App. b.c. 1.86-87:
Τὴν δὲ διαίρεσιν τῆς γῆς οἱ κεκτηµένοι καὶ ὣς ἐπὶ προφάσεσι ποικίλαις διέφερον ἐπὶ πλεῖστον. Καί τινες εἰσηγοῦντο τοὺς συµµάχους ἅπαντας, οἳ δὴ περὶ τῆς γῆς µάλιστα ἀντέλεγον, εἰς τὴν Ῥωµαίων πολιτείαν ἀναγράψαι, ὡς µείζονι χάριτι περὶ τῆς γῆς οὐ διοισοµένους. Καὶ ἐδέχοντο ἄσµενοι τοῦθ’ οἱ Ἰταλιῶται, προτιθέντες τῶν χωρίων τὴν πολιτείαν. Συνέπρασσέ τε αὐτοῖς ἐς τοῦτο µάλιστα πάντων Φούλβιος Φλάκκος, ὑπατεύων ἅµα καὶ τὴν γῆν διανέµων. Ἡ βουλὴ δ’ ἐχαλέπαινε, τοὺς ὑπηκόους σφῶν ἰσοπολίτας εἰ ποιήσονται.
Anche così i possessori ostacolavano il più a lungo possibile con vari pretesti la divisione dell’agro pubblico. Alcuni, allora, proposero di iscrivere nella cittadinanza romana gli alleati tutti, che erano quelli che maggiormente erano in disaccordo con la legge agraria, perché, ottenendo un maggior beneficio, non facessero più opposizione alla riforma dell’agro pubblico. Gli Italici accettavano volentieri la proposta, anteponendo la cittadinanza alla terra. Più di tutti cooperava con loro a questo scopo Fulvio Flacco, che era allo stesso tempo console e triumviro agrario. Ma il senato era ostile a rendere cittadini con pari diritti dei sudditi.
9. Candidatura al tribunato di Gaio Gracco (124 a.C.)
App. b.c. 1.88:Καὶ τόδε µὲν ἐγχείρηµα οὕτω διελύθη, καὶ ὁ δῆµος ἐν ἐλπίδι τέως τῆς γῆς γενόµενος ἠθύµει· ὧδε δὲ αὺτοῖς ἔχουσιν ἀσπάσιος ἐκ τῶν τὴν γῆν διαιρούντων ἐς δηµαρχίαν ἐπιφαίνεται Γάιος Γράκχος, ὁ Γράκχου τοῦ νοµοθέτου νεώτερος ἀδελφός, ἐς πολὺ µὲν ἡσυχάσας ἐπὶ τῇ τοῦ ἀδελφοῦ συµφορᾷ.
E così anche questo tentativo riuscì vano, ed il popolo, rimasto fino allora nella speranza della terra, si scoraggiava; mentre il popolo, dunque, era in questo stato d’animo, si presenta per il tribunato Gaio Gracco, fratello minore di quello che aveva proposto la legge, molto amato come triumviro agrario, che era rimasto inattivo per alquanto tempo dopo la morte del fratello.
Obs. 31:
Tumultus in urbe fuit Graccho leges ferente. Si verificarono disordini a Roma a causa delle proposte di legge presentate da (Gaio) Gracco.
10. Legge agraria (123 a.C.)
Plut. C. Gracch. 5.1:Τῶν δὲ νόµων, οὓς εἰσέφερε τῷ δήµῳ χαριζόµενος καὶ καταλύων τὴν σύγκλητον, ὁ µὲν ἦν κληρουχικός, διανέµων τοῖς πένησι τὴν δηµοσίαν.
Delle leggi che (Gaio Gracco) propose per compiacere al popolo e danneggiare il senato, una riguardava l’assegnazione di terre, e prevedeva la distribuzione dell’agro pubblico ai poveri.
Liv. per. 60.7:
<C.> Gracchus, Tiberi frater, trib(unus) plebis, eloquentior quam frater, perniciosas aliquod leges tulit, inter quas (...) legem
Caio Gracco, fratello di Tiberio, tribuno della plebe, oratore più eloquente del fratello, propose parecchie leggi perniciose, tra le quali (...) la legge agraria che
agrariam quam et frater eius tulerat. anche suo fratello aveva presentato.
Auct. vir. ill. 65:
Tribunus plebis agrarias et frumentarias leges tulit (...). Triumviros agris dividendis se et Fulvium Flaccum et C. Crassum constituit.
