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progettualità) e di segno negativo (caratterizzati da stati depressivi profondi per il proprio «non-essere»,

senso di perdita per l’uscita dall’infanzia → L’uscita

dall’infanzia causa sogni in cui si uccide o si è uccisi.

• Quello della prima adolescenza in particolare, un periodo contraddistinto da una mancanza di empatia e da un

comportamento sfrontato, con venature sadiche e dispregiative, anche in tema di sessualità.

• In tutte le letterature pedagogiche è presente la figura del

«monello», quella che oggi chiameremmo il «bullo»

…ho spesso la crudeltà del fanciullo, che con un sasso tappa la buca del formicaio (Pirandello, Dialoghi fra il Gran Me e il piccolo me)

• Tale mancanza di empatia può essere interpretata come un meccanismo volto a negare il «bambino bisognoso e

infantile» che ancora abita nell’adolescente. Chi si separa non può provare nostalgia e benevolenza verso ciò da cui si separa.

• La sfrontatezza, la mancanza di empatia e la tendenza all’agito del comportamento adolescenziale aveva fatto scrivere a Shakespeare questi versi:

Vorrei che non ci fosse età di mezzo Fra i dieci e i ventitré anni

O che la gioventù dormisse tutto questo intervallo; poiché non c’è nulla in cotesto tempo

Se non ingravidare ragazze, vilipendere gli anziani, rubare e darsi legnate

(W. Shakespeare, Il racconto d’inverno, cit. in Winnicott, 1964)

→ L’adolescente oscilla fra narcisismo e perdita di sé, fra esaltazione e depressione, fra «totalità» (ideologia, totalitarismo, «fuga dalla liberta») e «assenza»

(impossibilità di essere alcunché)

Il pensiero del suicidio è normale in

adolescenza. Il fatto che sia connesso a un senso di onnipotenza (Dolto) testimonia che esaltazione e depressione sono due facce della stessa medaglia. Il desiderio di suicidio è normale, quello di arrivare

veramente a compierlo è morboso. Il

confine fra i due è molto delicato. Nessun giovane può superare l’adolescenza senza avere pensieri di morte. Occorre dar modo all’adolescente di tematizzare la morte del corpo perché acceda al desiderio del corpo e ai valori dello spirito. Dare una medicina che impedisca al giovane di pensare al

suicidio significa drammatizzare, come se colui che la prescrive avesse paura di essere il complice di un eventuale suicidio del

giovane. Parlare di morte è importante. La morte fa vivere

Lancaster, in un’opera del 1898, ha analizzato 200 biografie di personaggi famosi, le turbolenze ecc.

Pare che nessuno sia sfuggito al pensiero del suicidio, anche se poi ha teso a negarlo in età adulta.

Lettera A Boddah

Vi parlo dal punto di vista di un sempliciotto un po' vissuto che preferirebbe essere uno

snervante bimbo lamentoso. Questa lettera dovrebbe essere abbastanza semplice da capire.

Tutti gli avvertimenti della scuola base del punk-rock che mi sono stati dati nel corso degli

anni, dai miei esordi, intendo dire, l'etica dell'indipendenza e di abbracciare la vostra comunità si sono rivelati esatti. Io non provo più emozioni nell'ascoltare musica e nemmeno nel crearla nel leggere e nello scrivere da troppi anni ormai. Questo mi fa sentire terribilmente colpevole.

Per esempio quando siamo nel backstage e le luci si spengono e sento il maniacale urlo della folla cominciare, non ha nessun effetto su di me, non è come era per Freddie Mercury, a lui la folla lo inebriava, ne ritraeva energia e io l'ho sempre invidiato per questo, ma per me non è così. Il fatto è che io non posso imbrogliarvi, nessuno di voi. Semplicemente non sarebbe

giusto nei vostri confronti né nei miei. Il peggior crimine che mi possa venire in mente è quello di fingere e far credere che io mi stia divertendo al 100%. A volte mi sento come se dovessi timbrare il cartellino ogni volta che salgo sul palco. Ho provato tutto quello che è in mio potere per apprezzare questo.

