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La propaganda per l’adesione volontaria alle forze armate della Repubblica di Salò

La sequenza delle foto n. 27-32 riguarda un episodio culminante della propaganda nazifascista svolta per indurre gli I.M.I. ad aderire volontaria- mente alla R.S.I., accettando di entrare a far parte delle divisioni di Graziani, in via di formazione in Germania. Per l’occasione, l’avvenimento era stato preceduto da un ben concertato insieme di fatti e notizie: calo della razione viveri, restrizione del mercato nero, distribuzione di molti numeri del giornale «La voce della Patria», edito a Berlino dall’ambasciata fascista, e contenente scritti di propaganda (fatta male, a dire il vero); propalazione di voci sulla sorte oscura che sarebbe stata riservata a chi rifiutava di piegarsi, notizie “sicure” di ex I.M.I. che, dopo aver aderito, erano stati riportati subito in patria e restituiti alle famiglie ecc. E, intanto, avevano avuto inizio i primi decessi per t.b.c. ed i primi edemi da fame, gli esaurimenti.

Venne la commissione, costituita di ufficiali della R.S.I., ben vestiti, perfino compiti, e di accompagnatori ufficiali della Wehrmacht. Il discorso principale fu fatto da un colonnello degli alpini, che ripeté la solita storia del “tradimento”, dell’onore della patria da riscattare, del sacrificio che bisognava affrontare per riguadagnare la fiducia dei camerati tedeschi. E, sottolineava, aderendo si sarebbe goduto del trattamento economico dei militari della Wehrmacht, ben pagati e ben nutriti, soprattutto ben nutriti, senza contare che anche le nostre famiglie avrebbero avuto rilevanti vantaggi… Dopo la cerimonia, i repubblichini rimasero a disposizione di coloro che volevano delucidazioni e notizie. Poi partirono.

E qui ebbe inizio il tormento della decisione da prendere. Tra l’altro, ci era stato comunicato che in vari altri lager di Polonia c’erano state delle adesioni in massa, o quasi: a Bjala Podlaska, per esempio, avevano detto no soltanto 145 internati su 2.600, ed era vero, come avemmo modo di appurare dopo, dai resistenti che ci raggiunsero a Sandbostel. Ma per molti altri campi il risultato fu ben diverso, con maggioranza di risposte negative. I nostri cedimenti, a Be- niaminowo, furono piuttosto consistenti, circa il 40%. Gli optanti, così venivano definiti coloro che aderivano, passarono ben presto in un altro settore del campo, dove venne loro somministrata la razione viveri del soldato tedesco a riposo.

Fig. 28. Beniaminowo, 8 gennaio 1944. Parla il t. col. Sommariva, alpino al servizio della R.S.I. Insieme

a lui sono il gen. Sisini e il s.ten. Leporati. L’offerta è di entrare nei reparti delle SS tedesche oppure nelle costituende divisioni della R.S.I. “Per riscattare l’infamia di Badoglio ed il tradi- mento della monarchia verso la Germania, ecc. la sola via di riscatto, della dignità dell’onore, ecc... è quella di combattere fianco a fianco con i camerati tedeschi, ecc... e mangerete”.

Fig. 29. Prima pagina del giornale «La Voce della Patria» che, insieme a «Il Camerata», veniva diffuso

Fig. 30. Beniaminowo, 8 gennaio 1944. Una copia originale della “dichiarazione di impegno”, cioè

Fig. 31. Beniaminowo, 8 gennaio 1944. Dopo la cerimonia, il gen. Sisini (il primo a destra) e il s.ten.

Fig. 33. Beniaminowo, 12 gennaio 1944. Le discussioni tra noi sono accese, continue, sul tema dell’a-

desione. Il clima era stato preparato da una sensibile riduzione della razione viveri, già molto modesta, e da voci di un futuro nero. Si parla di trasferimenti in campi di punizione, di servizio obbligatorio del lavoro. Risultato: 1.200 adesioni su circa 2.700 presenti. La foto ritrae un grup- po di ufficiali che hanno aderito e che, con i bagagli pronti, stanno per trasferirsi in un altro settore del lager dove troveranno vitto e alloggio migliori, e da dove quelli che non hanno ade- rito sentiranno giungere le note cantate di “Giovinezza giovinezza”.

Fig. 34. Beniaminowo, gennaio 1944. Quelli che rimangono affrontano i disagi col morale molto depres-

so. La vicenda è pesante per molti aspetti: amicizie incrinate, accuse di tradimento, timori di rappresaglie tedesche. Chi resta – volontariamente – è tormentato dal dubbio se valga la pena di tenere duro: i miei cari capiranno? Non sto facendo l’eroe fesso? Comunque i tedeschi ci vengono in aiuto per tirare su il nostro morale, ordinando “che si faccia ginnastica, perché sia- mo troppo impigriti”. Questa la giustificazione ufficiale: in realtà, per farci sprecare le scarse energie che la dieta ultra spartana ci poteva offrire.

