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Le protezioni dei lavoratori decentrati in ipotesi di avvicendamento tra imprese

In svariate occasioni, per libera scelta dell’imprenditore subentrante, oppure, come recita l’art. 29, comma 3 del D.Lgs. n. 276, «in forza di legge, di contratto collettivo […] o di clausola del contratto d’appalto», un nuovo appaltatore rileva una parte cospicua di lavoratori dall’impresa che perde la commessa. Può discutersi se una simile vicenda configuri o meno trasferimento di impresa; circostanza non priva di impatto per i dipendenti confluiti da un’organizzazione economica ad un’altra. A solo titolo di esempio, se si aderisce a quell’orientamento che non interpreta l’avvicendamento nella commessa come espressione di un trasferimento d’impresa (o di una sua parte), non vi sono ostacoli a ritenere che l’appaltatore subentrante possa ad libitum applicare ai lavoratori un trattamento diverso e peggiorativo da quello originario, rimettendo la determinazione del compenso e delle altre condizioni di lavoro ad altro contratto collettivo o al solo regolamento contrattuale individuale. Diversamente, se si reputa la successione nell’appalto una particolare manifestazione della fenomenologia del trasferimento d’impresa, la conseguenza che ne deriva è quella di delineare precisi obblighi in capo al subentrante e altrettanti diritti in favore dei lavoratori subentrati: (l’obbligo del/il diritto al) mantenimento del trattamento economico e normativo di precedente spettanza contrattuale, (l’obbligo del/il diritto al) la corresponsabilità solidale (tra dismettente e subentrante) in relazione ai crediti maturati dal lavoratore prima della data del subentro, etc. In definitiva, soltanto la seconda soluzione è idonea ad assicurare ai lavoratori la conservazione dello status professionale e della posizione economica di partenza, nonché la solidarietà del nuovo datore di lavoro in ordine ai crediti già vantati verso la precedente controparte datoriale.

L’ordinamento italiano sembra sposare la prima ricostruzione nella misura in cui l’art. 29, comma 3 del D.Lgs. n. 276 statuisce che «l’acquisizione di personale già impiegato nell’appalto a seguito del cambio di gestione in favore del nuovo appaltatore […] non costituisce trasferimento di azienda o di parte dell’azienda». Stando al tenore letterale del dispositivo, pare evincersi una categorica preclusione nel rappresentare il subentro in appalto come cessione dell’impresa o di parti dell’impresa, con tutti gli effetti di legge che conseguirebbero a stregua dell’art. 2112 cod. civ. D’altronde, a sostegno di quest’impostazione la circostanza che il cambio di gestione nella commessa allude a

evenienze ove il passaggio di dipendenti dall’una all’altra organizzazione matura al di fuori di qualsiasi legame negoziale diretto tra le due imprese365.

Diversamente argomentando, la Corte di Giustizia, seppure con andamenti ondivaghi, mostra di orientarsi verso il consolidamento di un ampio filone proteso a racchiudere la vicenda del subentro in appalto nella macrocategoria del trasferimento. Ciò, a condizione che si verifichi il passaggio dall’una all’altra impresa di quote rilevanti di persone e/o beni. O, al limite, giusta la specificità dell’attività svolta, anche solo di lavoratori, purché coordinati in vista della realizzazione di un prodotto da destinare al mercato366.

L’interpretazione ad opera della Corte delle direttive in materia di cessione aziendale impone di ricorrere alla categoria giuridica del trasferimento e alle relative tutele per i lavoratori trasferiti in tutti i casi di modificazione della persona fisica o giuridica responsabile dell’impresa, indipendentemente dalla tipologia negoziale scelta dalle parti per il negozio traslativo, e, persino aldilà di un contratto stretto direttamente tra l’imprenditore precedente e quello subentrante367.

Ancora una volta, sembrano profilarsi le condizioni favorevoli per una esegesi della norma italiana nel segno di una interpretazione comunitariamente orientata368. Per un verso,

a stregua dell’art. 29, comma 3, deve escludersi che qualsiasi ipotesi di successione di appalto con passaggio di lavoratori al subentrante configuri, per ciò stesso, un

365 In questo senso, v. VALLEBONA A., Successione nell’appalto e tutela dei posti di lavoro, in Riv. It. Dir. Lav., 1999, II, p. 217 ss.; CESTER C., Il trasferimento di azienda e di parte di azienda fra garanzie per i lavoratori e nuove forme

organizzative dell’impresa: l’attuazione delle direttive comunitarie è conclusa?, cit., p. 247 ss.; GRAGNOLI E., Contratti di

appalto di servizi e trasferimento di azienda, in Dialoghi fra Dottrina e Giurisprudenza, 2004, n. 2, p. 1999 ss. In

giurisprudenza, v. Cass. 6 marzo 1990, n. 1755, in Mass. Giur. Lav., 1990; Cass. 22 maggio 1991, n. 5745, in

Riv. It. Dir. Lav., 1992, II, p. 437; Cass. 24 febbraio 1992, n. 2285, idem, 1993, II, p. 202, con nota di NOGLER L.; Cass. 29 aprile 1994, n. 4140, in Not. Giur. Lav., 1994, p. 399; Cass. 18 marzo 1996, n. 2254, in Riv. It. Dir.

