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SOMMARIO: 1. – Profili privatistici. 2. – Le fasi dell’operazione e la

ripartizione dei rischi 3. – La qualificazione giuridica 4. – Il sistema delle garanzie.

1. La finanza di progetto (meglio nota con la dizione inglese project

financing) appartiene a quell’ormai vasto numero di tipologie contrattuali che, sorte

in ambienti giuridici ed economici stranieri, sono state dalla prassi trasposte199 nell’esperienza commerciale e giuridica nostrana. Il modello contrattuale considerato, infatti, ha avuto origine e si è sviluppato nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America, per giungere poi, attraverso la prassi, a contagiare anche i sistemi civilistici e, per quanto ci riguarda, quello italiano200.

Nel Regno Unito il project financing è stato ampiamente utilizzato dal governo britannico sia nella sua forma del Private Finance Initiative, che attraverso la sua tipologia del Public Private Partnership per realizzare importanti opere infrastrutturali e per adeguare l’offerta di servizi ai cittadini.

199 Cfr. G.L. RABITTI, Project Finance e collegamento contrattuale, in Contr. impr., 1996, I, p.

226, il quale preferisce parlare di « impianto » anziché di « importazione, volendo evidenziare come la « mancanza di una sufficiente elaborazione dottrinale e giurisprudenziale » e la trasposizione del fenomeno dal mondo giuridico del common law a quello del civil law siano avvenuti, per la figura contrattuale del project financing senza un’adeguata riflessione sulla sua integrazione con gli istituti giuridici propri del civil law.

200 Sul project financing si vedano AA.VV., Finanza di progetto. Temi e prospettive, a cura di

G.F. Cartei e M. Ricchi, Napoli, 2010; G. FIDONE, Aspetti giuridici della finanza di progetto, Roma,

2006; M. Robles, Finanza di progetto e responsabilità professionali, Napoli-Roma, 2011; D. SCANO,

Project financing, Milano, 2006; 6. Relativamente alle origini storiche se ne ravvisa l’archetipo nel

finanziamento, ottenuto dal sovrano inglese da parte di un banchiere di Firenze, Frescobaldi, per sovvenzionare l’attività di estrazione d’argento in una miniera inglese. In quell’occasione, infatti, le parti si erano accordate perché il diritto alla restituzione del finanziamento fosse soddisfatto attraverso lo stesso argento estratto. Più aderenti al modello contemporaneo di project financing paiono, invece, le esperienze di finanziamento in favore di soggetti di diritto privato che, negli anni 30’ e 40’ del secolo scorso, erano interessati allo sviluppo del settore energetico, con particolare riferimento alle attività di costruzione di centrali elettriche e di estrazione petrolifera, nonché alla realizzazione di opere pubbliche si cui sono esempio il sistema ferroviario argentino e lo stesso Canale di Suez. Infine, non manca chi ne ravvisa il modello più prossimo nelle tecniche di finanziamento bancario sviluppate a seguito della crisi economica internazionale del 1974. In quest’ultimo senso, cfr. E.C. BULJEVICH-

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La fattispecie contrattuale si è a tal punto radicata nell’esperienza italiana da aver determinato l’intervento dello stesso legislatore nazionale, il quale, a ben vedere, ha in realtà offerto una disciplina solo parziale rispetto alle molteplici varietà operative in cui può estrinsecarsi il project financing. La normativa introdotta, – neanche, peraltro, coordinata e uniforme – si rivolge soltanto alle ipotesi in cui il finanziamento sia volto alla realizzazione di opere pubbliche201.

I riferimenti normativi sono offerti, in primo luogo, dalla l. 18 novembre 1998, n. 415 (c.d. Merloni-ter) che ha modificato la l. 11 febbraio 1994, n. 109 (la legge-quadro – c.d. Merloni – in materia di lavori pubblici) introducendo, con gli artt. da 37-bis a 37-novies, l’istituto della c.d. finanza di progetto; nonché dalla l. 1 agosto 2002, n. 166 (c.d. Merloni-quater), dal regolamento di attuazione adottato con d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 e dalla l. delega 21 dicembre 2001, n. 443 (la c.d. “legge obiettivo” per le grandi opere pubbliche) e dal d.lgs 190/2002 che ne ha dato attuazione202. La disciplina è stata, infine, sostituita dal d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (il c.d. Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione

delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) che raccoglie, in un unico testo, le norme

emanate in materia di contratti e appalti pubblici.

