PROPRISSIME
Nell’insieme delle differenze separabili compaiono le sole differenze comuni, mentre le differenze proprie sono, con le differenze proprissime, nell’insieme delle differenze inseparabili. Questo significa che l’insieme delle differenze accidentali, cui appartengono la differenza comune e la propria, e che, come già detto, coincide con l’insieme delle differenze che producono alterazione, non coincide con quello delle differenze separabili, cui appartiene la sola differenza comune. L’insieme delle differenze sostanziali, invece, che coincide con l’insieme delle differenze che producono altro, non coincide con quello delle differenze inseparabili. Infatti l’insieme delle differenze inseparabili è un insieme misto di cui fa parte non solo quella differenza sostanziale che produce l’altro ma anche una di quelle differenze accidentali che producono alterazione, ossia la propria. Quindi tutte le differenze accidentali sono differenze che producono alterazione, ma non tutte le differenze accidentali sono separabili. Tutte le differenze sostanziali producono altro, ma la differenza sostanziale non è la sola ad essere inseparabile. Da qui emerge chiaramente la natura “intermedia/mista” delle differenze proprie.
Tra le inseparabili, poi, è stata proposta un’ulteriore distinzione:
SEPARABILI INSEPARABILI PROPRIE COMUNE per accidente
PROPRISSIME
per sé
Come vediamo, l’insieme delle differenze inseparabili si divide ulteriormente. Come già detto, quella di ammettere variazioni secondo il grado, è caratteristica che consente di distinguere, nell’insieme delle differenze inseparabili, quelle differenze che sono tali per accidente – e che ammettono il più e il meno – da quelle differenze che sono inscindibili per sé – che non ammettono il più e il meno. La variazione di intensità è utilizzata, nell’ambito di un determinato contesto, per
47 un preciso scopo: essa consente, nel contesto delle differenze inseparabili, di scindere la differenza sostanziale, la proprissima, dall’unica differenza accidentale che fa parte di tale insieme, la propria; non serve invece a separare la differenza sostanziale da tutte le differenze accidentali.
Sembra, infine, che le stesse differenze inseparabili per sé siano oggetto di un’ulteriore distinzione. Dice infatti Boezio: earum vero quae secundum substantiam sunt, subdivisionem facit, quod aliae earum genus dividant, aliae speciem informent76. Tuttavia, poiché ogni differenza proprissima, come chiarirà successivamente Boezio, svolge entrambi questi ruoli, quella qui proposta non è una vera e propria divisione del sottoinsieme delle differenze inseparabili per sé. Non è possibile scomporre ulteriormente le differenze proprissime in tipi diversi: non ci sono diversi tipi di differenze proprissime ma solo ruoli diversi che esse assumono ora rispetto al genere, ora rispetto alla specie. In virtù del diverso ruolo che una medesima differenza sostanziale ricopre, essa sarà detta ora divisiva (del genere), ora costitutiva (della specie). Ad cuius rei facilem cognitionem illa tertii libri specierum generemque dispositio trascribatur77; questo duplice ruolo, quello delle differenze proprissime, sarà facilmente comprensibile, afferma Boezio, una volta riportato quanto già affermato nel Libro III del commento. Qui Boezio ha commentato la parte del testo in cui Porfirio, introducendo le nozioni di genere sommo, di specie infima e di termine intermedio, presenta il suo Albero, ossia la concatenazione di genere e specie. Una serie di ragioni ci spingono a soffermarci sul passo cui Boezio rimanda. Innanzi tutto questo è un rimando particolarmente significativo, poiché riferito a quella parte del testo di riferimento in cui, per la prima volta, viene presentato l’Albero di Porfirio di cui ci è fornito anche uno schema; un riferimento visivo che consente di comprendere al meglio il ruolo divisivo e costitutivo della differenza sostanziale. Inoltre, benché Boezio in questo capitolo del libro IV si limiti ad una breve trascrizione di quanto già espresso in precedenza nel libro III, il riferimento a quest’ultimo è diretto e la disposizione genere/specie in esso presentata è esplicitamente considerata come facilitante la comprensione del duplice ruolo della differenza. Anche se brevemente, è necessario ripercorrere il passo in questione per farne emergere gli aspetti rilevanti. Una volta fatto ciò, ritorneremo all’analisi del libro IV, e di come in questo è riassunto quanto affermato nel libro III.
