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Prosecuzione e distensione

Nel documento Il negativo del testo. (pagine 98-103)

6. Edoardo Sanguineti

6.3 Prosecuzione e distensione

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I testi fino a qui citati danno prova di un’ulteriore tendenza diffusa, indice delle direttive poetiche dell’autore, ovvero l’interruzione aleatoria del dettato, che viene abbandonato senza punteggiatura e sospeso sull’afasia del vuoto tipografico. All’altezza di Laborintus quest’uso si lega soprattutto alla prospettiva antiletteraria: «l’assenza di confini del testo era anche un modo (ideologico, impegnato come la scrittura nel suo complesso) per additare a una fuoriuscita dall’orizzonte della pagina scritta, e dalla centralità del sé, di un soggetto che non ha niente da esprimere però si trova espresso, che non si racconta ma che è stato raccontato» (Tonani 2012, 278).

6.3 Prosecuzione e distensione

Superato il marcatissimo esordio di Laborintus la scrittura di Sanguineti prosegue la sua impronta stilistica allentando il delirio patologico e introducendo punti di riferimento, sostegni narrativi e semantici che rendono più accessibili i testi, sempre più o meno imbrigliati nella tipica torsione linguistica dell’autore.

Un primo importante cambiamento è l’introduzione della punteggiatura nera, che come si è detto viene usata in modo anomalo e arriva in alcuni casi a una diffusione onnicomprensiva. I segni più vistosi sono le parentesi e i due punti, utilizzati come indici di raggruppamento di unità ritmico-sintattiche oppure come strumento di frantumazione e vaga modulazione intonativa dell’unità sintattica nei suoi costituenti coesi. Nella poesia numero 2 di Purgatorio de l’Inferno si ha un esempio di testo dialogato in cui le parentesi assumono ruoli vari attuando interruzioni stranianti e polisemiche in combutta con gli stacchi grafici e le inarcature a fine verso. Si ottiene un gran rimescolamento di voci e pensieri o ricordi che rende la confusione di un discorso a più tempi e voci e la libertà digressiva del ripensarci.

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ma le “compiaciute descrizioni”; e allora: oggi (disse); (e allora, anche, onze rue Payenne); (“complete di indirizzo”): oggi siamo lo siamo (disse, anche):

– perché quello di Resnais (dissi) è un film (inconsciamente) fascista –:

ma oggi (disse Octavio Paz) tutti lo siamo (marxisti); e intanto intendeva ‘tutti’ (e intanto soltanto

‘nosotros’): ma il 12 luglio, allora: e qualcuno (io 5

dissi) aveva appena tentato (ma come aveva risposto a Weber?); di decidere (“je suis un homme”);

– ricordi come oscillava Weber sotto la pioggia? come il tergicristallo –:

la questione poi

disse che dovevo (“de gauche”) dunque spiegare (spiegarmi); (quello che intendevo); (e intendeva, allora: quello che intendevo

per fascismo): 10

e io le dissi (“de gauche”): ah, non posso, non posso; (amarti); ma il 5 luglio, allora; in questo (dissi), ah in questo piccolo caffè; ah come, allora, mi pensava! diverso! ah come diversa, allora! come la pensavo:

– non amo

(disse poi); (le azioni simboliche, intendeva); ma Fautrier disse

(al Norman) che Pavese diceva; allora dissi (a me stesso); spiegherò; 15 proprio le medesime cose (di Paz); anche questo (spiegherò); (anche

questo non poter[ti] amare); di altro si deve, dunque parlare (io dissi): di altro (ormai) dire (dirò): spiegherò; una poesia (dissi) scriverò: sul fascismo: […]

Lo stacco grafico, che coincide talvolta con l’inizio del discorso riportato, ma non sempre lo asseconda, si riconferma per questo un marcatore positivamente inaffidabile di zone semantiche o strutture sintattiche e un indice primario di partizione ritmica. Su questo si possono portare ad esempio gli equilibri delle brevi poesie di Postkarten. Nella poesia numero 11 le frasi restano sospese su enjambements anaforici che creano deviazioni sulla loro interpretazione. A dire «ho la pelle d’oca» sembra essere all’inizio il vento «che mi parla forte e chiaro», ma si comprende poi che è un ulteriore dato informativo sulla condizione di chi scrive. Nel complesso le sospensioni grafiche dei gradini e delle inarcature provocano le pause e la polisemia che provocano nei lunghi versi di Sanguineti un ritmo ben distinto da quello della prosa.