Lav., 1997, II, p. 395, con nota di ROMEI R.; Cass. 20 novembre 1997, n. 11575, in Mass. Giur. Lav., 1998, suppl., p. 13; Cass. 15 luglio 2002, n. 10626, in Riv. It. Dir. Lav., 2003, II, p. 149; Cass. 19 gennaio 2002, n. 572, idem, 2002, II, p. 855, con nota di ALBI P.; Cass. 20 settembre 2003, n. 13949, idem, 2004, II, p. 404, con nota di SENATORI I. Contra, cfr. Cass. 8 febbraio 1993, n. 1518, in Riv. It. Dir. Lav., 1993, II, p. 834, con nota di PINTO V.; Trib. Vigevano 2 febbraio 2001, in Riv. Crit. Dir. Lav., 2001, p. 437. In dottrina, cfr. SANTORO PASSARELLI G., Fattispecie e interessi tutelati nel trasferimento di azienda e di ramo di azienda, in Riv. It. Dir. Lav., 2003, I, pp. 204-205.

366 V. CGCE 10 febbraio 1988, C-324/86, Denmark c. Daddy’s Dance Hall A.S., in Foro It., 1989, I, c. 11; CGCE 14 aprile 1994, C-392/92, Schmidt v. Spar, in Riv. It. Dir. Lav., 1995, II, p. 608; CGCE 7 marzo 1996, C- 171/94 e 172/94, Merckx c. Neuhuys, in Raccolta Ufficiale, 1996, I, p. 1253; CGCE 11 marzo 1997, C-13/95, cit.; CGCE 10 dicembre 1998, C-173/96 e 247/96, cit.; CGCE 25 gennaio 2001, C-172/99, cit.; CGCE 24 gennaio 2002, C-51/00, cit.; CGCE 20 novembre 2003, C-340/01, Abler c. Sodexho, in Foro It., 2004, I, c. 184. 367 Cfr. CGCE 18 marzo 1986, C-24/85, Spijkers c. Gebroeders Benedii, in Foro It., 1989, I, c. 13, punti 11, 12, 13; CGCE 19 maggio 1992, C-29/91, Redmond Stichting, in Raccolta Ufficiale, 1992, I, p. 3189, punto 23; CGCE 7 marzo 1996, C-171/94 e 172/94, cit., punto 28; CGCE 11 marzo 1997, C-13/95, cit., punto 14; CGCE 25 gennaio 2001, C-172/99, cit., punto 17; CGCE 20 novembre 2003, C-340/01, cit., punto 33.

368 Ciò, sulla scorta del principio della prevalenza dell’ordinamento comunitario su quello degli Stati membri affermato dalla Corte di Giustizia in parecchie occasioni: CGCE 10 aprile 1984, C-14/83, in Raccolta Ufficiale, 1984, p. 1909; CGCE 13 novembre 1990, C-106/89, Maerleasing, idem, 1990, p. 4135; CGCE 16 dicembre 1993, C-334/92, Wagner Miret, idem, 1993, punto 20.

trasferimento d’azienda o di ramo a norma dell’art. 2112 cod. civ. Per altro verso, avuto riguardo al testo della Dir. n. 2003/23 ed alla soluzione ermeneutica più accreditata in seno alla Corte di Giustizia, il subentro in appalto delinea un trasferimento d’azienda o di ramo tutte le volte in cui si verifichi il passaggio dall’una all’altra impresa di quote rilevanti di lavoratori e/o mezzi; circostanza idonea in ogni caso a concretizzare la fattispecie ex art. 2112 cod. civ.369. In qualche caso, per l’integrazione degli estremi del trasferimento

d’impresa, il passaggio di fattori produttivi può materializzarsi sub specie di devoluzione al subentrante di soli lavoratori se il settore di pertinenza dell’attività ceduta sia tale da consentire una prevalenza o esclusività del fattore lavoro in vista della realizzazione di finalità economicamente valutabili. Come autorevolmente sostenuto in dottrina, «alla norma non si deve far dire di più di quanto dica: se dunque è vero che di per sé l’acquisizione di personale già impegnato nell’appalto non costituisce trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda, la successione nell’appalto potrà in altri casi verificarsi anche con il subentro nella titolarità dell’articolazione funzionalmente autonoma dell’attività economica organizzata […] di cui era titolare la precedente impresa: in questo caso […] può ritenersi sussistente un trasferimento d’azienda»370.

Di certo, il tema della successione negli appalti rivela una specificità rispetto al modello della corrispondenza biunivoca tra aumento dei poteri dell’impresa decentrante e delle tutele dei soggetti decentrati. Nell’ipotesi di turnover tra imprese appaltatrici, le garanzie dei lavoratori confluiti nell’organizzazione del subentrante non costituiscono l’altra faccia della medaglia dell’avallo giuridico circa i poteri dell’impresa committente. Con ciò non vuole sostenersi che il soggetto esternalizzante sia necessariamente estraneo allo schema del subentro: la successione nell’appalto può essere decretata per disposizione imperativa di legge o per volontà della regolamentazione contrattual-collettiva delle imprese appaltatrici, ma può pure dipendere da apposita previsione del contratto di appalto stretto tra committente e nuova impresa appaltatrice. Malgrado quest’ultima eventualità, la irrilevanza del subentro in appalto per le sorti del rapporto di lavoro (purché ricorrano i requisiti necessari alla configurazione del trasferimento di impresa) viene ad incidere, non già sul

principal, bensì sulla sola posizione giuridica delle imprese decentrate – alias, l’appaltatore

dismettente nella veste di cedente e quello subentrante nel ruolo di cessionario –, contenendone le prerogative e gravandole di oneri da adempiere a beneficio del personale subentrato.

369 In questo senso, v. Cass. 13 gennaio 2005, n. 493, in Foro It., 2005, I, c. 691, con nota di PERRINO A.M.; Trib. Roma 14 giugno 2005, n. 14568; Trib. Roma 14 giugno 2005, n. 11498.