La disciplina menzionata, tuttavia, oltre ad essere dedicata al solo settore pubblico, interviene, anche in detto àmbito, soltanto a regolamentare alcuni aspetti e fasi del procedimento, senza offrire una disciplina esaustiva del modello contrattuale. Anche nella materia dei lavori pubblici203 sarà, pertanto, necessario dare soluzione ai

201 Per approfondimenti circa le esperienze di project financing nel settore pubblico si vedano

F. DE SIERVO-F.RAVETTA-P. RAVETTA, Qualificazione, progettazione, sicurezza e project financing dopo la Merloni-ter - Indicazioni operative, Rimini, 2000; L. BERNARDINI, Il project financing applicato alla realizzazione di opere pubbliche, in Impresa, 1996, p. 2121; G. GHIDINI-M.MERGATI, Le novità sugli appalti, il project financing e le società di progetto (commento alla l. 11 febbraio 1994, n. 109), in Contratti, 1999, p. 270; A.M. BALESTRIERI, Il « soggetto promotore » nel Project Financing, in Contr. e impr., 1996, p. 253 ss.; M. BALDI, Programmazione amministrativa e project

financing nella disciplina dei lavori pubblici, in Urbanistica e appalti, 2001, p. 1049 ss.; V. LANDI, Le società di progetto nella l. 415/98, in Resp. comunicazione impresa, 2001, p. 61 ss.; C.E. GALLO, La finanza di progetto, in L’appalto di opere pubbliche, a cura di R. Villata, Padova, 2001, p. 925 ss.

202 La legge disciplina, espressamente, la « realizzazione di opere pubbliche senza oneri

finanziari per la pubblica amministrazione ». Come ricorda L. COSTANTINO, Profili privatistici del

project financing e gruppi di contratti, in Contr. impr., 2003, I, p. 398, la menzionata legge non può, perciò, essere indicata come la fonte che ha introdotto nel nostro Paese il project financing (come invece, a torto, sovente accade). Da una parte, infatti, dovrà essere considerata l’esperienza della c.d. “finanza di progetto”, di cui il legislatore italiano ha offerto una disciplina (seppure non in modo sistematico e coordinato) e, dall’altra, tutte le altre ipotesi di project financing come sviluppatesi nella prassi.

203 I settori nei quali maggiormente si fa ricorso al project financing attengono ai trasporti,

all’energia, alle telecomunicazioni, allo smaltimento dei rifiuti, e al trattamento e alla fornitura d’acqua. La restrizione economica e le esigue risorse statali inducono, infatti, i soggetti pubblici a ricorrere al capitale privato per sostenere l’esecuzione di opere pubbliche.

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problemi pratici attraverso il ricorso agli stessi percorsi argomentativi cui dottrina e giurisprudenza ricorrono per le problematiche sollevate dalle operazioni di diritto privato e, in particolare, per gli aspetti internazionalprivatistici che si evidenziano di fronte a fattispecie di finanziamento di operazioni commerciali intraprese da soggetti italiani in paesi esteri (o viceversa)204.

Il project financing consiste in una peculiare modalità di finanziamento con la quale beneficiario dell’erogazione, nonché l’oggetto della valutazione e dell’apprezzamento da parte del finanziatore, non è tanto il soggetto – persona fisica o giuridica che sia – ma l’idea, il progetto, che con il finanziamento si intende realizzare. Volendo ricordare la definizione offerta da un autorevole studioso del fenomeno, si può dire che si tratta di « un’operazione di finanziamento di una particolare unità economica, nella quale un finanziatore è soddisfatto di considerare, sin dallo stadio iniziale, il flusso di cassa e gli utili dell’unità economica in oggetto come la sorgente di fondi che consentirà il rimborso del prestito e le attività dell’unità economica come garanzia collaterale del prestito »205.

È lo stesso progetto, pertanto, a costituire la garanzia del rimborso. Detta particolarità ha importanti conseguenze che si manifestano durante l’intero iter in cui si svolge la procedura. Il soggetto finanziatore, infatti, non fonderà la sua determinazione in merito all’erogazione del finanziamento sulla base della consistenza finanziaria del soggetto richiedente (né sulla base di precedenti iniziative finanziarie), bensì mediante una valutazione più complessa e ad ampio spettro che si rivolge all’ « equilibrio economico-finanziario di uno specifico progetto imprenditoriale legato ad un determinato investimento, giuridicamente ed

204 La disciplina pubblicistica si rivela, tuttavia, utile anche in ambito privato per aver

definitivamente accertato la meritevolezza economica dell’operazione. In questo senso, cfr. D. SCANO, op. cit., p. 36.

