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Il progetto di conservazione dell’hāmām di Delvina come caso esemplare delle difficoltà del restauro in Albania

Nel documento — Ca’ Foscari, Venezia e i Balcani (pagine 64-70)

attraverso il caso studio dell’hāmām di Delvina

3 Il progetto di conservazione dell’hāmām di Delvina come caso esemplare delle difficoltà del restauro in Albania

L’hāmām di Delvina, parte del suggestivo sito islamico di Xhërmahallë (cfr. Macchiarella 2012), è collocato in una piccola valletta al di sotto del Castello, raggiungibile attraverso un sentiero scosceso che conduce ad un vasto pianoro.

La sua forma ricalca quella di un basso parallelepipedo con quattro cu-pole che scandiscono i quattro ambienti all’interno. La muratura è in conci di pietra irregolari con qualche traccia di intonaco rustico; solo il fronte sud evidenzia tracce di intonaco in malta di calce aerea e cocciopesto, probabilmente perché portato alla luce in seguito al crollo della cister-na che conteneva l’acqua che alimentava il complesso. All’interno sono conservate tracce di decorazioni a ‘stucco’ e il pavimento in cocciopesto; ancora leggibili i segni dell’impianto di canalizzazione e riscaldamento.

All’inizio del progetto l’hāmām si presentava quasi completamente rico-perto da vegetazione infestante e quindi difficilmente riconoscibile anche nel suo impianto: le opere realizzate con i finanziamenti del primo anno di progetto hanno, quindi, riguardato la messa in sicurezza dell’edificio

7 Albania domani, programma triennale ponte Italia-Albania per il rilancio dei settori

chiave di sviluppo economico e sociale albanesi. Fondazione Cariplo Bando ‘Progetti Pae-se’ 2010, capofila CeLIM, Linea di progetto 3: Cultura, turismo, reinserimento categorie svantaggiate, Attività 3.1/AZIONE 3.1.1-Restauro del patrimonio artistico e costituzione di percorsi ecomuseali (ARCI, DPA ora DAStU, Politecnico di Milano; CISBI, Ca’ Foscari).

Figura 8.Castello di Lezha, il ponte di accesso di nuova realizzazione

Figura 7. Un intervento condotto con materiale non compatibile ha prodotto un rapido degrado delle superfici

Figura 9-10. Fontana del complesso islamico di Rusan prima e dopo i restauri

Figura 11. L’edificio dopo le operazioni di taglio della vegetazione infestante che lo nascondeva completamente

attraverso presidi strutturali temporanei e uno sfoltimento della vege-tazione per consentire l’accesso e poter partire con gli studi e i rilievi.8

Le prime indagini effettuate hanno riguardato lo stato di conservazione del complesso e rivelato problemi di diversa entità. Le superfici esterne presentano fenomeni diffusi di patina biologica e una decoesione genera-lizzata delle tracce di intonaco sopravvissute, oltre che una diffusa ero-sione dei giunti di connesero-sione tra gli elementi lapidei. Le stanze interne manifestano fenomeni come distacchi degli intonaci, distacchi ed erosioni delle decorazioni in stucco, patine biologiche e infiltrazioni di acqua dalla copertura.

I fenomeni più preoccupanti riguardano la statica dell’edificio dove l’in-vasione di vegetazione in copertura e la presenza di grossi apparati radi-cali tra i conci murari hanno aggravato una condizione già compromessa. Il rilievo del quadro fessurativo ha infatti messo in luce consistenti le-sioni sul fronte nord, ovest e sulla parete interna ad est; uno spostamento dell’asse nell’arco che divide i due ambienti di ingresso e lesioni negli archi della porta di ingresso e nell’apertura sul fronte ovest. Le analisi condotte, anche se non è stato possibile effettuare un monitoraggio adeguato e prove sui terreni, fanno pensare ad uno scivolamento a valle di parte del pianoro su cui l’hāmām è collocato, confermato anche dalla presenza di un basso muro di contenimento costruito una decina di anni fa.

L’urgenza della situazione rilevata, rapportata ai fondi disponibili, ha suggerito di dare avvio in primo luogo alle opere di consolidamento e alla conservazione delle superfici degli esterni. Progetto e opere sugli interni, sebbene urgenti, dovranno essere rimandati ad altra fase; si suppone, d’altronde, che il progredire dello stato di degrado degli interni possa essere rallentato da quanto realizzato all’oggi.

Il progetto di consolidamento prevede la messa in opera di micropali o la sottofondazione della struttura, in rapporto alle tecnologie disponibili in loco, e il posizionamento di catene per fermare l’apertura dell’edificio.