Come tribuno della plebe (Gaio Gracco) presentò le leggi agrarie e frumentarie (...). Nominò come triumviri per la distribuzione dei terreni se stesso, Fulvio Flacco e Gaio <(Papirio) Carbone>.
Oros. 5.12.3-4:
Eodem anno Gaius Gracchus, Gracchi illius qui iam occisus in seditione fuerat frater, tribunus plebi per tumultum creatur: magna reipublicae pernicies fuit. Nam cum saepe
populum Romanum largitionibus
promissisque nimiis in arcerbissimas seditiones excitavisset, maxime legis agrariae causa, pro qua etiam frater eius Gracchus fuerat occisus (...)
In quello stesso anno Gaio Gracco, il fratello di quel Gracco che precedentemente era stato ucciso nel mezzo di una sedizione, fu eletto tribuno sull’onda dei tumulti: fu una grande calamità per la repubblica.
Infatti, avendo tante volte, con concessioni e promesse eccessive, spinto il popolo romano a gravissime rivolte, in particolare a causa della legge agraria, la stessa per la quale suo fratello Gracco era stato ucciso (...)
Vell. 2.6:
Decem deinde interpositis annis, qui Ti.
Gracchum, idem Gaium fratrem eius occupavit furor (...) eiusdem exempli tribunatum ingressus, longe maiora et acriora repetens, dabat civitatem omnibus Italicis, extendebat eam paene usque Alpes, dividebat agros, vetabat quemquam civem plus quingentis iugeribus habere, quod aliquando lege Licinia cautum erat (...)
Trascorsi dieci anni, la stessa follia di Tiberio Gracco prese anche suo fratello Gaio (...) presentatosi al tribunato sull’esempio di quello, varando provvedimenti di più vasta portata e più efficaci, concedeva la cittadinanza romana a tutti gli Italici, estendendola fin quasi alle Alpi, distribuiva le terre, proibiva a qualunque cittadino di possedere più di cinquecento iugeri, come un tempo era stato sancito dalla legge Licinia (...)
Cic. Catilin. 4.4:
(...) non C. Gracchus, quod agrarios concitare conatus est (...)
(...) non Gaio Gracco, per aver tentato di sobillare i sostenitori della legge agraria (...)
Flor. 2.3.2:
Statim et mortis et legum fratris sui vindex non minore impetu incaluit C. Gracchus. Qui cum pari tumultu atque terrore plebem in avitos agros arcesseret (...)
Subito, per vendicare la morte e le leggi di suo fratello, si infiammò di zelo non minore Gaio Gracco. Egli, cercando con uguale disordine e terrore di far tornare la plebe nei campi aviti (...)
Ampel. 19.3:
Decimus Brutus Callaecus, qui Gracchum generum agrariis legibus rei p(ublicae) statum turbantem cum Opimio consule oppressit.
Decimo Bruto Callaico, il quale con il console Opimio annientò il genero (Gaio) Gracco, che con le sue leggi agrarie turbava l’equilibrio della repubblica.
Ampel. 26.2:
Secunda seditio Gracchi fratris eius, quem ob similes largitiones novos motos excitantem (...)
La seconda sedizione fu quella di suo fratello (Gaio) Gracco, il quale, suscitando nuovo scompiglio per via di concessioni simili (le leggi giudiziarie e agrarie) (...)
11. Lavori stradali e deduzioni coloniarie (123-122 a.C.)
App. b.c. 1.98:Ὁ δὲ Γράκχος καὶ ὁδοὺς ἔτεµνεν ἀνὰ τὴν Ἰταλίαν µακράς, πλῆθος ἐργολάβων καὶ
(Gaio) Gracco costruiva anche lunghe vie per l’Italia, rendendosi amico un gran numero di appaltatori e di
Ἰταλίαν µακράς, πλῆθος ἐργολάβων καὶ χειροτεχνῶν ὑφ’ ἑαυτῷ ποιούµενος, ἑτοίµων ἐς ὅ τι κελεύοι, καὶ ἀποικίας ἐσηγεῖτο πολλάς.
rendendosi amico un gran numero di appaltatori e di manovali, pronti a quel che egli comandasse, e dedusse molte colonie.