Prima di tutto Boezio presenta una descrizione della disposizione dei generi e delle specie in riferimento al genere sommo della sostanza. La sostanza, comincia Boezio, è il genere sommo, e in quanto tale la sostanza è ciò che si predica di tutti gli altri termini che seguono. Le prime due specie che si producono dalla divisione della sostanza sono la sostanza corporea e la sostanza incorporea. Sotto la sostanza corporea è posto il corpo animato e il corpo inanimato; sotto il corpo animato è posto animale una volta che al corpo sensibile è aggiunta la differenza sensibile. La restante parte,
76 Ivi, p. 254, 21- p. 255, 1. 77 Ivi, p. 255, 1-2.
48 invece, cioè l’altra specie appartenente al genere corpo animato, contiene ogni corpo animato insensibile. Sotto animale è posto razionale e razionale; sotto razionale è posto tanto l’uomo che il dio. Quando alla sostanza animata razionale si aggiunge mortale, si produce la specie uomo, se invece si aggiunge immortale si ha il dio. Dio è quella specie cui appartengono i corpi celesti, come il sole e Giove, mentre sotto la specie uomo sono posti gli individui singolari come Platone, Catone o Cicerone che non sono in numero infinito.
Di questa analisi descrittiva Boezio ci presenta uno schema. Cuius rei subiecta descriptio sub oculos ponat exemplum78:
A tale schema segue la spiegazione delle nozioni in cui ricadono i termini così disposti, ossia genere sommo, specie infima e termine intermedio. La sostanza, come già detto, è il genere sommo, ossia quel termine che è solo genere e mai specie non avendo al di sopra di sé un termine più esteso che lo contenga. Secondo la descrizione data da Boezio: substantia generalissimum dicitur genus, quoniam praeposita est omnibus, nullo vero ipsa supponitur, et solum genus propter eandem causam79. Uomo è invece la specie infima, ovvero ciò che è solo specie e mai genere: homo autem species solum, quoniam Plato, Cato et Cicero, quibus est ipsa praeposita, non differunt specie, sed numero tantum80. Quindi è specie infima ciò che è preposto ai soli individui, cioè a quei soggetti che non vengono tra loro distinti per differenze sostanziali ma solo per differenze accidentali che li alterano e li distinguono numericamente. Specie di questo tipo sono uomo, cavallo o corvo ma non l’uccello (avis) ancora scindibile in specie per mezzo di determinazioni sostanziali. Tutti gli altri termini posti tra il genere sommo e la specie infima presentano entrambe queste habitudines, quella cioè di essere sottoposta a ciò che è superiore come quella di essere preposta a ciò che è inferiore. Questi sono detti termini intermedi i quali sono sia generi che specie rispettivamente dei termini al loro inferiori e dei termini a loro superiori. Boezio a questo punto si sofferma a mostrare questa duplice valenza di tutti i termini intermedi che si susseguono. Per noi sarà sufficiente riportare un
78 Ivi, Libro III, p. 209, 6-7. 79 Ibid, 8-11.
49 paio di esempi non casuali. L’analisi del termine intermedio vivente e quella di animale sembra la scelta migliore in quanto nel libro IV Boezio si sofferma sulla definizione della specie animale nonché sulle differenze che la scindono in quanto genere. At vero animatum genus est animalis, corporei species. Est enim animatum genus sensibilis, animatum vero sensibile animal est; ipsum igitur animatum propter propriam differentiam, quod est sensibile, recte genus esse dicitur animalis. Animal vero rationalis genus est et rationale mortalis81. Il corpo animato è genere di animale e specie della sostanza corporea; quindi la sostanza animata può essere detta genere di quella sensibile in quanto la sostanza animata sensibile non è altro che l’animale. A sua volta animale, specie del genere corpo animato, è genere della sostanza razionale e così di seguito per ogni termine che si sussegue fino alla specie infima. È chiaro, a questo punto, che a fare da connettivo in questo percorso che va dal genere sommo, passando per i termini intermedi, fino alla specie infima, sono proprio le differenze sostanziali in virtù del duplice ruolo che ognuna di esse ricopre e che permette l’inclusione dei termini l’uno nell’altro.