205 K.P. NEVITT, Project Financing, trad. it., della 4° ed. a cura di De Sury, Milano-Roma, 1987.

Alla valutazione dinamica cui è chiamato il soggetto finanziatore – in opposizione alla comune « logica del finanziamento [in] prospettiva meramente statica » si riferisce A. TULLIO, Il project finance, in AA.VV., Le operazioni di finanziamento alle imprese, Torino, 2010, p. 199. Altri, invece, ne danno

una definizione meramente pragmatica, ritenendo il project financing nulla più che una « formula descrittiva di un fenomeno di natura meramente economica»: in quest’ultimo senso, A. VERONELLI,

voce Project financing, in Dig. disc. priv.,sez. comm., agg. 2000, p. 594. In giurisprudenza si vedano Cons. Stato, 11 luglio 2002, n. 3916, in Foro amm., 2002, p. 2925, con nota di G. GUZZARDO, Finanza di progetto: ATI futuribile e aggiudicazione con il “con che”; nonché T.A.R. Sicilia, 13 novembre

2006, n. 2193, in Foro amm., 2006, p. 3675 che riconosce come « nella proposta di project finance il ruolo centrale spetta al piano economico finanziario la cui congruenza rappresenta una condizione preliminare ed essenziale per garantire l’attendibilità della proposta e la sua concreta fattibilità: infatti la tecnica finanziaria deve consentire il rimborso del prestito e la gestione proficua dell’attività stessa, pertanto il paino economico finanziario deve essere asseverato da un istituto di credito, cioè deve essere fornito di un’attestazione qualificata della coerenza e della bontà di tale piano ».

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economicamente indipendente dalle altre iniziative delle imprese che lo realizzano »206.

La definizione appena illustrata, cogliendo gli aspetti caratteristici dell’operazione, evidenzia, altresì, un’ulteriore particolarità del fenomeno. Come si è già detto, la banca, o il diverso soggetto richiesto di erogare il finanziamento, non è interessata a valutare la consistenza economica e finanziaria del soggetto richiedente; né, come meglio si avrà modo di vedere, la sua valutazione potrebbe portare a utili risultati. Elemento essenziale del project financing è, infatti, che ai fini della predisposizione e della gestione del progetto, nonché dell’erogazione del finanziamento, venga ad essere costituita un’apposita società ad hoc207, dotata di un proprio patrimonio che sarà a tutti gli effetti separato e distinto dalle risorse dei soggetti partecipanti alla società e che di riflesso, concorrono alla realizzazione del progetto. Si tratta, di norma, di una società costituita in joint-venture208, nella quale la partecipazione di ciascun promotore (detto anche “sponsor”) non è tale da permettere il controllo della società.

La definizione appena illustrata risulta, inoltre, conforme a quella tracciata dal Consiglio Europeo in una sua Decisione209, pronunciata proprio in materia di finanziamenti all’esportazione, ove per finanza di progetto si intende « il

finanziamento di una determinata unità economica in cui un prestatore giudica che i flussi di cassa e i proventi di tale unità economica costituiscano la fonte dei fondi richiesti per il rimborso del prestito e che le attività dell’unità economica costituiscano una garanzia del prestito ».

206 La definizione è di G. IMPERATORI, Il Project-Financing – Una tecnica, una cultura, una politica, Milano, 1995, p. 27.

207 In alternativa alla costituzione di una società di progetto, le parti ottengono la separazione

patrimoniale tipica dell’operazione attraverso la costituzione di un trust o ai patrimoni e finanziamenti destinati disciplinati dall’art. 2447-bis c.c. Sul punto, v. D. SCANO, op. cit., p. 47 s. nonché p. 107 ss.

L’Autore, peraltro, rileva come il patrimonio destinato sia « regolato da una disciplina apparentemente inadatta a presidiare le esigenze tipiche dei finanziatori in operazioni di project financing, secondo quella che ne è la prassi contrattuale internazionale. In particolare, i finanziatori non pare possano in alcun modo sottrarsi – in caso di fallimento – al concorso con gli altri creditori del patrimonio destinato in quanto la legge non fornisce alcuno spazio per congegnare un loro esclusivo diritto di soddisfarsi in via privilegiata sui proventi dell’affare. Inoltre, nonostante la segregazione patrimoniale, l’eventuale fallimento della società potrebbe provocare l’imprevisto blocco delle iniziative del patrimonio destinato, salvo ipotizzare la continuazione dello stesso in esercizio provvisorio per volontà del curatore ». L’Autore, inoltre, osserva come tale ultima ipotesi risulti confermata dalla disciplina introdotta

208 V. VACCÀ, voce Joint-venture (aspetti contrattuali), in Dig. disc. priv., sez. comm., VIII,

Torino, 1992, p. 50 ss.