Decaduto dal favore popolare, si recò (Gaio Gracco) in Africa con Fulvio Flacco, anch’egli eletto tribuno dopo il consolato per questi motivi, poiché a causa della fertilità del suolo era stato votato l’invio di una colonia in Africa e essi stessi erano stati scelti come commissari per la deduzione, affinché, lontani loro, il senato fosse sollevato dalle loro iniziative demagogiche. Essi fissarono l’impianto urbano della colonia sul luogo dove un tempo sorgeva Cartagine, senza curarsi del fatto che Scipione (Emiliano), quando l’aveva distrutta, aveva fatto voto che sarebbe rimasto per sempre un pascolo. Delimitarono inoltre circa seimila lotti, invece di quelli, meno numerosi, stabiliti nella
Propose (Gaio Gracco) anche la fondazione di colonie e la costruzione di strade (...)
cf. Plut. comp. 2.1:
Ἐπολιτεύοντο γὰρ οἱ µὲν ὁδῶν κατασκευὰς καὶ πόλεων κτίσεις (...)
Promossero infatti (i Gracchi) la costruzione di strade e la fondazione di città (...) strade vennero infatti tracciate ben dritte attraverso la campagna, senza curve, e la loro pavimentazione fu fatta di pietre squadrate, il fondo di sabbia compatta.
Ogni avvallamento che incontrassero, veniva riempito;
ogni torrente o fossato che le attraversasse, valicato da ponti; e i due lati erano della stessa altezza e correvano paralleli, in modo che l’opera si presentasse omogenea e bella dappertutto, a vedersi. Ogni strada, inoltre, ebbe la sua numerazione in miglia (il miglio vale pressappoco otto stadi), indicata da segnacoli di pietra;
ed altre pietre furono disposte sui due lati, a intervalli minori, affunché chi viaggiava a cavallo potesse più agevolmente montare in sella senza bisogno di aiuto.
Plut. C. Gracch. 8.3:
(...) αὖθις ἑτέροις νόµοις ἀπηρτήσατο τὸ πλῆθος, ἀποικίας µὲν εἰς Τάραντα καὶ
(...) riprese (Gaio Gracco) ad assicurarsi il favore della massa con altre leggi, proponendo l’invio di colonie a
πλῆθος, ἀποικίας µὲν εἰς Τάραντα καὶ Καπύην πέµπεσθαι γράφων (...)
massa con altre leggi, proponendo l’invio di colonie a Taranto e a Capua (...)
Plut. C. Gracch. 10.2-3:
Ἐπεὶ δὲ Ῥουβρίου τῶν συναρχόντων ἑνὸς οἰκίζεσθαι Καρχηδόνα γράψαντος ἀνῃρηµένην ὑπὸ Σκιπίωνος, κλήρῳ λαχών ὁ Γάιος ἐξέπλευσεν εἰς Λιβύην ἐπὶ τὸν κατοικισµόν, ἔτι µᾶλλον ἐπιβὰς ὁ ∆ροῦσος ἀπόντος αὐτοῦ τὸν δῆµον ὑπελάµβανε καὶ προσήγετο, µάλιστα ταῖς κατὰ τοῦ Φουλβίου διαβολαῖς. Ὁ δὲ Φούλβιος οὗτος ἦν τοῦ Γαΐου φίλος καὶ συνάρχων ἐπὶ τὴν διανοµὴν τῆς χώρας ᾑρηµένος.
Avendo Rubrio, uno dei tribuni suoi colleghi (di Gaio Gracco), proposto di colonizzare Cartagine, che era stata distrutta da Scipione (Emiliano), Gaio (Gracco), sorteggiato per il compito, partì per l’Africa per procedere alla deduzione; (Livio) Druso, in sua assenza, guadagnava terreno su di lui circonvenendo e blandendo il popolo soprattutto grazie ai suoi attacchi contro Fulvio (Flacco). Questo Fulvio era un amico di Gaio ed era stato scelto come suo collega per la distribuzione della terra.
cf. Front. ad Ver. 2.1:
(...) iam Gracchus (...) Karthaginem viritim dividebat <...>
(...) già (Gaio) Gracco (...) distribuiva un tanto a testa il territorio di Cartagine <...>
Liv. per. 60.8:
Et continuato in alterum annum tribunatu legibus agrariis latis effecit, ut complures coloniae in Italia deducerentur et una in solo dirutae Carthaginis, quo ipse triumvir creatus coloniam deduxit.
Prolungato il tribunato per un secondo anno, con la presentazione delle leggi agrarie ottenne (Gaio Gracco) che parecchie colonie fossero dedotte in Italia ed una nel sito della distrutta Cartagine, dove egli stesso, eletto triumviro, dedusse la colonia.
cf. Sall. Iug. 42.1:
(...) dein paucos post annos (...) Gaium, (...) triumvirum coloniis deducendis, cum M.