Fig. 35. Beniaminowo, febbraio 1944. Gli amici più intimi della baracca n. 2: da sinistra Zucca, Caboa-

ra, Cacace, Fabre Repetto, Cingari, Paccassoni. Tra questi internati uno, che non nomino per riguardo, aveva il figlio che, in Italia, si era arruolato nelle SS.

Fig. 36. Beniaminowo, febbraio 1944. Vialli e Paccassoni (a sin.). L’ing. Vittorio Paccassoni, di Fano,

sottotenente di complemento del Genio Navale, è l’amico fraterno che mi ha aiutato molto nel salvare la macchina fotografica durante le perquisizioni.

Fig. 37. Beniaminowo, febbraio 1944. Giovanni Guareschi e Giuseppe Novello: due persone che hanno

I trasferimenti

Chi non l’ha provato difficilmente può immaginare la somma di disagi, di sofferenze e di umiliazioni che comportava un trasferimento da un lager all’altro. Accanto alle difficoltà obbiettive in cui si trovava la rete ferroviaria tedesca per bombardamenti, sabotaggi, intasamenti, mancanza di materiale rotabile, c’era la premeditata ed ottusa volontà della scorta di rendere più dura possibile la vita degli internati. Mediamente, un trasferimento durava una settimana, con lunghissime soste sui binari morti. I viveri della già scarsa razione erano distribuiti, freddi naturalmente, per tre o quattro giorni soltanto. Vagoni merci ghiacciati, senza ombra di riscaldamento, 40, 50 e in certi casi perfino 100 uomini per carro, sprangato all’esterno. I portelli si aprivano una sola volta al giorno e per appena un quarto d’ora, per evacuare a comando. L’acqua era distribuita quando faceva comodo alle guardie. Possibilità di ripo- sare scarsissime, anche perché mancava letteralmente lo spazio per sdraiarsi. Si facevano i turni, in piedi e coricati. Diarree con tutte le conseguenze non difficili da immaginare, all’interno di quelle bolge. Orinare in un barattolo, che veniva poi passato di mano in mano per poterlo vuotare all’esterno, attraverso un pertugio regolarmente sbarrato da filo spinato. E, piuttosto spesso, specie in occidente, bombardamenti e mitragliamenti aerei, con morti e feriti: ma i tedeschi non aprivano, rifiutavano aiuti e il viaggio continuava.

Per raggiungere la stazione ferroviaria, marce a piedi di molti chilometri. In qualche caso – com’è capitato ai 145 resistenti di Biala Podlaska – agli ufficiali furono tolte le scarpe per tutto il tragitto in ferrovia. E poi ancora, appelli a non finire, in partenza dal lager, appena fuori, a metà marcia, alla stazione, allo sbarco ecc. ecc., per ore, al freddo, senza cibo, con una stan- chezza mortale addosso, da piangere.

Durante il trasferimento da Beniaminowo a Sandbostel, marzo 1944, poco prima di passare l’Oder, la tradotta si fermò su un binario poco distante da una piccola stazione. Ci fecero scendere tutti e ci accompagnarono in uno spiazzo compreso tra la linea ferroviaria e una strada lungo la quale c’era un certo passaggio di civili. A comando, tutti i circa 800 ufficiali dovettero calare i pantaloni per: “scheissen aber schnell, schnell!” (occorre la traduzione?). Davanti a me, a meno di un metro, c’era un maturo cappellano militare. Sono cose che non si possono dimenticare.

Stralcio dei miei appunti e annotazioni scritti in prigionia riguardante qualche det- taglio dei trasferimenti:

Polonia (s.ten. Dusini) trasferimento da Biala a X B (marzo ’44). Spogliati di tutto, penne, orologi, cin- ghie, temperini, forbici, viveri, ritratti, a parecchi vennero stracciati i ritratti dei propri congiunti (il s.ten. Dusini testimonia della distruzione del ritratto della mamma a un amico e della moglie a un altro). Avvia- ti alla stazione a piedi nudi, con ghiaccio e neve, fatti salire su vagoni bagnati con paglia poca e bagnata, stufa senza combustibile in 43 per vagone invece di 30! Viaggio disastroso senza mangiare. A Siedlce restituiscono le scarpe. Senza coperte.