Tutto quanto appena esposto è così riassunto da Boezio nel libro IV: come abbiamo visto, comincia Boezio, ciò che è primo, la sostanza, viene diviso tramite le differenze corporeo e incorporeo; a sua volta la sostanza corporea viene scissa dalle differenze animato e inanimato e, continuando a discendere, la sostanza animata – il vivente – viene divisa dalle differenze sensibile e insensibile. Sotto sensibile è posto l’animale, e sotto questo è posta la sostanza razionale e irrazionale. Sotto razionale sono poi posti mortale e immortale e sotto mortale la specie uomo cui sono sottoposti i soli individui. In hac igitur divisione omnes hae differentiae specificae nuncpantur, generum enim specierumque differentiae sunt, sed generum quindem divisivae, specierum autem constitutivae. Id autem probatur hoc modo82: le differenze corporeo/incorporeo scindono il genere sommo, animato/inanimato scindono la sostanza corporea e sensibile/insensibile scindono la sostanza corporea animata. In questa divisione, tutte le differenze coinvolte sono differenze specifiche. Esse sono differenze del genere e della specie, ma mentre il genere viene diviso, si costituisce la natura della specie. Il ruolo di questo tipo di differenze, infatti, è duplice se lo si considera in rapporto al genere o alla specie: tutte queste differenze, in quanto ripartiscono il genere nelle sue specie, saranno dette proprio divisive del genere; ma, continua Boezio, queste stesse differenze che discendono dal genere e lo dividono, una volta congiunte quelle che possono essere congiunte, producono ed informano la specie. Ita igitur genera substantiales differentiae partiuntur et dicuntur generum divisivae. At vero si eadem differentiae quae a genere descendentes genus dividunt, colligantur et in unum quae possunt iungi copulentur, species informatur83. Cerchiamo di
81 Ivi, p. 210, 4-9.
82 Ivi, Libro IV, p. 255, 8-11. 83 Ibid, 14-18.
50 comprendere meglio quanto appena detto analizzando un termine di questo percorso che dal genere sommo giunge sino alla specie infima. L’esempio proposto da Boezio per mostrare il duplice ruolo delle differenze è quello di animale. Come abbiamo visto, animale è una specie di sostanza, e poiché omnia enim superiora de inferioribus praedicantur et quicquid inferius fuerit, specie erit etiam superioris84, animale è, in particolare, quella sostanza prodotta dalle differenze animato e sensibile. Animato e sensibile sono quelle differenze che, riferite al genere, sono divisive, ma sono anche costitutive della specie animale di cui informano la sostanza e confluiscono nella sua definizione. Consideriamo più da vicino questo duplice ruolo che le stesse differenze ricoprono. Atteniamoci quindi allo schema apposto dell’Albero di Porfirio, per analizzare più facilmente questo duplice ruolo nelle differenze animato e sensibile. La prima differenza, animato, è quella che scinde il genere della sostanza corporea e costituisce la specie vivente (cioè il corpo animato) che è genere prossimo della specie animale. La differenza sensibile, invece, non costituisce la natura di vivente, ma lo divide per dare origine ed informare la specie animale di cui è, appunto, differenze specifica. Mentre la differenza animato, che divide la sostanza corporea, confluisce nella natura di animale in quanto costitutiva della natura del genere cui la specie animale è inclusa, la seconda differenza, sensibile, è quella che divide il genere vivente senza costituirlo, ma che, qualificandolo ulteriormente, produce la specie animale. Animato e sensibile sono differenze divisive se riferite ai rispettivi generi, costitutive in quanto informano la sostanza del termine ad esse inferiore, la specie animale, e confluiscono nella sua definizione: ut sit animal substantia animata sensibilis, substantia quidem genus, animatum vero atque sensibile eiusdem differentiae constitutivae85. Tuttavia, potremmo anche dire, senza cambiare il senso di quanto riportato, che le differenze animato e sensibile, scindendo i termini intermedi che seguono dalla previa divisione del genere sommo, non fanno altro che qualificare ulteriormente quest’ultimo; e da ogni ulteriore qualificazione della sostanza si producono e si costituiscono le specie sino a giungere a quella infima. Quando si dice che la differenza animato scinde il genere corpo, si vuole dire che la differenza animato scinde la sostanza qualificata come corporea per qualificarla ulteriormente come animata. La sostanza, genere sommo, scissa per le differenze corporeo e animato, si trova qualificata dalle stesse che, congiunte, denotano una specie, corpo animato. Ogni specie, quindi, non è altro che il risultato della progressiva determinazione del genere sommo di cui gradualmente diminuiscono l’estensione per aumentarne la comprensione. A sua volta, ogni specie come termine intermedio, è da considerarsi un punto di appoggio per nuove scissioni e qualificazioni della sostanza. Questo accade proprio al termine intermedio della sostanza corporea animata, la quale, infatti, viene scissa dalla differenza sensibile e determinata dalla stessa come animale che altro non è che una sostanza corporea,