Fulvio Flacco ferro necaverat.
(...) poi dopo pochi anni (...) (i nobili) soppressero Gaio (Gracco) (...) triumviro per la deduzione delle colonie, e con lui M. Fulvio Flacco.
Auct. vir. ill. 65:
Tribunus plebis (...) colonos etiam Capuam et Tarentum mittendos censuit.
Come tribuno della plebe (...) (Gaio Gracco) stabilì anche di inviare coloni a Capua e a Taranto.
Vell. 1.15.4:
(...) et, post annum, Scolacium Minervia, Tarentum Neptunia Carthagoque in Africa, prima, ut praediximus, extra Italiam colonia condita est.
(...) e dopo un anno (dalla fondazione di Fabrateria) Scolacio Minervia, Taranto Neptunia e Cartagine in Africa, la prima colonia – come abbiamo già detto – fondata fuori dell’Italia.
Vell. 2.6.3:
(...) novis coloniis replebat provincias (...) (...) riempiva (Gaio Gracco) le province di nuove colonie (...)
Vell. 2.7.7:
In legibus Gracchi inter perniciosissima numerarim, quod extra Italiam colonias posuit. (...) Prima autem extra Italiam colonia Carthago condita est.
Tra le leggi di (Gaio) Gracco, considererei particolarmente funesta quella relativa alla fondazione di colonie fuori dell’Italia. (...) La prima colonia ad essere fondata fuori dell’Italia fu Cartagine.
Eutrop. 4.21:
L. Caecilio Metello et T. Quinctio Flaminino consulibus, Carthago in Africa iussu senatus reparata est, quae nunc manet, annis duobus
Durante il consolato di <Quinto> Cecilio Metello e di Tito Quinzio Flaminino, per ordine del senato fu rifondata in Africa Cartagine, che tuttora esiste,
reparata est, quae nunc manet, annis duobus et viginti postquam a Scipione fuerat eversa.
Deducti eo sunt cives Romani.
rifondata in Africa Cartagine, che tuttora esiste, ventidue anni dopo che era stata distrutta da Scipione (Emiliano). Vi furono dedotti cittadini romani.
Oros. 5.12.1-2:
Anno ab Urbe condita DCXXVII L. Caecilio Metello et Q. Titio Flaminino coss. Carthago in Africa restitui iussa vicensimo secundo demum anno quam fuerat eversa deductis civium Romanorum familiis, quae eam incolerent, restituta et repleta est, magno ante prodigio praecedente. Nam cum mensores ad limitandum Carthaginensem agrum missi stipites, terminorum indices, fixos nocte a lupis revulsos mordicus conrososque reperissent, aliquamdiu haesitatum est, utrum Romanae paci expediret Carthaginem reformari.
Nell’anno 627 dalla fondazione di Roma, durante il consolato di <Quinto> Cecilio Metello e di <Tito Quinzio> Flaminino, fu deciso di far risorgere Cartagine in Africa, nel ventiduesimo anno dalla sua distruzione, e fu rifondata e ripopolata deducendovi, affinché la abitassero, famiglie di cittadini romani, il tutto preceduto da un grande prodigio. Infatti, poiché gli agrimensori inviati a delimitare il territorio di Cartagine avevano trovato i pali, piantati per indicare i confini, divelti a morsi nottetempo dai lupi e rosicchiati, per un po’ si resto nell’incertezza se la rifondazione di Cartagine giovasse effettivamente alla pace romana.
Solin. 27.11:
Deinde a C. Graccho colonis Italicis data et Iunonia ab eo dicta, aliquantisper ignobilis humili et languido statu.
Poi da Gaio Gracco fu assegnata (Cartagine) a coloni provenienti dall’Italia e fu da lui battezzata Iunonia, restando per qualche tempo nell’ombra, in condizioni umili e languenti
12. Legge coloniaria di Livio Druso (122 a.C.)
App. b.c. 1.101:Λίβιόν τε ∆ροῦσον, ἕτερον δήµαρχον, ἔπεισε κωλῦσαι τοὺς Γράκχου νόµους, οὐκ ἐπιλέγοντα τῷ δήµῳ τὰς αἰτίας· δέδοται δὲ τῷ κωλύοντι µηδ’ ἐπιλέγειν. Ἔδωκαν δ’
αὐτῷ καὶ φιλανθρωπεύσασθαι τὸν δῆµον δώδεκα ἀποικίαις· ᾧ δὴ καὶ µάλιστα ὁ δῆµος ἡσθεὶς τῶν Γράκχου νόµων κατεφρόνησεν.