Fig. 38. Sandbostel. La disinfestazione, operazione che si verifica comunemente ad ogni cambio di lager

e, saltuariamente, durante lunghe permanenze in uno stesso campo. Ci si raduna per andare alla baracca (Entwesungs Anstalt), appositamente attrezzata, con docce, autoclavi, situata in un altro settore del lager.

Fig. 39. Sandbostel, dicembre 1944. L’Entwesungs Anstalt, oggi tutto nostro. Un gruppo di internati ita-

Fig. 40. Sandbostel, dicembre 1944. Operazione disinfestazione. Un interno dell’Entwesungs Anstalt: si

scorgono alcune docce e, in primo piano tra due internati nudi, il prigioniero russo chino a spennellare le zone pilifere dell’ufficiale italiano con un intruglio depilatore antiparassitario. Fi- nita la faccenda, si usciva nudi all’aperto, con qualunque tempo e si attendeva la riconsegna de- gli effetti di vestiario che, nel frattempo, erano passati all’autoclave. La foto è decisamente brut- ta, ma date le circostanze non si poteva fare di meglio. Il fotografo era anch’egli nudo, con in mano un sacchetto contenente la macchina fotografica. Dopo aver scattato rapidamente la foto, la macchina passò nelle mani dell’amico Paccassoni il quale provvide ad avvolgerla in stracci e indumenti, facendo un fagotto che, poi, venne regolarmente introdotto nell’autoclave (che fun- zionava per fortuna a secco).

Fig. 41. Sandbostel. La foto segnaletica per la nostra scheda personale. Quella fattaci in Polonia non

vale più e viene sostituita da questa. Siamo definitivamente dei numeri. Il mio è 6168, segnato anche su un piastrino metallico che ci viene consegnato subito.

Fig. 42. Sandbostel, giugno 1944. Il cap. Pinkel, comandante del lager, amburghese, parlava un tedesco

incomprensibile, pretendendo di essere capito al volo. Carattere brusco, collerico, esigeva molto, formalmente (saluti marziali, divise a posto, niente barbe). Giudicato molto male da alcuni, non altrettanto da altri. Fece una brutta fine: racconta un cappellano rimasto e Sandbostel fino al maggio 1945 che, dopo la liberazione, i russi aggiogarono Pinkel al carro M, lo calarono più volte nella fogna ed infine lo impiccarono.

Fig. 44. Sandbostel, agosto 1944. L’anziano del campo, il comandante Giuseppe Brignole, medaglia d’o-

ro al V.M. colto in un momento di relax sulla porta della sua baracca. Aveva il pesante compito di dirigere gli internati su delega dei tedeschi, con tutte le complicazioni che l’investitura com- portava. Il ricordo che ha lasciato è basato su un’altissima stima per il suo comportamento. I fascisti gli avevano offerto la possibilità di rientrare in Italia, senza firmare nulla: rifiutò per due volte, affermando che il suo posto era tra gli I.M.I.

I passatempi

È ovvio che i lager non offrivano alcuna forma di svago, per così dire istituzionalizzata. Vi fu, tuttavia, un periodo dell’estate 1944, in cui i tedeschi permisero alcune manifestazioni: poche rappresentazioni di varietà, di prosa, un paio di trattenimenti musicali all’aperto, una mostra d’arte. In tutto sei o sette avvenimenti soltanto, ad alcuni dei quali venne invitato qualche nostro custode. Protagonisti furono alcuni prigionieri di buona volontà e di grande bravura: ricordo i nomi di Giovanni Guareschi, Gianrico Tedeschi, Pietro Mag- gioli, Arturo Coppola, Giuseppe Novello. Non posso pensare ad essi, persone veramente eccezionali, senza provare riconoscenza per essere riusciti, superando mille difficoltà, a regalarci qualche ora di evasione dalle nostre preoccupazioni.

Per distrarre la massa degli internati, per alleviare il tedio, per far dimen- ticare la fame ed i pensieri deprimenti, altri internati organizzarono giornali parlati, conferenze, istruirono cori e diedero vita a dei “corsi accademici” di economia, diritto, sociologia, politica, lingue, discipline scientifiche ecc. Tra i contributori, molto attivi, furono i fratelli Bruno e Nino Betta, Taverna, Cappelletti, Golzio, Scifo, Cazzaniga, Allorio, Sinopoli, Fuganti, Gandin, Odorizzi, Salvadori; di numerosi altri non ricordo i nomi.