Ho apprezzato il fatto che io e gli altri abbiamo colpito e intrattenuto tutta questa gente. Ma devo essere uno di quei narcisisti che apprezzano le cose solo quando non ci sono più. Io sono troppo sensibile. Ho bisogno di essere un po' stordito per ritrovare l'entusiasmo che avevo da bambino. Durante gli ultimi tre nostri tour sono riuscito ad apprezzare molto di più le persone che conoscevo personalmente e i fans della nostra musica, ma ancora non riesco a superare la frustrazione, il senso di colpa e l'empatia che ho per tutti. C'è del buono in ognuno di noi e penso che io amo troppo la gente, così tanto che mi sento troppo fottutamente triste. Il piccolo triste, sensibile...! Perché non ti diverti e basta? Non lo so! Ho una moglie divina che trasuda ambizione e empatia e una figlia che mi ricorda troppo di quando ero come lei, pieno di amore e gioia.

Bacia tutte le persone che incontra perché tutti sono buoni e nessuno può far loro del male. E questo mi terrorizza a tal punto che perdo le mie funzioni vitali. Non posso sopportare l'idea che Frances diventi una miserabile, autodistruttiva rocker come me. Mi è andata bene, molto bene durante questi anni, e ne sono grato, ma è dall'età di sette anni che sono avverso al genere umano. Solo perché a tutti sembra così facile tirare avanti ed essere empatici. Penso sia solo perché io amo troppo e mi rammarico troppo per la gente. Grazie a tutti voi dal fondo del mio bruciante, nauseato stomaco per le vostre lettere e il supporto che mi avete dato negli anni passati. Io sono troppo un bambino incostante, lunatico! E non ho più nessuna emozione, e ricordate, è meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente.

Pace, Amore, Empatia. Kurt Cobain

Frances e Courtney, io sarò al vostro altare. Ti prego Courtney continua così, per Frances. Per la sua vita, che sarà molto più felice senza di me. Vi amo. Vi amo! Kurt

• Erich Fromm e la necrofilia della società contemporanea

• Umberto Galimberti, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani

• L’aggressività può essere intesa:

A. come un’energia che ci consente di separarci, di

«esternalizzare» l’altro (è questo il caso quando osserviamo che un «bambino è troppo buono»

intendendo che non ha sufficiente

aggressività/assertività per essere non compiacente, per compiere un percorso centrato sulle proprie esigenze,) B. come una caratteristica originaria dell’individuo

(affermazione di sé a discapito dell’altro; invidia, distruttività…)

→ educativamente, l’aggressività non deve spaventare e va praticamente sempre interpretata come un desiderio di crescita che non si è realizzato e che si riversa

violentemente verso il mondo esterno perché non ha avuto ascolto.

 L’aggressività non deve essere moralisticamente interpretata, ma intesa quale richiesta di crescita

inascoltata. Solo allora può essere integrata e orientata verso direzioni più costruttive. Gli adolescenti non

desiderano distruggere, ma crescere, e distruggono quando non riescono a crescere.

 In tal senso Winnicott parlava della delinquenza come

deprivazione emotiva.

 Vi sono poi le situazioni il cui la possibilità di essere se stessi è stata, nella storia dell’individuo, talmente

traumatizzata che la rabbia e l’aggressività sono diventate modalità irrinunciabili. È il caso di quegli

adolescenti che sono stati «deprivati» durante momenti critici della loro infanzia e che faranno prima illudere

l’educatore di essere in grado di stabilire un’alleanza ma che, quando si è stabilito un clima di fiducia, tenteranno di attaccarlo e distruggerlo in tutti i modi, mettendo a dura prova la perseveranza dell’educatore.

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