Convinse anche (il senato) Livio Druso, un altro tribuno, ad opporre il veto contro le leggi di (Gaio) Gracco, senza spiegarne al popolo i motivi: giacché è consentito a chi oppone il veto di non motivare la propria azione. Gli permise, inoltre, di attirarsi le simpatie del popolo con la proposta di dodici colonie; il popolo, rallegrato vivamente da questa proposta, trascurò le leggi di (Gaio) Gracco.
Plut. C. Gracch. 9.3:
Τὸν µὲν γὰρ ἀποικίας δύο γράψαντα καὶ τοὺς χαριεστάτους τῶν πολιτῶν εἰσάγοντα δηµοκοπεῖν ᾐτιῶντο, Λιβίῳ δὲ δώδεκα κατοικίζοντι καὶ τρισχιλίους εἰς ἑκάστην ἀποστέλλοντι τῶν ἀπόρων συνελαµβάνοντο.
Infatti, allorché (Gaio Gracco) propose di fondare due colonie e di costituirle con i migliori cittadini, (i senatori) l’accusarono di demagogia, mentre sostennero Livio (Druso), quando propose di fondarne dodici e di inviare in ciascuna tremila persone prive di qualsiasi risorsa.
Plut. C. Gracch. 10.1:
Καὶ γὰρ οἰκιστὰς ἑτέρους ἐξέπεµπε τῶν πόλεων, καὶ διοικήσεσι χρηµάτων οὐ προσῄει, τοῦ Γαΐου τὰ πλεῖστα καὶ µέγιστα τῶν τοιούτων αὑτῷ προστιθέντος.
E infatti (Livio Druso) affidò ad altri il compito di dirigere la fondazione delle nuove colonie, e mai si impicciò di amministrare personalmente il denaro pubblico, mentre Gaio (Gracco) aveva attribuito a sé la parte maggiore e più importante di tali incombenze.
13. Abolizione del vectigal gravante sui terreni assegnati dai triumviri (122 a.C.)
Plut. C. Gracch. 9.4:Κἀκείνῳ µὲν ὅτι χώραν διένειµε τοῖς πένησι, προστάξας ἑκάστῳ τελεῖν ἀποφορὰν εἰς τὸ δηµόσιον, ὡς κολακεύοντι τοὺς πολλοὺς ἀπηχθάνοντο, Λίβιος δὲ καὶ τὴν ἀποφορὰν ταύτην τῶν νειµαµένων ἀφαιρῶν ἤρεσκεν αὐτοῖς.
Allo stesso modo (i senatori) si indignarono – accusandolo di demagogia – perché aveva distribuito (Gaio Gracco) ai poveri l’agro pubblico dietro pagamento di un affitto all’erario, ma Livio (Druso), che liberò i possessori da tale tassa, ebbe la loro approvazione.
14. Abrogazione delle leggi di Gaio Gracco (121 a.C.)
App. b.c. 1.105:Ἐπιστειλάντων δὲ τῶν ἐν Λιβύῃ τὴν πόλιν ἔτι διαγραφόντων, ὅτι λύκοι τοὺς ὅρους Γράκχου τε καὶ Φουλβίου διέρριψαν ἀνασπάσαντες, καὶ τῶν µάντεων τὴν ἀποικίαν ἡγουµένων ἀπαίσιον, ἡ µὲν βουλὴ προέγραφεν ἐκκλησίαν, ἐν ᾗ τὸν νόµον ἔµελλε τὸν περὶ τῆσδε τῆς ἀποικίας λύσειν.
Ma poiché coloro che erano rimasti in Africa per fissare i limiti della città (di Cartagine) avevano fatto sapere che i lupi avevano divelto e rimosso i cippi posti da (Gaio) Gracco e da Fulvio (Flacco), sostenendo gli auguri che la colonia era sotto cattivi auspici, il senato indisse una assemblea per abrogare la legge che stabiliva la deduzione della colonia.
cf. App. lib. 136:
Χρόνῳ δ’ ὕστερον, Γαΐου Γράκχου δηµαρχοῦντος ἐν Ῥώµῃ καὶ στάσεων οὐσῶν ἐξ ἀπορίας, ἔδοξε κληρούχους ἐς Λιβύην πέµπειν ἑξακισχιλίους, διαγραφοµένων δ’
ἀµφὶ τὴν Καρχηδόνα τῶν θεµελίων λύκοι τὰ θεµέλια ἀθρόα διέσπασαν καὶ συνέχεαν. Καὶ τότε µὲν ἀνέσχεν ἡ βουλὴ τοῦ συνοικισµοῦ.