Per passare il tempo, si passeggiava (se non faceva freddo) con gli amici più cari; in baracca, qualche partita a carte (fabbricate nel lager), poche letture (i libri erano rari e si affittavano per qualche sigaretta), qualcuno studiava, altri compilavano diarii o disegnavano. Vi erano ufficiali che lavoravano a maglia, che fabbricavano per commissione oggetti vari usando barattoli e pezzi di legno: fornellini, bilance, gavettini, cucchiai; oppure facevano i barbieri, i sarti, gli intermediari dei piccoli commerci clandestini.

Ma la maggior parte non aveva risorse del genere e se ne stava più immo- bile possibile per non sprecare le poche calorie disponibili.

Un singolare “svago” del quale tutti potevano usufruire a sazietà a Sandbo- stel, che probabilmente costituiva un buon punto di riferimento geografico, era il passaggio di enormi stormi di fortezze volanti alleate. Durava ore e ore, giorno e notte, andata e ritorno, talvolta con spettacolosi combattimenti. Triste, ma vero, in quelle occasioni ci si sentiva moralmente meglio.

Fig. 45. Sandbostel, estate 1944. Uno spettacolo all’aperto: sono presenti anche alcuni tedeschi. Si ese-

guono musiche classiche, con strumenti prestati dal comando. Particolarmente suggestiva l’ese- cuzione del coro del Nabucco, al quale si uniscono gli spettatori. Al centro si scorgono l’orche- strina e il coro.

Fig. 46. Sandbostel, estate 1944. Dopo una pioggia, l’acqua ha nuovamente rifatto il “laghetto”. Sulle sue

sponde, costituite di detriti e rifiuti, ufficiali scavano per cercare pezzetti di legno, torba, cartone che servono ad alimentare i fornellini di fortuna. È necessario utilizzare proprio tutto quello che offre l’ambiente.

Fig. 47. Sandbostel, estate 1944. Un internato, ufficiale di fanteria, si è improvvisato barbiere. La tariffa

Fig. 48. Sandbostel, 1944. Esiste perfino un servizio dentistico autorizzato dai tedeschi, i quali, però,

Fig. 49. Sandbostel, estate 1944. Nel locale della Cappella viene allestita una Mostra d’Arte, di disegno

e pittura. Ebbe molto successo, sia per il numero di partecipanti, sia per l’affluenza di visitatori. Da notare che era assai difficile procurarsi i materiali necessari allo scopo: anche in questo caso giocava la fortuna. Qui un particolare della mostra.

Fig. 50. Sandbostel, 1944. Il diploma di partecipazione alla mostra di disegno e pittura, firmato da No-

Fig. 51. Sandbostel, dicembre 1944. Il “laghetto” è ghiacciato. Pochi internati ne approfittano per fare

Fig. 52. Sandbostel, 1 ottobre 1944. Prima domenica del mese: molti internati sono raccolti intorno alla

buca del “laghetto” per assistere alla cerimonia dell’amministrazione della Cresima a vari ufficia- li. Celebrante il cappellano militare don Pasa. Dieetro di lui, a destra, il ten. Maggioli, maestro di musica, attorniato dal coro. Per l’occasione venne cantata una Messa di sua composizione, accompagnata alla fisarmonica dal ten. Coppola.

Fig. 53. Sandbostel, 1944. Il sistema nervoso di quest’ufficiale non ha retto. Lo si vede spesso girare a

passo veloce, senza scarpe e con una bacinella piena di cianfrusaglie, come se fosse indaffaratis- simo. Nel tubo di cartone che gli pende dal braccio, conserva erbe che raccoglie pericolosamen- te vicino al filo spinato.

Fig. 54. Sandbostel, estate 1944. Il com.te Giuseppe Brignole, anziano del campo (il terzo da sinistra), a

passeggio con alcuni stretti collaboratori. La camminata “igienica” costituiva per lui, come per altri internati, un esercizio abituale.

Fig. 56. Sandbostel, dicembre 1944. Neve, vento gelido durante l’attesa della “conta”. A volte si sta così

I viveri

Le regole internazionali prescrivono che ai prigionieri di guerra sia riser- vato un trattamento alimentare pari a quello che la nazione detentrice offre ai propri soldati a riposo. Col trucco di non considerarci prigionieri, i nazifascisti elusero questa regola. La novità della qualifica di internati militari offrì loro una comoda scappatoia per dosare come volevano i viveri. E il dosaggio fu estremamente parsimonioso anche se i grammi complessivi di questo o quel cibo potrebbero sembrare, a qualcuno, discreti. A chi ne ha fatto l’esperienza, certamente no. Semplicemente perché erano razioni teoriche che venivano decurtate in partenza, assai spesso, per trarne dei quantitativi con i quali si alimentava il mercato nero. Inoltre bisogna tenere conto della qualità dei vari alimenti: ad esempio, era frequente il caso di forniture di patate gelate, im- mangiabili; il pane conteneva una certa percentuale di segatura ed era sempre umido; la minestra (sbobba) era priva di grassi e di sostanze proteiche; i co- siddetti viveri di conforto arrivavano molto saltuariamente, specie negli ultimi mesi dell’internamento. Comunque, la razione teorica giornaliera era questa:

Al mattino: un infuso caldo di erbe varie e fiori di tiglio. Per il resto della giornata:

– 1 litro di sbobba di rape da foraggio, tagliate a fettucce, amare, disgu- stose. A volte, nei primi tempi, zuppa di crauti acidi o di verdure secche, vermiciattoli compresi.