La doccia è un vero bunker:

si precipita acrobatico, giù, dall’oblò semi- sbadigliante, un vento che mi parla chiaro e forte:

ho la pelle d’oca

un po’ dappertutto, qui in Hanseatenweg, un pacco quasi intrasportabile di lenzuola a fiori, il West-östliche Divan, una testa meteoropatica che scotta: (tu sai

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Nel testo 13 la cesura grafica isola invece, unita alle parentesi, le immagini della mente di una persona che nell’attesa ripensa, si potrebbe dire, ai fatti suoi, prima di venire riportata alla contingenza dalla deissi, un «quand’» isolato che introduce l’apparizione inattesa di un amico:

Ho riempito un terrificante vuoto d’ore, a Francoforte, con una sofisticata successione di bevande calde e fredde, di cibi insipidi e drogati, di giornali di vario formato, in varie lingue: e di poesie:

(e con immagini revisionate attentamente, nel cinematografo della mia mente, relative tutte a ieri, 23 marzo): (come il fantasma di un Bussotti in carne ed ossa, che mi consegna a mano, nell’atrio, quel suo biglietto che dice: “se per caso rimani a Berlino qualche giorno…”, in inchiostro rosso):

quand’ ecco che da un cesso del Flughafen mi salta fuori il Riva che ride:

Il sistema grafico può fungere poi da ottimo strumento per esperimenti ludici e metapoetici, come nella poesia 6 di T.A.T (1968). L’allusione alla scrittura in generale e alla scrittura particolare di «così» si realizza concretamente sulla pagina e si accompagna ad altre mimesi del testo, come quella del deittico ripetuto «giù» che fa scendere le frasi e apre al contempo una descrizione surreale interrotta sull’ennesimo «così», sospeso sul vuoto della pagina e aperto al pieno dell’immaginazione:

scrivo: “così”; (così)

scrivo: CO (sopra, prima); e poi: SÍ (sotto, dopo); (così: CO

SÍ); e poi scrivo (ma la b è guasta): “boules de lampe torche” (ma la s è trafitta dalla caduta di una piccola sfera colorata, che precipita giù, sopra una piccola sfera galleggiante:

giù, da una bocca di porco): e tanti cerchi si allargano, allora; giù, concentrici; come in uno stagno blu (se ci precipitano le piccole pietre, dentro, giù); (le piccole sfere):

(così):

Da ultima, su questo filone, si può riportare una poesia di Cose, la numero 65. Il testo dimostra la costanza dell’osmosi dell’autore a contatto col mondo, di cui si registra qui una delle ultime derive tecnologico-comunicative. Una chat su internet, in cui l’ironia e un senso di amarezza si traducono nell’iconismo extra-linguistico delle “faccine” negative trascritte dall’autore. Il vuoto grafico, oltre a fornire la misura ritmico-frasale,

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segnala gli scambi tra gli interlocutori e si impone alla fine del testo con quel grido muto e ossimorico urlato a caratteri maiuscoli:

Il mio messaggio ti dice così:

maggiore di due punti, meno parentesi aperta (>:-(): tu mi rispondi, invece:

due punti meno di (che è di maiuscola) (:-D):

io ti replico, allora:

due punti e un asterisco: e chiudo la parentesi (:*)): e poi, due punti e apostrofo, meno parentesi aperta (:’-():

ma tu ti correggi, finalmente, un po’, con due punti, meno parentesi aperta (:-():

dopo due punti, ormai, sono una sbarra obliqua, e metto, in mezzo, un meno (:-/):

e adesso, CIAO: non ti internetto, non ti chatto più (ripeto: CIAO e CIAO): GRIDO IL SILENZIO, MUTO:

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