Tempo dopo, essendo scoppiati a Roma durante il tribunato di Gaio Gracco dei tumulti a causa della povertà, si decise di inviare seimila coloni in Africa.
Mentre venivano delimitati i terreni intorno a Cartagine, dei lupi divelsero e dispersero i cippi di confine. Allora il senato abbandonò il progetto di colonizzazione.
cf. Obs. 33:
Grex luporum limites, qui in agrorum divisione per C. Gracchum depositi erant, dissipavit.
Un branco di lupi abbaté i termini di confine che erano stati disposti da Gaio Gracco per la ripartizione dei campi.
Plut. C. Gracch. 11.1-3:
Ἐν δὲ Λιβύῃ περὶ τὸν τῆς Καρχηδόνος κατοικισµόν, ἣν ὁ Γάιος Ἰουνωνίαν - ὅπερ ἐστὶν Ἡραίαν - ὠνόµασε, πολλὰ κωλύµατα γενέσθαι παρὰ τοῦ δαιµονίου λέγουσιν. Ἥ τε γὰρ πρώτη σηµαία, πνεύµατος ἀφαρπάζοντος αὐτήν, τοῦ δὲ φέροντος ἐγκρατῶς ἀντεχοµένου, συνετρίβη, καὶ τὰ ἱερὰ τοῖς βωµοῖς ἐπικείµενα διεσκέδασεν ἀνέµου θύελλα καὶ διέρριψεν ὑπὲρ τοὺς ὅρους τῆς γεγενηµένης ὑπογραφῆς, αὐτοὺς δὲ τοὺς ὅρους ἀνέσπασαν ἐπελθόντες λύκοι καὶ µακρὰν ᾤχοντο φέροντες. Οὐ µὴν ἀλλὰ πάντα συντάξας καὶ διακοσµήσας ὁ Γάιος ἡµέραις ἑβδοµήκοντα ταῖς πάσαις ἐπανῆλθεν εἰς Ῥώµην, πιέζεσθαι τὸν Φούλβιον ὑπὸ τοῦ
∆ρούσου πυνθανόµενος, καὶ τῶν πραγµάτων τῆς αὐτοῦ παρουσίας δεοµένων.
Si dice che in Africa la fondazione della colonia di Cartagine, che Gaio (Gracco) aveva battezzato Iunonia, cioè ‘la città di Hera’, fu in vario modo ostacolata dagli dei. Il primo vessillo fu strappato via dal vento, nonostante la resistenza opposta da chi la portava, e si spezzò, e le vittime che giacevano sugli altari furono disperse da una tempesta oltre i cippi del tracciato della colonia, e gli stessi cippi furono divelti da una incursione di lupi, che li dispersero.
Nonostante tutto questo Gaio sistemò e organizzò ogni cosa nel giro di settanta giorni e tornò a Roma, avendo appreso che Fulvio (Flacco) era messo alle strette da (Livio) Druso e che la situazione richiedeva la sua presenza.
Plut. C. Gracch. 13.1-3:
Ἐπεὶ δὲ καὶ τὸν Ὀπίµιον καταστήσαντες ὕπατον τῶν νόµων πολλοὺς διέγραφον καὶ τὴν Καρχηδόνος ἐκίνουν διάταξιν (...). Ἧι δ’
οὖν ἔµελλον ἡµέρᾳ τοὺς νόµους λύσειν οἱ περὶ τὸν Ὀπίµιον, κατείληπτο µὲν ὑπ’
ἀµφοτέρων ἕωθεν εὐθὺς τὸ Καπετώλιον.
Essendo riusciti (gli avversari di Gaio Gracco) a far eleggere console Opimio, si davano da fare per abrogare molte delle leggi (di Gaio) e mettevano in questione l’ordinamento della colonia di Cartagine (...). Ad ogni modo, il giorno in cui Opimio e i suoi dovevano far abrogare le leggi, fin dall’alba entrambi gli schieramenti occuparono il Campidoglio.
Flor. 2.3.4:
(...) iamque nimius et inpotens altero tribunatu secunda plebe volitaret, obrogare auso legibus suis Minucio tribuno, fretus comitum manu fatali familiae suae Capitolium invasit.