– pane 300 grammi. Agli inizi del ’44, calò a 180 g. e perfino a 150. – patate 200 grammi. A volte, al posto delle patate, arrivavano crauti crudi o carote (per le vitamine, dicevano).

– margarina 25 grammi – zucchero 20 grammi

– viveri di conforto: lievissimi quantitativi di marmellata, o di sanguinac- cio, o di un certo puzzolentissimo formaggio. Distribuzione estremamente irregolare in principio, verso gli ultimi dieci mesi sospesa.

C’è chi ha fatto il calcolo delle calorie contenute in questa razione teorica, arrivando alla conclusione che era ben al di sotto delle esigenze vitali di una per- sona a riposo completo. Impossibile dire quanto fosse sotto le suddette esigenze vitali la razione che ci veniva effettivamente passata. A questo proposito sono più eloquenti i computi fatti sui frequentissimi casi di tubercolosi, pleuriti, edemi da fame, dimagrimenti dell’ordine medio di 15-20 chilogrammi in pochi mesi.

La tabella viveri del giorno 11 febbraio 1944, esposta a Beniaminowo con l’elenco delle spettanze di mi- nestra, barbabietole, pane, e margarina. (Foto cap. Sergio Manfredi)

Fig. 57. Sandbostel, estate 1944. La corvée del “tiglio” del mattino è pronta davanti al cancello delle

cucine, con i caratteristici caraffoni. La bevanda aveva l’unico pregio di essere calda: serviva perciò spesso per fare la barba.

Fig. 59. Sandbostel, 1944. La distribuzione della “sbobba” in baracca. Operazione estremamente delica-

ta, affidata a persone di tutta fiducia, che dovevano ripartire la brodaglia con assoluta precisio- ne e imparzialità.

Fig. 60. Sandbostel, 1944. Ingegnose bilance, costruite con mezzi di fortuna da esperti ufficiali, permet-

tono di suddividere le patate in razioni esatte con margini di errore trascurabili. Celestino pesa sotto gli occhi attenti di Daz, Grosso.

Fig. 61. Sandbostel, 1944. Ci si ritira nel proprio angolino a mangiare con attenzione la “sbobba”. Ogni

cucchiaiata significa un po’ di calore e un briciolo di forza per i corpi affamati. Paccassoni, Spirch ed Evandro Ricci.

Fig. 63. Sandbostel, 1944. Il servizio svuotamento dei pozzi neri era effettuato con carri-botte trainati da

soldati italiani e russi. Nei primi tempi i russi riuscivano a far entrare – nascosti all’interno dei carri M (o “Volga Volga”) – viveri del mercato nero. In questa foto, gli addetti sono tutti russi.

Fig. 64. Sandbostel, estate 1944. Un certo giorno, al traino dei carri M vennero adibiti militari italia-

ni (nella foto). I russi consegnavano il veicolo vuoto all’entrata del campo e lo riprendevano quando i nostri lo riportavano pieno. Era successo che quelli della Caterina [la radio segreta del lager, cfr. fig. 70, N.d.C.] avevano fatto circolare la voce, giunta agli orecchi dei tedeschi, che le informazioni proibite sull’andamento della guerra entravano nel campo tramite i russi del carro M. Se ben ricordo, il fatto avvenne subito dopo lo sbarco degli Alleati in Normandia, 6 giugno 1944. La grande notizia fu captata dalla radio clandestina e si diffuse in un baleno tra gli I.M.I. Al mattino i tedeschi ignari la appresero da noi, dalle facce improvvisamente sorridenti, dalle molte barchette di carta che, spettacolo del tutto insolito, galleggiavano sull’acqua del laghetto. La corvée del carro M rimase tuttavia guidata da uno “specialista” russo (a sinistra della foto). I volti dei nostri soldati esprimono chiaramente l’avvilimento della situazione.

Fig. 65. Sandbostel, 1944. Il carro M, varcata la porta d’uscita costeggia all’esterno il reticolato per por-