Gli apparati radicali della vegetazione, insinuati all’interno della mu-ratura, dovranno essere eliminati attraverso iniezioni di biocida; mentre i lacerti di intonaco, preventivamente sigillati con malta di calce con cocciopesto, saranno puliti con acqua deionizzata a bassa pressione così come la muratura in pietra.

In copertura, dopo la rimozione e pulitura dei coppi del manto, è previ-sta la stesura di uno strato di malta di calce con cocciopesto come

imper-8 L’intervento sull’hāmām è stato svolto nell’ambito di una convenzione tra IMK, Politec-nico di Milano e CISBI-Ca’ Foscari. I rilievi sono stati eseguiti dalla prof.ssa ing. Antonella Versaci (Università Enna Kore) e dal prof. ing. Alessio Cardaci (Università degli Studi di Ber-gamo). Le linee guida per il progetto di conservazione sono state sviluppate da Mariacristina Giambruno, Maurizio Boriani e Matteo Tasinato del Politecnico di Milano, Dipartimento DA-StU. Il progetto di consolidamento strutturale è stato realizzato dall’ing. Christian Amigoni.

Figure 12-14. Le opere provvisionali realizzate durante il primo anno del progetto

Figure 15-17. I principali fenomeni di degrado e di dissesto

meabilizzante; il manto di copertura sarà riposizionato successivamente alla spazzolatura e pulitura degli elementi.

Le aperture, porta di ingresso e finestre, saranno chiuse da elementi in legno traforato appositamente disegnati in modo tale da lasciare fil-trare la luce.

La cantierizzazione del progetto, approvato da IMK e dal Consiglio nazionale del restauro, ha da poco preso avvio e molti dei problemi rilevati in generale non sono stati comunque scongiurati.

Benché l’impresa di costruzioni abbia accettato con entusiasmo di spe-rimentare tecniche e materiali proposti, per aggiornare le proprie cono-scenze e tentare un accreditamento nello specifico campo del restauro, non dispone di manodopera specializzata.

I disegni di progetto, realizzati con l’intento di essere cantierabili e di definire puntualmente le operazioni da svolgere, non vengono facilmente interpretati da chi non è abituato a leggerli, così come alcune tecniche, come ad esempio i micropali, non sono sviluppate a sufficienza perché vi sia pratica per applicarli ad un edificio storico.

Le consuetudini del cantiere del nuovo prevalgono poi sulle prescrizioni di progetto: la malta di calce è ritenuta meno durevole di quella cementi-zia, tanto che lo strato di impermeabilizzazione della copertura, realizzato erroneamente in calcestruzzo, è stato fatto rimuovere appena dopo la sua messa in opera.

Questi alcuni esempi di quanto è accaduto e accadrà nelle successive fasi nonostante il tentativo di realizzare un progetto metodologicamente corret-to, con tavole chiare e semplici da leggere ed indicazioni precise e puntuali che descrivono nel dettaglio ogni intervento e le tecniche con cui realizzarlo.

Vi è da dire, però, che questa esperienza ha molto insegnato e si rivela di grande utilità per eventuali future occasione in cui si progetterà un intervento di restauro al di fuori del proprio contesto culturale.

In primo luogo ha confermato la grandissima importanza della direzio-ne lavori sul cantiere e su quello di restauro in particolare. Il progetto, i suoi disegni e le sue prescrizioni tecniche benché tentino di minimizzare le scelte che devono essere prese ‘a piè d’opera’, non sostituisce la presen-za continua e costante del direttore dei lavori. Se distanpresen-za e tempo non consentono una presenza assidua, dovranno essere formati responsabili di cantiere in grado di leggere e interpretare le indicazioni di progetto, garantendo una comunicazione diretta, se pure a distanza, tra progettista e manodopera.

In secondo luogo si è sempre di più compreso come il progetto debba adattarsi al contesto tecnico in cui si applica e non il contrario. Materiali e tecniche usuali e testate, che dunque vengono impiegate con facilità da operatori specializzati, possono essere totalmente nuove o addirittura sco-nosciute in luoghi del mondo diverso dal proprio.

conoscenza del manufatto, disegni chiari e indicazioni tecniche precise non sono, talvolta, sufficienti a garantire una buona riuscita dell’intervento.

Progettare in un Paese diverso dal proprio insegna che non si debbono calare in quel contesto le proprie conoscenze ritenendole sufficienti per risolvere i problemi che in altri casi si sono riscontrati; significa invece aprire un dialogo con operatori e tecnici in un processo che potrà certa-mente portare al comune arricchimento e ad una appropriata esecuzione delle opere di restauro progettate.

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Eurasiatica 3

Ca’ Foscari, Venezia e i Balcani

a cura di Giampiero Bellingeri, Giuseppina Turano

Investimenti turchi in Romania: un fenomeno

Nel documento — Ca’ Foscari, Venezia e i Balcani (pagine 64-70)