(...) ormai troppo potente e sfrenato, si pavoneggiava (Gaio Gracco) durante il secondo tribunato con il favore popolare, e avendo osato il tribuno Minucio (Rufo) opporsi alle sue leggi, fidando nella schiera dei suoi seguaci occupò il Campidoglio, fatale alla sua famiglia.
Auct. vir. ill. 65:
Minucio Rufo tribuno plebis legibus sui obrogante in Capitolium venit.
Opponendosi il tribuno della plebe Minucio Rufo alle sue leggi (di Gaio Gracco), giunse (Gaio) sul Campidoglio.
Oros. 5.12.5:
Minucius tribunus plebi cum maxima ea parte decessoris sui Gracchi statuta convulsisset legesque abrogasset, C. Gracchus cum Fulvio Flacco ingenti stipatus agmine Capitolium, ubi contio agitabatur, ascendit.
Avendo il tribuno della plebe Minucio (Rufo) mandato all’aria la gran parte delle decisioni del suo predecessore (Gaio) Gracco e abrogato le sue leggi, Gaio Gracco insieme a Fulvio Flacco, con al seguito una folta schiera di armati, salì sul Campidoglio, dove si teneva un’assemblea.
cf. Fest. 220 L.:
(...) C. Gracchus in ea quae est de lege Minucia (...)
(...) Gaio Gracco nell’orazione sulla legge Minucia (...)
15. Modifiche alla normativa agraria graccana (circa 121-118 a.C.)
App. b.c. 1.121-124:Καὶ ἡ στάσις ἡ τοῦ δευτέρου Γράκχου ἐς τάδε ἔληγε· νόµος τε οὐ πολὺ ὕστερον ἐκυρώθη τὴν γῆν, ὑπὲρ ἧς διεφέροντο, ἐξεῖναι πιπράσκειν τοῖς ἔχουσιν· ἀπείρητο γὰρ ἐκ Γράκχου τοῦ προτέρου καὶ τόδε. Καὶ εὐθὺς οἱ πλούσιοι παρὰ τῶν πενήτων ἐωνοῦντο, ἢ ταῖσδε ταῖς προφάσεσιν ἐβιάζοντο. Καὶ περιῆν ἐς χεῖρον ἔτι τοῖς πένησι, µέχρι Σπούριος
†Β(ό/ού)ριος† δηµαρχῶν εἰσηγήσατο νόµον, τὴν µὲν γῆν µηκέτι διανέµειν, ἀλλ’ εἶναι τῶν ἐχόντων, καὶ φόρους ὑπὲρ αὐτῆς τῷ δήµῳ κατατίθεσθαι καὶ τάδε τὰ χρήµατα χωρεῖν ἐς διανοµάς. Ὅπερ ἦν µέν τις τοῖς πένησι παρηγορία διὰ τὰς διανοµάς, ὄφελος δ’ οὐδὲν ἐς πολυπληθίαν. Ἅπαξ δὲ τοῖς σοφίσµασι τοῖσδε τοῦ Γρακχείου νόµου παραλυθέντος,
Finì così la rivoluzione del secondo Gracco; dopo non molto tempo fu approvata una legge che concedeva agli assegnatari di vendere la propria porzione di terra, cosa di cui tanto si continuava a disputare: questa proibizione era stata infatti stabilita, tra le altre misure, dal primo Gracco. E subito i ricchi si mettevano ad acquistare i lotti dai poveri, o con vari pretesti glieli sottraevano con la violenza. Allora la condizione dei poverì diventò ancora peggiore, finché il tribuno della plebe Spurio †Bo(u)rio† propose una legge per la quale la terra non fosse più oltre distribuita ma restasse in possesso degli occupanti, che su di essa fosse pagato un canone al popolo e che le somme così ricavate venissero distribuite. Questa misura rappresentava una certa qual consolazione per i poveri a causa della distribuzione di denaro, ma non era utile per l’incremento della popolazione. Fu resa
τοῖσδε τοῦ Γρακχείου νόµου παραλυθέντος, graccana (di Tiberio), che sarebbe stata ottima e molto utile se avesse potuto trovare applicazione, e non molto tempo dopo un altro tribuno abolì anche il canone, cosicché il popolo perdette totalmente ogni cosa. Di conseguenza rimasero ancora di più privi di cittadini e di soldati e di rendite agrarie e di distribuzioni di denaro e di leggi, nel giro di circa quindici anni dalla legislazione di (Tiberio) Gracco <...> essendo stati (i triumviri) ridotti all’inazione nei giudizi.
cf. Sall. Iug. 31:
Nam illa quidem piget dicere his annis quindecim quam ludibrio fueritis superbiae paucorum, quam foede quamque inulti perierint vostri defensores (...). Occiso Ti.