209 Cfr. Decisione del Consiglio Europeo 2001/77/CE, del 22 dicembre 2000, citata da N.

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Dalle suddette circostanze deriva che anche le garanzie richieste dalla banca hanno spesso natura diversa da quelle che sono in genere richieste e concesse per le ordinarie operazioni di finanziamento. La restituzione del finanziamento che viene, comunemente, garantita mediante la prestazione di fideiussioni o di garanzie reali – queste ultime concesse per lo più dai soci – è, invece, nel project financing strettamente subordinata alle caratteristiche e alla redditività dell’affare, cioè alle sue capacità di produrre il reddito necessario e, almeno, sufficiente al soddisfacimento dei debiti. A ciò consegue che potranno essere sovvenzionati attraverso il ricorso al

project financing esclusivamente progetti industriali capaci di realizzare un « flusso

di reddito minimo costante per un certo periodo di tempo »210 pari, quantomeno, a quello necessario per ripagare il finanziamento, oltreché a remunerare i promotori dell’investimento211, ovvero a quelle che nella prassi si definiscono operazioni self-

liquidating.

Come si è anticipato, uno degli elementi essenziali di ogni operazione di

project financing è rappresentato dalla costituzione da parte dei soggetti c.d.

“promotori”, di una società ad hoc, – detta « project company » o « special purpose

vehicle » – la quale risulta essere l’unico soggetto di riferimento per il finanziatore: è

la società di progetto, infatti, a concludere il contratto di finanziamento e gli altri contratti mediante i quali si sviluppa l’iniziativa.

La costruzione di project financing appena descritta si riferisce ad un piano di finanziamento integralmente ed esclusivamente garantito attraverso i beni del progetto medesimo e rappresenta la forma c.d. pura del fenomeno, anche detta non-

recourse project financing212. Essa, infatti, non permette al finanziatore alcuna possibilità di rivalsa nei confronti dei soci. La valutazione del credito e la stima delle possibilità di rimborso si fondano integralmente sul presumibile flusso di cassa che deriverà dall’esecuzione del progetto. E anche qualora i ricavi non dovessero rivelarsi adeguati e sufficienti alla restituzione del credito, sugli sponsor non graverà alcuna obbligazione di pagamento.

Il project financing, a ben vedere, nella gran parte delle esperienze concrete si qualifica, tuttavia, come limited recourse project financing. Quest’ultima figura

210 G.L. RABITTI, op. cit., p. 227.

211 Di regola i soggetti promotori dell’iniziativa si impegnano, al momento della costituzione

della società a non ripartirsi utili, se non entro determinati limiti, prodotti dalla gestione dell’iniziativa, fintantoché non siano stati rimborsati i soggetti finanziatori.

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prevede, entro limiti contrattualmente predefiniti, anche una qualche possibilità per il finanziatore di rivalersi sui soggetti partecipanti all’iniziativa senza che, tuttavia, ne risulti neutralizzato l’aspetto caratterizzante, rappresentato – attraverso la predisposizione di un’apposita società che si presenta come unica controparte nell’ampia serie di contratti che ineriscono l’iniziativa – dall’isolamento del patrimonio societario a tutto vantaggio del progetto che si intende realizzare. Al fine di limitare i rischi insiti in determinate fasi della realizzazione del progetto, infatti, il soggetto erogante il finanziamento pretende che gli sponsor mettano a disposizione anche il proprio patrimonio per tutto il tempo in cui il rischio sussiste o fino a che la costruzione dell’opera non sia stata completata213. Solo dal momento in cui il rischio risulta cessato o comunque ridotto il finanziamento diviene non recourse e non è più ammessa l’azione nei confronti dei soci.

Una terza modalità operativa consiste nell’output interest financing, nel quale il soggetto finanziamento è ottenuto dal corrispettivo ottenuto a fronte dell’acquisto, da parte del finanziatore, di una partecipazione nel risultato dell’operazione.

2. Il project financing è un’operazione ad ampio spettro in cui intervengono a vario titolo molteplici parti (in genere pluripersonali), tutte informate delle modalità, dei caratteri e della complessità dell’iniziativa economica.

Le forme concrete con le quali le operazioni di project finance possono delinearsi sono molteplici e dipendono, spesso, dalla creatività degli stessi avvocati e professionisti che intervengono. La flessibilità delle strutture deriva, in larga parte, dall’inclinazione dei soggetti coinvolti ad assumersi i rischi dell’operazione, ma anche, com’è ovvio, dalle condizioni economiche del paese interessato.