84 Ibid, 18-20. 85 Ivi, p. 256, 4-6.
51 animata e sensibile. La definizione qui ottenuta della specie animale, potrebbe essere considerata una definizione estesa; una definizione, cioè, che esplica tutto quanto il genere prossimo, in quella canonica, sussume a cui si aggiunge poi la differenza specifica come ciò che perfeziona e completa la natura della specie. Tutto ciò può essere riassunto con le parole di Boezio:
in omni autem hac dispositione priora genera cum inferioribus coniunguntur, ut posteriores efficiant species; nam ut si corpus substantia, cum corporalitate coniugungitur et est substantia corporea corpus. Item ut sit animatum, corporeum atque substantia animato copulatur et est animatum substantia corporea habens animam. Item ut sit sensibile, eidem tria illa superiora iunguntur. Nam quod est sensibile, tantum est, quantum substantia corporea animata retinens sensum, quod totum animal est. Item superiora omnia rationi iuncta efficuint rationale postremumque hominem superiora omnia nihilo minus terminat; est enim homo substantia corporea, animata, sensibilis, rationalis, mortalis. Nos vero definitionem hominis reddimus dicentes animal rationale, mortale, in animali scilicet includentes et substantiam et corporeum et animatum atque sensibile. Et in ceteris quidem speciebus atque generibus ad hunc modum vel genera dividuntur vel species describuntur86.
Data la disposizione dei termini spiegata in precedenza, è facile comprendere come in questa progressione analitica le specie non siano altro che il risultato della congiunzione delle determinazioni che si susseguono al genere sommo in quanto termine di cui tutto si predica e a cui tutto è riferito. Ogni determinazione che si succede qualifica progressivamente il genere sommo, la sostanza; così la differenza corporeo scinde la sostanza determinandola ulteriormente come corpo, la differenza animato scinde la sostanza corporea determinandola ulteriormente come sostanza animata, ossia come vivente, e allo stesso modo la differenza sensibile che scinde la sostanza animata le conferisce maggiore comprensione determinandola come animale definito proprio come sostanza animata (cioè vivente) sensibile. Ogni termine intermedio deve quindi essere considerato come un punto di appoggio in cui la sostanza, già qualificata, viene qualificata ulteriormente. In questo senso, quindi, di animale viene qui data una definizione ampia ed estesa quando al genere sommo, cui tale specie appartiene, si aggiungono tutte quelle determinazioni che la precedono e che sono incluse l’una nell’altra, per cui animale è quella sostanza animata (e quindi corporea) che possiede la sensibilità. Quella canonica di vivente sensibile è definizione di animale che non fa altro che riassumere nel genere prossimo tutte quelle determinazioni che, qualificando il genere sommo della sostanza, lo denotano. Vivente è infatti sostanza corporea animata, e una volta che tale
52 sostanza si qualifica ulteriormente come sensibile, si produce e si costituisce la natura della specie animale. In ogni definizione della specie, quindi, è inclusa insieme alla determinazione che costituisce il genere prossimo (e che implica le precedenti) quella che invece, dividendo il genere prossimo, denota e costituisce la specie.