Graccho, quem regnum parare aiebant, in plebem Romanam quaestiones habitae sunt (...)
E mi rincresce parlare dei fatti di questi ultimi quindici anni, durante i quali siete stati lo zimbello di un pugno di prepotenti, e i vostri difensori cadevano ignominiosamente invendicati (...). Dopo che Tiberio Gracco – dicevano aspirasse al regno – fu assassinato, furono intentati processi contro la plebe di Roma (...)
16. Legge agraria di Spurio Torio (anni finali del II sec. a.C.)
Cic. Brut. 136:Sp. Thorius satis valuit in populari genere dicendi, is qui agrum publicum vitiosa et inutili lege vectigali levavit.
Spurio Torio fu piuttosto valente come oratore popolare, quello che sgravò dal tributo l’agro pubblico con una legge viziosa ed inutile.
Cic. de orat. 2.284:
(...) vel Appi maioris illius, qui in senatu, cum ageretur de agris publicis et de lege Thoria et sembrava difendere Lucilio – «Penso che sia allo stato brado, dato che pascola dove vuole!».
17. Legge coloniaria di Livio Druso (91 a.C.)
App. b.c. 1.156: tempo, non erano state ancora fondate.App. b.c. 1.162: disaccordo, erano uniti nell’odio verso (Livio) Druso, e solo il popolo era contento per le colonie. Gli Italici, soprattutto a favore dei quali Druso aveva combinato questo piano, erano anch’essi in ansia per la legge coloniaria, temendo che venisse loro senz’altro tolto l’agro pubblico romano che, ancora inassegnato, essi coltivavano avendolo occupato con la forza o di
ἣν ἀνέµητον οὖσαν ἔτι οἱ µὲν ἐκ βίας, οἱ δὲ λανθάνοντες ἐγεώργουν, αὐτίκα σφῶν ἀφαιρεθησοµένης, καὶ πολλὰ καὶ περὶ τῆς ἰδίας ἐνοχλησόµενοι.
coltivavano avendolo occupato con la forza o di nascosto, ed essendo in molti casi preoccupati anche per le loro proprietà private.
Liv. per. 71.1:
M. Livius Drusus trib(unus) pleb(is) (...) per vim legibus agrariis frumentariisque latis (...)
Il tribuno della plebe Marco Livio Druso (...) avendo fatto approvare con la forza leggi agrarie e frumentarie (...)
Flor. 2.5.6:
His ut motibus resisteret Drusus, plebem ad se Gracchanis legibus, isdemque socios ad plebem spe civitatis erexit. Exstat vox ipsius, nihil se ad largitionem ulli reliquisse, nisi si quis aut caenum dividere vellet aut caelum.
Per resistere a questi attacchi, (Livio) Druso con le leggi graccane trascinò dalla sua parte la plebe e dalla parte della plebe gli alleati, attratti dalla prospettiva di ottenere la cittadinanza. Si tramanda un suo detto, che non aveva lasciato a nessuno niente da distribuire, a meno che non si volesse spartire il fango o il cielo.
Auct. vir. ill. 66:
Tribunus plebis (...) plebi agros (...) permisit.
Nimiae liberalitatis fuit: ipse etiam professus nemini se ad largiendum praeter caelum et caenum reliquisse (...). Philippo consuli legibus agrariis resistenti (...). Nam plebis acceptis agris gaudebat, expulsi dolebant (...)
Come tribuno della plebe (Livio Druso) (...) concesse (...) terre alla plebe. Fu di una liberalità smodata:
dichiarava infatti egli stesso che non aveva lasciato altro da distribuire se non il cielo e il fango (...).
Opponendosi il console (Marcio) Filippo alle leggi agrarie (...). Infatti la plebe si rallegrava per le assegnazioni agrarie, coloro che erano stati espulsi si dolevano (...)
cf. InscrIt XIII/3, nr. 74:
M. Livius M. f. C. n. Drusus pontifex, tr(ibunus) mil(itum), Xvir stlit(ibus) iudic(andis),
tr(ibunus) pl(ebis), Xvir a(gris) d(andis) a(dsignandis) lege sua et eodem anno Vvir a(gris) d(andis) a(dsignandis) lege Saufeia, in magistratu occisus est.
(91 a.C.)