pochi cicli di saturazione e seccamento, mentre argilliti ben cementate possono resistere a lungo, questa resistenza è determinata con una prova tecnica standard (slake-durability test).

2.3.3.1 Slake-durability test

Tutte le rocce sono più o meno alterate dall'acqua. Materiali come graniti o arenarie cementate possono essere bagnati e asciutti moltissime volte senza mostrare cambiamenti apprezzabili. Ciò nonostante quan-do sono bagnati, a causa della presenza dell'acqua nelle microfratture, avranno una resistenza minore. I dati sulla resistenza dovranno quindi specificare sempre se le prove sono state eseguite con rocce secche o umide.

Al contrario rocce argillose (shale, rocce ignee alterate, ecc.) o che contengono altri minerali che con l'ac-qua aumentano di volume, rigonfieranno e si disgregheranno completamente l'ac-quando sono sottoposte ai ripetuti cicli secchi e umidi. La disgregazione delle rocce argillose avviene principalmente durante la sa-turazione, quando la pressione di rigonfiamento, sviluppata dalla pressione (negativa) della suzione capil-lare, supera la loro resistenza a trazione.

Una prova standard ISRM abbastanza diffusa per la valutazione della resistenza delle rocce in presenza d’acqua è lo slake-durability test (Franklin & Chandra, 1972). A questa prova sono generalmente sotto-poste rocce con forte contenuto di minerali argillosi o che mostrano un certo grado d’alterazione.

In questa prova dieci pezzi di roccia, del peso di circa 40 g ciascuno, sono messi in un cilindro di prova, e quindi seccati in forno e pesati. Dopo di che, il cilindro con il campione è immerso a metà in un

conteni-tore pieno d’acqua e collegato ad un albero che fa ruotare lentamente il cilindro (Figura 2-6). La parte pe-riferica del cilindro è costituita da una rete, con maglie di 2 mm che permette di eliminare i frammenti più minuti prodotti durante la rotazione del cilindro.

Dopo un periodo di rotazione di 10 minuti alla velocità di 20 giri il minuto il cilindro è seccato e il resi-duo, rimasto nel cilindro pesato. A fini classificativi si utilizza il peso del campione secco rimasto nel ci-lindro, dopo uno o più cicli, espresso come percentuale rispetto al peso iniziale del campione.

L'indice dello slake-durability test (Slake durability index) è:

dove:

• W1 è il peso del campione trattenuto nel cilindro dopo uno o più cicli;

• W0 è il peso originale del campione (circa 400 g).

Lo Slake durability index aumenta linearmente con il peso di volume e inversamente al contenuto naturale d'acqua della roccia.

In base all'indice dello slake-durability test Gam-ble ha proposto le scale d’alterabilità di Tabella 2-6.

Taylor (1988) ha proposto di considerare

alterabi-li rocce argillose con resistenza a compressione

semplice inferiore a 3.6 MPa, e con un indice dello slake-durability test per tre cicli minore del 60%. Un’ulteriore caratterizzazione delle shale è

effet-tuata eseguendo i limiti d’Atterberg2 sul materiale

sbriciolato che resta nella vasca.

L'Indice di plasticità (Ip) e la Resistenza alla punta

sono utilizzate assieme Slake durability Index allo

per la classificazione delle shale di Franklin (1983)3.

Figura 2-6 Apparecchiatura per slake-durability test

2. Vedi oltre, nel fascicolo dedicato alla meccanica delle terre.

3. Vedi al Capitulo 5 nella parte degli Appunti dedicati alle “Proprietà fisico-meccaniche delle rocce”

Id W1

W0

---×100 =

Tabella 2-6 Classificazione in base all'indice dello slake-durability test Resistenza (Durability) % di ritenuto dopo 1 ciclo di 10 min. (Id1) % di ritenuto dopo 2 cicli di 10 min.(Id2) Molto alta > 99% > 98% Alta 98-99% 95-98% Medio- Alta 95-98% 85-95% Media 85-95% 60-85% Bassa 60-85% 30-60% Molto Bassa < 60% < 30%

2.3.3.2 Rigonfiabilità

Scopo della prova è accertare l'attitudine al rigonfiamento in presenza d’acqua da parte di rocce con signi-ficativi contenuti d’argilla, assume pertanto un significato rilevante in importanti scavi in rocce con eleva-to contenueleva-to in minerali argillosi.

Per l'esecuzione della prova, la cui durata può essere d’alcuni giorni, si utilizza un particolare telaio, dota-to di rappordota-to di leva 1/10 e d’anello dinamometrico (Figura 2-7).

La prova può essere eseguita secondo due differenti modalità che prevedono rispettivamente 1) il mante-nimento del campione cilindrico (D=50mm, H=20mm) in condizioni di pressione costante a dilatazione libera (è registrata la variazione di lunghezza del campione), oppure 2) in condizioni di dilatazione impe-dita con sviluppo di pressione di rigonfiamento, a partire da un valore iniziale di pressione applicata (è re-gistrata la variazione di pressione).

Una semplice prova di rigonfiamento libero è stata proposta da Katzir & David (1968). Della roccia pol-verizzata è introdotta in un tubo e quindi è aggiunta acqua e misurato l'incremento di volume. Un altro metodo di misura del rigonfiamento libero, frequentemente usato, si basa sulla misura del volume me-diante immersione in mercurio o altro liquido non assorbito prima e dopo prolungata immersione in ac-qua.

2.3.4 Alterazione d’arenarie

Le arenarie tipicamente si alterano poco in ogni clima. Gli affioramenti d’arenarie a cemento quarzoso formano spesso rilievi resistenti alla demolizione degli agenti esogeni. Queste rocce danno pochissimi suoli residuali, possono al più essere coperte da detriti più o meno grossolani, fino a blocchi della stessa roccia. Si noti però, che arenarie con matrice argillosa, come molti flysch dell’Appennino, possono essere facilmente disgregate in climi umidi e dare luogo a potenti depositi superficiali; anche le arenarie a ce-mento carbonatico sono disgregate facilmente nei climi umidi e l'accumulo dei prodotti dell'alterazione può costituire depositi di sabbie commerciali.

Nel documento Luigi Carmignani CGT (pagine 37-43)

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