Quindi, le stesse differenze che dividono il genere possono essere congiunte in modo tale da produrre ed informare la specie. Per chiarire ulteriormente il senso di queste congiunzioni, Boezio considera il genere animale e le differenze che lo scindono. Differenze divisive del genere animale sono razionale e irrazionale, mortale e immortale. Se però, questi termini, con il costante riferimento al genere che essi dividono, si connettono/congiungono, incrociandoli, allora si produce la specie di cui tali differenze, costituiscono la natura. Dalla congiunzione della razionalità con la mortalità, riferite ovviamente al genere animale che esse scindono, deriva la specie uomo, che è infatti un animale razionale e mortale. Tutte queste precedenti determinazioni, quindi, perfezionano e costituiscono la specie esprimendo la definizione della stessa. Allo stesso modo, con l’irrazionalità congiunta sempre alla mortalità, entrambe riferite al genere animale, si produce il cavallo così come ogni altro animale privo di ragione. La razionalità congiunta con l’immortalità informa invece la sostanza del dio. Tramite questa congiunzione si produce quel discorso che dice l’essenza, la definizione, che si applica soltanto a ciò cui si riferisce ed è quindi convertibile con il definito. La necessità che la definizione (per essere tale) non sia manchevole né per eccesso né per difetto giustifica la presenza di più differenze che hanno il ruolo di circoscrivere l’estensione (data dal solo genere) a vantaggio della comprensione. Ciò è evidente se consideriamo gli esempi appena proposti: la congiunzione del genere animale con la sola differenza razionale, non permetterebbe di indicare unicamente la specie uomo, ma anche quella degli dei. Per avere la compiuta definizione della specie uomo, infatti, si deve aggiungere anche la differenza mortale. Da qui, continua Boezio, nasce una questione da chiarire. Sembra, infatti, che dalla congiunzione di alcune di quelle differenze costitutive delle specie appena considerate, in particolare dalla congiunzione dell’irrazionalità con l’immortalità, non si produca alcuna specie. L’irrazionalità è differenza sostanziale che, come abbiamo visto, congiunta con la mortalità produce la specie cavallo (come quella di qualsiasi altro animale eccezion fatta per l’uomo), allo stesso modo, l’immortalità è differenza sostanziale che, congiunta con la razionalità, produce la specie cui appartengono gli dei. Anche in questo caso, come in quello precedente, ita eadem differentiae cum referentur ad genera, divisivae generum fiunt, si vero ad inferiores species considerentur, informant species earumque substantiam convenienti copulatione constituunt87. Queste differenze divisive del genere sono costitutive del termine ad esse inferiore, la specie, una volta congiunte nel modo opportuno. Proprio
53 riguardo alla congiunzione delle differenze, sorge una questione. Il problema nasce allorché alcune differenze costitutive delle specie, come le differenze irrazionale e immortale, una volta congiunte tra loro, non producono alcuna specie. Il primo passo compiuto da Boezio per risolvere tale problema è quello di ricercare un possibile soggetto cui riferire tale definizione. Il soggetto in questione, irrazionale e immortale, potrebbe pervenire dall’esame della concezione dei corpi celesti in Aristotele e in Platone88. Per Aristotele, infatti, i corpi celesti non sono animati. Ciò che non è animato non può essere detto animale e, continua Boezio, ciò che non è animale non può essere razionale. Per quanto riguarda l’animazione, il motivo per cui ciò che non è animato non può essere animale risiede nel fatto che l’animazione è differenza sostanziale che, insieme alla sensibilità, costituisce la natura del genere animale. Quindi, tutto ciò la cui sostanza non è informata dalla differenza animato, non può essere animale. Inoltre, come già detto, ciò che non è animale non è razionale. La razionalità, infatti, è perfezione che presuppone una sostanza sia animata sia sensibile; tutto ciò che è razionale, infatti, è necessariamente animale. Non si può dire lo stesso della differenza irrazionale. Infatti, ciò che è irrazionale può essere sia animato (è il caso della specie cavallo) sia, nella concezione aristotelica proposta da Boezio, inanimato come i corpi celesti. Inoltre, questi corpi celesti così come li intende Aristotele, a motivo del loro moto semplice e perpetuo sono eterni e quindi immortali. Est igitur aliquid quod ex duabus his differentiis conficiatur, inrationabili scilicet atque inmortali89. C’è quindi qualcosa, i corpi celesti aristotelici,
che è prodotto da queste due differenze, immortale e irrazionale. Se invece si passa a Platone, e si