L’operazione prende avvio con la presentazione al finanziatore (il quale coincide, in genere, con un pool di banche) del progetto che si intende realizzare.

213 Si noti che uno dei momenti più critici per il finanziatore è quello iniziale in cui

l’esecuzione del progetto deve essere avviata. È comprensibile, pertanto, che proprio relativamente a questa fase egli pretenda che il rischio sia, almeno parzialmente, assunto dagli stessi sponsors. Può, altresì, accadere che, per tenere distinti i rapporti, le parti concludano due diversi contratti di finanziamento: il primo relativo al periodo della costruzione dell’opera e il secondo riferito alla fase della sua gestione.

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Successivamente viene costituita la società di progetto idonea a tenere isolata la realizzazione dalle ulteriori e diverse circostanze che possano incidere sui promotori.

La diffusa prassi in ambito di project financing ne ha rivelato la versatilità di utilizzo, potendo ricorrersi ad esso sia per realizzare grandi opere pubbliche (ciò avviene particolarmente quando la P.A. non dispone delle somme necessarie per affrontare da sola l’operazione) ma, anche, per la progettazione e l’esecuzione di attività di diritto privato. Elemento imprescindibile è, infatti e come si è anticipato, che l’iniziativa economica sia tesa alla realizzazione di operazioni self-liquidating, mentre è indifferente che esse rispondano a un interesse pubblico o a uno scopo puramente privatistico. L’unico aspetto che differenzia i due campi è la sussistenza, da un lato, di una disciplina legislativa – benché parziale – e, dall’altra, la necessità di dover fare esclusivo riferimento alle norme generali in materia contrattualistica.

Il project financing è volto, come si è detto, alla realizzazione di progetti industriali particolarmente onerosi, per i quali i soggetti interessati non dispongono delle risorse economiche necessarie, né sarebbero in grado di ottenerle facendo leva sulle proprie condizioni economico-finanziarie, insufficienti a fungere da garanzia214. Gli elementi che, allora, convincono il finanziatore ad erogare il prestito sono la credibilità e la realizzabilità del piano, insieme alla sua potenzialità di produrre i ricavi necessari al rimborso, una volta che sia stato realizzato e messo in esecuzione. La banca, o – più spesso – il pool di banche, pertanto pretende, per poter condurre un’oculata analisi del rischio (analisi che, al fine della concessione del credito, dovrà concludersi con l’accertamento circa la sussistenza di un’elevata possibilità che il progetto si concluderà positivamente), di conoscere nei dettagli i profili dell’iniziativa, nonché, al fine di limitare i profili di criticità, di far inserire le modifiche e le clausole contrattuali più consone ai propri interessi, prevedendo tutte le garanzie opportune, e verificando la corrispondenza col piano economico- finanziario. In questa fase di valutazione il soggetto finanziatore si avvale della consulenza e del supporto di conoscenze di figure qualificate quali avvocati,

auditors, brokers assicurativi nonché tecnici ed ingegneri, i quali sono, nell’ambito

delle rispettive conoscenze, chiamati a valutare le clausole contrattuali, il business

plan complessivo e i progetti di realizzazione delle opere.

214 Ragione che può giustificare il ricorso al project financing è, talvolta, anche il rischio di un

esito negativo eccessivamente elevato, insito nell’operazione, che il singolo soggetto che dovrà realizzare le opere non intende sostenere singolarmente.

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Si può, pertanto, affermare che tra le varie parti che intervengono nell’affare si realizza una vera e propria ripartizione dei rischi che risponde a quella che, con un’immagine piuttosto efficace, è stata definita una communauté d’intérêts215 nella quale trovano spazio ed espressione non solo i rapporti tra il finanziatore e i promotori ma, altresì, quelli che legano gli ulteriori soggetti che, a vario titolo, sono contrattualmente vincolati alla società di progetto. In detti contratti, infatti, sono abitualmente inserite clausole specificamente destinate a limitare i rischi di inadempimento o di impossibilità sopravvenuta al fine di garantire, anche in questi ultimi casi, di poter delimitare i danni o permetterne comunque una liquidazione certa sebbene minore. Il rischio, in sostanza, viene in parte fatto ricadere anche su chi acquista i beni o i servizi forniti dal soggetto gestore. A vantaggio, ancora una volta, del finanziatore che potrà contare sul rimborso del finanziamento, mentre la restante quota di rischio sarà fatta ricadere sui soggetti promotori.

Si può dire che il soggetto finanziatore (spesso una banca o un pool di banche) partecipa, insieme agli altri soggetti che intervengono nell’operazione, al rischio d’impresa insito nell’affare. Questa è appunto l’essenza dell’operazione. Il

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